“Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere” di John Gray: due condòmini extraterrestri
È quanto mai problematico e pertanto stimolante cercare di reagire a un saggio che si presenta come un manuale che contiene tutte o quasi le risposte a ogni specie di eventualità. Ed è in quel quasi che fonderò il mio commento. John Gray è un autore davvero simpatico che raramente fa affermazioni che non siano meno che sagge e condivisibili.
Partendo da questi assunti provo a incrinare un po’ tanta sicurezza affermativa. Mi rendo anche conto che il primo passo da compiere è riportare i concetti principali senza far diventare la presente reazione un Bignami da consultare per chi non ha voglia di sorbirsi le 279 pagine del saggio.
Assunto iniziale: gli uomini sono marziani, le donne venusiane. Marte era il dio della guerra, Venere era la dea dell’amore. Lo scopo dell’uno era usare le armi per conquistare il mondo. Quello dell’altra era di usare l’amore per conservarlo. Cosa c’entra tutto questo nel discorso? Forse che il marziale uomo non sappia amare e che la venerea donna non sappia combattere?
“I marziani danno importanza soprattutto al potere, alla competenza, all’efficienza e ai risultati.”
Evito accuratamente chi intende gestire la mia anima come se fosse una merce e sono d’accordo con Pier Paolo Pasolini quando parla dell’anarchia che è la caratteristica più tipica del potere. Pasolini era forse una venusiana? E io, a che minchia o sticchio di tribù appartengo?
“Le venusiane hanno valori diversi. Per loro sono importanti soprattutto l’amore, la comunicazione, la bellezza e i rapporti interpersonali.” – non è che io sia leggermente effeminato?
Nell’antica Roma le vestali (tutte venusiane) avevano il compito di mantenere acceso il fuoco sacro, motivo per cui non dovevano pensare ad altro, cioè ai marziani. Venivano assunte vergini e in tal stato dovevano pervenire al pensionamento, Fornero permettendo. La Fornero è una venusiana?
Vesta era la dea del focolare domestico. E qui qualcosa non quadra. Che rapporto aveva quella santa dea col collega Agnis? La mia impressione è che questa ignea storia abbia un’origine marziana. Per quel che ne so, anche John Gray è un marziano, regolarmente sposato con una venusiana di nome Bonnie, che gli ha donato tre vest…, pardon, tre figlie, i cui nomi sono “Shannon, Julien e Allen”.
Per le venusiane “la comunicazione è di importanza primaria. Rendere gli altri partecipi dei propri sentimenti è ben più significativo che conseguire obiettivi e successi.” – anche per me, altrimenti non mi sarei messo a scrivere queste considerazioni.
“I marziani sono maggiormente orientati verso la soluzione. Se qualcosa funziona, perché cambiarla? Il loro istinto è di non interferire. ‘Non riparare ciò che non è rotto’, dicono spesso.” – e allora io penso alla scrittura. Scrivo, rileggo, correggo, poi a un certo punto mi stufo, ma no, dai, do un’ultima lettura, che mi costringe a qualche minima correzione, poi a una che mi pare risolva un errore madornale, ma com’è che non me n’ero accorto?!, meno male che, all’ultimo momento…! A questo punto rileggo per un’ultima volta e, non so come, a ogni lettura mi viene da mutare un aggettivo, una congiunzione, un’elisione. Umberto Eco, che aveva la barba e che secondo me era un marziano, diceva che lui non si identificava mai con un suo personaggio quanto con un avverbio.
A un certo punto il sottoscritto (e lo faceva secondo me anche Umberto) dice: Basta! Non te reggo né rileggo cchiù! Lo scritto diventa un antagonista che è tempo di lasciar al suo destino. L’azione comunicativa deve ora sconfinare altrove. Ed ecco pertanto emergere una trista (ma non triste, anzi allegra) verità: ogni scrittore e forse anche ogni lettore è una venusiana! Anche John Gray?
Spesso amo ripetere ai miei familiari e solidali che a me non interessa scovare i colpevoli, quanto rinvenire la soluzione. Sono anch’io, almeno per metà, un marziano? La speranza è che noi meticci abbiamo una chance genetica che difetta nei cani di razza.
