“Harry Potter e i doni della morte” di J. K. Rowling: differenza o unità?

Cito alcune frasi della Rowling, colte, un po’ a caso e parecchio no, dal settimo libro Harry Potter e i doni della morte.

Harry Potter e i doni della morte di J. K. Rowling
Harry Potter e i doni della morte di J. K. Rowling

“Ma forse i governanti migliori sono quelli che non l’hanno mai desiderato (“il potere”).

“Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi, ma soprattutto per coloro che vivono senza amore.”

“‘Certo che sta succedendo nella tua testa, Henry, ma perché diavolo debba voler dire che non è vero?’”

La prima frase de Harry Potter e i doni della morte di J. K. Rowling mi fa pensare a Erminio, uomo saggio, ispirato e capace di gestire uffici e mansioni anche particolarmente difficili, che non ha fatto la fortuna in politica che ha reso potenti altri personaggi, inetti e truffaldini.

La seconda mi ricorda il proverbio: “L’è dmèi ‘na cros morta che ‘na cros viva” – “Meglio una croce morta che una viva”, meglio piangere una scomparsa che convivere con un parente disgraziato che ti rovina l’esistenza. Silente forse non sarebbe d’accordo, per via della sorella fragile di mente, di cui s’è addossato fino all’ultimo, con acuto rimpianto, la responsabilità della morte.

La terza mi rammenta che la vita è uno straordinario punto interrogativo. Questo emerge, nello studio dei filosofi (Hilary Putnam, ad esempio, affermava che “la nostra vita dovrebbe essere reale, a meno che non siamo altro che cervelli immersi in una vasca, i quali credono di agire in un mondo materiale”), nella visione di vari film (come la serie di “Matrix”, forse derivata dall’idea di Putnam) e nella disamina di alcune religioni (penso a “maya”, l’illusione cosmica che, secondo Shankara, domina le nostre percezioni, falsandola, anche se, attenzione!, qualcosa di vero c’è senz’altro: il Sé e l’Assoluto).

Ma un’altra intuizione della Rowland mi stimola la scrittura: occorre il massimo rispetto per il diverso. Ognuno, “babbano” (“muggle”, non mago, né figlio di maghi), nato babbano (“muggle born”, come, la mamma di Potter ed Hermione, maghi anche se figli di babbani); “purosangue” (“pure-blood”, mago privo di babbani nell’albero genealogico, come i componenti delle famiglie dei Weasley e dei Malfoy), “magonò” (“squibb”, figlio di maghi, ma privi di poteri magici, come Argus e Arabella); mezzosangue (“half-blood”, mago con babbani recenti o almeno conosciuti, come Harry Potter), “ibrido” (“hybrid”, figlio di mago e, a de esempio, di gigantessa, come Hagrid), ognuno, dicevo, svolge il suo ruolo al fine della storia.

Si tenga presente che risulta impossibile per un purosangue attestare che mai un babbano abbia inficiato la purezza delle sue proprie origini.

Lo stesso vale per le creature come il gigante, il centauro, l’elfo, il goblin, l’ippogrifo, il ragno parlante ed assassino, la fenice di Silente, la civetta delle nevi, il serpente di Voldemort, eccetera. Senza uno solo di loro, l’intera vicenda sarebbe diversa. Principio riconosciuto della Storia, quella con la S maiuscola, è che se si togliesse un solo personaggio o atto storico, tutto muterebbe. Paradossalmente gli attentati falliti a Hitler e a Mussolini hanno contribuito a determinarne la sconfitta.

Voldemort, un mezzosangue, sogna un mondo di maghi purosangue, in modo non dissimile da quei di Hitler e di Himmler che, pur con caratteristiche fisiche dissimili, col progetto “Lebensborn” (“Sorgente di vita”) volevano creare una razza bionda e ariana che avrebbe dominato il mondo per millenni.

Inoltre, Voldemort avrebbe unificato le quattro case della scuola di Hogwarts, abolendo quelle di Grifondoro, Tassorosso e Corvonero, sotto l’egida unica della sua Serpeverde.

Io vorrei tanto apprendere da un Ebreo il significato sotteso al concetto di “Popolo Eletto” e cosa condurrebbe tale, per me, assurda valorizzazione. Nessuno può diventare ebreo, o lo sei (magari grazie a una nonna) oppure no. Nonna sempre certa est!

Lo si sa, la mamma di Voldemort è sempre incinta. La Storia ha però insegnato che ogni tentativo di ricerca di purezza razziale diventa una distopia fra le più miserabili, per cui, oggi come oggi, la genia più pura e incontaminata risulta essere, darwinianamente, quella “australoide”. Se si esamina il DNA di un europeo emergono tali e tante componenti diverse che il mito della purezza diventa risibile. Questo vale soprattutto per le zone attraversate da eserciti e da popoli erranti, come l’Italia e il Caucaso, tanto che il termine “caucasoide” tende a identificare il carattere dell’europeo, dell’africano e del mediorientale. Mia mamma, il sottoscritto e mia figlia in comune abbiamo gli occhi, leggermente a mandorla, non sapendo però quale unno ce li abbia regalati. Gli rendiamo comunque grazie, a prescindere.

Il fatto che un muggle possa incrociarsi con un pure-blood la dice lunga sulla loro affinità. Che poi un muggle born sia, di fatto, pari a un pure-blood conferma il dato.

La Rowling ama la differenziazione, per cui, annientato finalmente Hitler-Voldemort, mantiene le quattro case della scuola.

J. K. Rowling
J. K. Rowling

Il romanzo termina con un siparietto datato “diciannove anni dopo”: i figli delle coppie Harry-Ginny e Ron-Hermione sono ormai cresciuti e alcuni di loro sono pronti per la nuova avventura scolastica. Ron, il più simpatico fra i personaggi della saga, minaccia la figlia di diseredarla se sarà iscritta nella casa dei Serpeverde. Ma è uno scherzo, si sa. Ed è un gioco che, in una certa misura, fa sorridere. È un po’ come se augurassi a un mio amico zebrato di avere figli rossoneri o interisti. Ma è un pensiero che può condurre, a lungo andare, all’olocausto.

Ogni singolo paesino ha cercato di costruire, con la maggior arte e ricchezza possibile, la propria chiesetta. Il campanilismo che ne è conseguito è parte del fenomeno che ha reso l’Italia la più variegata terra del mondo. Quando chiesi a Vincenzo, barbiere, quale fosse il santo patrono della sua Rodio, mi rispose con malcelato orgoglio: “Sant’Agnello!”, “Ah – insistei, apposta – “lo stesso che a Pisciotta!”, “No!” – mi replicò – “’O Nostro è cchiù miracoloso!”. Questione, probabilmente, di codice fiscale oltreché genetico!

Il problema, cari miei, mia cara Rowling, è un altro. Purtroppo.

Poco fa, nel tornare dal pranzo, ben pasciuto e di buon umore, scorgo un ometto sui cinquant’anni, di un colore tendente al rosa, che sta suonando un campanello nella casa di fronte alla mia. Anche lui si avvede di me e, nell’accostarsi, mi fa: “Scusami! Ti chiedo un favore! Io dormo in stazione… mi lavo in stazione… Potresti darmi…”

Lo sai, cara J. K., che non ho avuto il coraggio di chiedergli a quale casa appartenesse?!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

J. K. Rowling, Harry Potter e i doni della morte, Salani, 2020

 

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