“Il grande racconto di Roma antica e dei suoi sette re” di Giulio Guidorizzi: il corredo religioso alla base dell’Impero
“Ma, nel momento di iniziare un’impresa tanto grande, stiano lontane le lamentele, che non saranno gradite nemmeno quando forse saranno necessarie: piuttosto, se anche per me – come per i poeti – ci fosse usanza, inizierei più volentieri con buoni auspici, voti e preghiere agli dei e alla dee, perché mi concedessero esiti felici, mentre mi accingo a un’opera di tale importanza.” – “Ab urbe Condita” – Tito Livio
Si chiese anche Tito Livio se fosse il caso, o comunque in suo potere, poter raccogliere in un’opera tutto quello che era Roma fin dalle sue origini.
È notizia felice che, anche se era intimorito dalla mole del lavoro, abbia deciso di dedicarsi alla stesura di Ab Urbe condita. Ovviamente, non fu il solo storico a cimentarsi nella narrazione di quelle ramificazioni di pagine di storia che fu il regno, la repubblica e l’impero di Roma.
Per nostra fortuna, anche ai giorni nostri, c’è chi si dedica alla narrazione e la condivisione di grandi racconti che hanno ricoperto interi secoli di vita di una città che ha, a titolo più che appropriato, la fama di Città Eterna.
“Il grande racconto di Roma antica e dei suoi sette re” di Giulio Guidorizzi è un opera esaustiva, ricca e vicina al racconto di una fiaba.
Ci sono storia antiche, miti crudeli, paura e bellezza tra queste pagine edite per Il Mulino nel 2021.
In fondo perché non narrare una fiaba all’interno di un saggio che ha tutto il sapore di un’opera teatrale o dell’antico poema epico?
Non è necessario elencare le moltissime opere di cui Giulio Guidorizzi è autore ma è più che doveroso omaggiare l’amore per il suo lavoro che traspare dalle sue opere. Un abile Aedo che trascina i suoi lettori tra le spire di una storia che non ha nulla di semplice ed è pronta ad impantanare chiunque vi si avvicini.
Roma antica non è solo i suoi cliché, Roma è anche una macchina ben oliata di riti e consuetudini che si sono sommate ed amalgamate nel corso dei secoli. Trovare un libro, un saggio, in cui traspare la passione di condurre alla conoscenza chi vuole conoscere la città e la sua stratigrafia socio culturale è un dono.
Come Tito Livio, Cassio Dione, Dionigi di Alicarnasso e molti altri l’opera è sì tesa ad enumerare i fatti ma anche a spiegare come essa siano verificati, che siano attestati storicamente o rechino, ancora dopo millenni, quel fascino di magia e mistero che li attorniava già alla loro nascita.
Il volume è diviso in due parti. La prima si dedica a parlare delle origini, di quando Roma non era Roma e un esule della guerra di Troia approdò guidato dalla profezia di un nuovo futuro in terra laziale.
Enea è colui che diede vita al sogno e, dopo non poco sanguinari eventi e numerosi portenti, Romolo (suo discendente) ne concretizzò le prime fondamenta.
I re di Roma furono sette, così ci dice la storia che ha una sorprendente tendenza ad eliminare il ricordo di chi non è importante. Sette è un numero magico per antonomasia, dà un senso di compiutezza e permette di assumere al suo intento tutto quello che è necessario per la creazione di una città.
Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il superbo.
Ognuno di loro ha svolto la sua funzione mitologica di raccontare qualcosa a coloro che vennero dopo, ciascuno di loro ha costruito la sua base per il mondo che sarebbe nato dalle loro gesta.
Ogni singolo personaggio ha la sua storia accertata da fatti ma anche il suo corredo di mitologie con cui ammantarsi.
Si pensa spesso che Roma e la Grecia abbiano, per ovvie ragioni dovute alla conquista o all’ammirazione, la stessa mitologia.
Non è così, lo si capisce subito quando ci si appresta a guardare le due mitologie da vicino. Qualcosa non quadra e la spiegazione è meno semplice di quello che sembra.
I romani adottarono le divinità esterne e i loro racconti ma lo zoccolo della loro religione era più “vicino alle origini povere della città”, ovvero una religiosità fondata su una serie di divinità e numi tutelari che si occupavano del benessere della città e dei loro cittadini e che i Romani stavano bene attenti a non far adirare con tutta una rete di riti e gesti che nascevano dalla storia delle loro esperienze concrete.
Un esempio pratico sono i Lupercalia, la festa celebrata in onore al dio Fauno. Oltre alla particolare ritualità che si diceva propiziasse la fertilità si deve ricordare che alla sua origine era la necessità di rendere viva una città che era data da soli uomini. Il ratto delle sabine portò donne che non erano in grado di generare eredi e questo per una città vuol dire morte.
Ogni atto della storia della loro religione è costituito dalla narrazione del loro passato e nulla è fatto a caso dai sacerdoti.
Guidorizzi fa questo: narra le gesta dei re e anche tutto il corredo religioso che li ha condotti alla sublimazione storica alle fondamenta dell’Impero.
La seconda parte del volume è dedicata all’approfondimento dei Riti, gli usi e le credenze di Roma. In cui le tematiche solo accennate dai racconti dei re vengono approfondite e spiegate nella loro interezza.
“Il grande racconto di Roma antica e dei suoi sette re” è una scatola di storie con all’intero un mondo fatto di costellazioni di altre storie. Le persone sono il mito di Roma, siano esse esistite come uomini o come leggende.
Il volume ha un apparato fotografico che non ha eguali. Perché ogni leggenda ha creato opere nelle menti dei più grandi artisti ed autori del mondo.
La storia genera racconti e i racconti generano miti. Tutto questo insieme genera quanto ci sia più importante nella storia dell’umanità: la condivisione di una memoria che si scopre essere la nostra esistenza.
Written by Altea Gardini