“Una delle maggiori differenze esistenti tra uomini e donne è il loro modo di affrontare lo stress. Gli uomini tendono a chiudersi sempre più in se stessi e a concentrarsi sul problema, mentre le donne si sentono via via sempre più sopraffatte ed emotivamente coinvolte.”
Mi ritengo un emotivo con degli attacchi di atarassia. Che sia una sia un marziano che una venusiana a tempo intermittente?
“Una venusiana si sente più a suo agio con se stessa quando ha amici solleciti con cui dividere difficoltà e stati d’animo. Il marziano si sente bene quando può risolvere i propri problemi da solo nella sua caverna. Sono osservazioni valide anche per le donne e gli uomini di oggi.” Il mito della caverna grayana: il marziano ci si rifugia quando deve ricaricare le batterie. La venusiana fatica a perdonargli questa sua inderogabile necessità. Secondo Gray, quest’ultima preferisce essere lei a dare energia al veicolo con cui si è congiunta ed è quindi gelosa di questa sua scelta d’isolarsi, seppure solo per un po’. Sono d’accordo. Si ha bisogno di questa grotta, in cui rifugiarsi ogni tanto. Per quel che ne so (sono sposato da non ricordo più quanti lustri), anche le venusiane ne necessitano.
“Di solito quando una donna parla dei suoi problemi, un uomo oppone resistenza. Dà per scontato che lei lo ritenga responsabile delle sue difficoltà. Maggiori sono i problemi, più si sente rimproverato. Non capisce che lei trova sollievo nel parlarne. Non sa che gli basterebbe ascoltarla per guadagnarsi la sua riconoscenza.” – si tratta di una transazione fra due parti divergenti? Non necessariamente di una coppia, bensì di due attori della medesima causa, uno di fronte all’altro?
In una coppia nascono i dissidi, come anche in una zattera in mezzo all’oceano. Questo è fuor di dubbio. Essenziale mi pare è il rispetto reciproco, che significa non giungere a un’aggressione né di tipo fisica, né mentale, né acustica. Non urlare come ossessi, in altre parole, ma discorrere come esseri umani. Se questa è saggezza, deve essere pertinente a entrambi i generi.
“Gli uomini si sentono frustrati soprattutto quando una donna espone problemi che loro non sono in grado di risolvere” – il che pare un’affermazione scontata. Anche una venusiana si sente avvilita quando non riesce a superare un problema. Qui si sottintende però che lei pone questioni la cui difficoltà è in genere (venusianamente) irrisolvibile.
“Le venusiane costituivano per i marziani una misteriosa fonte di attrazione. Erano soprattutto le diversità ad attirarli. Quanto i marziani erano duri, tanto le venusiane erano morbide; i marziani angolosi, le venusiane rotonde; i marziani freddi, le venusiane calde. Le differenze si integravano vicendevolmente in modo magico e perfetto.”
Nella filosofia tradizionale cinese, partendo dalla dualità notte-giorno, sono indicati i due principi opposti yin (lato in ombra della collina) e yang (lato soleggiato). Il primo è nero, il secondo è bianco: due diverse polarità energetiche, la prima è venusiana, oscura, riposante e fredda, la seconda marziana, attiva, luminosa e calda. Ecco che due fonti diverse si differenziano nell’attribuzione del genere. Ne consegue che è una convenzione relativa al discorso, non un’assolutezza naturale.
“Gli uomini sono come elastici. Quando li si tende, riescono ad allungarsi solo fino a un certo punto prima di scattare all’indietro”: egli va fuori e rientra, il che non può che ricordare l’atto sessuale.
“Un uomo si allontana per soddisfare il proprio bisogno di indipendenza o di autonomia. Non appena raggiunto il livello massimo di tensione, ossia di allontanamento, proverà l’improvviso desiderio di tornare indietro. Raggiunta la completa separazione, avvertirà di nuovo il bisogno di amore e di intimità.” – qui l’autore attribuisce all’uomo questa esigenza periodica di fuga e di continuo ritorno, senza “il bisogno di un periodo di transizione”.
