Contest letterario “Natale con Tomarchio Editore”: scrivi la tua recensione
“Ahimè, quel Natale era solo una festa domestica, una festa di dolciumi e balocchi. Perché gli adulti non cambiavano i loro cuori d’ogni giorno, non si abbandonavano all’estasi? Dov’era l’estasi?” ‒ David Herbert Lawrence

1.Il Contest letterario “Natale con Tomarchio Editore” è promosso dalla casa editrice Tomarchio Editore in collaborazione con Oubliette Magazine. Il Contest è riservato ai maggiori di 16 anni. Il Contest è gratuito.
2. Articolato in una sezione:
Si partecipa con una recensione di un libro a vostra scelta di qualsiasi casa editrice italiana (poesia, prosa, racconto, romanzo, critica, teatro).
È possibile partecipare anche con un’auto-recensione, cioè una recensione del proprio libro.
La recensione (già edita oppure inedita) prevede un limite minimo di 50 parole ed un limite massimo di 300 parole.
Per un facile conteggio delle parole consigliamo di scrivere la recensione in un documento .doc (.docx, etc), cliccare su Revisione, e Conteggio parole in alto a sinistra.
3. Partecipare è facilissimo.
Si partecipa inserendo la propria mini recensione sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con recensioni edite ed inedite.
Ogni concorrente potrà partecipare con una sola recensione.
Le opere senza nome, cognome, e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via e-mail ma nel modo sopra indicato.
Importante: cliccare su Non sono un robot, è un sistema Captcha che ci protegge dallo spam. Per convalidare la partecipazione bisogna cliccare sulla casella.
4. Premio:
N° 1 copia del romanzo breve “Il matrimonio di Mara” dell’autore Salvatore Turiano;
N° 1 copia dell’antologia “Conversazioni poetiche”, AA.VV., con prefazione della poetessa Giuseppa Sicura;
N° 1 copia della raccolta poetica “Pensieri” della poetessa Teresa Stringa.
Saranno premiati i primi tre classificati con l’invio dei tre libri.
5. La scadenza per l’invio delle recensioni, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 6 gennaio 2022 a mezzanotte.
6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta da:

Alessia Mocci (Editor in chief)
Teresa Stringa (Poetessa e scrittrice)
Giovanna Fracassi (Poetessa e scrittrice)
Carolina Colombi (Scrittrice e Collaboratrice Oubliette)
Stefano Pioli (Studioso e Collaboratore Oubliette)
Giuseppina Carta (Scrittrice ed artista)
Rosario Tomarchio (Poeta ed editore)
7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.
8. Si esortano i concorrenti per un invio sollecito senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.
9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione per e-mail: oubliettemagazine@hotmail.it indicando nell’oggetto “Info Contest Natale con Tomarchio Editore” (NON si partecipa via e-mail ma direttamente sotto il bando), in alternativa all’email si può comunicare attraverso la pagina fan di Facebook:
https://www.facebook.com/OublietteMagazin
10. È possibile seguire l’andamento del Contest ricevendo via e-mail tutte le notifiche con le nuove partecipanti al Contest Letterario; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvertimi via e-mail in caso di risposte al mio commento”.
11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.
Francesca Santucci
Il mondo di Emily Brontë
(Casa Editrice Kimerik 2018)
“Wuthering Heights” di Emily Brontë è stato il primo romanzo che ho letto da ragazzina, “La voce nella tempesta” di William Wyler la sua prima trasposizione cinematografica: da allora Emily e la sua brughiera non sono mai più uscite dal mio cuore!
E cara mi è divenuta, poi, tutta la sua famiglia, l’austero padre Patrick, la sfortunata madre Maria, le due sorelle di diverso temperamento, Anne (più schiva) e Charlotte (la più determinata), l’inquieto fratello, Patrick Branwell, che non riuscì a realizzare il suo potenziale artistico e lentamente si avviò verso un destino di autodistruzione, tutti accomunati dalla scrittura e dal talento e, ad eccezione del padre, mancato in età avanzata, da una tragica prematura scomparsa (Branwell, Emily e Anne morirono nello spazio di nove mesi, dal settembre 1848 al maggio 1849, rispettivamente a trentuno, trenta e ventinove anni).
Il presente lavoro, che vede la luce proprio nell’anno in cui ricorre il bicentenario della nascita di Emily, vuole essere, oltre che un modo per ricordare questa famiglia eccezionale, anche un’occasione di riflessione personale, sui Brontë e, attraverso Emily, alla quale mi lega una profonda empatia, anche dentro me stessa: infatti lei e il suo mondo, oltre ai saggi, mi hanno ispirato poesie, drabbles e racconti.
E, con mia grande gioia, con il racconto “Il mio mondo”, ispirato ad Emily, nel 2012 ho vinto la I Edizione del Premio Letterario De Leo- Brontë; con la poesia “Non ti temo vento crudele”, pure ispirato ad Emily, mi sono classificata al secondo posto nell’edizione dello stesso premio nel 2014.
Per sempre Emily, per sempre Brontë!
(Accetto il regolamento)
Francesca Santucci
Silvio Raffo, Giallo Matrigna, Robin Edizioni, 2011.
RECENSIONE
La memoria gioca brutti scherzi? La focalizzazione su un personaggio può essere tanto parziale da indurre in errore i lettori? In questo romanzo siamo dalle parti del film “Angel heart”, diretto da Alan Parker nel 1987.
Il protagonista è uno scrittore, Silvano Duranti (D’Orange). Per quanto ne sappiamo, il romanzo potrebbe essere una storia scritta, e quindi inventata, da lui.
Su uno sfondo psicanalitico (il giallo dell’abito di una cantante rievoca quello della matrigna) si snodano i 2 capitoli, gravesianamente ambientati in luoghi d’acqua (Hotel “Regina Palace” a Stresa e la tenuta del protagonista, ubicata presso un canale).
