“Alla Speranza” poesia di John Keats: quando il destino racconta storie di dolore

Ogni strofa de “Alla Speranza” di John Keats si sviluppa in una sorta di climax ascendente, che si conclude sempre con l’anelito del poeta alla Speranza, l’unica in grado di portare via il poeta su ali argentee: non a caso, l’argento simboleggia la purezza, l’innocenza, la giustizia, tutte virtù intimamente connesse alla Speranza, in grado, quest’ultima, di ergersi sopra ogni male e ogni mediocrità.

“Alla Speranza”

John Keats poesie Alla Speranza
John Keats poesie Alla Speranza

“Quando solo siedo al mio focolare,
E odiosi pensieri mi vestono di tristezza,
Quand’anche i sogni vengon a meno all’occhio della mente,
E non ci son fiori per la nuda brughiera della vita,
Tu, dolce Speranza, profumami di magia:
Sì, portami via sulle tue ali d’argento.

Se, colto dalla notte dove i rami intrecciati
Escludono il raggio lucente della luna,
Il tetro Sconforto impaurisse i miei pensieri,
E, accigliato, fuggisse la dolce Allegria,
Ti prego, un raggio affaccia di luce per lo sconnesso
Tetto di paglia, scaccia lo Sconforto maledetto.

E se la Delusione, madre dell’Angoscia,
La figlia spingesse a predare il mio cuore sbadato,
Quando, come una nube, sull’aria assisa
S’appresta a colpire la vittima ammaliata,
Tu cacciala via, dolce Speranza, col tuo viso di luce
Spaventale, come la mattina quando terrorizza la notte.

Quando il destino racconta, di quelle che più amo,
Storie di dolore al mio cuore spaventato,
Tu, Speranza, occhi di luce, la mia fantasia
Morbosa rallegra, dammi dolce conforto:
Illuminami di cielo, danza
Sul mio capo con le tue ali d’argento.

E se di genitori crudeli o d’amante spietata
Dovesse mai squarciarmi il petto un amore infelice,
Non lasciare che io possa credere sprecata
La mia poesia, singhiozzata nell’aria notturna.
Tu, dolce Speranza, profumami di magia:
Sì, portami via sulle tue ali d’argento.

E quando guardo la teoria degli anni futuri,
Fa ch’io non veda l’onore del mio paese svanire:
Conservi l’anima la nostra terra, e la libertà,
L’orgoglio: non voglio, Speranza, fantasmi.
Dai tuoi occhi di luce riversa insolita radianza
E poi coprimi, con le tue ali d’argento.

Stupenda Libertà, grandezza in veste dimessa!
Ch’io non scorga mai quest’alta eredità
Dalla vile porpora della legge oppressa,
La testa chinata, pronta a morire:
Affacciata dal cielo, splendente,
Te, Speranza, con ali d’argento, voglio vedere apparire.

Come quando con regalità lucente una stella
Indora la cima chiara d’una nuvola scura
Accendendo il mezzo volto velato del cielo,
Così, se pensieri di tenebra il mio spirito presago
Avvolgono in un sudario, tu, dolce Speranza,
Con ali d’argento sul mio capo, spargimi d’azzurro.”

***

Il mare di ghiaccio (conosciuto come Il Naufragio della speranza) - Painting by David Caspar Friedrich - 1822
Il mare di ghiaccio (conosciuto come Il Naufragio della speranza) – Painting by David Caspar Friedrich – 1822

Al fondo di ogni vita martoriata da sogni infranti, risiede la Speranza, come un eterno ritorno del vaso di Pandora.

Ogni strofa si sviluppa in una sorta di climax ascendente, che si conclude sempre con l’anelito del poeta alla Speranza, l’unica in grado di portare via il poeta su ali argentee: non a caso, l’argento simboleggia la purezza, l’innocenza, la giustizia, tutte virtù intimamente connesse alla Speranza, in grado, quest’ultima, di ergersi sopra ogni male e ogni mediocrità.