Capitò una storia analoga a Tristano e Isotta (così come la racconta Denis De Rougemont in L’amore e l’occidente) che, quando sono vicini, dormono separati da una spada, e che da lontano si cercano disperatamente. Tutto accade quasi contemporaneamente, perché l’hic et nunc non pare esistere. La spada apparteneva a Tristano, che era suddito del suo re marziano, il quale a sua volta era il vero destinatario dell’amore di Isotta. Ecco che il potere, questo drago immondo, complica una faccenda già per sé ingarbugliata.
Una venusiana (Enrica Bonaccorti) è l’autrice delle parole de La Lontananza, canzone celebre di Modugno, che è “come il vento, che fa dimenticare chi non s’ama”, e che “spegne i fuochi piccoli ma accende quelli grandi”. Questo vale solo o soprattutto per i marziani?
Maggie “aveva capito che tentando di farsi più vicina mentre Jeff si allontanava, gli impediva di raggiungere la massima distanza che gli avrebbe consentito di tornare al suo fianco” – lo stesso capita ai quark, la cui interazione nucleare forte, gestita dal gluone (dall’inglese glue) è sempre maggiore durante l’allontanarsi, ma s’indebolisce durante l’avvicinamento. Il rischio è che più ci si distanzia e più il legame rischia di spezzarsi, come capita a un elastico.
Il marziano, “avendo temporaneamente soddisfatto la sua fame di intimità, ora ha fame di indipendenza, di solitudine. Ne ha abbastanza di dipendere emotivamente da un’altra persona…” – ma ritornerà, sì, ritornerà. Così cantava Bruno Lauzi nella sua canzone: ed era la venusiana in quel frangente a essersi volatilizzata.
“Una donna è come un’onda. Quando si sente amata, la sua stima di sé cresce e cala con un movimento ondulatorio. È frequente che, raggiunto il culmine, il suo umore cambi di colpo e l’onda si infranga.” – in fisica significa: si riduce a essere una particella. L’onda appare come un ente privo di anima particolare, diversamente dalla sua proposizione materica, che un’anima ce l’ha, e anche un po’ gemente.
“Quando l’onda è alta, una donna sente di avere abbondanza di amore da dare, ma durante la discesa prova un senso di vuoto interiore e il conseguente bisogno di riempirlo mediante l’amore. Sono questi i momenti in cui sente la necessità di un’operazione di pulizia emotiva.” Non avendo più la forza di svolazzare, ha bisogno di planare e di parlare col suo marziano di fiducia, il quale purtroppo talvolta è occupato in una sua missione interstellare.
“Quando è amata, una donna riluce di amore e gratificazione. Ingenuamente, molti uomini si aspettano che tale lucentezza duri per sempre. Ma pretendere che la natura amorevole della donna sia costante è come pretendere che il tempo non cambi mai e il sole splenda in continuazione. All’interno di un rapporto uomini e donne hanno i loro ritmi e i loro cicli. Gli uomini si ritraggono e poi tornano ad avvicinarsi, mentre nelle donne fluttua la capacità di amare se stesse e gli altri.”
La differenza è anche nell’orientamento, orizzontale quello del marziano e verticale quello della venusiana. L’autore parla di “pozzo”: “Quando esce dal pozzo, di solito la donna torna a essere quella di sempre, ma gli uomini tendono a fraintendere questo mutamento positivo. È normale che un uomo pensi che qualunque fosse il problema che lo affliggeva, ormai non esiste più oppure è risolto. Ma non è così e la sua è solo un’illusione.” – Questi amanti sono sempre intermittenti, ognuno nel suo senso.
“Quando una donna scende nel suo pozzo, i suoi problemi più gravi tendono a salire a galla. A volte possono riguardare il rapporto attuale, ma di solito sono determinati soprattutto dalla sua infanzia e da precedenti relazioni.” – il che vale per entrambi gli extraterrestri, temo. Nei loro pianeti originari ha molta importanza il sapere con chi si ha convissuto nel passato, per tentare di capire come l’attuale rapporto continuerà a evolversi.
Una differenza l’ho colta. L’ascissa marziana, secondo l’autore, sta bene nella sua caverna (quasi come in una Spa della salute); l’ordinata venusiana, caduta nel pozzo, soffre maledettamente. Chissà in quale punto del grafico s’incontreranno. E se si potrà assistere a uno scambio di risorse, nonché di problematicità.
