Le métier de la critique: la figura del nonno nella letteratura, archetipo dell’eternità

Capacità di ogni poeta è quella di sublimare la realtà, elevando ogni aspetto che viene desunto dalla quotidianità ad universale.

La figura del nonno
La figura del nonno

Ed è così che avviene che, prescindendo da ogni solennità estetica e stilistica, descritti con parole semplici e pure, i nonni assurgano a soggetti poetici.

Se in molte lingue straniere il termine che indica il nonno è legato a «padre» (come grandfather o grand père), in italiano si usa invece una parola più dolce, che deriva da un termine religioso, il latino nonnum, attribuito a un monaco in riferimento all’anzianità.

Ma quando la figura del nonno fa la sua entrata in scena nella letteratura italiana?

Prima del 1500 non si trovano attestazioni della parola nonno. La prima testimonianza è infatti da ricondurre a Benvenuto Cellini; ma dobbiamo attendere Carlo Goldoni perché il nonno faccia il definitivo ingresso sulla scena letteraria.

Nel 1700 accanto alla commedia goldoniana, c’è la «Vita» di Vittorio Alfieri, poi nell’800 c’è soprattutto Padron N’toni, il celebre nonno dei Malavoglia.

Gabriele D’Annunzio, nella lirica “In memoriam”, traspone con toni malinconici l’indissolubile legame tra nonno e nipote.

Giovanni Pascoli, nella composizione poetica “La nonna”, riconduce intorno a questa figura l’emblema del “nido familiare” in cui l’amore incondizionato regna sovrano.

Con tonalità crepuscolari, Guido Gozzano, tratteggia la figura del nonno la cui presenza è talmente onnipresente e palpabile da aleggiare persino nella sua assenza.

Tutti loro hanno insomma contribuito a tratteggiare una figura comune, quella dei nonni, detentori dell’amore supremo, incarnazione della saggezza e delle tradizioni, il cui più prezioso lascito si traduce in un dolce ricordo che nel tempo permane.

Ed allora è come se anche dopo la morte risorgesse qualcosa… un pensiero che, come un’antica promessa, oltrepassa il tempo e riaffiora in ogni istante che carico di significanze e contenuti allude a qualcosa di superiore, intriso di vita, di immagini e sensazioni recuperate da un tempo passato.

Una sorta di intermittenza del cuore proustiana che ci rivela quanto il passato non solo non è morto, ma non è nemmeno passato, anzi potremmo affermare che il passato è malleabile e può essere ripetutamente fatto riaffiorare di modo da preservare ciò che si potrebbe dimenticare.

Guido Gozzano - 1912
Guido Gozzano – 1912

Attraverso l’esercizio della memoria ci è possibile ridurre la distanza insormontabile e crudele che ci separa da ciò che è stato.

Ed ecco che i nonni si elevano a figure epifaniche al cospetto delle quali ognuno di noi offre i suoi doni, i suoi ricordi migliori, sublimandoli ad archetipo avvolto da un alone di sacralità che rivela l’eterna traccia della loro esistenza.

“Nonno, l’argento della tua canizie
rifulge nella luce dei sentieri:
passi tra i fichi, tra i susini e i peri
con nelle mani un cesto di primizie:

Le piogge di Settembre già propizie
gonfian sul ramo fichi bianchi e neri,
susine claudie… A chi lavori e speri
Gesù concede tutte le delizie!

Dopo vent’anni, oggi, nel salotto
rivivo col profumo di mentastro
e di cotogna tutto ciò che fu.

Mi specchio ancora nello specchio rotto,
rivedo i finti frutti d’alabastro…
Ma tu sei morto e non c’è più Gesù.[1]

 

Written by Manuela Muscetta

Articolo dedicato a nonno Balduino, il cui ricordo rimarrà indelebile nel mio cuore. (nonno di Manuela Muscetta)

 

Note

[1] Guido Gozzano, Nonno, l’argento della tua canizie.

 

 

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