“Une semaine avec Henry Miller” di Pascal Vrebos: le differenze con l’edizione italiana “Ultime intimità”

Trovandomi quel sabato, per un caso fortemente voluto, al mercatino di Correggio, scorsi su una bancarella Ultime intimità di Henry Miller, lo scrittore che più amo. Non il più grande? Ma chi se ne importa! È il Cattivo Maestro che sempre ospiterò nel mio cuore!

Une semaine avec Henry Miller di Pascal Vrebos
Une semaine avec Henry Miller di Pascal Vrebos

Leggendolo il libretto, scopro che il titolo cela una specie (faccio, ma non troppo, per dire) di trompe-l’oeil, un’astuta finzione editoriale. A pagina 3, v’è l’aggiunta esplicativa: “(Henry Miller si racconta con Pascal Vrebos)”.

Vrebos è l’io narrante dell’intero libro, che riporta non solo l’esito del suo incontro con il mio Henry, che dura una settimana, ma tutte o quasi le loro conversazioni, e a cui, ogni giorno, viene dedicato un capitolo.

Si comincia un Mardi e si finisce una Dimanche (in entrambe le edizioni).

In questi giorni m’è capitato di leggere l’opera in lingua originale (Une semaine avec Henry Miller), nella sua edizione del 2017 (Genèse Édition). Con l’autore ero venuto in contatto a seguito della pubblicazione della mia reazione all’edizione italiana. Vrebos è un uomo gentile, entusiasta e, si sa, l’henrymillerite s’attacca (a Reggio, dove vivo), mischia (ad Amalfi, dove mi recherà martedì), e si piglia anche respirando ciascuno a casa sua, a migliaia di chilometri di distanza dall’Altro. Essendo un uomo generoso, Vrebos m’ha inviato in dono il volume.

Prima sorpresa: l’Avant-Propos, la prefazione, manca nell’edizione italiana, il che fa perdere al lettore una battuta del “Maître”. “Si la merde valait de l’argent, le pauvres naîtraient sans cul”: il mondo è ingiusto, soprattutto nel campo dei diritti umani connessi a quelli economici, mentre in natura tutto sembra quadrare (e ammazzare gratis). Un essere privo di deretano ha risolto il problema della scarsa alimentazione, poiché muore appena neonato.

Credo sia un dovere morale, oltre che letterario, che una casa editrice autorevole pubblichi la traduzione integrale del libro di Vrebos, non solo perché il testo è ricco di valore e di informazioni, ma perché è giusto farlo. Non ce l’ho con Edizioni Ripostes, che pubblicò nel 1991 l’opera, anzi, le sono grato sia perché ho avuto modo di rapportarmi con questo valente scrittore belga, sia perché ogni volta che leggo qualcosa di nuovo di e su Henry Miller provo un’emozione ineffabile. Ognuno ha l’Angelo Custode che si merita. Io ho lui. Anche Pascal, mi viene da dire.

Egli, come il sottoscritto, provò una specie di “choc” quando lesse Tropique du cancer. Durante la lettura del successivo Tropico del Capricorno, sviluppai una strana sorta di odio commosso nei confronti di questo autore così diverso dagli altri. Quando lessi Sexus, capii il suo problema esistenziale e la sua grandezza reattiva, e iniziai a perdonarlo, amandolo poi come mai mi è capito con alcun artista. Altri due dei della Trimurti sono Arthur Rimbaud e Carmelo Bene. Ancora non so chi di questi sia Śiva e chi Visnù, ma su Brahmā ho pochi dubbi, anche se è Arthur il primo a essersi manifestato (sia in me che nella Storia), ma la Storia (anche la mia personale) è una finzione pazzesca.

Il primo capitolo, della traduzione Ripostes, è sufficientemente rispettoso dell’originale. Il secondo, Les Stilfontein, brilla per la sua assenza! Dopo la sua lettura nell’edizione belga, scelgo di andare a cuccà (in amalfitano, mentre in pixuntiano è a curca), essendo l’ora di riscoprire, come mi capita ogni sera, che era vero quanto diceva mia madre: che béla invensiòn l ē al lètt!

