“Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi” di Maurizio De Giovanni: un noir ambientato nella Napoli degli anni Trenta

“Luigi Alfredo Ricciardi, l’uomo senza cappello, era commissario di pubblica sicurezza presso la squadra mobile della regia questura di Napoli. Aveva trentun anni, quanti erano gli anni di quel secolo.”

Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi di Maurizio de Giovanni
Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni

È un poliziotto sui generis quello presentato nel romanzo noir Il senso del dolore di Maurizio De Giovanni, pubblicato da Einaudi per la collana Stile Libero Big in una prima edizione del 2012.

Un poliziotto, o meglio, un commissario della regia questura di Napoli, che possiede un particolare quanto malinconico attributo. Il Fatto, come lo stesso definisce percepire la sofferenza con cui si misurano le vittime di morte violenta nel momento del trapasso. Percezione che gli appartiene fin dalla più tenera età e va oltre la comune comprensione.

“Don Pierino, estasiato, osservava il pubblico in piedi tributare un’ovazione alla compagnia che aveva appena concluso Cavalleria rusticana; era particolarmente fiero, perché con la stessa modalità dell’ingresso laterale il giorno prima aveva assistito alle prove e si era affezionato agli interpreti…”

Con altri tre romanzi, ciascuno riferito a un diverso periodo dell’anno, Il senso del dolore costituisce il cosiddetto ciclo delle stagioni del commissario Ricciardi; realizzati dallo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni che non ha bisogno di presentazioni, in quanto autore talentuoso e protagonista dell’attuale panorama narrativo.

“Alla sartoria, al quarto piano, si accedeva attraverso una scala stretta o col montacarichi…”

L’ambientazione in cui si trova ad operare il commissario Ricciardi ne Il senso del dolore è la Napoli degli anni Trenta; descritta come una città schiacciata da miserie umane e preda di un degrado che talvolta è indice di violenza. Napoli, città dai mille volti e dalle opportunità di cui sanno godere i suoi residenti per rappresentare lo spettacolo della vita.

Una realtà non facile per Ricciardi con cui deve confrontarsi e misurarsi nella sua quotidianità, scavando nell’animo dei suoi abitanti e nei loro istinti primitivi, con l’acume che gli è proprio.

Ma non soltanto queste le difficoltà che vedono impegnato il commissario a svolgere un’indagine alquanto complessa; è anche il clima storico in cui sono contestualizzate le vicende narrate a essere determinante per il commissario: un contesto sociale che gli va stretto.

A differenza di Ricciardi, uomo schivo che ama lavorare in libertà senza essere sottoposto ad alcun controllo, il suo superiore è invece un personaggio compiacente al regime. Che incalza il commissario affinché risolva il caso su cui deve investigare. Anche perché l’uomo su cui è incentrata l’indagine è una vittima eccellente.

Si tratta di tale Arnaldo Vezzi, tenore di fama e amico del duce, morto nel suo camerino presso il teatro San Carlo, a causa di un frammento di specchio andato in pezzi che gli ha reciso la giugulare.

Ma la scena del crimine, dato che la morte del Vezzi appare fin da subito delittuosa perciò di delitto di tratta, che si presenta a Ricciardi cosa rivela?

Possibile che dietro all’uccisione del talentuoso tenore si nascondono dei segreti da portare alla luce? Fatti scabrosi che riguardano la sua vita?

Sarà proprio scavando nel privato della vittima, persona affatto esemplare, che Ricciardi viene a conoscenza dell’abituale comportamento spregiudicato e sprezzante del Vezzi, verso tutti coloro con cui si relaziona.

Persone che non esita a maltrattare e a calpestare; compreso il genere femminile, dal cui fascino non può sottrarsi è vittima delle sue performance negative di cui fa uso a suo piacimento.

Ad affiancare il commissario è il brigadiere Maione, legato a Ricciardi da un sincero affetto; in quanto gli è debitore per una triste vicenda che ha toccato il brigadiere in prima persona, fino a destinargli un background di dolore, che pesa su di lui e sul resto della sua famiglia come un macigno.

C’è poi il dottor Modo, medico legale, anch’esso schivo e al di fuori degli schemi, che non esita a dichiararsi contrario al vigente regime fascista.

Quindi, la tata Rosa, descritta come domestica troppo attenta alle cure amorevoli dispensate al commissario. E poi c’è lei, la ragazza misteriosa che ha colpito il cuore del commissario dagli occhi verdi e freddi come il vetro. Che lui osserva attraverso i vetri della sua abitazione immaginandone i gesti.

“Ricciardi lentamente prese il controllo; si appoggiò allo schienale della sedia, sospirò lievemente. Tornò a mostrare quel viso inespressivo che era la sua caratteristica…”

Ma, per tornare all’omicidio su cui deve indagare, in un primo momento Ricciardi si trova a brancolare nel buio, dovendo confrontarsi con la morte violenta di una persona importante e scomoda quale Vezzi è stato. Poi, pressato dal vicequestore il commissario deve trovare un colpevole.

Maurizio de Giovanni
Maurizio De Giovanni

Un colpevole cui addossare la responsabilità dell’omicidio, secondo le intenzioni del suo superiore. Fatto questo che non garba a Ricciardi, uomo di principio e onesto fin nelle nascoste sinuosità della sua persona.

Ed è solo indagando nel vissuto del tenore che alla fine emergerà la verità. Che non è quella che il lettore si aspetta, ma più articolata e complessa di quanto può apparire inizialmente.

Ricostruendo infine la dinamica degli eventi e identificando il responsabile del delitto, e fare completa luce su un omicidio dai risvolti alquanto oscuri.

“Ricciardi volle verificare entrambe le vie, salendo con la cabina sbuffante, retta da corde cigolanti, e scendendo dalla ripida scala…”

Ne Il senso del dolore i personaggi, tutti, sono tracciati con grande abilità descrittiva fino a risultare dotati di grande realismo, oltre che animati di vita propria. Ma soprattutto è la figura di Ricciardi, resa così aderente alla realtà, a colpire il lettore che partecipa a una narrazione coinvolgente; grazie anche all’evoluzione investigativa riportata dall’autore.

“Una folata di vento attraversò la Galleria, scuotendo la vetrata del caffè: come a voler sottolineare, in maniera drammatica, le parole della donna…”

Infine, la postfazione, durante la quale in una conversazione fittizia l’autore dialoga con il commissario Ricciardi, escamotage singolare ma di sicuro effetto narrativo. Conversazione a cui Maurizio De Giovanni conferisce tratti verosimili, tanto che il lettore è portato a partecipare al colloquio diventandone spettatore attivo.

“Lo aspetto a un tavolino d’angolo. Lo aspetto lì perché so che non gli piace essere al centro della sala o dell’attenzione, e perché so che vuole avere la visuale libera sulla strada al di là della vetrata.”

 

Written by Carolina Colombi

 

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