“Uomini e donne ignorano di avere bisogni emotivi diversi e di conseguenza non sanno come aiutarsi a vicenda.” – ognuno dà ciò che vuole dare e non ciò che l’altro desidera. Secondo l’autore, la venusiana ha bisogno di sollecitudine, di comprensione, di devozione e di rassicurazione. Il marziano necessita di fiducia, di accettazione, di ammirazione e d’incoraggiamento. Espressione delle mie parti, per dire che si tratta della stessa cosa: fra correre e scappare; ma si dice anche: se non è zuppa è pan bagnato.
Le quattro richieste della venusiana ricordano un po’ la religiosità: una dea vuole che qualcuno abbia per lei un rispetto che va al di là del suo valore pratico. Le quattro richieste dal marziano sono di tipo politico: un capo pretende di essere agevolato nelle sue funzioni direttive.
Il discorso va bene, purché si accetti che non sempre una venusiana è donna e un marziano è uomo. Esistono personalità sfaccettate, che presentano profili diversi che si alternano a seconda delle eventualità.
Il litigio, che equivale a un’apostasia oppure a una rivolta, è un aspetto tipico della convivenza, non necessariamente quella sessuale. L’autore scrive: “Due persone non coinvolte sessualmente non incontrano grandi difficoltà a rimanere distaccate e oggettive durante una discussione o un litigio, ma quando il coinvolgimento sessuale è presente diventa anche troppo facile prendere tutto sul piano personale”.
La domanda che vorrei porre all’autore è se lui ha il privilegio di vivere in una villetta, oppure in un condominio. Concordo con lui che l’aspetto sessuale abbia una sua enorme valenza. Durante l’atto si giunge a un’intimità quasi assoluta (une petite mort, dicono i transalpini), che viene a mancare subito o poco dopo le eventuali coccole finali. Ammetto di non aver mai fatto l’amore con un condomino, però non ho difficoltà a confessare che qualcuno lo avrei voluto sgozzare, specie dopo che le questioni interpersonali avevano preso una deriva pericolosa e incomprensibile.
Si parla però di coppie. L’autore parla di “lotta” e di “fuga”, espressioni tipicamente marziane; e poi di “simulazione” e di “ritirata”, prettamente venusiane. Le prime due tattiche indicano una maggiore sincerità (Achille, prima della morte di Patroclo, aveva provveduto a un autoesilio, al fine di gestire l’ira funesta). Le seconde sono paragonabili a quelle che in ambiente campano si definiscono parate, messe in scena: “piuttosto che litigare, la persona cede.” – sembra farlo, ma prima o poi te la farà pagare. Anche in questo caso non credo che questo dipenda strettamente dal sesso, quanto dal carattere individuale.
Il marziano “ha bisogno di sentirsi accettato per quello che è”; La venusiana vuole “sentirsi considerata e importante”. Ognuno dei due esseri vuole essere onorato nel modo che gli è più consono. A volte mi sento marziano: io sono così da una vita. A volte mi sento venusiano: comprendetemi, non posso cambiare più di tanto; apprezzate i miei carismi perché sono costituiti in parte dai miei difetti.
“Una donna deve accettare l’istintiva tendenza maschile a focalizzare tutte le energie su un’unica grande impresa, minimizzando l’importanza di quelle più piccole.” – per cui “dovrà sforzarsi di ricordare che l’inclinazione di lui a trascurare le piccole attenzioni non significa che non la ami, ma che è troppo concentrato sulle cose grandi.” – il discorso è corretto, ma diventa rischioso quando sottintende che sia unicamente l’uomo il possibile autore di grandi progetti; e che la venusiana non possa che limitarsi ad aspettare l’esito di tanto magnifica impresa.
La venusiana dell’autore si sente trascurata e lui: “invece di vedere otto pazienti al giorno, cominciai a vederne sette e finsi che mia moglie fosse l’ottavo e il più importante” – sperando che non le abbia fatto pagare la parcella. A parte gli scherzi: si crea un problema di transfert, tale che danneggia tale terapia familiare, con le conseguenze immaginabili. Tale passaggio è, finora, quello che meno ho apprezzato.