Di solito veleggio fra diversi idiomi: da oggi c’è anche il franco-belga, che per noi reggiani è un’inclita variante dell’arşân. In sogno, forse, prescindo da tutte queste lingue reali e immaginarie.

Nel testo italiano, a pagina 22, è: Non molto incoraggiante… Suono. Nell’originale è, a pagina 27: “Pas très encourageant…/ Je sonne.”

Noto che i non frequentissimi spazi che si prende fra alcuni paragrafi il Vrebos originale non sono mantenuti nell’edizione Ripostes. Se le differenze si riducono a queste, come dicono da noi, ci va di grasso. A volte è Ripostes a spaziare, ignorando le scelte continuative di Vrebos. Cavolate, dai!

Riporto, in entrambe le edizioni, che l’autore belga ha “la gorge sèche à cause de vous. Je suis devant le mythe Miller…”: avrei voluto vedere me al suo posto! O gli sarei saltato a collo e l’avrei baciato in bocca, o lo avrei sgozzato senza pietà (a seconda del momento storico).

“Hum… Je suis la victime de mon propre mythe” – il che càpita ai vîv, tranquillo, Henry. Lo sai che i tuoi “Hum” in italiano diventano Hmm? Fosse solo questo, non farebbe troppa differenza.

Ognuno di noi è vittima dei miti altrui, anzi, della loro somma, ma solo alcuni privilegiati, si fa per dire, lo sono di sé. Tu, Henry, dici d’essere “l’innocente victime de mes livres…” – io penso che non esistano scrittori del tutto innocenti o colpevoli (nemmeno il Marchese Maledetto). Nemmeno tu.

Colgo, a pagina 32, l’espressione “la brebis galouse”, la pecora che in italiano è nera, in franco-belga è rognosa. E dà più l’idea. Nella fattispecie stai parlando di “Rob Ramsay, le fils du pasteur”.

In italiano Ripostes: Un silenzio. Capisco che Miller – in originale: “Un silence comme un tache d’oeil.” – il che mi fa un po’ pensare a Cencio Guercio. Carneade, chi era costui?

Su Philémon, che dire? O si legge l’originale, in cui tu, Pascal, spieghi tutto con dovizia di particolari, oppure uno resterà ignorante tutta la vita, senza manco accorgersene. Chissà se un giorno un editore di quelli tosti, proverà a ripubblicare la tua opera integrale.

L’operazione del chirurgo di Ripostes è riuscita, ma il paziente Philémon fatica a svegliarsi, come dopo una colonscopia di quelle che intontiscono per dodici/trentasei ore a seconda del paziente.

Colgo una frase che merita (che brilla in entrambe le versioni): “La théorie est une forme de rêve aussi, une derive géométrique.” – il che è vero, tutto è una deriva geometrica, oppure nulla lo è, però sembra così. Einstein era stupito dalla corrispondenza fisico-geometrica-matematica… Chissà!

Nietzsche (citato da H. M.): “L’etre est ce quelque chose qui doit être surmonté” – da cosa? Dal bisnonno di Friedrich, o da chi? Dovremmo essere tutti sulla stessa barca che un po’ va a fondo e un po’ riemerge. Tutto ciò che esiste è come l’escremento di cane o diì uomo, che galleggia sempre. Per poi evaporare. O esiste qualche arca di fattura divina? 

Tra Chicago e Boston visse quell’ameno Hilary Putnam che temeva sempre d’essere un cervello che sguazzava in una vasca, illudendosi di recitare la sua parte su un palcoscenico, come capitava al mio Carmelo.

“J’en ai bavé aussi.”e ne ho viste di tutti colori! Sbavare dà più l’idea. Chi parla con emozione a volte non riesce a non sputacchiare addosso al suo interlocutore.

