Vincitori e finalisti del Contest letterario “Come fiori sul ciglio della strada”
“Alcuni guardano alle antologie come a figli di un Dio minore. Ritengono che non abbiano lo stesso valore di uno scritto pubblicato da un unico autore. Personalmente le ritengo un’occasione di incontro, un modo per proporre diverse vedute e opinioni unite in un unico contenitore.” – dalla prefazione di Miriam Ballerini

Si è conclusa il 30 settembre 2022, a mezzanotte, la possibilità di partecipare al Contest letterario di poesia e racconto breve “Come fiori sul ciglio della strada” promosso da noi di Oubliette Magazine, dalle autrici ed autori dell’antologia e dalla casa editrice Tomarchio Editore.
La giuria del contest (Alessia Mocci, Carolina Colombi, Tiziana Topa, Miriam Ballerini, Stefano Pioli, Filomena Gagliardi, Rosario Tomarchio) ha decretato i quattordici finalisti dai quali sono stati selezionati due vincitori (uno per ogni sezione come da bando di partecipazione). L’editore della Tomarchio Editore come premio extra ha scelto di inviare l’antologia “Come fiori sul ciglio della strada” anche ad altri due finalisti risultati secondi ex aequo nelle votazioni della giuria.
Oggi, vi presentiamo i quattro vincitori del Contest che riceveranno a casa una copia del libro “Come fiori sul ciglio della strada”.
Tutte le opere partecipanti al Contest possono essere lette cliccando QUI.
FINALISTI
SEZ. A (Poesia)
Maria Carmela Dettori con “Eros, Thanatos, e Zoè”
Franco Carta con “Sopravvivenza”
Patrizia Pierandrei con “Fine dell’estate”
Sabrina Baldinetti con “La guera è ‘na tramoggia”
Antonietta Fragnito con “La casa”
Lorella Del Gesso con “Settembre”
Alessio Asuni con “Sa mamma”
SEZ. B (Racconto breve)
Grazia Mastromarco con “Lucia”
Thea Matera con “Sur le points”
Raffaello Corti con “Mini racconto di un amore immaginario”
Sandra Ludovici con “Perdono”
Alessio Romanini con “10 agosto, Viareggio”
Maria Carmela Dettori con “Un pezzo di cielo”
Maurizio Libbi con “Lilith”
VINCITORI
SEZ. A (Poesia)
Sabrina Baldinetti con “La guera è ‘na tramoggia”
La guera è un’inzazziabbile tramoggia
in grado de trita’ l’essere umano.
C’è sempre un dittatore su la loggia
cristiano, ortodosso o musurmano!
Mentre sfarina, stritola, divora,
sfrantuma, porverizza carne umana…
c’è chi la serve su la spianatora
su solida polenta Varzugana.
La guera, questa guera, combattuta
come li videoggiochi de la Plei…
un “arocco”, su ‘na scacchiera muta,
de un Re che collezziona li cammei!!
Diceva er filosofo germano:
“Chi adora li cammei nun è in grado
de prova’ amore pe’ l’essere umano”.
(E Nicce conosceva Stalingrado).
Quarcuno smorzi, stacchi la corente
che da, a la tramoggia, er movimento.
Quarcuno, in arto, sarvi quela gente
o sarà er “Terzo” de… combattimento!!!