La poesia stessa, per allargare questo orizzonte, viene ad essere la figlia della Speranza, nella lotta senza tempo di ambedue contro tutto ciò che è limitativo, mediocre e materiale.

Più che un discorso alla Speranza, questa poesia si presenta più come una preghiera ad essa, preghiera che si articola in una dialettica tra il buio tetro dei sentimenti negativi e del futuro, di contro alla luce che la Speranza diffonde, andando, si ha l’impressione, a ri-solversi (nell’accezione più filosofica e quasi alchemica del termine) in una hegeliana aufhebung, in quanto si tende ad avere un superamento del momento di buio, del momento negativo, più che un semplice annullamento dello stesso. La Speranza, infatti, solleva il poeta, gli dà conforto e luce rinfrancando il suo animo.

Una poesia senza tempo (ma non è forse questa una caratteristica di tutte le poesie?), che parla, cioè, alle persone al di là di ogni contesto storico-temporale: può essere letta e sentita come propria anche (e soprattutto) da noi ai nostri giorni, in cui incubi sin troppo reali e concreti incombono sulle nostre vite, ossia la pandemia, la crisi economica e sociale, l’ingiustizia, la discriminazione, la sempre più pesante incertezza sul futuro.

E ognuno di noi è John Keats, che rivolge il suo sguardo verso l’alto, verso una dimensione ove tutto è Purezza, ove tutto è Luce, una dimensione da cui desideriamo che la Speranza spicchi il, suo volo d’aquila per darci Forza.

***

Riporto qui la poesia in lingua originale:

“To Hope”

“When by my solitary heart I sit,
And hateful thoughts enrap my soul in gloom;
When no fair dreams before my “mind’s eye” flit,
And the bare heath of life present no bloom;
Sweet Hope, ethereal balm upon me shed,
And wave thy silver pinions o’er my head.

Whene’er I wander, at the fall of night,
Where woven boughs shut out the moon’s bright ray,
Should sad Despondence my musing fright,
And frown, to drive fair Cheerfulness away,
Peep with the moon-beams through the leafy roof,
And keep that fiend Despondence far aloof.

Should Disappointment, parent of Despair,
Strive for her son to seize my careless heart;
When, like a cloud, he sits upon the air,
Preparing on his spell-bound prey to dart:
Chace him away, sweet Hope, with vvisage bright,
And fright him as the morning frightens night!

Whene’er the fate of those I hold most dear
Tells to my fearful breast a tale fo sorrow,
O bright-eyed Hope, my morbid fancy cheer;
Let me awhile thy sweetest comforts borrow:
Thy heaven-born radiance around me shed,
And wave thy silver pinions o’er my head!

Should e’er unhappy love my bosom pain,
From cruel parents, or relentless fair;
O let me think it is not quite in vain
To sigh out sonnets to the midnight air!
Sweet Hope, ethereal balm upon me shed,
And wave thy silver pinions o’er my head!

In the long vista of the years to roll,
Let me not see our country’s honour fade:
O let me see our land retain her soul,
Her pride, her freedom; and not freedom’s shade.
From thy bright eyes unusual brightness shed-
Beneath thy pinions canopy my head!

Let me not see the patriot’s high bequest,
Great Liberty! How great in plain attire!
With the base purple of a court oppress’d,
Bowing her head, and ready to expire:
But let me see thee stoop from heaven on wings
That fill the skies with silver glitterings!

And as, in sparkling majesty, a star
Gilds the bright summit of some gloomy cloud;
Brightening the half veil’d face of heaven afar:
So, when dark thoughts my boding spirit shroud,
Sweet Hope, celestial influence round me shed,
Waving thy silver pinions o’er my head.”

Written by Alberto Rossignoli

 

Bibliografia

John Keats, “Poesie. Con un saggio di Jorge Luis Borges. Testo originale a fronte”, Oscar Mondadori, Milano 2015

 

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