Pascal Vrebos
Pascal Vrebos

“Je le rassure en lui résumant le coup des Stilfontein qu’il semble trouver parfaitement normal.” – e qui Ripostes spiega: (speculazione in borsa, fortunata, che ha permesso e Ninon la visita a Miller in California) – la cui faccenda era stata spiegata nel secondo capitolo della versione originale.

“Elle sortait d’une salle de classe pour entrer dans un autre. Cora Seward était juste un peu moins grande que moi.” – tradotta in modo più stringato: Lei era un po’ meno alta di me

Jacques, “il arrivera à quelque chose d’essentiel, j’en suis sûr, même si son chemin demande du courage.” – che nella versione Ripostes è evaporato via, non si sa dove.

“Images fabuleuses et terrifiantes: le soleil qui gonfle, les oceans en ébullition, les vagues fumantes d’écume, l’engloutissement des étoiles et, dans un fracas cosmique de tous le dieux, l’eparpillement, l’infini absorbant l’infini.” – traduzione: non mi va di riportarla, perché mi reca troppa pena.

“Après l’intuition poétique, la réalite s’empresse de prendre la relais de l’horreur…”la realtà è la sola cosa capace di amplificare la poesia” – più o meno! Ripostes sorvola poi su una mezza paginetta!

Rinnovo la mia orazione a Garzanti, Adelphi, Einaudi e chi più ne ha più ne preghi!

Pascal, tu scrivi alcune frasi “En grand et en française”, e chi ti traduce ti asseconda: Bata Yacul… etc, ma poi si scoccia d’usare le maiuscole. Tu: “For Heaven’s Sake…” etc; lui, chissà chi: For heaven’s sake… 10 righe (tue) valgono quanto 7 sue!

A Ripostes manca un “Pan!” – forse era carente del necessario e detonante microchip. Attesto anche altre risibili mancanze, a cui non mi va d’accennare.

Si arriva a Dimanche: m’intriga la risposta di Beckett a chi gli chiedeva che fine avesse fatto Godot: “Si je l’avais su, je n’aurais pas écrit la pièce.” – di tutto si sa qualcosa, ma mai abbastanza, di tutto si scrive per saperne di più. Si tratta di un’illusione? Tutto è vanità? Può darsi.

“Je n’ai jamais eu la prétention de dire la vérité mais ma vérité, mes fragments de vérité, et mes amis n’ont jamais connu toute ma vérité mais un fragment de ma vie et le comportement que j’avais avec eux.” e qui il traduttore di Ripostes se la cavicchia assez (asèe in arşân), abbastanza. Asse vu…/ Assez eu…/ Assez connu…, direbbe, un po’ a sproposito, il mio Arthur.

Che dire dell’ultimo capitolo della versione belga se non che manca al 100% in Ripostes?

Nell’edizione originale c’è l’appendice De Henry à Brenda.

Brenda non solo è troppo bella per i miei angusti occhi, ma è anche graziosa nell’anima. La “leçon essentielle: si tu es profondemént dans la vie dans laquelle tu dois être, si tu ne fais pas semblant d’être quelqu’un d’autre, qui que tu sois, tu seras excellent…” – non l’ho mai dubitato, grazie H.M., grazie Brenda, grazie Pascal, grazie Ripostes e un sentito grazie a me stesso. Prego!

Meno male che quella mattina mi ero recato a Correggio! Che avrei perso, che avrei guadagnato se fossi rimasto a casa? Quien sabe?   

Un’ultima fesseria (che potrei senz’altro evitare, come tutte le precedenti; per cui essa mi è diventata cogente): ogni scrittura è un materiale essenziale alla mia sopravvivenza, che mi dà la forza di andare avanti. Così giudicava il nostro Henry (di Pascal e mio, e del mondo intero), che me lo confessò una volta in sogno. Una scrittura che non sia un mero pretesto è pretestuosa.

 

Written by Stefano Pioli

 

Info

Leggi la recensione “Henry Miller – Ultime intimità”: una serie di interviste dello scrittore belga Pascal Vrebos

 

Bibliografia

Pascal Vrebos, Une semaine avec Henry Miller, Genèse Édition (Belgio), 2017

 

 

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