“Complicazioni di altra natura” di Gianni Marcantoni: un dogma insidioso che gravita fra le orbite
“Se la vita è sventura/ perché da noi si dura?” – Giacomo Leopardi
Ho già recensito l’ultima fatica poetica “Panorama dei lumi” di Gianni Marcantoni. Procedendo a ritroso, vi parlerò oggi della seconda raccolta, Complicazioni di altra natura, edita nel 2020 sempre con la casa editrice puntoacapo.
Premetto che per comprendere meglio la poetica di Marcantoni è stato utile partecipare domenica 27 marzo all’incontro con l’autore Una cosa da dirti tenutosi alle 17 nella Sala Consiliare del Comune di Petritoli (FM) e organizzato a cura del Comitato Musicalità ed espressioni. Il poeta è stato recentemente inserito nel sito Italian-Poetry che raccoglie e antologizza, in seguito a selezione, i poeti contemporanei italiani, dal Novecento ad oggi.
L’incontro ha messo in evidenza alcuni aspetti comuni che permangono nella produzione dello scrittore, al di là dei mutamenti. Così ad esempio, se da un lato Marcantoni è passato dalle quasi trecento pagine del primo volume, Ammessi al Paesaggio (Calibano editore 2019), alle diciannove della plaquette, passando per le sessantanove delle Complicazioni, dall’altro è evidente che le tematiche quali la natura, la solitudine, siano dei fattori costanti. Uomo e natura si confrontano sempre, necessariamente.
Questo anche nella silloge che qui esaminerò.
Già il titolo è emblematico e, al pari di Panorama dei lumi, è enigmatico.
Complicazione esprime alla lettera qualcosa che è ‘piegato insieme con’ (cum + plico, ‘piego insieme’), quindi qualcosa di complesso, composto, avviluppato e quindi non facile da dipanare; usato al plurale rinvia il concetto ad una pluralità di situazioni intrecciate; di altra natura potrebbe indicare appartenenti ad un altro genere, non comuni, oscuro, oppure provenienti da una natura diversa, altra. Ma diversa da che cosa? Quale sarebbe la natura diversa dalla nostra o da quella comunemente esperita da cui deriverebbero o a cui apparterrebbero le complicazioni? Qual è più in generale il rapporto uomo-natura? E perché, è sempre questo il quesito di Marcantoni?
La natura è, grecamente, la physis che ci circonda e in cui siamo immersi. I Greci cercarono di scoprirla, ma per noi questo pare non sia dato. Così, ad esempio, si legge nella poesia Simboli: “Il mondo non ha porte, ma noi abbiamo/ costruito e sbarrato molte porte; (…) E tu ci sei con un volto impenetrabile/ a guardare incurante questo globo/ pestato a sangue, da cui non vediamo altro/ che un’immensità codificata dal tutto”. Risulta lapalissiana la differenza alle Corrispondenze di Baudelaire, manifesto ottimistico della fede nei simboli, quali elementi di verità, per quanto misteriosi: per la traduzione si veda QUI.
Nel poeta marchigiano la Natura sembra l’ente freddo e distaccato del conterraneo Leopardi quale si legge nel Dialogo della natura e di un islandese, oppure nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, o addirittura nell’ultimo componimento poetico del recanatese La Ginestra.
Il linguaggio di Marcantoni, però talvolta, è più crudo nel rivelare la violenza del mondo. E niente vale allora, nella lirica Al riparo, l’apparenza del “mattino” che “sgorga come un ricamo incantato,/ tra le piante si avvicina al passo solitario”: la Natura è altra da noi e non ci scalda, non raggiunge la nostra umbratile solitudine: “Le verità stanno davanti ai nostri occhi/ hanno il nostro stesso sfregio” e ci rivelano la tragica condizione umana: “il volto nella quieta sarà al riparo dalla pioggia” ; il silenzio non è pace, ma morte, quindi le verità sono al plurale, come le complicazioni, in quanto molteplici e ingannevoli; che la natura sia per noi straniera si comprende dai seguenti versi, tratti dalla composizione omonima al titolo dell’intera raccolta: “Le rose polpose di marmo/ tracimano dai territori stranieri”.
Nella molteplicità la poesia non è solo scarnificazione della parola, ma anche narrazione in versi e strofe più lunghi, come si legge nella lirica In altre volontà, una sorta di racconto di una speranza al passato, o meglio di speranze, ancora sotto il segno della pluralità: tutto ciò che avremmo voluto e potuto essere in altri contesti afferma la miseria che realmente siamo; a volte la poesia diventa prosa senza titolo per commentare meglio la condizione umana: “Resto circuito da un dogma insidioso che gravita fra le orbite celesti, un relitto sprofondato in un logorio remoto che non conosce riposo”.
Il mistero che avvolge l’uomo, una volta squarciato, è come il velo di Maya che rivela la perenne inquietudine dei viventi, che nemmeno il silenzio e la morte metteranno a tacere, similmente alla sorte delle anime dannate di Dante, morte per sempre, eppure sempre tormentate.
Leggere queste poesie permette di compiere un salto nel tempo che va dall’antico al moderno e consola in virtù della forza della poesia che sempre risorge, nonostante essa per Marcantoni non sia del tutto risolutiva.
Del resto Alessandra Paganardi, curatrice della prefazione, scrive: “La poesia, se non può curare, obbliga a una riflessione sull’uomo che forse ha pochi altri confronti […]Che sia proprio questo il compito dei poeti oggi: svegliare con garbo, con furore o con scaltrezza dell’universale distrazione?”
Altrimenti l’uomo non farebbe più poesia.
Ad maiora, semper
Written by Filomena Gagliardi
Bibliografia
Gianni Marcantoni, Complicazioni di altra natura, puntoacapo Editrice, Pasturana (AL) 2020, 69 pagine, 12 euro
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