“Dissolute e maledette. Donne straordinarie del mondo antico” di Lorenzo Braccesi: la determinazione e il coraggio
“Nella storia dell’Occidente il potere è quasi sempre maschile. Così anche nel mondo antico le donne al potere sono rare, presenti soprattutto nel mondo orientale dove l’istituto monarchico non ha mai conosciuto tramonto…”
Saggio di ampio spessore storiografico, Dissolute e maledette. Donne straordinarie del mondo antico di Lorenzo Braccesi, traccia un profilo quanto mai approfondito di figure femminili comprese in un contesto temporale in epoca storica lontana dalla modernità.
Titolo emblematico, Dissolute e maledette. Donne straordinarie del mondo antico pubblicato nel 2021 da Salerno Editrice, per raccontare di donne, che pur nella loro diversità hanno lasciato un segno.
Diversità, ma il cu filo conduttore comune a queste figure eccezionali è uno: la determinazione e il coraggio delle azioni con le quali hanno affrontato le avversità.
La loro eccezionalità è in alcuni casi avvenenza fisica, esempio eclatante è Cleopatra, figura presa a prestito nel libro, ma a contraddistinguerle è soprattutto il forte temperamento. Il quale è indice del percorso da loro intrapreso, secondo il ruolo ricoperto da ciascuna.
Tutte dotate di caratteristiche straordinarie, e perciò vissute oltre l’ordinarietà, è la tradizione ad aver assegnato ad esse etichette assai poco edificanti. Dovute peraltro alla loro appartenenza di genere. Che le ha descritte quasi sempre come cortigiane e adultere. Nonché intriganti e depravate, e con le mani insanguinate, nel caso in cui si siano distinte come condottiere e combattenti. Nonostante abbiano manifestato audacia e intelligenza al pari degli uomini, se non superiore.
Donne straordinarie, si diceva, che hanno rivestito incarichi di solito appannaggio dei maschi. E le cui qualità, identiche a quelle degli uomini, non sono state loro perdonate.
Provviste di talento e di carattere, talune hanno spesso esercitato il loro operato in realtà in veste di condottiere, in altri casi di regine. Sempre comunque combattenti. Tuttavia, spesso dotate di un acceso protagonismo, hanno incontrato ostacoli e impedimenti a occupare il posto che il destino ha affidato loro.
Ed è con la diffamazione, tramite la cosiddetta ‘macchina del fango’, che su di loro è stato gettato ampio discredito. Perché, come noto, la diffamazione è l’arma migliore per squalificare le virtù di una persona. Negative o positive che siano.
Ma loro, le cosiddette Dissolute e maledette, non si sono curate dei giudizi che il loro tempo le ha affibbiato, e imperterrite hanno proseguito oltre. Con determinazione hanno portano avanti le loro scelte, o quelle che la vita stessa le ha messo davanti.
Le donne al potere del mondo antico sono in numero inferiore rispetto agli uomini, se si escludono quelle che lo hanno esercitato quali vedove di un re, in attesa che l’erede occupasse il posto del padre defunto. Comunque, tutte figure che con il loro operato hanno contribuito a cambiare il corso della storia.
Nonostante molte di loro abbiano detenuto un potere ampio, come sottolineato dall’autore, la loro vita si è consumata in solitudine, principalmente interiore, a causa di incomprensioni, o peggio ancora di ostilità, se non addirittura additate come ’virago’. Oppure archetipi di misfatti.
Offrendo delle loro capacità giudizi denigratori che le hanno incluse in categorie per nulla edificanti, come evidenzia l’autore.
Ed ora una breve carrellata delle donne citate nel saggio Dissolute e maledette, a completezza del commento di un testo davvero illuminante oltre che avvincente.
Tomiri, sovrana dei Messageti, è una figura mitica. Accusata di aver ucciso Ciro il Grande, fondatore dell’impero persiano, recidendogli la testa e immergendola poi in un otre ricolmo di sangue umano. Colpevole di aver invaso il territorio di appartenenza di Tomiri (in Asia centrale) per conquistarlo. Figura menzionata anche da Dante Alighieri nella sua Commedia.