Evidenti simboli lunari, le 2 donne, grasse, assassinate, hanno in comune un altro dettaglio: la matrigna era stata la prima amante dello scrittore, la cantante ne era stata una cotta giovanile.
I punti in comune tra i 2 delitti sono impalpabilmente avvolti nel fitto mistero della (scarsa?) memoria del protagonista …
Da centellinare come un prezioso rosolio.
Anna Maria Dall’Olio
Dichiaro di accettare il regolamento.
Verso un altrove (Cammini di-versi e pensieri sparsi)
Le Mezzelane Casa Editrice, 2019
Cristina Lastri
Nell’Altrove di Pessoa il poeta invita l’amata ad andare verso l’Altrove, un luogo indefinito dove c’è chi vaga libero, lucente e immortale, un luogo dove realtà e immaginazione si fondono e si confondono. Ho preso allora in prestito la suggestione poetica per esplicitare l’invito al viaggio di parole che ho intitolato “Verso un Altrove”. Forse già da quell’articolo indeterminativo si intravede l’estrema libertà di interpretazione, insita nella poesia. Ecco che allora non indico la via, non penso che esista un solo Altrove ma ognuno avrà sicuramente il proprio a cui tendere. La silloge racchiude foto di viaggi verso territori senza confini; allora i luoghi dell’altrove lambiscono zone dell’entroterra (Percorsi Zen), periodi di tempo di varia entità lungo il cammino della vita (Archi temporali), per approdare oltre la porta della realtà conosciuta, ed immettersi in sentieri visionari (Viaggi onirici).
“Percorsi Zen”, è un breve tragitto che stigmatizza quel modo di fare poesia battendo i luoghi dell’anima, dopo certi viaggi introiettivi, che solo l’esperienza e la saggezza del tempo ti donano. Alla ricerca di connessioni e ponti nell’esistenza, spesso in uno stato di sincera melanconia, l’Altrove diventa luogo dell’indicibile e la poesia l’unico tramite per il viaggio, per esplorare altri universi attraverso le sue parole non allineate, lontane da strutture logiche e temporali.
In “Archi temporali”, ho lambito il concetto del tempo e dello spazio, senza scomodare le teorie della fisica. Anche questa sezione, come le altre, è preceduta da una breve dissertazione che rimanda ai concetti introdotti.
Nei “Viaggi onirici” enfatizzo l’esperienza quasi meditativa della scrittura e l’estraniarsi dal quotidiano mi trasporta davvero altrove, in viaggi astrali e meditabondi dove la psicocinesi si può tradurre letteralmente in “la mia anima è andata lontano”.
Cristina Lastri
Alice Silvia Morelli: “Riderò come se non avessi mai pianto”
Quando ho finito di immergermi nel sortilegio del libro, delle sue parole, dei suoi silenzi, nella “sinfonia d’inchiostro anziché sangue”, la mia anima è inquieta, il pensiero vaga da un perché all’altro. Dalla copertina mi accompagna per tutta la lettura un volto di donna enigmatico, colorito nel buio dello sfondo, dietro una maschera grigia che ne riproduce i lineamenti. Mi sono chiesto il perché. Ora riesco a dare una risposta: è la donna che si nasconde in una maschera che riproduce se stessa, quindi si nasconde dietro se stessa. L’immagine è potente nella sua grammatica silenziosa, e sfiora il pensiero pirandelliano: la realtà è una maschera, la maschera è realtà. La Morelli non è una poetessa “facile”, in un linguaggio neoermetico. Le parole, sono enigmatiche, custodite, e tracciano linee di tensione linguistica nell’estetica di un senso nascosto, ma evocativo. Si addentrano negli abissi dell’anima con uno stile da fuoriclasse, intercettano il dolore e diventano produzione artistica. Le emozioni balzano ricche di significati sottesi, non sempre dirette e immediate. Tu che leggi avverti una grande inquietudine nel macchinario complesso della lirica. Tu che leggi avverti sottotraccia una ricerca esistenziale persa in un surreale onirico “Mi è toccato sognare per un lieto fine da favola”. E poi ti accorgi che alcune poesie sono la sintesi di una ricerca tra “il qui ed ora” e “l’oltre”. “Nella mia follia non riesco ad essere oltre, vivo nel presente ora, godi del mio squilibrio perché sono vera, non oltre”. Osmosi di realtà e sogno, ragione e follia. Penso a Galimberti: nella follia e nella poesia, avviene la confusione dei codici, è proprio lì che abita il sacro.
“Natalino, il monello compie una buona azione”
di Angela Ceraso, edito Lupi editore
Suggestiva fiaba che ad ogni bambino va letta, che possa così comprendere la fortuna
a vivere la normalità della sua età, al contrario di quei bambini rilegati in un letto d’ospedale, anche
nella notte più magica dell’anno.
Natalino: “non si può vivere così la notte di Natale, almeno quella notte quei bambini hanno diritto
di essere felici, ritornando alla normalità quotidiana.”
A ciò aggiungo: che tutti i bambini che soffrono in ogni modo o per qualsivoglia ragione, pur non stando soggiornando tra fredde pareti di un ospedale, avrebbero diritto di essere felici, stando a vivere
la normalità che spetta al loro status di fanciulli; non solo la notte di Natale.
Lapponia, alla finestra Natalino si era perso a guardare il papà che caricava la slitta con sacchi enormi, pieni, zeppi di regali; non aveva mandato giù il fatto che anche quest’anno non andasse con il genitore
a consegnare i regali in giro per il mondo.
Ma, con l’aiuto della sorellina Celeste, fece in modo di svolgere lui quel compito.