“Se una donna prova risentimento per il partner, il fatto che gli prepari da mangiare significherà per lui molto poco… potrebbe addirittura sottrarle uno o più punti. Il segreto per gratificare un uomo sta nell’imparare a esprimergli amore attraverso i sentimenti, non necessariamente attraverso le azioni.” – e se non preparasse affatto la cena, quanti punti perderebbe?
“Sono numerosi i vantaggi che uomini e donne potranno acquisire se si ricorderanno che l’altro ha un criterio diverso di calcolare il punteggio.” – anche qui il criterio ormai prescinde dal sesso. Ognuno deve capire come il proprio si differenzi dall’altrui.
Un sottocapitoletto s’intitola: Perché abbiamo bisogno di scrivere lettere d’amore.
“Le lettere d’Amore funzionano perché aiutano a dire la verità. Esplorare solo una parte dei propri sentimenti non è altrettanto terapeutico.”
È convinzione dell’autore che, scrivendo, si abbia più tempo per calibrare le parole, scegliendo quelle più consone alla comunicazione. Non sarei qui se non la pensassi in egual modo. Già però la mia amata venusiana m’accusa (sono già in Cassazione) che io pensi soltanto alla scrittura. Se le mandassi una lettera, nel migliore dei casi la strapperebbe e, nel peggiore, la poserebbe sul comò e direbbe: E secondo te ho il tempo che hai tu per leggerla?! Ecco perché, con lei preferisco ricorrere al più immediato e ineludibile discorso vocale.
“Chiedere aiuto è difficile per gli uomini come per le donne, ma per queste ultime è spesso molto più frustrante e deludente, ed ecco perché questo capitolo è dedicato a loro.” – e questa rappresenta un’ulteriore, per quanto ben intenzionata, discriminazione.
“Per motivare un uomo” con una richiesta d’aiuto, bisogna seguire alcuni necessari protocolli (da quel che ho capito finora, si tratta di armi da marziano più che da venusiana; anche se sono facili da utilizzare): “Scelta del momento”, “Atteggiamento non esigente”, “Concisione” e “Approccio diretto”.
Su quest’ultimo non temo problematiche da parte della mia venusiana; Sulla concisione, ehm… glielo auguro di cuore. La scelta del momento è così fatta: hic et nuc! Atteggiamento non esigente? Non so di cosa si parli. Provo a parlargliene oggi pomeriggio, ma solo dopo pranzato. Anzi, visto che il presente saggio lo sto leggendo dopo essere stato coartato dalla venusiana figlia, chiedo a quest’ultima di coartare similmente la mamma.
Uno yankee, mi si scusi l’appellativo che mi viene spontaneo pensando a un cittadino statunitense, probabilmente ignora una formula di cortesia che esiste nel Sud Italia, luogo da cui proviene mia moglie e dove sto vivacchiando in questo momento. Sei a tavola e il vicino (o la vicina) di seggiola, avendo bisogno del cacio sui maccheroni, ti dice: Ti voglio bene, caro, mi passi la formaggera? Questo è il motivo per cui qualsiasi litigio può avere una sua soluzione qualora si decida a sedersi in un desco, essendo questo il luogo dove sono più consone le richieste di favori. Devo purtroppo annotare che, negli ultimi vent’anni, quest’espressione affettuosa è diventata meno frequente. A livello planetario, anche se il pianeta è più immenso della mia attuale e minuscola Amalfi, non ci si vuole più bene come una volta. Ti voglio bene, John Gray, chiedi alla tua complanetaria di scrivere un saggio sulla comunicazione coniugale?
“Uno degli elementi chiave della richiesta assertiva consiste nel rimanere in silenzio dopo averla formulata…” – spero che la mia venusiana legga questo punto del libro e non appunti quest’ultimo sul comodino. Dopo di cui lei mi chiederà di preparare il caffè e infine poserà (probabilmente: 97% di probabilità) la tazzina umida, nella migliore delle ipotesi, sul risvolto di copertina, macchiandola, cioè imprimendole il suo segno indelebile, prima di scivolare e spezzarsi sul pavimento. Se va male essa obnubilerà per sempre la pagina incriminata. Se va da Dio (né Marte né Venere, forse Mercurio), essa insudicerà orrendamente la quarta di copertina.
