“Galatea” di Madeline Miller: una storia di mitologia, bellezza e ribellione
Sfogliando il dizionario di mitologia, si può scorgere che ad ogni nome possono corrispondere due o più miti. Per alcune di questi si parla di storia differenti dello stesso personaggio, per altri ci si riferisce a individui differenti.
Si tratta del secondo caso per quanto riguarda il personaggio del nuovo libro di Madeline Miller: Galatea.
Della ninfa marina, figlia di Nereo, costei ha solo il nome. In realtà, la Galatea di cui vogliamo parlare è la creatura nata dall’avorio plasmato da Pigmalione.
Questo mito si è radicato nel substrato culturale della cultura occidentale ed è stato usato in molte narrazioni e ha ispirato molti artisti che dal mito di Pigmalione e Galatea hanno prodotto una gran quantità di opere.
Questa di Galatea non è la prima rivisitazione del mito da parte di Madeline Miller. Infatti, conosciamo l’autrice per “La canzone di Achille” e per “Circe”. Entrambi i titoli sono mirevoli opere frutto dell’amore per l’autrice per il mito e per la narrazione.
Con entrambe le opere precedenti la Miller è salita su un gradino che l’ha portata ad osservare la storia narrata da un punto di vista più alto, una visione d’insieme, che le ha donato una sfumatura sfuggita a molti.
Questo non sta a significare che la Miller ha scoperto la verità finale sulla storia narrata ma che ha colto una delle sfumature ancora rimasta in ombra di quella vicenda. Per farlo ha dovuto ricorrere al romanzo come genere letterario ma questo non le toglie autorità, anzi le dona un margine di azione maggiore sulla storia per veicolare il messaggio e un via più veloce per arrivare al cuore dei suoi lettori.
I miti vanno ascoltati e interiorizzati, devono svolgere un lavoro di insegnamento e il solo conoscere i loro testi non basta.
Pigmalione e Galatea è una “canzone” che parla di ricerca del compagno perfetto. Il sovrano cipriota non riteneva possibile trovare, tra le donne di tutto l’ecumene, una compagna che egli potesse ritenere alla sua altezza.
Quindi, avendone le capacità, decise di scolpirne una: la più bella donna che fosse mai stata creata.
Ovviamente, come tutti si saranno accorti, una statua non è una creatura vivente e nonostante il suo creatore la trattasse come tale, nessun dono e nessuna manifestazione di affetto, nulla poteva scalfire la sua immobilità.
Pigmalione iniziò presto a soffrire di questa condizione e chiese alla divinità dell’Amore, Afrodite, di donarle la vita per farne la sua compagna di vita.
Qui sorge un altro problema che non è compito del mito narrato da Ovidio svelare. Qualcuno si è mai chiesto cosa ne pensasse Galatea di tutto questo? Cosa sappiamo della sua personalità, della sua indole, del suo cuore? Creare un compagno perfetto per?
Pigmalione desiderava la regina perfetta, la donna che tutti gli avrebbero invidiato per la sua bellezza e le sue doti da donna perfetta.
Ma Galatea, invece, che cosa desiderava?
Ed ecco che nel 2021, nella sua edizione italiana per la casa editrice Sonzogno, si inserisce la Galatea di Madeline Miller.
A differenza delle due opere precedenti, questa narrazione si svolge non nella sua dimensione temporale classica ma in un Altrove senza tempo che la porta ad assumere una connotazione non astratta ma talmente moderna da far male.
Alcuni potrebbero asserire che la Miller abbia voluto avvicinarsi alle atmosfere distopiche più consone alla penna della Atwood ma non è questa la realtà dei fatti.
Per narrare di Galatea e renderla viva sotto agli occhi del pubblico, bisognava portarla via dalla forma di eidolon creata da Ovidio per mezzo di Afrodite atta a soddisfare l’ego di Pigmalione. Nella società greca di epoca augustea nessuno avrebbe mai creduto che una donna creata da un uomo, infusa di vita da una divinità in risposta ad una preghiera di quell’uomo, potesse desiderare altro se non quello che era dettato dalla volontà di quello che era divenuto suo marito.
Quindi, stessa storia ma Tempo assente.
Solo che Galatea, costretta in casa, al silenzio, con la sola compagnia di sua figlia Pafo si rende conto che nella sua esistenza come moglie di Pigmalione, esiste un pericolo.
L’uomo la sorveglia, la assilla con la sua gelosia, la fa sentire in colpa per azioni che non dipendono dalla sua volontà ed è in grado di convincere altri che Galatea abbia bisogno di essere rinchiusa dove nessuno può portarla via da lui. Tutto questo è quanto la donna sopporta fino a che ad essere coinvolta in questa spirale non è anche sua figlia.
Galatea scappa con la bambina, Pigmalione la fa rinchiudere in una struttura e, in quel luogo si perpetuano le vessazioni del personale che la fa sentire inadeguata alla vita e di suo marito che è interessato solo al Possesso della moglie oltre che ad istillarle la colpa di aver abbandonato la figlia.
Galatea è una donna che vive di suppliche ad un padrone che utilizza sua figlia come guinzaglio.
Galatea è una donna che desidera vivere una vita di sua proprietà non come se fosse il suppellettile di uno scultore che è ancora alla ricerca di una donna perfetta, una donna forse più giovane da soggiogare: perché non Pafo?
Nella ricerca di un compagno perfetto ci si può dimenticare che non si può costringere l’altro ad essere esattamente come esigiamo che sia per meritarsi di essere considerati pari.
Si chiama Violenza l’insieme di atti che si compiono per rendere l’altro degno e si chiamano sempre Violenza le parole e le azioni che si compiono per rendere debole la creatura in modo che non abbia i mezzi per ribellarsi.
Galatea è una donna che ha compreso cosa non è la vita e pur di riaverla per lei e Pafo è disposta a donare tutta se stessa.
Il volume della Miller è molto breve ma con un messaggio dritto al bersaglio e non si tratta solo di femminismo o di disparità di genere, anche se in questo libro ne ha la forma.
Si tratta di ribellione all’oppressione dovuta alla follia di credere non valere nulla, si tratta di chiamare con il proprio nome le cose senza fingere che siano altro.
Le pagine edite da Sonzogno sono illustrate dal progetto grafico di Ambra Garlaschelli e sono un gioiello di chiaroscuri sui toni del nero, bianco e rosa pallido.
Esattamente come se stessimo girando attorno ad una statua sotto l’effetto della luce radente: pietra, dal colorito dei primi bagliori sulla pelle bianca come il latte; resta solo di alzare lo sguardo nei suoi occhi e scoprire che, in realtà, si sta guardando un essere umano.
Written by Altea Gardini