“Zalmoxis” saggio di Mircea Eliade: l’immortalità dell’anima nella Dacia pre-cristiana
“I ‘Geti’ sono sopravvissuti nella storiografia dell’Occidente grazie alla confusione con i ‘Goti’: erano diventati i mitici antenati dei popoli germanici e, più tardi, degli Spagnoli.” – Mircea Eliade

La Fortuna opera in modo misterioso per noi esseri umani e talvolta un errore di così ampia portata diviene la possibilità per un popolo di scoprire la propria origine.
Uno dei saggi compresi all’interno de “Da Zalmoxis a Gengis Khan – Studi comparati sulle religioni e il folklore della Dacia e dell’Europa orientale” di Mircea Eliade (Edizioni Mediterranee, 2022, traduzione a cura di Horia Corneliu Cicortaş) è dedicato a Zalmoxis, nome reso celebre da Erodoto che, nel suo “Storie”, scrive: “Essi si ritengono immortali: sono, cioè, convinti di non morire, e credono che colui che scompare raggiunge Zalmoxis, un essere divino (daimon), che alcuni di essi chiamano Gebeleizis.”
Mircea Eliade, sin da giovane, si occupò di ricerca sulle tradizioni spirituali romene e dell’Europa centro-orientale, complice un soggiorno di tre anni, dal 1928 al 1931 in India. E già negli anni Trenta è conosciuto come orientalista, studioso delle religioni, docente universitario e narratore; a Bucarest, nel 1938, fonda una rivista denominata Zalmoxis. Revue des Études Religieuses e nel 1970 pubblica il libro con all’interno il saggio sopracitato.
Erodoto (Alicarnasso, 484 a.C. – Thurii, circa 425 a.C.) mostrò molto interesse ai Geti per la questione dell’immortalità, in un altro celebre passo racconta la biografia di Zalmoxis, riportando ciò che aveva sentito dire su questo uomo: dapprima schiavo di Pitagora (Samo, tra il 580 a.C. e il 570 a.C. – Metaponto, 495 a.C. circa) dal quale avrebbe, per l’appunto, appreso riguardo l’immortalità e gli usi e costumi dei Greci, considerati più progrediti rispetto a quelli dei Traci. Divenuto libero, Zalmoxis tornò in patria ed insegnò, durante il convito, ad alcuni discepoli il significato di vita eterna. Si era tramandata anche l’esistenza di una dimora sotterranea nella quale Zalmozis restò per tre anni, per poi ricomparire al quarto anno suscitando molto scalpore. Lo stesso Erodoto mostrò dei dubbi riguardo alla biografia anche perché riteneva che Zalmoxis fosse precedente di molti anni rispetto a Pitagora.
Mircea Eliade sottolinea, a differenza di Erodoto, l’importanza della “dimora sotterranea”, l’andreon, e la compara alla κατάβασις, al descensus ad inferos, di cui Giamblico, Porfirio, Tertulliano, Erminippo e Diogene Laerzio raccontano nelle loro biografie su Pitagora. È plausibile, dunque, prendere in considerazione l’elemento simbolico di un rito iniziatico anche per Zalmoxis.
“L’andreon che Zalmoxis si era fatto costruire e dove riceveva i cittadini di nobile condizione per discutere dell’immortalità, ricorda sia la sala di Crotone dove Pitagora insegnava la sua dottrina, sia i locali dove si tenevano i banchetti delle società religiose esoteriche. Del resto, scene raffiguranti banchetti rituali sono largamente testimoniate sui monumenti di epoca posteriore trovati in Tracia e in tutta la regione danubiana.” – Mircea Eliade
Numerose leggende narrano di uno scenario simile sia per la nascita di un dio, l’apparizione di un profeta o l’ascesa al trono di un re. Dall’India all’Iran, dal culto di Mitra (del 1200 a.C.) a Gesù Cristo, la grotta è stata simbolo di nascita e rinascita, la roccia che accoglieva e proteggeva, la pietra grembo che permetteva l’isolamento dalla società per garantire la meditazione profonda.
Si esclude che Zalmoxis fosse considerato una divinità degli inferi raggiunta da coloro che muoiono perché “gli dei e le dee dei morti regnano su tutti i morti indistintamente, mentre le divinità dei Misteri ammettono presso di loro solo gli iniziati”, piuttosto era un vero e proprio Maestro conoscitore di misteri ed esperto di astronomia e di medicina. Platone ne “Carmide” scrive: “Zalmoxis – disse il medico – insegna che, come non è possibile guarire gli occhi senza la testa e la testa senza il corpo, così non è possibile guarire il corpo senza guarire l’anima. Per tale ragione, i medici greci ignorano come curare molte malattie, perché essi non considerano debitamente l’insieme.”

Per gli iniziati al culto, la morte non è privazione della vita ma, essendo trasfigurata, offre il passaggio dalla mortalità del corpo all’immortalità dell’anima (αθανατίζειν, divenire immortali). Colui che è iniziato incontra una prima morte il cui approdo è la conoscenza (lunga e variegata è la tradizione alchemica arrivata sino ai nostri giorni) ed una seconda morte che conclude il viaggio terreno (nello stesso volume di Eliade è presente un saggio intitolato “La pecorella veggente” che richiama questo tema).
“C’era senza dubbio qualcosa di giusto nella tendenza, così diffusa in Grecia dopo Erodoto, di ricordare Zalmoxis insieme a Pitagora, Orfeo, Museo e, più tardi, Zaratustra, i saggi egiziani, i druidi. Tutti costoro avevano vissuto l’esperienza dell’estasi e avevano rivelato al loro popolo i misteri dell’anima e della sua immortalità. Anche il passo di Mnasea di Patara, discepolo di Eratostene, secondo cui i Geti veneravano Cronos e lo denominavano Zalmoxis, può essere interpretato nello stesso senso – Cronos è infatti il sovrano delle Isole Beate dove soggiornano le anime dei giusti. In questo, come negli altri casi già esaminati, si tratta sempre di un’esistenza eterna e felice in un mondo diverso, che non appartiene alla geografia del profano, ma che non coincide neanche con gli Inferi, dove vivono le ombre dei non-iniziati.” – Mircea Eliade
La scomparsa del suo culto si ebbe presumibilmente con la conversione della Dacia al cristianesimo ma, grazie alla confusione citata in apertura, Zalmoxis sopravvisse nelle leggende dei Goti e nella mitologia dell’Occidente. Mircea Eliade traccia le linee storiche di questo passaggio in modo preciso, il lettore potrà, leggendo il saggio, conoscere i paragrafi di cui non si è trattato come le etimologie del nome, le esperienze estatiche e taumaturgiche, i filosofi-sciamani, il sacrificio del messaggero, la storia di Deceneo e le considerazioni di Strabone.
Written by Alessia Mocci
Leggi l’articolo su “La pecorella veggente”