Si trovarono a fare una sosta a Napoli, Natalino si rese conto che la slitta era ferma costeggiando
l’ospedale pediatrico Santobono Pousillipon, a quel punto tirò fuori un grido dopo aver dato un pugno sull’asfalto, pensando a tutti quei bambini come lui, privi di libertà perché ammalati, cagionevoli, fragili, perciò decise, con l’aiuto della fatina Giada, di fare in modo che almeno per quella notte potessero essere felici, ritornando per un attimo alla normalità quotidiana d’un tempo.
Giada, la fatina, al rientro a casa, fece sì che il papà e la mamma non si rendessero conto di quanto accaduto.
Da bambino, nel periodo natalizio, il mio animo s’incupiva, nulla riusciva a rallegrarmi, neppure
il regalo più desiderato.
Tutt’oggi è così
Sarà perché Natalino non è mai venuto ad allietarmi.”
– accetto il regolamento
Thaichopr I modder del destino
di Raffaele D’Andrea, edito da BookRoad
Il libro arrivò molto gradito, in un periodo di isolamento nel pieno della soffocante calura estiva, e lo aprii immediatamente, sfoggiando la sua attraente quanto misteriosa copertina, in una foto che avrei condiviso con gli amici frequentanti il web. Il titolo mi risultò astruso e spiccava da uno sfondo di spazio interstellare, di un raggio di luce, di polvere del tempo. Fui invogliata a iniziare per naturale attrazione per ciò che non si conosce e dopo le prime pagine fui trasportata nell’invenzione di un mondo fantastico in cui il viaggio nel tempo passato e futuro è possibile per un potere nascosto capace di riscrivere la storia degli uomini. La storia può essere riscritta , attraverso la modifica di un programma originale, e il destino di ciascun individuo è contenuto in Blocchi destinati a chiudersi, che contengono ogni singola scelta e le sue dirette conseguenze, farfalla che batte le ali.
L’intreccio del romanzo è costituito da personaggi che indagano sull’attività di pericolosi “modder”, un maresciallo dei carabinieri, un biologo, un angelo, investigatori che viaggiano attraverso i Blocchi per salvare Leo, scomparso dalla sua famiglia.
Lo stile semplice e scorrevole non risparmia un intreccio complesso, surreale, che si avvicina al genere fantascientifico. Un romanzo capace di ammaliare e stupire che lascia spazio alla fantasia del lettore per i grandi interrogativi sul destino, sull’amore, sulla vita.
-Accetto il regolamento
Accetto il regolamento
Il cimitero è l’argomento paradossalmente felice del romanzo “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin. Leggerlo, a mio parere è magico, poiché la vicenda tutta trasmette uno strano senso di abisso e al contempo una inusuale pace. Violette Tuossaint è la protagonista del libro, di mestiere guardiana della casa dei morti. L’autrice dell’opera qui ha compiuto un atto coraggioso per la scelta atipica del contesto luogo. C’è da dire che la scommessa e’ riuscita alla grande poiché, nell’iter narrativo tutto, vi è un’illuminata geografia ambientale e umana. In sostanza, attorno e dentro il cimitero, ruotano storie assai belle e fosche, inscenate dalle figure dei protagonisti e da quelle emblematiche dei visitatori. I racconti delle vite del cappellano, del vecchio custode, dei becchini e di tante altre occasionali comparse popolano lo scritto bellamente. Speciali mi risultano le pagine dedicate ai necrofori, uomini marginali al mondo, possenti nel racconto. La narrazione tutta si nutre del vivere il luogo santo in maniera sui generis e atemporale, in quel reale spazio dove il presente, il passato e il futuro rimangono fumosi e dove la morte stessa si ricava spazi di voli inaspettati. E lei, Violette, la protagonista, si adagia in questo limbo narrativo un po’ magico e un po’ sferzante, con la grazia lieve del concedersi piccole escursioni nel regno dei vivi, indossando sempre il suo abito mentale asciutto. La sua emarginazione fra tombe e tumulazioni però resta perenne e, nel tempo, si trasforma in vizio, cosicché, giocoforza, deve rincasare puntuale al cimitero a riattualizzare la sua quotidiana, affollata solitudine.
Antonietta Fragnito
Accetto il regolamento
Libri preziosi: La Primula Rossa Baronessa Orczy
Il romanzo mensile Anno VIII n 6 Giugno 1910
Tra molti racconti che favorivano il romanticismo voglio parlare di un romanzo meraviglioso: La Primula Rossa.
In un periodo dove la folla inquieta e tempestosa si accingeva a partecipare alla visione di uno spettacolo sterminatore chiamato “ghigliottina, a Parigi i nobili (donne e uomini)si travestivano con degli stracci nel tentativo di fuggire dalla tumultuosa città.
Intanto, personaggi misteriosi e mercanti sognavano la libertà mentre le guardie,poste in difesa delle porte ne ostruivano la fuga.
Fu così che nacque La Primula Rossa, un ombra che viveva nel buio, un eccellente e astuto spadaccino inglese che fece epoca nel mistero:aiutava i nobili alla fuga…nelle notti in cui la luna nascondeva la sua luce!
Il cavaliere rosso è un eroe leggendario, coraggioso e altruista che si oppone alla tragedia della Rivoluzione di Robespierre, mentre le teste cadono con terrore.
Una storia indubbiamente affascinante, quasi raffinata di coppe e spade dove la lettura fa sognare e palpitare il cuore con romanticismo quasi rosa.
Adoro questo romanzo così scintillante di verità in un periodo storico di tumulti e passioni, impreziosito da dame, fantasmi e cavalieri raccontati e descritti con estrema maestria in un epoca lontana quasi inafferrabile.
Loretta Fusco
L’insostenibile leggerezza dell’essere, Milano, Adelphi, 1985
Sono tanti i significati che si possono cogliere dalla lettura del capolavoro di Milan Kundera, che già nel titolo impatta il lettore alla ricerca di una spiegazione soddisfacente all’apparente paradosso.
