Silver Plachesi: scultura come ricerca estetica ed armoniosa
Matematico e Architetto per mestiere, artista per passione, Silver Plachesi inizia la propria esperienza estetica, all’età di 15 anni, nella bottega del pittore figurativo Forlivese Maceo Casadei. Affina, così, la parte tecnico/pittorica, diventando, presto, suo fedele collaboratore.
La passione per la raccolta di supporti lignei, rifiutati dal mare, nonché la curiosità e l’osservazione delle loro forme, lo spingono ad approfondire ulteriori studi, specifici sulle tecniche scultoree del legno.
La professione lo porta, poi, a trasferirsi da Forlì, città di nascita, alla provincia di Bergamo; lì, persevera nella sua produzione creativa, esponendo i propri elaborati plastici nel contesto di diverse mostre personali, in Emilia-Romagna.
Interrompe, ad un certo punto, la carriera artistica, per diversi anni. Rimane, però, vivo, in lui, l’interesse, rivolto ad ogni forma e oggetto: esso innesca la necessità di ricercare potenzialità intrinseche e alternative anche negli elementi più modesti, per sublimarli, poi, in inedite albe esperienziali.
Tutto ciò riaccende l’ispirata scintilla e il conseguente ritorno alla sfera dell’ingegno; medesimamente, si riappropria della veste di autore.
Silver Plachesi ha, al proprio arco, numerose frecce: gusto, amore per l’indagine delle superfici, capacità progettuali, pittoriche e scultoree, che, sposate ai dettagli, con ironia e con la fantasia, in erba, tipica del bambino, ne valorizza l’estasi.
Un sogno reale lo alluna, invero, nello spazio, raccontato da Collodi: l’artista proietta se stesso, tra le pagine che raccolgono l’esperienza del favoloso burattino nella pancia della balena, e, in questa parallela realtà, si confrontano e confondono molteplici riflessioni importanti.
“La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà.” – Fabrizio De André
Come il bimbetto, lo scultore bergamasco trascorrere le giornate nel proprio personale esilio: volontario esule, però, accoglie i detriti che il mare esistenziale rigurgita. Pinocchio attinge ad ogni elemento, pervenutogli grazie alle impetuose acque, e lo utilizza per lumeggiare quella vita buia e anomala, in cui i vecchi riferimenti sono venuti a mancare.
Lo scultore, invece, distoglie, dal sonno, i vecchi corpi, giunti al suo cospetto, sopiti tra ingrigiti pensieri, frantumandone passività e inedia; frange, altresì, l’annosa fisionomia di questi ultimi che, destabilizzati, declinano l’azione, in questo momento transitorio, nell’incertezza.
D’emblée, poi, un guizzo intuitivo, coadiuvato dal suo geniale occhio, individua un’inespressa conoscenza, per loro: l’autore, allora, si appropria, rispettosamente, delle loro radici etimologiche, per destinarle nella sensatezza di fantastiche crasi, fondamenti di una narrazione plastica immaginifica. Il vecchio nome non ha, quindi, più valore: catena, campanello, tasto, sedia… tutto perde la consistenza pregressa e, tra le mani di Silver Plachesi, sorge, ammantato da una diversa personalità.
L’autore vivifica creature, del mondo animale e umano, e le ammannisce su un desco, in cui il sapore metallico, vitreo, e, della materia, in generale, viene raddolcito dalla sua penna; scrive, infatti, episodi singolari e odorosi di visioni fiabesche.
Nel grembo del mammifero, si spegne il vocío sociale e temporale, lo spazio si espande o, al contrario, si comprime, a seconda dei momenti, mentre un’amniotica, liquefatta solitudine nutre quell’arricchimento.
In quel nicchio, accade una catarsi, e per l’autore e per il bambino dal lungo naso, che si dirime con una crescita personale profonda.
Un giaciglio chiuso involve l’idea della prigionia e della coercizione: ambedue gli individui amano quelle pareti, sicché esse gemmano, alfine, come metafora di vera maturazione.
La bugia addiviene a diversa fantasia, come la libertà fisica non coincide, invero, con quella assoluta; tantomeno i limiti fisici descrivono una cella e le proprie sbarre, bensì raccontano di un cancello, che preserva intimità e riserbo.
Eppure quell’assolato cosmo pullula di ogni possibilità…
La verosimiglianza di quei “meccanici frutti” con le originarie ispirazioni catapulta l’osservatore proprio nel suolo di mezzo: qui sogno e quotidiano giocano e coesistono, elargendo sia un piacevole stupore sia un fertile diastema aleatorio, in cui mettere in discussione fermi riferimenti gemma inconsuete verità.
Written by Maria Marchese
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