“Maddalena. Il mistero e l’immagine”: la mostra sulla figura della donna di Magdala, dal 27 marzo al 10 luglio, Forlì
A Forlì, dal 27 marzo al 10 luglio, presso i musei di San Domenico è in corso la mostra: “Maddalena. Il mistero e l’immagine”.

Nel corso dei secoli, per non dire millenni, la figura di Maddalena ha abbagliato, confuso, spaventato e ispirato artisti di ogni epoca. Alla sua figura si sono dedicati numerosi studi storici, filosofici, artistici e simbologici.
La mostra prende vita dall’idea e per realizzazione della Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì e i Musei di San Domenico.
“Maddalena. Il mistero e l’immagine” è curata da Cristina Acidini, Fernando Mazzocca e Paola Refice. Il comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci mentre il direttore generale è Gianfranco Brunelli.
Il percorso espositivo, all’interno del convento di San Domenico, è curato dagli studi Willmotte et Associés di Parigi e da Lucchi & Biserni di Forlì.
Chi era Maddalena? Non siamo mai stati così consci di poterla conoscere e mai così lontani dal sapere la verità su di lei.
Sono 12 le sezioni che compongono la mostra e il filo rosso del mantello della Maddalena inizia a dipanarsi dall’immancabile scenario della chiesa di San Giacomo che accoglie il visitatore che si trova catapultato in un’atmosfera sacra che lambisce, esibendo magnificenza, la presenza profana di visitatori e dell’occasione che lo ha portato nella sua maestosa navata.
Maria Maddalena veniva da Magdala una località della Galilea. Scelse la vita che la portò a seguire il Cristo e si accollò, come e più degli apostoli, il compito e l’onere di veicolare il messaggio dei suoi insegnamenti.
La sua persona finisce in un groviglio di donne che non solo hanno lo stesso nome ma che, in comune con lei, hanno solo l’incontro con il Cristo, anche se questo è avvenuto solo per qualche momento nella casa dei Farisei.
Nel corso della lunga storia di Maria Maddalena, colpa dei secoli e di memorie fallaci, complici teoremi e imposizioni umane in ambito ecclesiastico, si è trovata fusa in altre donne e accusata di ogni genere di misfatto di cui si volesse accusare una donna in compagnia di altri uomini che camminava in un percorso di fede.
È stata meretrice, peccatrice, troppo bella, troppo intelligente, troppo devota, troppo donna e troppo addolorata. Quanto peso per una persona sola.
Non è importante sapere se Maria Maddalena fosse cosciente o meno del nugolo di notizie fallaci si sarebbero dette sul suo conto ma è importante che la sua figura si è impigliata nelle spire della storia e questo l’ha resa immortale.
L’arte ha elevato questa donna a musa, qualunque fosse la veste che volevano attribuirle. L’ha resa tutto quello che il tempo e la società gli artisti volevano che fosse. Dalla donna disperata come una menade alla dama più bella e misteriosa. Qualcuno, come Hayes, ha dipinto una Maddalena che altro non era che il suo ego che eseguiva esercizi di arte eccelsa.

Perché Maddalena è stata una donna ma anche il riflesso di quello che gli uomini hanno voluto da lei: alcuni troppo, alcuni niente, alcuni volevano solo che il lor riflesso corrispondesse alla penitente dai capelli dorati che è stata respinta dal Cristo dopo la resurrezione.
La mostra si sviluppa lungo il nastro del tempo, in onde dorate con riflessi di rosso intenso, tra opere di pittura e scultura e agiografiche. Parte dell’esposizione ospita anche la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze e la concezione di Maddalena ricavata da essa.
Nel medioevo, lo studio artistico dell’arte sacra si fonda sull’analisi dei modelli dell’arte classica. Una narrazione di dolore doveva nascere da modelli che fossero in grado di manifestare la tensione, il cordoglio, l’esasperazione e la frustrazione dell’assenza.
Il Cristo è morto e non si può far altro che piangerlo. La disperazione delle figure costrette ad assistere impotenti allo spettacolo costruito da coloro che lo uccisero doveva avere tratti che potessero essere facilmente compresi dallo spettatore.
Giotto condusse i suoi stilemi ad una svolta di stampo antropologico che si affermarono fino al tardo gotico. Prende poi vita il lato umanistico in cui la penitenza della Maddalena assume canoni di sviluppo agiografico e si attornia di simbologia che la caratterizzeranno ovunque lei appaia.
Gli anni del Seicento hanno portato nell’arte la sensualità delle carni e hanno accompagnato l’età seguente in un ritorno alla forma dell’arte classica che assumono quasi l’aspetto ansante delle opere di Canova che sembrano respirare e trattenute solo da un velo che le immobilizza della pietra.
Nell’880 si torna al formalismo religioso mentre il ‘900 con il suo carico di mutamenti tempestosi dona alla Maddalena delle connotazioni che trascendono il reale e la eleggono a protettrice di tutto ciò che può essere ancora salvato nel mondo.
La mostra “Maddalena. Il mistero e l’immagine” è un’opera di grande respiro che non porta mai il suo racconto su piani banali e privi di spunti. Anzi, lo spettatore è pervaso dalla misticità della Figura di Maria di Magdala che si mostra come donna in carne e ossa ma anche come uno dei più grandi misteri non solo dell’arte ma della storia.
Solo un paio di nei hanno offuscato, per brevissimo tempo, la visita. L’applicazione per la realtà aumentata, che permette di vedere alcune delle opere in movimento, non è compatibile con tutti i dispositivi e, dopo tanta pubblicizzazione dello strumento, è stato un peccato non poterne usufruire ma il personale è così preparato e gentile che si riesce a dimenticarsi dell’inconveniente.

Il secondo neo, per altro piccolissimo, è stato l’audioguida. Precisato fin dalle prime opere che la figura della Maddalena è stata mistificata e altro è dalla meretrice che lavò con i suoi capelli i piedi del Cristo, si è continuato ad etichettarla come la peccatrice impenitente nelle opere successive.
È ovvio che l’artista sia l’immedesimazione dello stampo sociologico del suo tempo che si rapporti al soggetto ma questo va scisso dalla figura della Maddalena. Forse, in questa epoca in cui a tutto va restituita la dignità dovuta, bisognerebbe trovare un modo di sottolinearlo, in modo che lo spettatore non possa sentirsi confuso da messaggi incoerenti tra loro.
Davvero una splendida narrazione di una figura che è stata parte dell’Arte ma che ancora continua a stupire e destare l’attenzione della società e degli studiosi.
Written by Altea Gardini
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