Kundera la trova in un popolare proverbio tedesco: Einmal ist keinmal, ovvero ciò che si verifica una volta sola, einmal, è come se non fosse mai avvenuto, keinmal, ragion per cui la vita nella sua unicità, le scelte che possono stravolgerla, la mancanza di termini di paragone, l’assenza di esperienza, la rendono evanescente, irrilevante, leggera, in contrasto con la necessità dell’uomo di darle un significato, poter rimediare agli errori, avvertirne il peso.
Da qui la pesantezza e di conseguenza l’insostenibile peso della leggerezza.
Tutto il romanzo ruota intorno a questo concetto e le vicende amorose di Tomáš e Tereza, Franz e Sabina, sullo sfondo della primavera di Praga, l’invasione russa, la persecuzione degli intellettuali dissidenti, non sono che un pretesto per avvalorare la tesi che ciò che conta è l’irripetibilità dell’attimo vissuto.
Per affermare questo suo principio, Kundera si sofferma ad analizzare la leggerezza e la pesantezza giungendo alla conclusione che in fondo le due misure si equivalgono e l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione.
Non la raggiunge Tomáš, medico idealista, che nella frivolezza dei suoi tanti tradimenti paga la leggerezza dell’essere.
Non la raggiunge Tereza che nella pesantezza della sua anima trascina Tomáš nelle sue sventure.
Non la raggiungono Franz e Sabina che pagano il prezzo delle loro scelte.
Tanti i concetti elaborati da Kundera che non racconta una storia ma il racconto si fa Storia e l’umanità da lui rappresentata non è altro che il palcoscenico della vita con i suoi drammi, i suoi interrogativi, l’impossibilità di conciliare la leggerezza e la pesantezza se non compenetrandole alla ricerca di un equilibrio.
(Accetto il regolamento)
“Ad occhi chiusi
sfioro con le dita
la veste del libro
e sento sfumare
dalle pagine
un alone di calore umano:
è la mia “Passione dall’animo”
per Te…”
Quest’opera “Poesie e Racconti” è stata composta da INES ZANOTTI di Brescia (1957). L’autrice possiede una Qualifica Professionale, ha molteplici passioni ma prevale la devozione per la scrittura. Partecipa assiduamente ai concorsi letterari con buone posizioni di classifica (2012 premiata a Roma in Campidoglio). Gli scritti conservati sin dall’ adolescenza, vengono nel 2017 pubblicati nel 1° libro. Il testo si apre con espressioni di affetto e riconoscenza al padre Arturo per averle trasmesso “Aulici geni d’estro poetico”. Il libro unifica 81 composizioni predisposte in modo alternato: poesie- memore in prosa, e ciscuna pagina è contornata da greche colorate, attinenti all’argomento trattato. La tematica delle LIRICHE spazia dal silenzio alla fantasia, dall’amore al sogno, dalle stagioni all’arte, dalla natura alla vita vera, al credo religioso, con versi rimati e liberi. I RACCONTI sono ponderati su memorie di famiglia, ricordi di scuola, esperienze vissute e stesi in modo descrittivo, particolareggiato e con ricercate punteggiature. Il lessico di ogni espressione è scrupolosamente accurato ma chiaro nella comprensione. Codesta raccolta ha riscosso gradimento dai lettori, in quanto è stato proposto alla scrittrice Zanotti di seguitare a comporre e quindi pubblicare altresì, testi letterari (di questo invito si ritiene soddisfatta e grata). Si conclude questa recensione con una definizione a lei appropriata: “E’ una poetessa non per diletto bensì per necessità, custode fedele della parola che emoziona”.
Auto-Recensione – Accetto il Regolamento
MIRIAM BRUNI, accetto il regolamento.
PO-E-SIA (PROFONDO YIN), Ed. Il Fiorino, 2019, di Francesca Ganzerla
Una raccolta che sembra cercare una via perché il cuore possa percepire “un attracco”, “una casa di terra”, “una radice di bene”. Un cuore che spesso si ritrae nell’assenza o fugge, “come attuatore di pena”.
L’amaro, il danno e il dolore: questi tre aspetti mi paiono rilevanti ad una seconda e terza lettura, un dolore che sembra non finire mai, come se il tempo trascorresse invano, senza curare le ferite, che difatti continuano a sanguinare… Ci si ritrova con l’amaro in bocca, a masticare bile, o a ritirarsi in un mondo a parte, a chiedersi perché si rinunci così spesso “a qualcosa della propria intera cifra”
Molte cose del mondo e della vita risultano bloccate, o perlomeno danneggiate, usurate. La poesia avrebbe di che spandersi ed espandersi, ma anch’essa resta spesso anchilosata nei visceri del singolo, impegnata a capire l’intima essenza dei petali ancora vivi dei nostri muscoli tesi.
Non illudiamoci, sembra esortare Ganzerla: la ripresa di un proprio “robusto pulsare” è un lavoro solitario, e spesso notturno: non c’è nessun arciere a farci da “giusta guida sull’onda”, nessun arciere che “monda” e “ripara”. Vi sono però gli ausili della memoria e i momenti creativi, quelli in cui ci sentiamo in comunione con l’altro e capaci di un “tocco misurato”, i momenti dello “scrivere intenso”, ad esempio, o del parlare figlio di un vero pensiero, quelli cioè in cui si tesse la propria trasformazione.
L’io narrante schiva gli eccessi, aspira al calore vitale che permette salti e spicchi di vita (p.15), ma sa che in ogni modo la coscienza impara anche in condizioni avverse (p.27). A volte non sa come trattarsi, come guarirsi, ma ha imparato il valore di onorare i confini, resistere ai canali d’asfalto e alle vie criminali dell’ansia.
