Selvaggia di Staufen: la figlia prediletta dell’imperatore Federico II data in pasto ad Ezzelino, il figlio del demonio
Immaginatevi una giovane, poco più che bambina, che passeggia nel giardino del maniero di Castelpagano, in Puglia, accarezzando il suo falcone nella mano.

Respira il vento caldo del sud, quando viene raggiunta dal padre che le si avvicina per dirle che l’ha promessa in sposa. Le batte forte il cuore, ma ostenta la calma di una principessa e maschera bene la sua curiosità. Da tempo è pronta, anche se il padre – Federico II – non le ha mai detto chi abbia prescelto per lei.
Ha 13 anni, ed è di una bellezza acerba, ma disarmante. Pur non essendo nata da un matrimonio, è subito stata legittimata dal padre, l’imperatore. Si dice che sia la sua figlia prediletta, forse perché ha ereditato da lui la passione per la falconeria ed i rapaci. Tanto che lui le ha regalato Praetor, un piccolo falco, divenuto negli anni l’amico più fidato della giovane. Si chiama Selvaggia. Selvaggia di Staufen.
Quando Federico le svela il nome del promesso sposo non riesce a nascondere la sorpresa, e forse la sua delusione. Si aspettava come marito uno dei tanti giovani vassalli che il padre vuole premiare per la fedeltà al trono, concedendo la sua mano od il titolo di Duca. Ed invece è un uomo che ha la stessa età del padre, ed è conosciuto come la sventura di Dio.
Ezzelino III da Romano, il “figlio del demonio” come dirà di lui papa Alessandro IV. Già, perché una leggenda racconta che la madre lo abbia concepito con Satana. Nato con le sembianze di una gigantesca bestia pelosa.
Ma non è certo la propaganda del Papa, seminata nell’aria come il veleno, a spaventare Federico II di Svevia che lo stesso Papa chiama Anticristo. Perché in quel maledetto gioco che si chiama “ragione di stato” deve stringere alleanze con chiunque, visto che il nemico è tra i più irriducibili… e si chiama Chiesa.
Ezzelino – il signore della Marca Trevigiana – è di origine tedesca, come Federico, e si schiera da subito al suo fianco. Immaginatevi dunque il Papa come possa vederlo. Benedice contro di lui, persino una crociata. Fatto più unico che raro visto che le crociate – a quel tempo – erano fatte per difendere una causa, non certo per combattere un uomo, per feroce che potesse essere.
Certo il “nostro” non aveva molti amici, se persino Dante Alighieri lo collocò all’inferno nel girone dei Tiranni, immerso nel fiume di sangue fino alle sopracciglia, scrivendo di lui: “E quella fronte ch’a il pel così nero,/ è Azzolino…”[1].
Un uomo che aveva fatto scavare delle segrete sotterranee nelle città conquistate, come nella Torre di Malta a Cittadella, per punire i prigionieri con una morte atroce, trafitti da pali acuminati. E che quando assediava fortezze e cittadelle, difficilmente trattava la resa, perché era più avvezzo ad uccidere tutti… soldati, donne e bambini.
Ma le nefandezze di Ezzelino contavano poco per Federico II che aveva necessità di assicurarsi un passaggio sicuro dalla Germania in Italia attraversando le Alpi. Fu così che l’alleanza tra i due venne suggellata con la promessa di matrimonio tra il signore della Marca Trevigiana e Selvaggia.
L’arroganza di Ezzelino era tale che non si fermava neppure al cospetto del suocero. L’imperatore. Durante una visita di Federico II a Bassano del Grappa, si racconta che i due ebbero una disputa scherzosa su chi avesse la spada più bella. Ezzelino puntò la sua alla gola dell’imperatore. Chi era lì riconobbe un’espressione di sfida più che di burla.
Ma torniamo a Selvaggia. A tredici anni, a bordo di un vascello, abbandona la Puglia alla volta della Marca Trevigiana, insieme alla dama di compagnia che l’ha vista crescere e che cerca di rincuorarla, consigliandole di non dar retta alle malignità che dicono di lei che diventerà la “Nuora del Demonio” visto che Ezzelino è considerato il figlio del Diavolo.
