“Nature umane” di Marco Balzano: sapiente è l’approdo

“Le mente mente, non parla la parola/ la verità la sanno il fiore/ il sasso, il passero che vola” – Marco Balzano

Nature umane di Marco Balzano
Nature umane di Marco Balzano

Per la prossima estate vorrei consigliarvi una lettura tanto veloce e fresca all’apparenza quanto dotta e laboriosa, per dirla con Catullo.

Sto parlando della recente raccolta poetica Nature umane di Marco Balzano, edita da Einaudi nel marzo 2022.

In circa cento pagine trovano spazio diversi componimenti, il più delle volte brevi e senza titolo, a loro volta raggruppati in circa otto sezioni.

Dai nomi delle sezioni (Altre esistenze, Testimonianza, Note a margine, Prima persona, Particolari in controsenso, Fine primo tempo, Levante e altre città, Mezze verità) si evince la ricerca tesa da parte dell’io lirico alla scoperta della realtà nella sua varietà, come “correlativo oggettivo” del percorso poetico di Balzano, autore nato prima come poeta che come narratore.

La silloge sembra attraversata da un dualismo fra la pluralità delle forme di vita da un lato e dall’unicità dell’io espressivo che si erge quale tessitore dei vari fili del reale. Le Nature umane sono parte di questa pluralità, tenute insieme dall’indagine del poeta esploratore.

Nature umane sono anche le varie sembianze in cui il poeta stesso si manifesta di volta in volta, ora quale semplice osservatore delle dinamiche interne dei fatti naturali, ora quale interprete delle stesse.

Mettersi, ad esempio, “a osservare la formica” significa anche pensarsi (“e mi penso anche io”) “in questa faccenda di relazioni” tra il Tutto e la parte, insignificante agli occhi di Dio.

A partire dalla Natura le varie nature umane si riconoscono foriere di un messaggio in cui solo il dire poetico può rendere testimonianza degli orrori della storia (così nella sezione omonima, appunto) che si incontrano magari in un viaggio e che la poesia porta alla luce con estrema sintesi, come residuale racconto di una narrazione più ampia e più discorsiva, magari di stampo erodoteo; tra le Nature umane emerge, quindi, quella poetica, intesa come sintetica rivelazione della verità diegetica della storia. Nella poesia le parole sono particolarmente importanti, rispetto al loro esserlo in assoluto come si evince dal titolo quasi omonimo di un saggio Le parole sono importanti (Einaudi) di cui parlai nel 2020.

Con Nature umane Balzano non solo torna alla poesia ma la ricollega alle altre forme di scrittura a cui si è dedicato, la narrativa da un lato e la saggistica dall’altro.

Che la voce narrante sia protagonista assoluta di questa testimonianza è confermato, ad esempio, dalla sezione Prima persona, dove il  coinvolgimento porta ad esempio all’impiego dell’adynaton: “La speranza di travasare nel bicchiere/ quella luce e portarla nella stanza/ sempre è svanita prima di accadere”, oppure dal suo rivolgersi ad interlocutori che di tanto in tanto fanno da titolo alla poesia, come si vede, ad esempio, nella lirica “Riccardo”: “ciao bambino che mi dai le spalle/ il pallone è volato oltre la rete/ e tu corri tra le foglie gialle”. Il tono piano della versificazione permette un passaggio dal realismo quotidiano al lirismo per mezzo di una sapiente e distaccata ironia, in un cambio di scena evidente ma non sfacciato: allora anche una Milano deserta permette di pensare “senza volerlo alla poesia/ come alla voce di chi non arriva,/ la speranza che dall’altra parte/ trasmigri comunque qualche cosa”.

Nell’ultima pagina del libretto, con caratteri tipografici diversi dagli altri impiegati precedentemente, Balzano mostra che la poesia, pure al singolare, possa essere detta e declinata in molti modi: allora la poesia è “la polvere del bene, l’insulto del silenzio/ o forse no, la poesia è l’assenzio, è un moto di vendetta, l’irriducibile ambiguità/ il contrario di ieri/ il verdetto sulla sabbia: la mezza verità”.

Marco Balzano
Marco Balzano

Sapiente è l’approdo di Balzano, autore fedele alla poesia ma con la consapevolezza che essa non consenta la verità assoluta: si pone così in continuità con l’eco montaliana ma forse anche ungarettiana perché il Novecento, al di là delle sue diverse voci, è il secolo della fragilità, del frammento, del relativo.

Lo scrittore, amante della parola nel suo valore radicale, etimologico, veritativo, come è evidente nel saggio precedentemente citato, ha la capacità, da poeta, di vivere la poesia in modo non dogmatico, ma libero, come un mondo del possibile.

Del resto poiesis in greco è creazione e la creazione è libertà: in questo essa può parlare di tutto, della lucertola maltrattata da “bambocci” dalla “goccia di rugiada” dei “girasoli”, di Pasolini, della pandemia.

Come per Aristotele, tutto è degno di trattazione; a dirla con Daniele Mencarelli, altro autore che vorrei approfondire Tutto chiede salvezza.

Per ogni lettore tutto merita lettura. Cum grano salis!

Ad maiora semper!

 

Written by Filomena Gagliardi

 

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