Alessio Asuni con “Sa mamma”
Coru de mamma (Cuore di mamma)
luxi de scièntzia (luce di scienza)
cantu mi ponis alligria (quanto mi metti allegria)
candu mi donas un abbratzu (quando mi dai un abbraccio)
chi fai nasci in sa facci mia (che fa nascere nella mia faccia)
unu durci e càndidu arrisu (una dolce e candida risata)
tui chi po mei ti ses privada (tu che per me ti sei privata)
a bortas fintzas a una camminada (a volte fino a una camminata)
e sempri po mei as fattu is sacrificius (e sempre per me hai fatto i sacrifici)
de una vida: is prus mannus, (di una vita: i più grandi)
po abbarrai accantu a mei (per rimanere accanto a me)
in su momentu de sa sufèrentzia mia (nel momento della mia sofferenza)
ma solu a intèndiri s’alidu tuu (ma solo nel sentire il tuo alito)
su prantu miu s’interrumpiri fui fui, (il mio pianto si interrompe velocemente)
àngiulu gettau de su celu (angelo gettato dal cielo)
chi as pesau is fillus (che hai sollevato i figli)
chi si nci funti fuius (che se ne sono scappati)
Cumenti is pilloneddus (come uccellini)
serraus is sa gabbia e partius (chiusi in gabbia e partiti)
cumenti s’arena cun su bentu (come la sabbia con il vento)
sentza mancu unu pensamentu (senza nemmeno un ripensamento)
e nemancu s’arregodu (e nemmeno un ricordo)
de sa tristura tua. (della tua tristezza).
SEZ. B (Racconto breve)
Raffaello Corti con “Mini racconto di un amore immaginario”
Esistono in fondo agli occhi luoghi segreti dove nascono immagini invisibili, ed è lì che ti incontrai.
Quella sera, passeggiando, mi trovai per caso di fronte al bar, c’era molta gente, chi fumava, chi beveva, chi semplicemente oziava facendo finta di pensare, ma in realtà era sospesa sull’oblio di una giornata persa.
Tu eri appena andata via, ma la tua ombra elegante e sinuosa, persistente come un profumo primigenio, era ancora lì, e disegnava sulla pietra il tuo profilo perfetto.
Nessuno notò le tue forme che, seguendo il profilo degli oggetti, parevano opere d’arte appena abbozzate, un infinito incompiuto da mani d’artista che sa osservare oltre il banale quotidiano.
Fu un attimo, come se il cuore fosse preso in una morsa, mi sentii salire nella carne e nelle vene l’aroma tuo ed immediatamente mi innamorai di te e delle diagonali che proiettavi sul mondo.
Ero timido, impacciato, la paura di un rifiuto mi chiudeva la gola, un senso di vuoto mi irrigidiva le gambe ed il passo era malfermo ma deciso, presi coraggio, mi avviai osservandoti oltre le mie iridi e mi sedetti accanto a te.
La tua figura si agitò un poco, si girò stupita, non eri abituata ad essere approcciata così, in silenzio da un uomo che tremava dentro e di cui, il rumore del cuore, risuonava nella piazza come un mantra primitivo.
Restammo lì, tra le gambe dei tavoli, briciole di pane su cui alcuni uccellini saltellavano allegri ed ignari di essere testimoni di un attimo di magia, d’intorno la gente continuava a vivere come in un mondo parallelo, noi richiusi in una bolla di vetro, percepivamo solo attutiti rumori, tutto era concentrato su noi, anche il sole che piano iniziava la sua discesa.
Ad un tratto il tuo viso immaginario mi osservò incuriosito, con un’espressione rilassata ma intensa, eri bellissima. L’ovale del tuo viso, sullo sfondo di un cespuglio verde smeraldo, appariva come un fiore di inespressa primavera, troppo bello per essere mostrato a tutti, pareva un bocciolo in divenire, esaltando un’essenza ancora in embrione.
Il rumore d’intorno, pian piano, si placò, ora eravamo soli, io e la tua ombra, allungata dal tramonto di un colore ambrato come la tua pelle che mai vidi, piccoli riflessi brillavano tra i tuoi capelli come su creste d’onda in perenne movimento ed io, piccolo uomo su uno scoglio umido di mare e di tempo immobile, ti osservavo muto, nemmeno il vento faceva rumore per rispetto alla tua bellezza, e tutto ciò mi penetrò come una lama di parole sospese, rendendoti ancor più affascinante ed irraggiungibile.
Le pieghe del tuo abito lasciavano filtrare piccoli raggi di luce che ricamavano la pietra, filigrane mute di magnificenza inaudita. Poggiai la mia mano sulla tua, sentivo le tue vene pulsare tra il grigio e la tovaglia, emozionante, nella tua assenza il ritmico ondeggiare della tua presenza.
