“In alto mare” di Danilo Zagaria: paperelle, ecologie, Antropocene

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Avverte l’autore Danilo Zagaria ne “In alto mare”: “L’ecologia è la disciplina che studia le interazioni fra gli organismi viventi e l’ambiente che li ospita, tuttavia, e qui fissiamo…” – … due concetti essenziali per capire il fenomeno, che sintetizzo: l’ecologia tratta un ambiente, che comprende anche noi e le nostre azioni; inoltre, oggi tutto è globale e complesso, e quel che si combina hic et nunc, avrà presto i suoi riflessi ovunque.

In alto mare di Danilo Zagaria
In alto mare di Danilo Zagaria

Ogni tanto, nel saggio sono descritti dei misfatti che non sarebbero dispiaciuti a Howard Phillips Lovecraft, scrittore di cui posseggo varie opere e che non ho mai letto, per cui ora comincio a sentirmi in colpa.

Oltre ai sacchetti di plastica e agli altri oggetti consimili, esistono le microplastiche e le nanopolastiche (con diametro notevolmente inferiori ai nostri globuli rossi), che ingurgitiamo, probabilmente, senza che ce ne accorgiamo.

“La dispersione e la degradazione della plastica rendono quindi grave e complicato da risolvere il problema delle isole di plastica” – e l’esempio del bicchiere che, cadendo, si frantuma, trasformandosi “in migliaia di piccoli frammenti di plastica” – perché l’entropia è più dispersiva di mia zia! – dà compiutamente l’idea.

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La plastica è utile, economica e non è facile farne a meno. Il suo uso va tenuto però sotto controllo. Di plastiche ve ne sono di vari tipi, alcune riciclabili e altre non ancora (almeno in Italia, mi pare). Si sta però studiando come ottenere delle bio-plastiche che possano degradarsi in maniera integrale.

L’unica cosa certa del futuro è che si basa sull’incertezza.

Il pesce fa bene alla salute, dal punto di vista nutrizionale, ma più ne ingurgitiamo più nano/microplastica entra nei nostri condotti digerenti. E in natura vale la legge che pesce grosso mangia pesce piccolo, con tutta la plastica che quest’ultimo ha ingerito. E il pesce più enorme, alla fine, è l’homo manducans.

In questi anni mi è capito di leggere (e di recensire) vari saggi di ecologia, per cui qualcosa mi è rimasto intorno a termini come Antropocene, Capitalocene etc. Queste di certo non amene letture hanno il pregio ogni volta di darmi una specie di carica del tipo: Certo! Dai! Ce la faremo! Finita la festa, pubblicato l’articolo, ecco che ne arriva un altro come il presente, e allora non mi rimane che scuotere il capo e dirmi, per l’ennesima volta: Ci risiamo ancora, eh?!

A pagina 59 una frase mi lascia perplesso: “… quella cover per smartphone che tanto ci piace potrebbero restare su questo pianeta per secoli…” – ho capito ma, senza di essa, un tipo stordito come il sottoscritto, a cui cade giornalmente il cellulare, sarebbe obbligato a cambiare schermo ogni poche settimane, con conseguente grave danno ecologico! Idea! Ne posso fare a meno, di questo infido mezzo di comunicazione! Ma chi lo direbbe poi a miei familiari e amici?! E come dirglielo?!

Zagaria dice di avere una sorta di “selacofobia” la fobia dei selaci, pur non frequentando i mari dove questi animaletti trascorrono la loro ingorda esistenza. Io provo a volte una lieve forma di sbarro-fobia, per cui devo stare attento a dove parcheggio e a come introduco la carta di pedaggio e il bancomat (spesso invertendo il senso) nella fessura, all’uscita dalle autostrade. Mi rendo conto che ognuno ha la fobia che si merita.

Sarebbe più corretto pensare che dovrebbero essere gli squali a provare fobia dell’uomo, per come li azzanniamo talvolta senza accorgercene (dato che il gattuccio è uno di loro). Invece, assicura il loro pavido antagonista, quelli, quando ci vedono, non mostrano alcuna paura o riverenza, anzi, ci guardano con quel loro occhio assassino…

In tutto, dal pesce al sushi, l’imperativo categorico dev’essere: “il consumo va ridotto”. La pesca è sì regolamentata, ma i controlli non riescono a limitarne degli abusi infami, specie in certe zone del mondo.

Scrive Zagaria: “Leggo un sacco di libri ogni anno…” – capita anche a qualcun altro – “e spesso li recensisco…” – idem. M’interessa il tentativo dell’autore di esaminare nel medesimo articolo due libri diversi, anzi, divergenti: Il polpo, del gastronomo Monatany, e Altre menti, del filosofo Godfrey-Smith, di cui lessi, apprezzai e recensii Teoria e realtà. Il tentato cumulo recensorio fallisce, ma è stato bello che sia stato almeno immaginato.

Zacaria dice che, per quanto si stenti ad accettarlo, tutti gli animali hanno pari dignità: pesci, cani, bovini, suini etc. E dichiara di essere vegetariano. Ci penso su, pensando ai cappelletti in brodo, e scuoto la testa.

Il suo discorso è semplice eppure arduo da accettare. Ho letto La vita fuorilegge di Tommaso Gazzolo, dove si confrontano i numeri dei linciaggi avvenuti nel Sud degli States nei confronti di bianchi e di neri, per non parlare dei pellerossa. Prima gli Italiani!, c’è ancora chi strilla. Prima alcuni umani, poi gli altri! Poi i cani, i gatti, i pappagallini, e solo dopo un po’ i pesci e, dopo tanto altro, le zanzare. I giainisti camminano con una specie di bavaglio per timore di inghiottire senza volere dei moscerini. Concordo su una frase dell’autore: “Lo specismo è figlio del razzismo…”. l’uomo è un lupo, ma nessun lupo accetterebbe di comportarsi da uomo. Forse i cani sì.

