Calcio: i due fratelli (quasi) paralleli, Filippo e Simone Inzaghi
“Ma già qui/ Vivo vite parallele/ Ciascuna con un centro, con un’avventura/ E qualcuno che mi scalda il cuore” – Battiato

Prima o poi dovrò parlare su Oubliette del mio amore per Paolo Maldini. Prima di raggiungere questo traguardo, vorrei presentare un allenatore che stimo da sempre, nonostante non vesta i colori rossoneri: mi sto riferendo a Simone Inzaghi.
Già noto in passato per essere stato con Alessia Marcuzzi, ha però saputo camminare con le proprie gambe. Dopo aver militato nelle squadre locali, il calciatore piacentino, ha legato la sua attività sportiva alla Lazio tra il 1999 e il 2010, quasi ininterrottamente.
Da notare che proprio alla fine dell’annata 1999/2000 la società vinse lo scudetto. Inoltre il 22 maggio 2010 (proprio quando l’Inter di Mourinho raggiungeva il suo storico triplete), Inzaghi chiudeva la sua carriera di calciatore, ma iniziava, sempre nell’ambiente biancoceleste, il suo incarico di allenatore, prima nel settore giovanile e, a partire dal 2016, nella Prima Squadra dove sarebbe rimasto fino al 2021.
Inzaghi ha fatto sempre bene, mantenendo la squadra costantemente tra i primi posti della classifica, sebbene con un rendimento talora migliorabile.
Si può dire che la sua storia sia stata opposta a quella del suo fratello maggiore Filippo Inzaghi, per tutti Pippo Inzaghi, o meglio ancora Super Pippo: nomen omen, mai fu proverbio più indovinato.
E infatti Pippo ha certamente conosciuto una carriera calcistica (di calcio giocato!) più soddisfacente del suo consanguineo: quando era con la Juve ha vinto lo scudetto nella stagione 1997-1998; quando era con il Milan ha raggiunto, tra i premi più ambiti, la Champions League nel 2003 e nel 2007, lo scudetto nelle stagioni 2003-2004 e 2010-2011.
Con la Nazionale ha vinto il Mondiale nel 2006, l’anno dei big del calcio italiano. Ha segnato tantissimo. Eppure da mister sembra sempre destinato a un ruolo “secondario” o meglio “cadetto”.

Nel 2014, infatti, è diventa allenatore del Milan dopo aver guidato il settore giovanile della medesima squadra, ma viene esonerato l’anno dopo perché il club a fine stagione è solo decimo.
Solo incidentalmente faccio notare che quello è il momento in cui per il Diavolo inizia una lunga fase di pathos che si risolverà non a breve termine: per una serie di motivi, quali la fine dell’era Berlusconi, il tormentato passaggio di proprietà (di cui ha parlato pure Report), la crisi economica che sempre più incalza anche il calcio, soprattutto al tempo del Covid, la squadra ha iniziato una lunga staffetta di allenatori che pare essersi conclusa solo recentemente con l’arrivo di Stefano Pioli, meritevole di aver stabilizzato il team, anche grazie al ritorno, nel 2020, di Ibrahimovic.
Non dipendeva solo da Inzaghi il periodo no del Milan.
Tuttavia anche il rendimento di Super Pippo è altalenante, dicevo.
E così, dopo il Milan, riparte dalla Lega Pro, traghettando il Venezia in serie B, nella stagione 2016-2017; poi, per ironia del destino, o per ennesima sfortuna (chissà!) nell’anno calcistico successivo, dopo una stagione buona, fallisce ai playoff la possibilità di portare i veneti nella massima serie.
Dimessosi dalla panchina della città lagunare, torna nella massima serie nel giugno 2018: stavolta a Bologna, ma già nel gennaio 2019, dopo alti e bassi, viene sostituito da Siniša Mihajlović.
Nel corso dello stesso anno approda nel Sannio, dove riesce a condurre l’agguerrito Benevento (ricordiamo che i Sanniti diedero filo da torcere a Roma!) in serie A (2019-2020). Ancora una volta però, alla ripresa del campionato (2020-2021), il tecnico piacentino pare soffrire ad alta quota in una situazione paradossale, ambigua e, oserei dire, tragica (nella misura in cui lo si possa dire del calcio!). E così, dopo un avvio positivo di stagione, i campani hanno un tracollo e tornano in B.
Ancora una volta Inzaghi riparte, facendo un passo indietro e nel giugno 2021 diventa il nuovo C.T. del Brescia e attualmente le rondinelle sono al secondo posto.
Riuscirà l’“amante di cavalli” a tornare in A? E Soprattutto a restarci? E magari a tornare a disputare il derby non solo contro il suo ex Milan, ma anche in famiglia?
Infatti nel frattempo suo fratello, giunto da poco alla guida dell’Inter, ha fin qui brillantemente condotto la squadra più pazza del calcio italico, in una stagione non semplice per vari motivi.
Innanzitutto perché reduce dal vuoto lasciato da Antonio Conte, professionista tanto bravo quanto a dir poco, emotivo e umorale, che ha abbandonato la squadra nell’estate del 2021 dopo averla resa “campionessa” d’Italia, secondariamente per quello generato da Romelu Lukaku che, desiderato proprio da Conte nello staff milanese, la scorsa estate è tornato al Chelsea.
Come detto in un precedente articolo (clicca QUI per leggerlo) anche questa squadra meneghina soffre la crisi economica, e ha dovuto fare i suoi conti con le conseguenze della pandemia (proprio di questi giorni sarebbe uno scoop secondo cui il campione belga vorrebbe tornare all’Inter!).
In compenso però il club ha acquisito dai cugini il centrocampista Hakan Çalhanoğlu e dalla Lazio proprio il tecnico Inzaghi junior!

Quest’ultimo ha dimostrato a Conte che puoi essere l’allenatore più bravo del mondo, ma se non hai cuore, garbo, riconoscenza non vai da nessuna parte. Risultato? Il team nerazzurro è già campione d’inverno con largo anticipo.
Inzaghi Simone si merita tutto, ma anche suo fratello.
Sono due “ragazzi” quasi coetanei, che si sono scontrati diverse volte come allenatori e calciatori, ma si sono anche incontrati, seppur raramente, in nazionale: in particolare nel corso dell’amichevole contro la Spagna del 29 marzo 2000, oppure da ragazzini quando cominciarono entrambi a giocare nella loro provincia.
In particolare, da vera sportiva e da vera cugina, auguro a Simone di vincere lo scudetto (mi spiace per il mio Milan, ma ancora ha bisogno di tempo per migliorare), e a Pippo di tornare Super Pippo di nome e di fatto.
Buon calcio a tutti e ad maiora!
Written by Filomena Gagliardi