Trasmettevi riflessi, demolendo le squallide convenzioni di una fisicità necessaria per potere amare. In quel momento percepii il senso dell’appartenenza ad un’essenza e compresi che l’amore non ha peso, né forma, né luogo.
Fissai i tuoi occhi grigi con intensità e un piacere interiore, che mai avevo provato, era come scavare le tue radici e seguirne il diramarsi alla ricerca dell’acqua, perdendosi nei labirinti del tuo essere, consapevole che non avrei più fatto ritorno.
Con timidezza carezzai il profilo dei tuoi capelli, lisci come una lastra di cristallo su cui il sole disegnava gli ultimi arabeschi, arazzi antichi su cui il vento aveva disegnato i tuoi pensieri liberi che ad esso affidavi senza pudore.
Ma il tempo è tiranno: dovevo agire presto. Il buio stava calando e la tua ombra, sempre più lunga, stava svanendo.
Presi tutto il mio coraggio, mi avvicinai piano al tuo viso, tu mi osservavi con un mezzo sorriso ed attendevi con le labbra socchiuse il passaggio di un fruscio, lento e dolce come un battito d’ali appena accennato.
Ti baciai e, mentre le nostre labbra si fondevano nel crepuscolo, ti sentivo sfumare piano nella gola. Mi riempii di te in ogni fibra, in ogni vena, il mio essere era tuo per sempre.
Aprii gli occhi, la tua ombra non c’era più, mi alzai e, dopo pochi passi, percepii il tuo cuore battere nel mio, con esso mi incamminai verso una notte senza nome né direzione.
Tu c’eri.
Esistono in fondo agli occhi, luoghi segreti dove nascono immagini invisibili, ci vediamo Là… Amore!
Maria Carmela Dettori con “Un pezzo di cielo”
Il bambino raccolse i suoi risparmi e in tutta fretta entrò nel vecchio bazar, dove l’insegna in legno di ciliegio proclamava “Qui troverete tutto quello che cercate”
– Buongiorno, signora – esordì – vorrei comprare…
La donna lo guardò incuriosita.
– Coraggio, cosa vorresti?
– Ecco, signora… questi sono i miei risparmi, ma in ogni negozio tutti mi dicono che non ce l’hanno e che sono matto a pensare di trovarlo. Qui avete scritto che avete tutto quello che uno cerca.
– E quindi, dimmi, tu cosa cerchi?
La guardò dritto negli occhi.
– Vorrei comprare un pezzo di cielo, il più azzurro che c’è, anche piccolo, fin dove arrivano i miei soldi.
Gli uscì tutto d’un fiato, poi restò fisso a guardarla, speranzoso.
– Come ti chiami, bambino?
– Riccardo. Ce l’hai?
– Vieni con me, Riccardo… ti fidi?
– Sì
La donna chiuse la porta del negozio e aprì il retro, su un immenso campo verde fiorito, pieno di uccelli e di farfalle, con tanti alberi ricolmi di fiori e di frutti dove il sole e gli arcobaleni non conoscevano ostacolo alcuno.
Riccardo era ancora stordito da tanta bellezza, tanta musica e profumi, abituato com’era all’aria chiusa e inquinata di città, allo stridere dei freni e al via vai delle auto.
– Signora, è magia questa?
Lei sorrise: – Sì, è la magia della Natura. E adesso guarda in alto… cosa vedi?
– Il cielo, e com’è azzurro!
– Ecco, vedi com’è grande e lontano? Come faccio a tagliarne un pezzo? Come faccio a comprarlo e a venderlo? E come faremmo se tutti ne tagliassimo un pezzo? Dove andrebbero le stelle, la luna, il sole, le rondini… come scenderebbe la pioggia? e la neve?
Riccardo abbassò la testa.
– Tesoro, il cielo è lassù per tutti, è un dono che tutti hanno ma nessuno può possedere. Ma dimmi, perché ne vorresti un pezzetto solo per te?