SINOSSI
Jacob Rohault, scienziato e filosofo Cartesiano, nell’anno 1658 si trasferisce da Parigi a Venezia per seguire, presso l’antica tipografia Eredi Hieronymus, la stampa dell’edizione italiana del suo Tractatus Phisicus. Il protagonista della storia è uno scienziato cartesiano protagonista della rivoluzione filosofica seicentesca tesa al sovvertimento di un passato dogmaticamente cristallizzato.
Nei mesi del soggiorno veneziano, quasi involontariamente si ritrova a frequentare la società patrizia; accetta l’incarico di precettore di Fulvia, una fanciulla di nobile casato passionale e ambigua dalla quale, suo malgrado, viene coinvolto in tipici intrighi della città lagunare. Fulvia gioca coi sentimenti che Jacob comincia a provare per lei, alternando momenti di aggressività sensuale (“La donna che state ignorando, di notte si rigira nel letto che lei avrebbe voluto accogliente per voi e per le attenzioni che desiderava rivolgeste al suo cuore e anche ai suoi fianchi e al suo seno.”) ad altri di malinconia (“Mi sembra di non aver portato a termine cose che avrei dovuto fare; ma è un elenco inutile. E poi … la lentezza di questa neve che cade a riempire ogni vuoto. Vorrei vederla come qualcosa di salvifico, neve caduta per sopire le lacerazioni dell’anima, metafora di un tempo sospeso, in attesa che io possa tornare a parlare impudicamente. Chissà, forse in altro luogo, diverso da Venezia.”)
Dunque, i giorni di Jacob si dipanano tra considerazioni filosofiche: (“Io credo che per spiegare e conoscere il mondo, ci siano tanti modi che la mente può scegliere. E tra essi, oltre Dio, ce ne sono altri, come il caso, la ragione, la fantasia o i sogni,” dice a Fulvia in un momento di dubbio speculativo,) suadenze erotico/sentimentali, il piacere di nuove amicizie e, inevitabilmente, il fastidio di inevitabili inimicizie.
Sino al giorno in cui riparte per Parigi lasciandosi alle spalle qualche rimpianto, commenti salaci, accuse di eresia, gratificazioni, delusioni e forse dei cuori spezzati.
Accetto il regolamento
Quello che so del mare di Carlo Zanutto pubblicato da Tomarchio editore è un breve ma intenso inno al mare.
Il poeta, si trova lontano dal suo nido, la sua terra natale e precisamente si trova in Sicilia dove resta affascinato dal suo andare lento e ripetitivo, quasi a tessere le note di un eterna melodia.
Il mare diventa cuore pulsante dell’io narrante del poeta che cattura le sensazioni e con abili pennellate come un pittore le trascrive in versi da condividere con gli amici mentre si ammira il tramonto sul vulcano che come una spada divide il cielo dal mare che offre il suo immenso spettacolo.
Questo grande spettacolo è interrotto per attimi del ricordo delle persone care e di essere consapevole di lasciare il mare che tanto lo affascina per tornare nella sua terra dove riabbraccia le persone care. Questi attimi che si immergono nel silenzio del poeta sono interrotti dal canto e del volo dei gabbiani che quasi assorbono il compito di essere messaggeri tra il cielo e il mare e tra il poeta e il mare.
Accetto il regolamento
Daniela
“POESIE” di Patrizia Cavalli.
Giulio Einaudi editore
“Le mie poesie non cambieranno il mondo” di Patrizia Cavalli è il titolo della prima silloge, frutto dell’immutabilità dello stato delle cose che, pur restando inalterate, possono essere quantomeno alleggerite. Una forma di tristezza che spinge l’autrice a focalizzare la propria attenzione esclusivamente su di sé.
Patrizia Cavalli trasporta il lettore in un mondo che, a pensarci, non è affatto sconosciuto. È il mondo dei silenzi rivelatori, quelli che all’improvviso scandagliano la realtà dell’io interiore proiettandolo in una condizione alienante rispetto a tutto il resto.
Ci si incanta, ci si addormenta come fanno i bambini, ma il grido arriva dai meandri dell’interiorità, come una rivelazione epifanica paragonabile a quella che investe la maggior parte dei personaggi pirandelliani, quando sono soliti prendere coscienza della propria condizione alienata e alienante. Le rivelazioni però hanno un retrogusto amaro e nella poetica di Patrizia Cavalli sono sempre legate a un profondo stato di dolore, a una totale mancanza di allegria.
Potrebbe risultare banale, eppure le poesie di Patrizia Cavalli riescono a trattare con originalità il bisogno e la ricerca di un sentimento positivo nel mare in tempesta del dolore.
Anche nella seconda silloge racchiusa all’interno della raccolta la sofferenza continua a fare da padrona, ma assume nuove valenze. Si lega ad un’assenza di carattere amoroso. E per divincolarsi dal dolore, Patrizia Cavalli prova a rifugiarsi vanamente nell’egoismo della noncuranza. Tuttavia la mancanza d’amore può anche essere interpretata come acquisizione della libertà. Ancora una volta, però, l’accezione che Patrizia Cavalli conferisce a questo stato di libertà non è del tutto positivo. Nel momento in cui il tempo sembra appartenerci completamente poi finiamo per perderci, e desideriamo nuovamente la prigione della dipendenza.
La Cavalli riconosce in sè la propria salvezza e la propria condanna: la condanna di un cervello che definisce “sbaglio”, un sistema che si lascia sopraffare dalle tempeste emotive.
Francesca Castellano
-accetto il regolamento
Susanna Mastino
Il libro l’ Ultimo saluto edito da In Fuga edizioni l’ho scritto io dedicandolo a mio figlio Mattia,
mancato prematuramente all’ età di trentadue anni.
