Monika Kovatsch: le atmosfere dell’artista tedesca e l’opera Nature
Nelle opere dell’artista tedesca Monika Kovatsch, lo spettatore ha la sensazione di esserne assorbito: attratto e catturato, poi, entra a farne parte; in queste meravigliose composizioni, eseguite con colori molto ben combinati tra loro e elargiti, allora, in una combinazione armonica e godibile, l’individuo diviene parte integrante.
Le sue opere d’arte, sapientemente elaborate nonché realizzate con maestria, hanno, alle spalle, un lavoro di creazione molto importante e meditato, frutto di un ampio bagaglio di studi e esperienze, nell’ambito artistico.
I valori, su cui si fonda la sua produzione, sono, essenzialmente, la spiritualità e la relazione che assume lo Spirito con le circostanze, che lo circondano. L’artista propone un approccio, derivante dall’Intelletto divino, che approda alle condizioni umane, rendendole uniche e irripetibili.
Nei suoi elaborati, indi, si possono notare, quasi sempre, dei livelli: un primo, che ha una stretta relazione con l’essere umano, l’ambiente, l’aria… e, nel medesimo tempo, un secondo, che prevede il soprannaturale; è, esattamente, questo intermezzo soprasensibile, fatto dalle sue splendide atmosfere, che costituisce la coronide, tra la dimensione terrena e quella meditativa.
Monika Kovatsch dipinge la propria profonda interiorità e la relazione che può avere il suo io, da una parte, con l’essere soprannaturale, e, dall’altro lato, con la terrenità, con il mondo finito.
Le sue tele appaiono, presentando, dapprima, la materia, che copre tutta la superficie, ma che diventa evanescente, intangibile, in determinati punti; essi sono gli spazi, in cui Kovasch ha il bisogno di sottolineare alcuni messaggi, che possono essere posti in relazione alla luce, alla rivelazione, all’esistenza. Guardando, sino a scrutare con attenzione, sempre, si noterà almeno un particolare, a volte anche più di uno, che contraddistingue, nel contesto dell’opera, il suo percorso più intimo e questo rapporto esclusivo e indissolubile, che lei ha, con l’Essere Divino.
La relazione tra il l’eterno spirituale e il finito e caduco terrenale è il punto fondamentale del messaggio dell’artista Monika Kovasch: il sospeso e il silenzio sono il momento cruciale, in cui queste due sfere, questi due mondi difformi si incontrano… Ivi, lei è capace, sfumando e attenuando i colori, in maniera peculiare, di comunicare, esattamente, la pienezza di quei diastemi, descrivendo questo fondamentale momento di unione, tra l’universo divino e l’universo terreno.
Il rapporto che l’artista instaura con l’essenza spirituale è un legame forte e convinto, sicché lei stessa e il suo viaggio introspettivo, quasi, potrebbero essere paragonati al processo creativo, ponendo, infatti, attraverso la risoluzione di questo sintagma creativo, le basi, per l’esecuzione di questi concretamenti artistici.
Il percorso di arrivo al compimento di un’opera d’arte, invero, soprattutto perché “partorito” dal profondo io, è un itinerario irto di difficoltà, pensieri, ripensamenti e sperimentazioni, che l’artista porta all’attuazione, con grande abilità.
Niente è risultato di casualità: la dimensione della tela, l’uso di determinati colori invece di altri, il posizionare lampi di colore più vivi in una parte, di sfumare alcune tonalità hanno lo scopo di creare questa sorprendente euritmia, presente nelle opere dei grandi artisti del passato così come nelle opere di Monika Kovatsch. Catturare, fermare, e, quindi, dipingere l’istante, in cui si vuole dare corpo ad un’idea evanescente, chiamata atmosfera, è la rivelazione più importante e magnifica delle opere dell’artista.
L’atmosfera va, prima di tutto, sentita, percepita, e, dopo, va contemplata, come simbolo di bellezza e grandezza.
L’arte di Kovatsch si deve sentire, al primo impatto, con le emozioni, con le sensazioni, e, poi entra nella sfera visiva; è un’arte prodotta dall’Intelletto e che deve ritornare, ad esso, dopo aver percorso un itinerario circolare, sferico.