– Perché ho paura del buio e così la notte posso metterlo sul cuscino e chiamare una stella a farmi compagnia.
La donna lo accarezzò e sorrise.
– Riccardo, apri le mani e guarda.
Lo stupore fu grande: nelle mani l’azzurro e tanti puntini lucenti, uno più grande di tutti.
– Vedi? Lo hai già il cielo: il sorriso delle persone buone, le carezze di chi ti ama e ti protegge, l’amore grande della tua mamma, quella stella più luminosa e bianca. Il buio non deve farti paura, esiste proprio per farti vedere la luna e le stelle, sentire il silenzio della notte e cullarti nei sogni. E quando penserai di avere ancora paura, poggia la tua mano sul viso e sentirai il calore dell’amore di chi ti vuol bene, tutto il loro amore, sentirai il cielo più azzurro nel tuo cuore, l’unico cielo che sarà tuo per sempre.
– Grazie.
Le regalò un bacio e uscì dal negozio guardando ancora le sue piccole mani.
Lungo la strada i soliti passi frettolosi della gente e il solito mendicante con la schiena curva, la testa china quasi a toccare quel grigio rettangolo sotto le gambe incrociate. La mano, tesa a raccogliere qualche briciolo di pietà dal cuore dei passanti. Riccardo si fermò come al solito e, come al solito, mise nella mano un paio delle sue monete.
– Ah, sei tu, Riccardo! Il solito bambino che mi racconta che ha paura del buio! Grazie! – esclamò l’uomo, chiudendo la mano e sfiorando le piccole dita – Se il mondo fosse dei bambini! Se i grandi fossero bambini!
Ma Riccardo questa volta si inginocchiò di fronte a lui, gli prese le mani e le strinse forte. Poi gli sussurrò in un orecchio:
– Gino, non ho più paura, lo sai? Adesso so come avere il cielo e la sua stella più luminosa della notte, ogni volta che ho paura, ogni volta che lo desidero. Anche tu, guarda, appoggia la tua mano sulla guancia e senti quanto ti voglio bene, anche quando non sono qui! Io sono un bambino e posso darti solo questo, ma nel cielo ci sono tante stelle e a volte, sai, scendono giù da chi le cerca e ha bisogno di loro!
L’uomo baciò le manine strette nelle sue e una lacrima parve quasi benedirle.
Il sole si svegliò sbadigliando. Come Riccardo che lo guardava dal vetro. Che strano, gli sembrava proprio che una nuvola gli avesse fatto l’occhiolino! Sorrise e velocemente si preparò per andare a scuola.
– Mamma, mamma – gridò spalancando la porta al rientro – Gino, Gino non c’è più! Mamma… –
La mamma gli andò incontro e gli mise le mani sulle guance. Sorridendo gli disse:
– Guarda in alto, cosa vedi?
– Ohhhh… il cielo in casa, mamma! Come hai fatto?
– Vieni.
In cucina, seduto a tavola ad aspettarlo, Gino, silenzioso e sorridente.
– Sei tu il cielo, Riccardo, la tua mamma, il tuo papà… l’amore tra le persone, basta una mano sulla guancia e tutto il suo calore diventa cielo e stelle e luna, e nemmeno il buio, nessun buio, fa più paura.
I vincitori saranno contattati via e-mail per l’invio del premio.
Complimenti ai vincitori, finalisti e partecipanti!
Complimenti a questo meraviglioso concorso, agli organizzatori e ai giudici per la qualità.
Complimenti ai vincitori!
E tutti quelli che come me hanno partecipato.
Un onore.
Alessio sei gentilissimo…
Ti ringraziamo di cuore, è stata dura per la giuria selezionare i finalisti ed ancora più dura scegliere i vincitori.
Mi unisco al ringraziamento ad Alessio, davvero gentile! Complimenti a tutti i partecipanti e a chi è stato poi selezionato.
Miriam Ballerini