“No Obvious Signs” documentario di Alina Gorlova: DPTS, il disturbo post-traumatico da stress dei militari

 “Anche nel tunnel della metropolitana ho avuto paura…”

No Obvious Signs di Alina Gorlova
No Obvious Signs di Alina Gorlova

Giunto alla sua XV^ edizione e promosso da Cinemazero, in presenza e in versione online su Mymovies, il Pordenone Docs Fest ha inaugurato la sua prima giornata il 6 aprile 2022, con performance davvero importanti. Oggi è in programma un documentario del 2018 No Obvious Signs, realizzato dalla regista ucraina Alina Gorlova, a cui va riconosciuto il coraggio di aver trattato un argomento scottante quale il reinserimento nella società civile dei militari dopo aver combattuto al fronte.

Questione completamente aderente alla realtà dei nostri giorni, dove si sta consumando un conflitto fratricida fra Russia e Ucraina.

“Ricordo ognuno di loro. Comprese le date di morte…”

Cosa c’è dietro al sentimento di coloro che dopo aver partecipato a un’impresa militare tornano a far parte della cosiddetta normalità?

Interrogativo che sta alla base del documentario proposto dalla regista, già pluripremiato. A cui la stessa risponde con sequenze filmiche davvero significative, che mostrano lo stato d’animo della soldatessa ucraina, maggiore dell’esercito Oksava Yakubova, nel momento in cui deve riprendere possesso della sua quotidianità.

Sofferente, anche se non manifesta traumi fisici evidenti, la donna cerca aiuto presso medici e psicologici per risollevarsi da una condizione difficile. Che non è causata da problemi fisici, semmai da un trauma psicologico di ampia portata che si rivela attraverso un anomalo comportamento.

“La tua frequenza cardiaca ha superati i 100 battiti al minuto… significa che sei molto agitata…”

Quindi, ‘nessun segno manifesto’ per Oksava, così come viene detto ai soldati nel momento in cui si rivolgono agli enti predisposti per uscire dalla difficile situazione in cui vengono a trovarsi. Ed è proprio ciò che accade alla protagonista del documentario, non a proprio agio nella sua vecchia vita.

Perché i disturbi post traumatici da stress sono lì, in agguato, pronti ad affiorare in qualsiasi momento con attacchi di panico, ansia non controllabile e paure immotivate pronte a trasformarsi in vere e proprie ossessioni. Che la soldatessa cerca di vincere, anche se non le è possibile superarle senza ricorrere al sostegno di addetti ai lavori; a cui si rivolge per emanciparsi dalle sensazioni negative che limitano la sua nuova vita.

Obiettivo che la donna vuole raggiungere, ma da cui non è semplice affrancarsi. È una lotta continua quella intrapresa dalla soldatessa quotidianamente, il cui esito non è però quello auspicato, in quanto vittima di una continua angoscia e di timori immotivati che si traducono in un acuto malessere psicologico.

Per superare questo tipo di problematiche, peraltro molto serie, come sottolineato nel documentario, l’importante è riprendere a socializzare.

Spesso la solitudine è un ostacolo per uscire dalla situazione post traumatica da stress (DPTS), che si manifesta nei soldati una volta terminato il loro mandato di guerra, vivendo un’esperienza dura e dolorosa.

Un vissuto fatto di ansie e paure che si trasformano in gravi momenti di difficoltà.  Così come è per la soldatessa, che vorrebbe inserirsi nuovamente nella vita civile nonostante il reinserimento le costa un’immane fatica. Perché le tracce lasciate da un’esperienza che l’ha segnata nel profondo sono indelebili, e non solo incidono sul suo presente, ma anche sul futuro che le si prospetta assai lugubre da un punto di vista emotivo.

No Obvious Signs di Alina Gorlova
No Obvious Signs di Alina Gorlova

Tanto che, come evidenziato nel documentario preferirebbe tornare in guerra, piuttosto che affrontare la vita civile; dove il pragmatismo obbligato dall’azione militare, rispetto al contesto reale esterno alla guerra, è dominante.

Difficile dunque per la protagonista tornare alla normalità, e la regista lo manifesta con perizia tecnica nel montaggio delle sequenze che danno vita a un documentario di importante portata testimoniale. Oltre che a farsi strumento sia di riflessione che di funzione educativa.

“Ti monitoriamo fra un paio di minuti…”

Per concludere, alcune sollecitazioni da rinvenire nel documentario che stimola al ragionamento sulla questione guerra.

Cosa si nasconde dietro le imprese dei soldati in tempo di guerra?

E che cosa si trovano ad affrontare una volta rientrati nella vita civile?

La guerra finisce nel momento in cui la soldatessa riprende in mano la propria quotidianità, o in lei rimangono strascichi psicologici difficilissimi da superare?

La guerra, affermazione banalissima questa, è un momento in cui l’individuo mette in discussione principi che fino a quel momento, in molti casi, sono stati considerati come assoluti.

Esperienza, quella della condivisione di un conflitto armato, che pone il soldato, in questo caso la soldatessa, a sviluppare una nuova coscienza critica, dovendo scegliere da che parte stare.

Persone, che non riescono a riprendere in mano il filo della propria vita e guidare le loro giornate verso la normalità perché il ritorno a casa, desiderio coltivato da ciascun soldato, è un’altra guerra da combattere, una volta rientrati nella società civile, contro i disturbi post traumatici da stress.

“Ricordo l’ultima volta che ho visto ognuno di loro. Era come se sapessi che non li avrei più rivisti.”

 

Written by Carolina Colombi

 

Info

Programma Pordenone Docs Fest

 

 

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