“La situazione coloniale e altri saggi” di Georges Balandier: vecchi concetti, nuove realtà
“L’originalità del pensiero di Balandier sta nell’affascinante capacità di costruire e sperimentare connessioni fra posizionamenti politici, esperienze affettive ed intellettuali, ricerca e attività didattica nella convinzione che la traiettoria di vita di uno studioso si espanda e si arricchisca in una sorta di contrappunto rispetto alla crescita scientifica.” – dall’introduzione di Alice Bellagamba e Rita Finco
“La situazione coloniale e altri saggi” edito nel 2022 da Meltemi editore presenta i saggi “Aspetti dell’evoluzione sociale dei Fang” pubblicato nel 1950, “La situazione coloniale: una prospettiva teoretica” pubblicato nel 1951, “Contributo per una sociologia della dipendenza” pubblicato nel 1952 ed il più recente “La situazione coloniale: vecchi concetti, nuove realtà” del 2001.
Georges Balandier (1920-2016) è stato un importante antropologo e sociologo francese che, al pari di André Gide (1869-1951), è stato guidato dal demone che spinge in Africa per vedere con i propri occhi la cosiddetta situazione coloniale. Entrambi, influenzati dalla lettura del celebre romanzo “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad (1857-1924), sentirono di dover navigare nell’oceano per raggiungere quelle terre denominate colonie. Differisce la loro produzione, se Gide si accinse a scrivere una sorta di diario di viaggio con impressioni e descrizioni dei luoghi, Balandier compose veri e propri saggi di carattere sociologico perché interessato alla comprensione delle forme sociali emergenti dei colonizzatori e dei colonizzati in contrapposizione a quelle attestate in precedenza. Balandier aveva letto il lavoro di Gide del 1927 “Viaggio al Congo e ritorno dal Ciad” (in Italia è uscita una nuova pubblicazione nel 2022 “Viaggio al Congo” edita da Marsilio) dunque aveva nozione dello smarrimento che l’autore provò nel passaggio da ciò che è stato letto sull’Africa e l’approdo vero e proprio nel grande continente.
“[…] il Nero è un uomo come gli altri, diventa complice della truffa dei negrieri della politica e dei prodotti coloniali. Ne facilita l’operato […] Ho visto il pregiudizio razziale al lavoro, così sfumato che è diventato un’abitudine affermare che i Francesi ne sono privi. Più che ostilità e violenza, si tratta di un’evitazione sprezzante, un rifiuto di compromessi, un’ignoranza pretenziosa.” Scriveva nel 1947 in un saggio intitolato “Le noir est un homme” nel quale puntava il dito contro i francesi che, con arroganza, denigravano gli africani inserendoli in uno stadio “inferiore” all’umanità. In questa breve citazione quasi riecheggia la voce di Gide: “Meno il bianco è intelligente, più il nero gli sembra sciocco.”[1]
Le opere di Balandier denunciavano le ipocrisie del governo coloniale, consigliava di prendere le distanze dalle abitudini fino ad ora utilizzate dai colonizzatori perché le varie comunità, oltre ad essere state depredate della terra e della libertà di azione e di movimento, stavano subendo mutamenti nei rapporti generazionali ed interclanici di enorme rilievo.
Una delle società indigene maggiormente osservate fu quella dei Fang (chiamati anche Pahouin, termine etnico utilizzato con significato denigratorio ed associato alla loro antropofagia) sia perché molto numerosa ed incline al dominio (insediata principalmente nel Gabon, Camerun e Guinea Equatoriale) sia perché come indica nel 1912 Henri Trilles (1866-1949), missionario della Congregazione dello Spirito Santo in Gabon: “I Fang […] adottano con una certa facilità, almeno superficialmente, non tanto i riti religiosi dei popoli o delle tribù che incontrano sul loro cammino, ma i feticci che considerano potenti. Certe volte, ed è la circostanza più comune, incorporano nella loro massa le tribù più deboli ma bellicose, facendone proprie, quasi naturalmente, le credenze; altre volte, grazie alla frequentazione assidua di queste tribù e la conoscenza approfondita che ne consegue, ritengono, invece, di constatare la presenza di feticci più forti e li prendono in prestito.”