È una raccolta di poesie scritte d’ impeto con tutto l’ amore di una madre verso il figlio, descrive non solo il dolore per tale perdita, ma anche il coraggio di andare avanti. L’ho scritto con tutto il mio cuore e penso possa essere utile anche ad altre persone che vivono il mio stesso dolore.
Susanna Mastino
Accetto il regolamento.
Le strade di ieri” di Michele Mulia, per i tipi della casa editrice Bré, è più di una silloge poetica.
Le parentesi che raccolgono i titoli delle singole composizioni dicono delle tappe di un viaggio che l’autore non compie solo per sé.
La scelta della prima persona plurale ci conduce per mano nel canto corale dell’umanità, dalla sua caduta alla rinascita, come di un nuovo possibile Natale collettivo che nulla tralascia del dolore e della fatica individuale.
Un poema della speranza.
C’è il musicista nel ritmo incalzante delle parole e c’è l’attore, nella spontanea necessità di sentirle ripetersi in una voce.
C’è lo studio dei classici della sua prima formazione e c’è la misura di tutta la matematica che sarebbe venuta dopo.
Sopra ogni cosa c’è il rivelarsi e il ri-versarsi di quell’amore dichiarato in dedica che si incarna nel dovere arrivare fino in fondo, dove tutto comincia.
Buon Natale, allora.
Maria La Bianca
Accetto il regolamento.
“Quel che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina Piemme edizioni 2020
Le motivazioni che mi hanno spinto a leggere questo libro sono state l’amore che nutro per il Giappone, presente in tutte le sue sfumature, con i suoi rituali, luoghi, frasi, cibi tipici, comportamenti e il pensiero di potermi calare nelle emozioni emanate da un luogo quasi magico, esistente veramente in Giappone, un giardino con una cabina e un telefono senza fili. In tanti si recano davvero, come in pellegrinaggio, per parlare coi loro cari scomparsi, affidando al vento parole forse mai pronunciate, cullando l’illusione di un dialogo reale.
Mi ha colpito molto il personaggio di Yui, la sua fragilità che poi si trasforma in forza, la sua malinconia e dolore che sono la spinta per potersi riaprire al mondo e all’amore. Yui siamo tutti noi, con le nostre debolezze e timori, con il nostro carico di responsabilità e la paura di non riuscire ad affrontare le difficoltà. E’ un libro che parla di grande dolore, perché fa riferimento alla tragedia derivante dallo tsunami del 2011, ma parla anche della speranza che il dolore per una perdita importante si possa lenire un giorno, se si riesce a trovare un posto che consoli il cuore. E quale può essere il posto migliore se non la famiglia come ricchezza di affetto e abbraccio costante?
Ho apprezzato la capacità dell’autrice di scrivere e descrivere gli aspetti interiori ed esteriori dei personaggi e anche certe immagini che sono veramente poetiche. Una su tutte quella dell’abbraccio di Takeshi a Yui, i due protagonisti del romanzo, come un albero che mette le sue radici.
Questo libro ha portato il mio cuore non solo in Giappone, ma anche in un posto che conosco bene, la mia cabina immaginaria, parlando ancora a un telefono senza fili con mia madre…
accetto il regolamento
DEL MIO TENTATIVO DI FAR SPOSARE RENZO E LUCIA
di Gabriele Andreani
“Del mio tentativo di far sposare Renzo e Lucia” è un racconto scorrevole ed originale che sconvolge le relazioni spazio temporali ed annulla ogni possibile barriera autore/lettore. Il protagonista si trova catapultato dentro la vicenda dei “Promessi Sposi” dopo aver casualmente ritrovato una copia del romanzo alla locanda dove una cena aveva avuto luogo. Puntuale nei riferimenti precisi al romanzo manzoniano e senza trascurare le citazioni dal testo, il protagonista intraprende l’impossibile crociata di aiutare Renzo nella sua intenzione di sposare Lucia, lottando contro il curato Don Abbondio e assumendo il ruolo di paladino contro le ingiustizie.
Le interruzioni dell’amico Gilberto, che quella sera alla Luna Piena aveva riunito gli amici per festeggiare l’addio al celibato, nonostante lo riportino alla realtà presente non scoraggiano però quella che lui considera ormai una missione: far sì che Don Abbondio porti al termine il suo compito. Il “lettore/autore” non esita a far ricorso ad una modernità sconosciuta ai personaggi del Manzoni. Traspare così un atteggiamento critico verso la moderna tecnologia, come il cellulare, per aver limitato lettura e spirito critico.
L’immersione nella finzione letteraria non perde mai di vista l’epoca in cui viviamo e Andreani si dimostra abbastanza agile nel mescolare dettagli di contemporaneità, come il COVID-19 o le stragi di mafia che hanno coinvolto ministri della Chiesa, non certo paragonabili al vile Don Abbondio.
La conclusione lascia tutti di sorpresa. Lungi dall’essere un sogno immaginario, il rapporto instaurato dal protagonista con Renzo, al quale ha cercato di salvare il matrimonio, riemerge nella lettera finale che il Tramaglino invia al “lettore” per ringraziarlo del suo interessamento. Dalle ultime righe traspare quindi il messaggio manzoniano ed il suo ruolo di narratore intrusivo. La relazione con il “pubblico dei lettori” è stata mantenuta.
Lucia Lo Bianco
Oscar Luca D’Amore, Una parola a mia madre, Il Papavero, 2016.
