“Delo – Il caso”, documentario di Nina Guseva: Konstantin Kotov, un giovane che manifestò a Mosca
“Ci stanno dicendo che il nostro raduno infrange la legge…”

Documentario di denuncia del sistema giudiziario sovietico, Delo (in italiano Il caso), presente alla 33^ edizione del Trieste Film Festival è stato realizzato dalla regista Nina Guseva nel 2021, seguendo le tracce di fatti realmente accaduti a Mosca nel 2019. In concorso nella sezione documentari del Festival, Delo si presenta come uno spaccato dell’attuale società russa e di alcune sue contraddizioni.
“L’intera situazione è pazzesca…”
Maria Eismont, che si è prestata nel racconto a interpretare il ruolo principale, è persona reale ed esercita nella vita la stessa professione presentata nella pellicola. Ovvero, di avvocato che si spende per la difesa dei diritti civili, dopo aver abbandonato il lavoro di giornalista.
Compito assai arduo per Maria che deve affrontare la difesa di un dissidente.
Tale Konstantin Kotov, in disaccordo con il sistema di governo in carica, accusato di manifestare il suo dissenso in maniera non autorizzata.
Ovviamente, accusa gratuita e immotivata; il solo torto del giovane è infatti aver partecipato in maniera del tutto pacifica a una protesta contro il vigente governo centrale.
Ambientato nel 2019 a Mosca, il documentario mette in luce le falle dell’odierno sistema giudiziario russo, che fanno della Federazione Russa una nazione da definirsi non propriamente democratica.
Ed è seguendo l’operato della protagonista che lo spettatore s’inserisce nelle vicende toccate in sorte a Konstantin Kotov, che per aver protestato in maniera del tutto composta viene processato e condannato a una pena detentiva di 4 anni, da scontarsi in una colonia penale.
Dopo essersi battuta con tenacia, Maria nulla può fare se non combattere perché al giovane vengano riconosciute delle attenuanti, di cui però non si vuole tenere conto. Anche perché, per ogni atto di dissenso manifestato, la legge prevede che anche il più pacifico dei gesti venga punito duramente.
Per Kotov il prezzo da pagare per aver partecipato alla manifestazione è troppo alto, tenuto conto che ha manifestato le sue divergenze attraverso una legittima protesta.
Ma la sua condanna è dovuta soprattutto perché espressione di un libero pensiero, privilegio non previsto nel paese guidato da Vladimir Putin.
“La Corte d’appello dichiara Kotov colpevole…”

