“L’autunno del patriarca” romanzo di Gabriel García Márquez: la solitudine del potere
“L’autunno del patriarca” è un romanzo di Gabriel García Márquez pubblicato nel 1975.

Il nucleo tematico de “L’autunno del patriarca” attorno al quale si snoda la vicenda è incentrato sulla storia del dittatore di uno stato caraibico, ed è lampante come sia scritto con uno stile innovativo che l’autore ricercò apposta per distanziarsi dal successo di Cent’anni di solitudine.
Iniziò certamente a redigerlo dopo tale successo, ma l’idea portante di un’opera rivolta alla figura di un tiranno caraibico è da far risalire a pochi giorni dopo la caduta del dittatore del Venezuela, avvenuta nel 1958.
Da un punto di vista stilistico l’autore si muove liberamente con estrema disinvoltura, non solo per quanto concerne la sintassi (lunghissimi periodi colmi di subordinate) ma anche con il tempo narrativo adottato: si ravvisano interi paragrafi senza punti né virgole nei quali si distinguono svariati punti di vista che hanno lo scopo di disorientare il lettore con il loro groviglio di prospettive (confusione apparente questa di notevole efficacia ai fini di sottolineare il clima determinato dal potere).
“Fra tutti i miei libri questo è il più sperimentale…”
Il personaggio del presidente non gode di nessuna delle caratterizzazioni dei molti dittatori che si avvicendano nei paesi dell’America latina.
È il topos del personaggio letterario a tutto tondo che esemplifica il male, ma che gode della duplice capacità di suscitare repulsione ma anche compassione per il latente messaggio che lascia trapelare: la solitudine del potere.
In fondo anche il Presidente vive come sospeso nell’immobilità di un tempo stagnante, una perenne stasi di un lungo autunno che l’autore descrive in un romanzo che si articola avvalendosi di elementi propri della poesia, che conferiscono all’opera musicalità, sonorità e plasticità.
A proposito di questo romanzo la critica gli ha valso la definizione di libro “barocco”, espressione questa non di certo inadeguata se intendiamo definire il rifiuto dell’autore di rinchiudere e circoscrivere la realtà nei crismi del realismo, il suo modo di aggredire una matrice letteraria non più ordinata, chiusa, disciplinata, bensì frammentata.
Esemplificativo in questo senso è il tempo del romanzo: ogni capitolo esordisce con il rinvenimento del corpo esamine del Presidente nel suo maestoso palazzo, poi l’intreccio invece di procedere attenendosi ai criteri di consequenzialità, si sviluppa senza direzione, con un andamento sussultorio, ricorrendo ad una perenne serie di anticipazioni e rimandi.

L’autore si propone dunque di presentare un personaggio che esulasse dal cliché corrente del dittatore, facendone la caratterizzazione di un individuo sperduto nella solitudine: giunto al potere, ancoratosi ad esso per tempi secolari, si sarebbe visto condannato al vuoto nel suo palazzo.
La natura aberrante del regime è efficacemente denunciata nell’allucinante irrealtà che configura un tempo eterno del potere.
Con fervida fantasia mescola reale ed irreale, confonde i dati temporali, accavalla avvenimenti storici, ottenendo una dimensione allucinata che acquista drammaticità nella durata della dittatura.
Ogni potere assoluto, per quanto breve sia il suo esercizio, rappresenta per gli oppressi un tempo eterno. Questo ha voluto certamente significare l’autore suggerendoci che nessuno può opporsi al proprio destino mortale, neppure chi sembra godere di una esistenza onnipotente.
Con questo romanzo Gabriel García Márquez s’inserisce in quella corrente di denuncia della dittatura, fiorente nella letteratura ispano-americana del Novecento.
Written by Manuela Muscetta
Bibliografia
Gabriel García Márquez, L’autunno del patriarca, Mondadori, 2018