La poesia è un dono, per chi la scrive e per chi la riceve. È un lampo di luce che pervade l’essere, innalzandolo ai livelli del divino. Così la poesia di questa silloge. Parole misurate, declinate sull’onda della bellezza. Una scrittura colta, profonda, e allo stesso tempo semplice nel linguaggio, donata con onestà intellettuale al lettore. È metafora che corre lungo il “pentagramma” dei sentimenti. È canto e controcanto, poesia d’amore in tutte le sue accezioni. È anzitutto amore filiale, è “religio”, è l’amore primigenio, il legame indissolubile con la figura materna, con la forza creatrice, la roccia: l’archè. La parola è la potenza creatrice. È il Logos del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Logos”. Oscar è un uomo di fede: “Mai ci accorgemmo/ che al logos/ mancò la grazia di un senso/ bensì a noi/ che usurpammo l’illusione/ d’essere uomini”. A noi come a Prometeo, che rubò il fuoco agli Dei, ma mancando della scintilla iniziale, il senso. Il silenzio di Dio angoscia il poeta, come accadeva a Padre David Maria Turoldo, ma è al “grembo” che ancora bisogna attingere la parola. E scrive: “L’amore è una finestra spalancata sul dolore/ e quando tenta di sussurrare anche una sola sillaba/ si ritrae e si rinchiude nel suo silenzio”. L’amore si rinchiude nel suo silenzio, quando il dolore grida. Solo dinanzi alla bellezza, la parola potrà finalmente tacere. Rimane lo stupore, la meraviglia, il mistero di ricongiungersi all’Archè, al Principio, al Tutto, all’Uno che tutto contiene, alla Parola che contiene la sillaba. Ma solo dopo aver scoperto il proprio cuore: “scopri il tuo cuore e ricongiungiti all’archè”. Il senso, forse, è proprio qui.
Accetto il regolamento Agostina Spagnuolo
Libro : MINUETTO – Youcanprint editore 2021
Autrice : Teresa Anna Rita De Salvatore
Recensione a cura di Anna Montella
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Quello che sento palpitare in questi versi è l’anima del Salento in cui affondano le radici dell’Autrice.
Tra Eros e Thanatos, ironia, amore e amicizia danzano, si cercano, si respingono in una sorta di simbolico duello rusticano, come nel “Dos forasteros” immortalati in un dipinto di Francisco Goya, mentre la musicalità insita nei versi, con passo cadenzato, incalzante, battente si impossessa delle parole, le scuote, le blandisce cercando la chiave per liberare la Taranta che si cela nelle pieghe del non detto in una esplosione di energia che lascia spossati, senza forze, ma liberi.
Quasi seguendo, ma in un percorso inverso, quel ciclo coreutico-musicale utilizzato nei riti di guarigione della tradizione per liberarsi dal veleno del morso della tarantola che portava ad uno stato di possessione rituale (còrea convulsiva o ballo di San Vito) quasi dionisiaca, da baccanale.
“…Santu Paulu meu de le tarante…”
… cercando la tempesta anziché evitarla, uscendo dagli schemi imposti, anziché rientrarci, assecondando quell’urlo liberatorio che nasce in gola e che non va addomesticato, ma va seguito ascoltandone il richiamo ancestrale abbandonandosi e lasciandosi sopraffare dalle emozioni.
Liberi di piangere e di rimpiangere, di ridere, di sognare, di andare oltre il tempo e lo spazio che ci stringe e costringe, che ci imprigiona, ci rende vulnerabili, fragili, indifesi. Secondo la leggenda bisogna trovare la giusta frequenza musicale per liberarsi dal veleno del morso della tarantola e l’autrice ce la suggerisce già nel titolo, la frequenza del minuetto, del “pas menu”. Danzare a piccoli passi tra le parole, giocarci, farle proprie fino a trovare quelle giuste per vibrare alla stessa frequenza della Taranta identificandosi con essa, non già per liberarsi dal suo veleno bensì per assaporarlo tutto fino all’ultima goccia e danzare danzare danzare fino allo sfinimento per poi rinascere a nuova vita.
Accetto il regolamento
Anna Montella
Titolo: Un altro giro di giostra
Autore: Tiziano Terzani
Ed. TEA, 2017
La vita, un’avventura. Un giro di giostra a cui tutti dobbiamo sottostare, un giro che nessuno può evitare. Nel frattempo tutto scorre, tanto impariamo e tanto abbiamo da imparare. Questa vita magnifica va vissuta giorno per giorno, non sappiamo cosa ci aspetta, non sappiamo quale sia il domani. Allora dobbiamo prendere i bagagli, fare questo viaggio chiamato esistenza e percorrere la nostra strada, fatta di salite, ma anche di discese. Goderci quei bei momenti che la vita ci dona, affrontare le avversità che ciclicamente si presentano. Ogni fascia d’età ha i suoi come e i suoi perchè, ha le sue domande e le sue risposte. Quella strada che è la vita fatta di tanti bivi, di scelte su dove andare ma arrivati alla conclusione, arrivati allo stop non possiamo più tornare indietro. Sapere che quella conclusione arriverà per ciascuno di noi è una certezza che nel nostro essere non dobbiamo trascurare ed è quell’unica sicurezza che ci deve aiutare a non sprecare il tempo ma a ben vivere. Un altro giro di giostra non è solo un libro autobiografico, è un’avventura, è un libro che trasmette, è una storia vera che insegna.
– Dichiaro di accettare il regolamento
Alessio Asuni
Il libro inizia il suo viaggio in un periodo complesso e ne rappresenta gli aspetti molteplici, calati in un quotidiano che ci restituisce immagini ora sofferenti, ora aperte alla speranza, attratte da quella luce che salva e ci conduce in una nuova dimensione: quella dell’io che riflette, e si accorge degli squarci di azzurro che si aprono a conforto.
