“Rosso Malpelo” novella di Giovanni Verga: la solitudine e la latente cattiveria
La figura artistica di Giovanni Verga si prospetta estremamente inquieta e tormentata tesa a riflettere una realtà storica poco consolidata giacché epoca di transizione dall’idealismo romantico dell’Italia risorgimentale al positivismo dell’Italia borghese.
La sua attività letteraria è animata da una perenne tensione alla ricerca di un’ideologia romantica e positivista insieme che si traduce, di fatto, in un atteggiamento di non rassegnazione: è proprio questo non rassegnarsi a dare vita a personaggi come Rosso Malpelo.
Questo personaggio, protagonista della omonima novella di Verga, presenta due caratteristiche peculiari: la solitudine e la latente cattiveria.
La famiglia, i colleghi di lavoro, contribuiscono a creare un ambiente profondamente ostile che alimenta il senso di vuoto che lo opprime.
La cattiveria di Rosso Malpelo diviene dunque espressione di un’esasperata resistenza all’ambiente che lo soffoca.
“Sembrava si volesse vendicare sui deboli di tutto il male che si immaginava gli avessero fatto gli altri, a lui e al suo babbo”.
“L’asino va picchiato, perché non può picchiarci lui; e s’ei potesse picchiare, ci pesterebbe sotto i piedi e ci strapperebbe la carne a morsi”.
Rosso Malpelo insomma non soccombe come vittima rassegnata, non è un debole: la vita l’ha persuaso a non farsi illusioni ma ad adottare una filosofia spietata e crudele.
Si veda il brano inerente alla morte di Ranocchio:
“Cotesto non arrivava a comprenderlo Malpelo, e domandò a Ranocchio perché sua madre strillasse a quel modo, mentre che da due mesi ei non guadagnava nemmeno quel che si mangiava. Ma il povero Ranocchio non gli dava retta; sembrava che badasse a contare quanti travicelli c’erano sul tetto. Allora il Rosso si diede ad almanaccare che la madre di Ranocchio strillasse a quel modo perché il suo figliuolo era sempre stato debole e malaticcio, e l’aveva tenuto come quei marmocchi che non si slattano mai. Egli invece era stato sano e robusto, ed era malpelo, e sua madre non aveva mai pianto per lui, perché non aveva mai avuto timore di perderlo.
Poco dopo, alla cava dissero che Ranocchio era morto, ed ei pensò che la civetta adesso strideva anche per lui la notte, e tornò a visitare le ossa spolpate del grigio, nel burrone dove solevano andare insieme con Ranocchio. Ora del grigio non rimanevano più che le ossa sgangherate, ed anche di Ranocchio sarebbe stato così. Sua madre si sarebbe asciugati gli occhi, poiché anche la madre di Malpelo s’era asciugati i suoi, dopo che mastro Misciu era morto, e adesso si era maritata un’altra volta, ed era andata a stare a Cifali colla figliuola maritata, e avevano chiusa la porta di casa. D’ora in poi, se lo battevano, a loro non importava più nulla, e a lui nemmeno, ché quando sarebbe divenuto come il grigio o come Ranocchio, non avrebbe sentito più nulla”.
La cattiveria di Rosso Malpelo è dunque una forma di resistenza tenace e disincantata che prende le mosse da due atteggiamenti coesistenti: lo scatto d’orgoglio implicito nell’aspra accettazione e il ripiegamento nella rassegnazione.
Possiamo dunque affermare con convinzione che Rosso Malpelo è un’autentica summa dell’arte verghiana giacché compendio di tutti i suoi aspetti caratterizzanti: l’amara desolazione seppure eroica, il materialismo crudo, la malinconica rassegnazione.
Questa novella si erge pertanto ad autobiografia ideale del Verga perché serba in sé da una parte elementi del passato, con una conseguente prima rottura con essi, e dall’altro anticipa spunti e motivi che avranno la loro definitiva evoluzione nel secondo periodo del Verga.
Written by Manuela Muscetta
Bibliografia
Giovanni Verga, Tutte le novelle, BUR Rizzoli