L’amore è un fatto ciclico, e questo è vero, caro John Gray. “L’innamoramento equivale alla primavera. Quando ci innamoriamo, crediamo che saremo felici per sempre. Non riusciamo neppure a concepire di non amare il nostro compagno”.
Tre mesi, o tre anni dopo: “Nell’estate dell’amore realizziamo che il nostro partner non è perfetto come pensavamo e che il rapporto di coppia ha bisogno di cure. Non solo il vostro partner viene da un altro pianeta, ma è un essere umano con i suoi limiti e i suoi errori. Sorgono frustrazioni e delusioni; le erbacce devono essere sradicate e le piante hanno bisogno di dosi supplementari…” Sì, concordo. A me non dispiace vangare, zappare, piantare, ma togliere le gramigne varie richiede tempo e pazienza e tale attività non si può svolgere tenendo un libro in mano; neanche le precedenti che, seppur più faticose, sono più veloci e, nel farle, si liberano delle endorfine che ci fanno ‘sgodazzare’ non come placidi cigni, ma come oche starnazzanti.
“Se abbiamo curato il giardino durante l’estate, in autunno ne raccoglieremo i frutti. È questa una stagione d’oro… intensa e gratificante…” – da noi si raccolgono d’estate, in Yankeeland non ne ho idea.
“È un momento per ringraziare e condividere…” – benissimo!
“Ecco che il tempo cambia di nuovo e subentra l’inverno”, che è “un tempo di riposo, di riflessione e di rinnovamento; il tempo in cui sperimentiamo il nostro dolore irrisolto: e il coperchio si solleva per lasciar uscire i sentimenti dolorosi…” – nella campagna reggiana, l’11 novembre (mancano ancora quaranta giorni all’inverno) si usava una volta fare San Martèin, cioè fare trasloco, cambiare vita. Auguri!
“Ed è anche il tempo di risanamento, quando gli uomini si ritirano nelle loro caverne e le donne sprofondano nei loro pozzi.” – da notare i due verbi (ritirano e sprofondano) che presentano una grande differenza espressiva e di significato.
Missa est. La tua predica è finita, reverendo John Gray. Ho grandemente apprezzato alcuni tuoi suggerimenti e poco gradito alcuni punti. Tante domande stanno emergendo in me: da dove provengono i genitori? Come mai i nostri figli sono originari nello stesso pianeta/famiglia eppure sono tanto diversi fra loro? Sicuramente c’è la componente caratteriale innata e quella derivata dall’influsso dei genitori (e degli eventuali nonni). L’importante è parlarne, vero?
A parte questo, sappi che non vedo l’ora di leggere il saggio di Bonnie, la tua personal venusian!
Aspetta, prima di rispondere, Jack… Sappi che sto scherzando! Da quel che ho capito la dolce Bonnie non è avvezza a scrivere, diversamente lo avresti segnalato. Sei tu lo scrivano, pardon, lo scrittore della famiglia.
C’è una cosa che pecca nel tuo saggio: la mancanza pressoché assoluta d’ironia, che è una figura retorica del dire una cosa per un’altra, usando anti-frasi del tipo: come starebbe bene al Quiri-nale colui che ha così tanto frequentato il Tribu-nale! Ridiamoci su, in attesa del peggio!
Non c’è nulla che possa ferire di più di una frase che irride dicendo in modo palese il contrario di quello che uno pensa. Eppure io mi sento di difendere questo modo d’intendere la conversazione. L’ironia presuppone un interlocutore. Un pensiero classicamente serio non lo ritiene indispensabile. Uno può essere saggio per conto suo, ma finisce lì. L’amore, soprattutto quello coniugale, è un corso d’acqua che richiede un monte che sgeli sempre nuovo liquido, periodicamente.
Mi permetto di suggerirti di esaminare la questione in un tuo prossimo studio: come sopravvivere alla contro-ironia del coniuge, quando l’hai appena punzecchiato. É anche in tali amene questioni che occorra approfondire la critica di ogni rapporto non solo coniugale, ma umano tout court.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
John Gray, Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere, Rizzoli, 2016