Come spiega Maria Eismont nei suoi interventi, l’esercizio del governo dell’attuale società russa non è affatto di tipo democratico; semmai, il leader Vladimir Putin, alla guida del paese viene definito da lei e da parte della collettività uno ‘zar’. Anche per il suo lungo periodo di permanenza al governo della Federazione Russa. Un termine forte per indicare lo status quo, in cui viene messa in atto una gestione esercitata con il pugno di ferro, ovviamente giustificata in nome del bene e del progresso della collettività tutta.
All’indomani della caduta del muro di Berlino con la dissoluzione del blocco sovietico, tutto lasciava pensare che le nazioni appartenenti alla Federazione Russa, nata dalle ceneri dell’Unione Sovietica, potessero assumere carattere di autonomia e risollevarsi anche da un punto di vista economico. E acquisire, di conseguenza, un tipo di governabilità di stampo democratico.
Un tempo l’ex-Unione Sovietica era additata dall’Occidente come modello di società in linea con principi antidemocratici, in quanto negazione di individualità dove ogni persona era omologata secondi i canoni stabiliti dal Partito Comunista Sovietico allora al potere: quindi, esempio di società da non emulare.
Invece, caduto il comunismo e il blocco dei paesi sovietici, la nazione è stato suddivisa in realtà diverse fra loro, e perciò in conflitto con il governo centrale. Non trovando nei nuovi politici saliti al potere risposte al cambiamento necessario a un paese che si potesse definire moderno.
L’era post-comunista, a inizio anni ‘90, vede quale primo Presidente in carica Boris Eltsin, fortemente anticomunista, che nomina quale suo stretto collaboratore Vladimir Putin, già braccio destro del sindaco di Leningrado (oggi San Pietroburgo), e appartenente al KGB, i Servizi di sicurezza sovietici, poi denominato FSB.
Caduto Eltsin, a causa anche di problemi di salute, nel 1999 è Vladimir Putin ad assumere la carica di Primo ministro, per ricoprire poi, in seguito a un Referendum la carica di Presidente della Federazione Russa.
Salito al potere, nell’immediatezza del suo incarico, Putin risolleva le sorti di un paese in recessione. Che, sotto un profilo economico dà un forte impulso, e perciò una ripresa grazie anche alla presenza nel paese di materie prime. È poi la crisi globale del 2008 a segnare un crollo economico che ancora oggi attanaglia l’economia russa.
Boris Eltsin, a suo tempo, aveva dato il via a una svolta epocale a un’economia basata sul libero mercato, in contrapposizione al precedente modello sovietico fondato sulla proprietà statale.
Uomo forte, Putin, nel corso degli anni consolida la sua posizione di leader indiscusso, annientando anche ogni tipo di opposizione al suo sistema di governo.
È del 2020 un Referendum, indetto dallo stesso, che ne determina la sua presenza in carica fino al 2036.
Degni di nota sono i problemi legati alla Cecenia, repubblica che ha sempre rivendicato una propria autonomia rispetto alla Federazione. Rivendicazioni a cui Putin ha risposto con bombardamenti su Grosny, capitale della Cecenia.
Ed è proprio ai ceceni che vengono attribuiti attentati dinamitardi avvenuti a Mosca nel 1999, i quali hanno provocato un alto numero di vittime; la cui paternità è stata messa in discussione da più parti.

Fino a domandarsi se tali atti di terrorismo sono da attribuirsi realmente ai separatisti ceceni, o non siano stati creati ad hoc per creare tensioni fra Mosca e Grosny; in modo da poter così puntellare maggiormente il consenso di Putin ed esercitare un potere più ampio del leader in carica. Aumentando il suo prestigio presso l’opinione pubblica.
Ma non solo la Cecenia nel mirino di Mosca, sono anche altri gli episodi che lasciano esterrefatti, fra cui l’eliminazione per avvelenamento con sostanze radioattive di alcuni avversari politici.
“La Crimea e la Russia corrono su binari diversi…”
Putin non è dunque, dalle notizie che raggiungono l’Occidente, il leader di cui la Federazione Russa avrebbe avuto necessità per intraprendere un’evoluzione sociale ed economica sul modello occidentale, senza escludere le imperfezioni che tale modello comporta.
Perché oggi la Russia è una società di stampo capitalistico; ma a differenza dell’Occidente, per quante riserve si possano avere da un punto di vista sociologico, non prevede alcune libertà. Soprattutto la libertà di esprimere un libero pensiero.
Ed in questi giorni, che in quell’angolo di mondo spirano venti di guerra guidati da un desiderio di potere spinto da un’ambizione espansiva verso l’Ucraina, che vorrebbe inserirsi a pieno titolo nella realtà occidentale, il Presidente non tiene conto degli sconvolgimenti politici a livello planetario che ne potrebbero derivare.
Ma, per tornare al documentario Delo, si può attribuire ad esso l’importanza testimoniale di ciò che è oggi è l’ex–Unione Sovietica.
In una rappresentazione plastica dell’attuale società russa, Delo risulta essere per lo spettatore un affresco reali delle condizioni di vita di una parte di popolazione che non condivide i dettami del leader Putin.
“Dicono che marciava gridando Putin è un ladro…”
Eccellente l’interpretazione di Maria Eismont, nei panni dell’avvocatessa chiamata in causa per difendere i diritti negati a coloro che rivendicano una libertà di pensiero e di espressione a loro preclusa.
“Ora almeno la gente sa chi è Kotov…ora lo sanno…”
Written by Carolina Colombi
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Programma Trieste Film Festival 2022