In risposta alla situazione di crisi creata dai colonizzatori europei, i Fang, soprattutto tramite i lavoratori nei campi di disboscamento, iniziarono la pratica dello Bwiti, una sorta di animismo che celebra il culto degli antenati incorporando anche qualche aspetto del Cristianesimo. Anche la N’gol, come associazione maschile creata nel 1945, è una risposta al tentativo di eliminazione delle pratiche dei clan e condivide con lo Bwiti il fondere in un’unica pratica i vecchi riti e l’imposizione religiosa dei colonizzatori.
Ma ciò che turbò maggiormente l’equilibrio di questi clan fu il guadagno in denaro per una prestazione lavorativa. Prima di allora si era soliti attuare il sistema di scambio per qualsiasi occasione, sia per le “vendite”, sia per placare una discordia, sia per i matrimoni o meglio per una vera e propria cessione delle donne a scelta degli anziani, considerati i capi e la cui autorità non poteva essere messa in discussione. Erano, infatti, gli anziani che decidevano quando un ragazzo fang era pronto per il matrimonio e sempre gli anziani sceglievano le donne che poteva sposare, queste appartenevano sempre ad un altro clan per un discorso di alleanze sul quale non ci si soffermerà in questo articolo ma che Balandier spiega nei dettagli. La donna era considerata merce, non aveva alcun accesso all’eredità bensì era ereditata come un qualsiasi oggetto.
In un documento del 1918 redatto dal vescovo Martrou a Libreville è riportata l’affermazione di un giovane fang nei confronti della moglie: “Di cosa ti lamenti, sei la mia bestia […] ti ho pagata cara!” Ed ancora, per far un altro esempio, nel 1947 durante il Congrés Pahouin uno dei delegati disse: “La donna è, per la nostra famiglia, un bene personale come la capanna o la piantagione.” Un proverbio fang recita: “Non sono niente di fronte a un uomo; sono stupida come una gallina”.
Balandier ha sottolineato più volte che ai colonizzatori bianchi non importò della condizione di completo assoggettamento della donna (pur conoscendo i casi di punizione per adulterio che consistevano nella mutilazione oppure nell’esposizione all’éngokon, albero nel quale vivono formiche carnivore), non ci fu alcuna prevenzione quando gli anziani indicarono le donne come responsabili per la crisi demografica che investì il popolo fang (fenomeno che colpì anche altre popolazioni).
L’uso del denaro nella dote che rendeva i giovani liberi di scegliere la propria moglie, la tendenza alla monogamia così come la religione cristiana imponeva, il vivere in città lontano dalla sfera di influenza del clan, la volontà di emancipazione della donna e la condizione di évolués (“evoluti”, termine usato per gli africani assimilati alla cultura francese/belga) determinarono la rottura delle regole sociali che, prima dell’arrivo dell’“uomo bianco”, avevano dominato per secoli l’intera zona equatoriale.
Balandier cita numerosi studi e studiosi di cui l’attento lettore potrà cibarsi quando acquisterà il volume. Tra i tanti si nomina E. A. Walcker e il ragionamento sulle “società” create dalla minoranza dominante che non si possono manifestare in “comunità” avendo al loro interno un pluralismo che non si è manifestato per scelta della maggioranza dominata ma per imposizione: “[…] gruppi che parlano lingue diverse, hanno cibi diversi, spesso si dedicano a diverse occupazioni assegnate loro dalla legge o dalle consuetudini, indossano abiti diversi […] vivono in diversi tipi di abitazioni, hanno tradizioni diverse, adorano diverse divinità, hanno idee diverse del bene e del male. Queste società non sono comunità.”[2]
“La situazione coloniale e altri saggi” è un volume utile ed indispensabile per proseguire il lungo ragionamento sul colonialismo di ieri e di oggi, non solo per le intuizioni presentate dall’autore ma, anche, per tutti i temi presenti con i rispettivi dati bibliografici che potrebbero dare avvio a nuovi studi e comparazioni.
“E ancora il 29 marzo 1947, un’insurrezione nelle regioni costiere orientali del Madagascar, con attacchi letali alle guarnigioni francesi, alle stazioni di polizia e alle piantagioni europee, porta alla temporanea costituzione di un governo alternativo, che la Francia reprime con inaudita brutalità. La stima storica delle vittime si aggira fra i 20.000 e i 30.000 malgasci.” – dall’introduzione di Alice Bellagamba e Rita Finco
Written by Alessia Mocci
Note
[1] André Gide, Viaggio al Congo, Marsilio, 2022.
[2] E. A. Walcker, Les colonies, passé et avenir, Nagel, Paris 1945.
Info
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