E con lei c’è anche Praetor, il giovane falco che è sempre al suo fianco. Non sappiamo quali siano state le emozioni del suo cuore. Se abbia accettato in silenzio, o abbia cercato di convincere il padre a cambiare idea. Ma giunge a Verona, dove sposa Ezzelino il 23 maggio 1238. Le nozze sono celebrate nella chiesa di San Zeno, dal Vescovo della città e le feste si protraggono per ben sei giorni, coinvolgendo tutta la popolazione.

Da uomo d’arme, il marito è molto più avvezzo alla spada che al sentimento, o a declamare versi dell’amor cortese. Così, sbriga velocemente i doveri coniugali della prima notte di nozze con la sposa, per poi tornare a dormire nella sua camera. Dice di riposare meglio da solo e di non gradire la presenza di quel rapace che la moglie tiene in camera, come un fido compagno a sua difesa. Ma forse è solo per avere il controllo totale del luogo dove nel sonno potrebbe essere alla mercé di malintenzionati. Le violenze di cui è capace lo obbligano a stare sempre in guardia. Dietro una qualsiasi tenda di una camera da letto, può nascondersi un sicario del Papa o della Lega di Pontida, o qualcuno determinato a fargliela pagare per le torture, le uccisioni di massa, i soprusi di ogni genere di cui è continuamente l’artefice. E così, il ménage tra i due sarà più o meno lo stesso per i sei anni a seguire. I doveri coniugali risolti in fretta come esige e pretende il suo Signore e marito e poi, ognuno per sé, e Dio per tutti.
L’unico amico che ha è Praetor. È rapita dal suo volo e passa lunghe ore affascinata ad osservare i suoi volteggi nel cielo azzurro. Ma il tempo passa, e Selvaggia da ragazzina si trasforma in una donna avvenente. Forse, nei lunghi periodi in cui il marito è impegnato nelle cruente campagne militari, o ad edificare manieri e fortezze sempre più tetri ed impenetrabili, conosce un giovane nobile, che le riserva ben altre attenzioni del marito, ed ha negli occhi il blu profondo del mare delle sue terre. Si dice che nutrano la stessa passione per la falconeria e che meditino di fuggire in Puglia.
Così si racconta che Ezzelino, venuto a conoscenza della tresca amorosa, la uccise strangolandola nel letto, nella migliore tradizione delle cupe vicende di quel periodo. Altri dicono invece che morì avvelenata, da una mano che in realtà voleva assassinare il marito. Ezzelino per paura di un attentato faceva sempre assaggiare il cibo ad un suo fido attendente che però, proprio quel giorno, era indisposto. Toccò quindi a Selvaggia provare quel pasticcio di fagiano intriso di veleno destinato al marito. Non sapremo mai la verità, se non che morì nel 1244 a soli 20 anni, e che il consorte fu così affranto dalla perdita della moglie da risposarsi poche settimane dopo, con Isotta Lancia.
Federico, che pur amava la figlia, non fece nulla per chieder conto della morte di quella sventurata perché sul legame di sangue prevalse la ragion di stato. Quello che è certo è che il luogo della sua sepoltura non verrà mai ritrovato, così come saranno distrutti tutti i documenti che parlavano di lei, come una specie di damnatio memorie per quella donna innocente.
Ma un giorno forse, quel falcone che le era amico e che forse vaga ancora nell’azzurro cielo della nostra fantasia chissà… magari tornerà per raccontarci di lei, della sua storia… Quella di Selvaggia di Staufen la nuora del Demonio.
Sei anni dopo, Ezzelino da Romano fece rinchiudere in un convento Isotta Lancia, e si risposò con Beatrice de’ Maltraversi, contessa di Castelunovo. Il Signore della Marca Trevigiana ebbe solo un figlio naturale – Pietro – che fece imprigionare nel 1246 nel castello di Angarano.
All’ex suocero Federico II di Svevia sopravvisse per ben nove anni. Per le sue efferatezze, ma forse per un gioco politico della Chiesa, venne accusato di eresia e scomunicato da Papa Alessandro IV.
Ma questa è un’altra storia.
Written by Ugo Nasi
Note
[1] Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XII, vv. 109-110