“Mostrava la ruina e’ l crude scempio/ Che fe’ Tamiri, quando disse a Ciro:/ ‘sangue sitisti, ed io di sangue t’empio” – Dante Alighieri, Purgatorio
Olimpiade, vissuta intorno al 400 a. C. è una principessa nata dalla dinastia del re dell’Epiro, che va in moglie a Filippo II; ricordata perché vincitrice dei giochi olimpici, ma soprattutto per essere stata la madre di Alessandro Magno. La tradizione la condanna sia per aver esercitato il potere in quanto donna, sia per averlo fatto non in accordo con i governanti dell’epoca. È stata responsabile di morti illustri alla corte macedone, e si dice sia stata la mandante dell’uccisione del marito, oltre che aver guidato un esercito in battaglia.
Teuta, regina degli Ardiei, moglie di Agrone, re degli Illiri, assume la reggenza per conto del figlio del re ucciso in battaglia. Regnante su più tribù illiriche, la tradizione la presenta come una virago. Si dice sia stata in aperto scontro con Roma, e responsabile di aver fatto massacrare due ambasciatori romani durante l’assedio dell’isola di Isso.
Semiramide, leggendaria regina assiro-babilonese, moglie del re Nino, fondatore della città di Ninive, che potrebbe essere morto in battaglia. Motivo per cui Semiramide assume la reggenza per conto del figlio del re e di una sua precedente moglie. Si racconta che possa aver fatto mettere in carcere il marito e poi averlo ucciso. Grazie a uno stratagemma, ovvero assumendo le sembianze del figlio, adotta un travestimento per farsi accettare alla guida del regno di Babilonia.
“La prima di color di cui novelle/ Tu vuoi saper, mi disse quegli allotta,/ fu imperatrice di molte favelle./ A vizio di lussuria fu sì rotta,/ Che libito fe’ lecito in sua legge/ Per torre biasmo in che era condotta…” – Dante Alighieri, Inferno
Cleopatra, regina egizia, regna dal 52 a. C. fino alla sua morte. Ultima sovrana della dinastia tolemaica, la storia la descrive come una donna forte e indipendente, e fautrice di una politica espansiva, nonostante l’egemonia romana sul Mar Mediterraneo. Disegnata senza scrupoli, si racconta abbia impiegato il proprio fascino e la propria bellezza per coniugare politica e passione amorosa.
Giulia, nobildonna romana, è figlia di Augusto e della sua seconda moglie; il suo nome rimane legato ai numerosi adulteri e a una sviscerata passione verso il fratellastro. Accusata di aver cospirato contro il proprio padre, che non le perdonò il gesto, peraltro infame.
Clodia e Fulvia sono matrone della tarda repubblica romana. Entrambe molto chiacchierate perché accusate di fare l’amore pubblicamente. A Fulvia è stato imputato di aver rinnegato il matrimonio, contratto con l’imperatore Caracalla, preferendogli le armi.
Poppea, seconda moglie di Nerone, rimane legata a lui fino alla sua morte. Di lei si racconta abbia messo in campo intrighi per diventare imperatrice. Stigmatizzata per la sua avvenenza è stata trasformata in cortigiana pronta a sedurre il marito per fargli compiere efferati delitti organizzati da lei.
La regina Artemisia è ricordata soprattutto per aver preso parte alla battaglia di Salamina (480 a. C.) con il grado di comandante nella flotta di Serse. Salita al trono come tutrice del figlio, di lei si dice preferisse la navigazione e l’esercizio della guerra piuttosto che partecipare alla vita di corte.
Zenobia, nata a Palmira, è unica regina della città negli anni dal 267 a. C. al 272 a. C.; moglie di Odenato, generale romano e signore della città, si dice lo abbia fatto assassinare per assumere il governo di Palmira. Di cui fa uno stato indipendente dall’Impero romano, accrescendo i propri domini.
Inoltre, Rea Silvia, madre di Romolo e Remo, come la tradizione ha tramandato la sua storia.
