Intervista di Emma Fenu a Daniela Mencarelli Hofmann: sulla poesia visiva
“La pittura è una poesia muta, e la poesia è una pittura cieca.” – Leonardo da Vinci
Daniela Mencarelli Hofmann, romana, vive tra Zurigo e Costarainera (IM).
Ha studiato Scienze Politiche a Roma, Economia Ambientale e dello Sviluppo a Londra e ha conseguito il dottorato a Zurigo, dove ha preso anche una laurea breve in Pedagogia. Si è dedicata alla ricerca ambientale, allo sviluppo, alla migrazione e alla discriminazione di genere.
Dopo aver scritto il romanzo “L’ombra di Perseo”, contro la violenza sulle donne, il suo progetto in fieri riguarda la poesia visiva e la scrittura creativa: tiene laboratori, partecipa a mostre d’arte e vernissage e presto un libro ne sarà testimonianza.
E.F.: Cosa si intende per poesia visiva? È una commistione di arti?
Daniela Mencarelli Hoffmann: Una poesia visiva è un’immagine che contiene un testo poetico. Può essere un dipinto, un collage o un quadro realizzato con una tecnica mista. L’immagine in sé è a volte astratta e a volte figurativa. Volendo possiamo anche considerarla una commistione di arti che nasce forse duemila anni fa, quando gli antichi cominciarono a creare composizioni disponendo le lettere in un certo ordine e creando quindi delle poesie.
E.F.: Come si è evoluto il tuo interesse per questa forma di comunicazione: chi sono i tuoi modelli nel settore?
Daniela Mencarelli Hoffmann: Ho insegnato per anni disegno e storia dell’arte. Conosco i primi artisti che hanno riscoperto la poesia visiva come mezzo espressivo: Guillaume Apollinaire, Filippo Tommaso Marinetti, ma soprattutto Paul Klee e i dadaisti – anche se la poesia dadaista è un capitolo a parte. E poi la nuova generazione: l’americana Cheryl Sorg, per esempio, le sue opere sono composte da lunghe strisce ritagliate da testi famosi come l’Omero di Odisseo. A me piace il metodo di Emilio Isgrò, l’artista siciliano che per primo inventa la “cancellatura”, toglie cioè dal testo le parole che non gli servono e lascia quelle con cui comporre una poesia. Questa tecnica è utilizzata da artiste italiane come Anna Rosa Faina Gavazzi e Tina Festa o da artisti stranieri come Tom Phillips, Jen Bervin e Austin Kleon. A livello internazionale il movimento artistico è conosciuto come Found Poetry.
E.F.: La poesia visiva, a seconda della metodologia, svincola il lettore da un iter: può leggere seguendo la sequenza indicata o no, creando ogni volta un componimento diverso. Trovo questo ruolo del lettore attivo e estremamente affascinante, quasi corale. Ci racconti il tuo punto di vista di lettrice e autrice?
Daniela Mencarelli Hoffmann: Dipende dal metodo usato dall’artista: in alcuni casi è così, in altri no. Quando le parole sono collegate da linee o da altro, la poesia si legge proprio come è stata scritta. Ritengo soprattutto interessante la possibilità che questo approccio offre ad ognuno di noi per dare forma espressiva ai nostri sentimenti, pensieri ed emozioni. Con i/le giovani che frequentano i miei laboratori, mi stupisco ogni volta della capacità che hanno di comunicare attraverso questo strumento quello che hanno nella pancia e nel cuore. Quando si lasciano andare, quando ascoltano loro voce interiore senza giudicare, il loro vissuto trova uno spazio per esprimersi: dolore, felicità o insicurezza, ferite, paure o rimpianti diventano poesia. La poesia, l’arte, sono nel DNA dell’homo sapiens e secondo alcuni è questa la componente genetica che lo ha reso superiore all’uomo di Neanderthal: le pitture neolitiche della grotta di Lascaux, che risalgono a oltre ventimila anni fa, lasciavano Pablo Picasso senza parole, tanto da affermare che “Da Altamira in poi tutto è decadenza”. Con la poesia visiva il poeta che è in noi più sbocciare. E farci stare bene. Nel libro tratto anche l’aspetto quasi terapeutico di questo approccio, incluso il lavoro con i sogni.
Written by Emma Fenu