Le sfere celestiali si traducono in musiche angeliche ideali e toccano, con mano, poi, le debolezze e la corruttibilità terrena, mutando in un’atmosfera intrigante e profonda, il cui punto più alto, che si possa raggiungere, è la congiunzione e la dialettica tra una natura divina e una natura umana.
L’elemento di creare ambienti, aree, è l’elemento più innovativo, in questo momento dell’arte: l’artista tedesca è fermamente convinta, che la composizione debba possedere personalità, ma, al pari, debba anche far “percepire”, al fruitore, gli aspetti più invisibili, i punti di vista che danno forza morale all’opera e a chi la sente.
La risposta di Monica Kovasch trova una possibile soluzione nell’Amore, nell’accezione di Amor Vincit Omnia, che permette, all’umanità, di avvicinarsi il più possibile al divino.
La poetica artistica, in Monika, è un’educazione constante all’elevazione dell’individuo, una ricerca constante a migliorare, a sublimare la sua esistenza.
“Se non esistesse nulla di eterno, neppure il divenire sarebbe possibile.” – Aristotele
Monika Kovatsch appare come Nut, la venere tessitrice: Signora di Vita, ella ferma lo spirito, nell’essere umano, attraverso la respirazione, che muta, così, in pieno e, medesimamente, sottile e impalpabile, seppur necessario, “alito”, trasformandosi nell’ordito e nella trama, sul telaio.
Un respiro eterno rende pregno “Nature” e, in esso, scorre “l’addivenire a…” . Da sempre, l’arte della tessitura viene identificata nei profili della muliebre dea e, altresì, legata al femminino sacro. Trama e ordito rappresentano, allora, yin e yang, inspiro ed espiro della vita. Tessere è creare: il dolce, ma solido, “viluppo”, che appare, all’incontro tra i “fili” verticali e l’orizzonte, è il pentagramma, in cui la divinità intesse, attraverso la levità del gesto, l’euritmia.
Monica Kovatsch si impossessa, sospesa addentro un consapevole stato meditativo, di note tonali, colte nella veridicità del proprio credo più profondo e nell’immediatezza del pigmento acrilico: il pennello e le setole mutano, allora, in arcolaio, per tendere i fili di una moderna Ascensione. Come Nut, in essa, l’artista tedesca “polverizza” la propria identità, assumendo molteplici volti: è, quindi, Brigid, la devozione, Isis, la conoscenza, Afrodite, la bellezza, Morrigan, l’arditezza, e Amaterasu, di cui la tessitura è il simbolo.
Tutto ciò accade nello spazio atemporale di una “ascensio”, che ha genesi in una terra liquefatta… essa si disgrega, perdendo, alfine, peso, e si concretizza in puro Spirito e luce.
Le pennellate, in tal senso, rappresentano la liturgia, mediante la quale il “drappo” compare al ciglio: l’autrice dona, all’osservatore, un candido lenzuolo, nel quale accogliere la verità di un infante, dopo il “baptismus”. L’autrice narra quest’esperienza trascendentale come una sorta di transustanziazione: ivi, il mare esperienziale evapora e si eleva alle sfere del Creatore.
Nel mare conoscitivo si riflettono lo smeraldino e inconscio bosco, infuocate e porporine passioni, abbaglianti raggi solari, che sembrano abbracciare e avvolgere quel globo terraqueo nella sacralità dell’oro.
Come nell’“Isola del morti” , del pittore svizzero Arnold Bocklin, uno dei maggiori esponenti del simbolismo tedesco, un’imbarcazione è protagonista della tela, ma, all’opposto, mentre l’artista cattura un greve e inesorabile istante, dove l’individuo si muove verso le tenebre e la fissità della roccia, Monika Kovatsch trascrive, “rubandolo” dalla sua ferma fede, un atto artistico, che è, nella realtà, un’ode a Madre Natura, “magistra vitae”, “re-ligo”, ove Dio, l’uomo, la Terra e i suoi elementi sono un unisono indissolubile e inequivocabile.
Nature – Monika Kovatsch
100×70 cm Acrylics, canvas on wooden frame
Written by Maria Marchese and Valeriano Venneri
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