“Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti: un thriller dalle suggestive immagini paesaggistiche
“C’era una leggenda che gravava su quel posto. Una di quelle che si appiccicano ai luoghi come un odore persistente. Si diceva che in autunno inoltrato, prima che le piogge si tramutassero in neve, il lago alpino esalasse respiri sinistri…”

Ilaria Tuti, autrice del romanzo thriller Fiori sopra l’inferno, si è rivelata in questi ultimi tempi una scrittrice a tutto tondo.
Ed il suo romanzo d’esordio, Fiori sopra l’inferno appunto, pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Longanesi non smentisce il giudizio di critica e di pubblico.
“Il posto di polizia di Travenì sembrava un albergo di montagna fino a vent’anni prima, il confine poco lontano era trafficato e gli agenti assegnati al controllo. Quasi una cinquantina…”
Ambientato a Travenì, luogo immaginario ma dai connotati geografici precisi, il romanzo si sviluppa in un contesto narrativo di circa 360 pagine con una trama ben articolata, grazie a un racconto ricco e dettagliato. Che si focalizza su di un’indagine impegnata a risolvere una serie di delitti che si consumano proprio a Travenì.
Il quale, in seguito agli atti criminali in cui la cittadina si vede coinvolta, assume un aspetto sinistro, e inficia una sua fonte di reddito quale è il turismo montano.
“Un nuovo animale stava correndo nella foresta, ruggendo feroce. La livrea era lucida e nera, con un teschio e le tibie incrociate sui fianchi. Spezzava rami e piccoli arbusti, svellendo pietre dal terreno. I nidi distrutti cadevano a terra con un frullo d’ali spaventate. Dal ventre della bela proveniva una cacofonia di schiamazzi e suoni striduli…”
Grazie alle suggestive immagini paesaggistiche illustrate dell’autrice, le descrizioni d’ambiente sono un elemento narrativo di rilievo, e sono valore aggiunto di un thriller sviluppato con maestria.
Descrizioni vivide, le quali portano il lettore a immergersi in un ambiente naturale attraente, dove la foresta può essere intesa anch’essa quale protagonista del racconto. Anche se il contesto narrativo, oltre a egregi ritratti ambientali e una trama da romanzo giallo in piena regola, manifesta qualcosa in più rispetto ad altre pubblicazioni di uguale genere: a confermare la bontà narrativa de Fiori sopra l’inferno.
Si tratta della protagonista femminile, il commissario, o più corretto dire la commissaria, Teresa Battaglia, che porta avanti un’indagine di non facile soluzione.
Poliziotta sui generis, la Battaglia è capace e intuitiva come pochi, palesando però tratti caratteriali bruschi ed aspri, propri di una personalità forte.
E ciò a causa anche di vicende personali complesse: pesante bagaglio che si porta appresso e diventano un limite con cui la Battaglia si deve confrontare.
Tuttavia, la donna, forte delle sue convinzioni, non si cura troppo delle sue problematiche, e va avanti grazie anche alla sua tempra di persona risoluta.
Carattere singolare, quello della Battaglia, esercitato soprattutto con cui i suoi sottoposti che hanno difficoltà a confrontarsi con lei.
A fare le spese della multiforme personalità della donna è l’ispettore Marini, ultimo arrivato e spesso bistrattato. Sopraggiunto a Travenì per coadiuvarla, l’ispettore interviene sulla scena del crimine anch’esso, per indagare e dare un volto all’assassino.
Ma, estrapolare elementi utili per identificare il responsabile del male che colpisce la comunità di Trevenì, luogo che vede il commissario in prima linea, non è affatto semplice.
“Con il permesso del questore, Teresa aveva fatto trasferire la squadra nel posto di polizia di Travenì…”
E, quando il quadro d’indagine si rivela più difficoltoso del previsto, è Marini l’obiettivo su cui Teresa Battaglia scarica il proprio malumore.
Personaggio diverso da quelli descritti in altri contesti narrativi o filmici, la commissaria è apparentemente forte e pronta a far valere le sue ragioni; in realtà è una donna fragile e colma di umanità, ed i suoi atteggiamenti devono dimostrare a tutti, prima di tutto a se stessa, di essere all’altezza della situazione.
Figura di poliziotta non stereotipata, non è descritta come fisicamente troppo appariscente e neppure bella. Ma dalla sua ha una professionalità intuitiva, in veste di profiler, che la porterà, grazie ad attente osservazioni sia sulla scena del crimine come il contesto sociale della comunità di Travenì, a identificare nell’assassino un probabile serial killer.
“Come una guerriera stanca, Teresa chiuse le tende. Sui ricordi e i suoi bisogni. Era come raccogliere le armi e rialzarsi. Dalla borsa prese un diario. Lo aveva acquistato quella mattina, era ancora incartato. Scartò la confezione, lo aprì e ne accarezzò le pagine…”
Ed è scavando in una comunità montana racchiusa su se stessa, obbligata da vincoli ancestrali a proteggere i suoi abitanti, nonostante i gravi fatti in cui l’intera comunità è coinvolta, che Teresa Battaglia scoprirà i segreti legati ad un mondo arcaico. Destinato per volere dei suoi abitanti a rimanere tale.
Un mondo che i nativi non vogliono vedere alterato dall’intervento di persone venute da lontano, in questo caso il commissario Battaglia e la sua squadra, impegnate a scandagliare realtà che legano i suoi abitanti in un vincolo strettissimo.

Nonostante i delitti commessi in quel territorio montano dalla bellezza evocativa, e ricca di suggestioni naturali incontaminate, seppur frutto di una natura non sempre benigna.
La narrazione è inoltre arricchita da riferimenti precisi in merito agli studi di René Spitz, focalizzati sugli effetti negativi subiti dai neonati in seguito alla mancanza di stimoli, a causa della deprivazione affettiva.
“La sensazione di disagio che gli era rimasta appiccicata addosso non voleva andarsene. Era una nausea sottile ma persistente, che rivoltava lo stomaco…”
Per finire, Fiori sopra l’inferno è un romanzo thriller con tutte le carte in regola per essere definito un libro dalla trama ricca e ben strutturata.
Un romanzo che in breve tempo ha scalato il vertice delle classifiche, a conferma di quanto la Tuti sia un’autrice matura e dallo spirito di osservazione acuto, nonché dotata di un linguaggio figurato ampio e ricco. Attributi che le hanno permesso di dare alle stampe questo suo primo romanzo, a cui sono seguiti altri. Tutti sviluppati con penna felice.
“Li aveva chiamati ipocriti. Aveva detto di contare i loro figli bastardi. Aveva sfidato il silenzio omertoso che ricopriva la valle…”
Written by Carolina Colombi