Quando si dice che viviamo in un villaggio globale, non pensiamo a un dato di fatto: “… nel mondo moderno gli oggetti viaggiano molto di più delle persone che li consumano.” – e più velocemente. Non abbiamo però idea chi abbia incartato quel pacco e chi l’ha caricato su un container.

A pagina 146, Zagaria si preoccupa della sorte, anche culturale, di quelli che chiamiamo impropriamente eschimesi (in realtà si tratta di varie etnie) e qui mi viene da dargli un consiglio.

Per salvare qualcosa (se stessi!), a volte occorre sacrificare qualcos’altro (insegnamento ricevuto dal mio maestro di judo: rinuncia a parte del tuo equilibrio per sbilanciare l’avversario). Si tratta, immagino, di culture solo o soprattutto orali, come per esempio quella degli arşân, cioè dei reggiani come me: il mio guru dialettale Denis Ferretti incentiva a scrivere sempre di più in quell’idioma, per salvare il salvabile! Verba volant, scripta manent, e anche: chêrta cànta e al vilân al dórom

Per rimanere nella Storia occorre rafforzare i legami che si hanno con essa, il più solido dei quali è la scrittura.

A pagina 159 leggo che, dopo che il livello del mare di sarà alzato “di ben 65 metri rispetto a quello attuale”, varie città padane, fra cui la mia piccola città (alta appena 57 metri!) sarà allagata. Stavo pensando che, abitando io al terzo piano, uscirei dal balcone con il kayak. Una mia congiunta che abita ora ad Amalfi non avrebbe tale opportunità, anche se nella cilentana Pixuntum (Pisciotta), alta oltre un centinaio di metri, dove possiede una casetta, potrebbe ancora godersela per un po’.

C’è un detto delle mie parti che dice: l’âqua a vōl sèinper ragiòun! L’ē pêş dna mujêra!

“… nel 2030 in aree costiere vivrà circa un miliardo di esseri umani…” – quindi un uomo su sette/otto. Bisogna pur che difenda (culturalmente, socialmente e politicamente) i propri diritti ‘sta marea di gente!

Un capitolo s’intitola La sabbia sta finendo? – e questo mi fa venire in mente il thriller Sabbia nera della scrittrice catanese Cristina Cassa Scalia e mi domando: che fine fa tutta l’arena eruttata periodicamente dall’Etna e dai vari vulcani del globo? Potrebbe essere utilizzata? O viene vilmente gettata? È una domanda quasi infantile, ma mi preoccupa sapere se tutte le risorse del mondo siano sfruttate per salvarci la vita.

“Adoro quando i libri si attraggono l’un l’altro, come fossero collegati fra loro da forze invisibili…” – Danilo, ti confesso un segreto che m’ha confidato Borges: quelle creature di cellulosa sono tutte entangled, correlate e questo è una Verità Assoluta (religiosa).

La sabbia serve per costruire immobili. Esistono soluzioni alternative? O l’alternativa potrebbe essere soltanto l’infida plastica? O nemmeno essa?

“Il Mediterraneo diventerà un mare tropicale” – pensa, Danilo, che nel Museo Civico Spallanzani di Reggio Emilia sono esposti i fossili di Valentina, uno splendido cetaceo rinvenuto nel comune di Castellarano, nelle verdi e mitiche colline reggiane. Ancora oggi, da quelle parti, si possono raccogliere delle conchiglie fossili. Se passi da ‘ste parti ti ci porto.

Danilo Zagaria
Danilo Zagaria

No, mio caro, il tuo saggio non “è stata una passeggiata” e il percorso che abbiamo fatto insieme assomiglia a quello che si può fare a piedi, in bici e in auto nel chilometro della morte, così lo chiamo, che unisce Rizzico a Marina Campagna di Pisciotta, dove trascorro le mie vacanze estive. Non te ne parlo ulteriormente ma, se passi nel mese giusto da quelle parti, ti ci porto.

Citi Il mondo sommerso, che lessi poco prima de Il vento dal nulla, immensi capolavori di Ballard, che è anche il mio autore di fantascienza preferito. E presto leggerò gli altri due romanzi della tetralogia. Farò lo stesso anche con Le correzioni di Franzen, autore che citi e che fino a dieci minuti fa sonnecchiava (russando) su uno scaffale. La scrittura è una reciproca sollecitudine umana!

“… è davvero tutto inutile se non agiamo insieme…” – e qui faccio un’autocritica: io amo l’otium e, dopo alcuni decenni di lavoro, detesto il negotium. E aborro la politica. Ma occorre che ognuno, secondo i suoi carismi (tutti ne abbiamo almeno tre) dia il proprio contributo, privato e pubblico.

“Anche se l’incertezza regna sovrana in questi tempi difficili, sono sicuro che senza immaginazione non andremo lontano.”sottoscrivo in toto il tuo pensiero.

Un cenno su Ventimila leghe sotto i mari: mi domando quanto sia ecologico. A mio parere tanto. Anch’esso l’ho letto (anzi, divorato) e commentato. Questo è quanto posso dare al mondo: la mia entropica scrittura.

Vale la pena donarti l’ultimo adagio arşân? Sì! Tót i cajòun a gh ân la só pasiòun, almeno qui in questi ameni tropici padani!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Danilo Zagaria, In alto mare, ADD editore, 2022

 

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