Moglie di Ponzio Pilato è Claudia Procula; il suo nome ha assunto un significato importante. Di lei si dice sia intervenuta presso il proprio marito affinché fosse risparmiata la vita a Gesù. A ricordarne la figura è il Vangelo di Matteo. È una santa venerata dalla chiesa ortodossa.
A titolo esemplificativo, citate nel libro, sono anche Maria Tudor, conosciuta come una regina sanguinaria, e Caterina de’ Medici. Che hanno visto le loro azioni giustificate in virtù della loro aderenza alla fede cattolica. Mentre, altre figure dell’antichità sono state giudicate dalla storia con maggior severità, in quanto non legate ad alcuna confessione.
Nel caso in cui le donne qui citate si siano macchiate di delitti a danno del proprio marito sono state giudicate in maniera più severa, in quanto hanno infranto un codice di comportamento riconosciuto dalla tradizione. Che le voleva vedere soggiacere anche a comportamenti vessatori da parte del coniuge, e non necessariamente in debito di vendetta.
Che dire infine di un testo interessante oltre che avvincente, e sviluppato in maniera approfondita? Se non che si presenta come un’indagine dai connotati storiografici davvero significativi, tesi ad ampliare l’orizzonte di coloro che si apprestano a fruire di un saggio davvero esaustivo.
Written by Carolina Colombi
Se fossi una donna, andrei a sbattere in testa all’81enne accademico il saggio proposto; forse dovrei prima leggerlo, per capire se le “amenità” rilevate sono opera del prof. o della recensore/recensora/recensitrice (pare vadano bene tutt’e tre).
Però il titolo lo ha deciso/accettato il prof! E proprio dal titolo cominciano le “amenità”. Probabilmente la forte carica provocatoria di esso titolo è a beneficio dell’editore -e non solo-. Una di quelle operazioni di mercato che, di solito, vengono definite “discutibili se non squalide”.
Un cattedratico, accademico, pubblicista, membro della Fondazione Cardinale Del Monte (poteva mancare?), scrittore prolifico (43 titoli citati su Wikipedia, nessun altro “provocatorio”), poteva fare certamente di meglio.
“Dissolute e maledette”… manca solo mignotte, ma è del tutto implicito. Sarebbe stato meno oltraggioso: “Donne con le palle!”
Poteva essere l’occasione buona per riandare alle cause remote, ma sempre attualissime, della discriminazione del Femminile; indagare i motivi per i quali sulle società “umane” del passato si sono via via imposte strutture sociali antropocentriche, in corrispondenza con l’affermarsi dei monoteismi antropomorfi.
E dire che nell’articolo la profonda discriminazione è ben delineata [“… è la tradizione ad aver assegnato ad esse etichette assai poco edificanti. Dovute peraltro alla loro appartenenza di genere. Che le ha descritte quasi sempre come cortigiane e adultere. Nonché intriganti e depravate, e con le mani insanguinate, nel caso in cui si siano distinte come condottiere e combattenti. Nonostante abbiano manifestato audacia e intelligenza al pari degli uomini, se non superiore”]. La tradizione… Quale tradizione, prof.?
Quindi, il pof. il problema ce l’ha ben chiaro e, tuttavia, ha deciso di non fare il Prof., cioè lo storico serio, bensì ha preferito il ruolo del “quisque de populo” che elenca le “dissolute e maledette”.
E poi, un autogol degno da accademico della Fondazione cardinalizia alla quale aderisce: “…hanno visto le loro azioni giustificate in virtù della loro aderenza alla fede cattolica. Mentre, altre figure dell’antichità sono state giudicate dalla storia con maggior severità, in quanto non legate ad alcuna confessione.”
Che bel messaggio!!! Donne, siate il peggio che volete e potete, sanguinarie, dissolute, meretrici, ma restate aderenti alla fede cattolica! Se vi legate ad altre credenze, non solo non vi gioverà a nulla, ma quelle fedi eretiche (tipo, “protestante”) non saranno nemmeno ricordate e/o menzionate dagli accademici cattolici nei loro saggi.
Bastava aggiungere, all’ultimo periodo sopra riportato, un avverbio: “ingiustamente”.