“Elena e Penelope. Infedeltà e matrimonio” di Giorgio Ieranò: la diatriba tra Sparta ed Itaca
“(…) E ‘Benvenuto’ disse,/ sentendo estranea, lontana la propria voce. Nell’angolo/ il suo telaio/ proiettava ombre di sbarre sul soffitto; e tutti gli uccelli/ che aveva tessuto/ con fili vermigli tra il fogliame verde, a un tratto,/ in quella notte del ritorno, diventarono grigi e neri/ e volarono bassi sul cielo piatto della sua ultima rassegnazione.” – Ghiannis Ritsos – “La disperazione di Penelope”
“Elena e Penelope – Infedeltà e matrimonio” è un saggio di Giorgio Ieranò ed è edito per Einaudi nel 2021.
Giorgio Ieranò è professore ordinario di Letteratura greca all’Università di Trento. Si occupa, oltre alla pubblicazione di altre sue opere, di traduzioni e adattamenti teatrali di classici greci.
La diatriba morale tra le due regine, di Sparta e di Itaca, non è uno di quegli argomenti di cui si discute da pochi anni. Chi pensa che la rinnovata corrente di letteratura, in cui le donne del mito vengono svelate e finalmente ascoltate, sia un’innovazione dei nostri giorni in realtà sbaglia solo in parte.
Di recente, quello che si deve osservare è che le donne dei poemi epici vengono portate alla luce non dagli uomini ma dalle donne. Ma questa è un’altra storia. Ciò che, culturalmente, al giorno d’oggi si sta riscoprendo è l’interesse per le figure femminili dell’Iliade e dell’Odissea.
Fin dalla scuola media viene insegnato, anche se è più giusto il termine: suggerito implicitamente, è che Penelope sia la donna che è rimasta a casa ad aspettare l’adorato marito e Elena sia colei che per amore di Paride ha scatenato l’inferno davanti alle mura di Ilio. Il classico confronto tra la ragazza per bene e la libertina, per usare un termine gentile.
Quando poi si prendono in mano i due poemi che le riguardano, quelli omerici, si scopre che la questione è ben più complessa e non solo perché, come accennato prima, questo momento culturale è particolarmente favorevole alla voce delle donne, ma anche perché è lo stesso Omero a seminare dubbi e ostacoli ad una visione univoca dei personaggi.
Il libro di Ieranò inizia dando delle informazioni generali sul pensiero che si aveva delle donne nella società antica greca (anche se poi generalizzare è sbagliato anche parlando di quel tipo di società) per poi passare al confronto tra le due figure di Elena e Penelope in varie epoche e vari contesti.
I due nomi usati come topoi: Elena e Penelope sono sì l’argomento del libro ma non solo. Tra le pagine non sono le due sole donne presenti e questo non è un trattato né su chi delle due sia migliore in ambito morale né su quale sia l’idea da farsi in ultima ratio dell’una o dell’altra. Tanto meno Ieranò si lancia in una disamina dell’infedeltà o del matrimonio in epoca antica.
Infatti, il titolo del volume dissimula il vero scopo del libro. Leggendone le pagine, quello che si ha davanti è una narrazione. Ieranò parla con i suoi lettori e non è, ad avviso di chi scrive, impegnato a dare una versione univoca delle parole né di Omero né di tutti gli altri, che gli sono seguiti o che lo hanno anticipato, sulla figura di Elena e Penelope.
Come sappiamo i miti facevano parte della religione ma non erano la dottrina, non in Grecia.
Quello che Omero ci restituisce è un canovaccio che ha un suo ordito ma che lascia trasparire altre trame. Infatti Omero non poteva non sapere delle altre versioni delle storie che lui si apprestata ad intrecciare e le usa a suo vantaggio per costruire quell’indelebile arazzo che è la stessa Elena a tessere mentre fuori infuria la battaglia.
Le due regine sono umane in Omero, non sono mai totalmente “sante” o totalmente “cagne”.
Elena si mortifica più volte nei poemi, dandosi la colpa di tutto ma a volte è essa stessa ad affermare di non avere colpa di essere lo strumento delle trame degli dèi.
Molti autori, nel corso dei millenni che sono susseguiti ai libri dei poemi omerici, ne hanno fatto la loro eroina cambiando il suo ruolo in più di una maniera all’interno dei fatti. Alcune volte sono stati proprio i suoi uomini a fare la figura di coloro che non hanno compreso l’insensatezza delle loro azioni.
Penelope è sì colei che aspetta suo marito ma è anche la regina che, come Ulisse, ha ordito e tramato. Ha avuto ben più di un pensiero di lasciare andare il ricordo di un marito che, tra una cosa e l’altra, è stato fuori da casa per molti anni.
Le arrivavano racconti in cui gli altri compagni partiti per Troia erano ormai tornati, tra cui proprio Menelao e Elena che regnavano a Sparta più affiatati di prima. Quale donna, onestamente parlando, non avrebbe avuto, in maniera più che giustificata, il desiderio di seppellire il ricordo del marito e lasciarsi andare alla possibilità di una nuova vita?
Nel corso degli anni la letteratura e l’ambiente culturale ha portato, in maniera ciclica, in auge queste due figure e ne ha fato i baluardi di denunce sociali, oggetti per indottrinare proseliti e soggetti ideali per altre opere che hanno reso immortali le due regine come rappresentatati di schieramenti fittizi in cui i confini non furono mai tracciati nemmeno in antichità.
Come già detto, questo volume offre spunti di interpretazione dei due personaggi sia appartenenti alle opere di cui sono state oggetto sia lascia spazio ad interiorizzazione delle due donne da parte del lettore ed è una caratteristica di questo saggio che si apprezza in maniera particolare.
Se si guarda attraverso un prima al cospetto del giusto raggio di luce si avrà la possibilità di ammirare ben più di un colore. Sono così le persone e sono così i migliori personaggi della letteratura il di cui scopo è quello di stimolare il pensiero non i dogmi.
Entrambe le due regine e cugine, a un certo punto devono essersi sentite intrappolate da loro stesse e questo libro le libera entrambe: non hanno mai davvero avuto bisogno di essere assolte o colpevolizzate.
Written by Altea Gardini
Info
Nell’immagine con l’autore Giorgio Ieranò sono state inseriti due quadri, a sinistra “Elena di Troia”, opera di Evelyn De Morgan (1898) ed a destra “Penelope e i pretendenti”, opera di John William Waterhouse (1912).
Leggi la poesia “Itaca”, poesia di Costantino Kavafis