Accetto il regolamento
Claudia Ruscitti
Recensione di :E una luce piove- di Claudia Ruscitti- Vj Edizioni- 2021
L’autobiografia è oggi considerata un genere piuttosto controverso, che suscita accesi dibattiti sull’opportunità di rendere pubblici fatti privati in cui sono coinvolte persone reali che potrebbero non gradire. Oltre che sul “se” (c’è chi pensa che solo i personaggi famosi abbiamo il “diritto” di scrivere le proprie memorie) Quando mi sono trovato la corposa autobiografia di Gianluigi Redaelli (il primo volume si compone di ben 516 pagine!) mi è venuto spontaneo pensare: “O mamma!”. Ma già dalle prime pagine mi ha conquistato. Lo stile è accattivante, ironico, scorrevole. I fatti narrati seguono in parallelo le vicende personali dell’autore, nato nel 1943, sullo sfondo dei grandi eventi e i molti mutamenti avvenuti in Italia dal secondo dopoguerra al 1974 (anno in cui si chiude il primo volume, l’unico per ora scritto e pubblicato sotto il titolo, significativo, di Però, quante ne ho passate!). Il lungo sottotitolo, chiarisce meglio il contenuto: Vita di Gian ovvero l’evoluzione attraverso 50 anni di esperienze di un uomo, quasi, qualunque, da tagliato fuori a figlio del ‘68 e militante impegnato.
Seguiamo così l’autore nelle sue prime esperienze infantili, nei suoi primi amori, nell’esperienza non molto positiva del servizio di leva (siamo negli anni Sessanta, prima dell’obiezione di coscienza), nei suoi viaggi (particolarmente interessante quello in Pakistan), nei suoi primi lavori legati alla scrittura e alla creatività (come enigmista e poi come giornalista), e nel suo impegno politico, per la difesa dei diritti dei più deboli. Però, quante ne ho passate! è un libro ricco di aneddoti, a volte spassosi, altre volte drammatici: una sorta di confessione in vecchiaia che si legge quasi come un romanzo. Alla fine della lettura si può in effetti concordare con Redaelli: ne ha passate davvero tante!
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Massimo Acciai Baggiani -Firenze, 10 gennaio 2021
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Accetto il regolamento
“Una donna può tutto-1941: volano le streghe della notte”
di Ritanna Armeni, Ed. Ponte delle Grazie,2018
Il bel libro della giornalista Ritanna Armeni é un racconto avvincente che viene da lontano ma che, ancora oggi, contiene un messaggio femminista di grande attualità. Non é un libro di storia ma un libro in cui una pagina straordinaria e poco conosciuta della Storia, viene portata alla luce.
L’autrice riesce a trovare l’ultima “strega” ancora in vita: Irina Rakobolskaja, 96 anni, vice comandante del Reggimento 588. Irina, con le sue compagne, combatté non solo contro i nazisti ma anche contro la diffidenza dei suoi compagni piloti.
Le streghe della notte (Nachthexen), chiamate così dai tedeschi, sono aviatrici sovietiche che, silenziose e rapide, compiono azioni spericolate sganciando tonnellate di bombe sui nazisti e compiendo le loro azioni soltanto la notte. Il libro ci permette di conoscere anche Marina Roskova, la donna che, di fronte a Stalin dubbioso e indeciso sulla capacità delle donne di pilotare un aereo carico di bombe, rispose: Una donna può tutto!
Marina organizzerà le formazioni aeronautiche femminili che difenderanno l’Unione Sovietica nella Grande Guerra Patriottica e che conquisteranno un ruolo di primo piano nella sconfitta del Terzo Reich. Molte di loro verranno abbattute o bruceranno nei loro aerei ma, alla fine della guerra, verranno nominate Eroine dell’Unione Sovietica. A guerra finita, i battaglioni formati da donne furono smantellati e le streghe della notte tornarono a fare le madri, le sorelle, le mogli, le figlie e così questa storia, tutta femminile, fu dimenticata.
Il libro é un mix di suspense, patriottismo, amicizia, ironia, fatica, coraggio e sono grata a Ritanna Armeni per avermi fatto conoscere questa incredibile pagina della Storia.
Accetto il regolamento
Marina Cozzolino
Scuse senza realtà di Vincenzo Pietropinto (Minimalia edizioni)
Ho appena ricevuto il libro di poesie “Scuse senza realtà” del mio carissimo amico Vincenzo Pietropinto. Un uomo dedito alla cultura da sempre, un poeta essenziale e minimalista che, in questa silloge, riesce a trasmettere tutto il suo vissuto con versi diretti che riescono a far vibrare le corde dei sentimenti con assoluta naturalezza. Le sensazioni d’amore e d’amicizia emergono attraverso le sue parole mirate e rendono il lettore partecipe delle sue stesse emozioni. Vincenzo è un uomo che ha vissuto intensamente riuscendo a veicolare il pathos della propria esistenza usando parole scarne ed essenziali. Le stesse che rappresentano il fulcro vitale della vita. Da leggere nelle fredde serate invernali sorseggiando del buon vino o in quelle torride estive, facendosi trasportare dal vento delle sue passioni. Fiero di essere annoverato fra i suoi amici.
Accetto il regolamento
ROSAURA ALLE DIECI
di Marco Denevi (Sellerio Editore)
Rosaura, alle dieci, bussa alla porta della Pensione La Madrilena, in Calle Rioja, nel vecchio Barrio del Once a Buenos Aires, in cerca del suo (?) Camilo.
La variopinta tribù alloggiata la accoglie con entusiasmo, come “una di casa” e la invita (e costringe) a restare in casa.
E Camilo? Come mai non è altrettanto entusiasta?
Non ci troviamo di fronte ad un giallo “classico” ma le five W (what, when, where, why, who) ci possono dare delle indicazioni: CHE COSA, DOVE, QUANDO sono certi; il PERCHE’ ha delle ragioni ma è il CHI che ci riempie di dubbi.
Qualche mese dopo avviene il FATTO delittuoso.
Ma… chi è Rosaura? Esiste davvero?
Questo l’antefatto.
Così ci si addentra in quest’opera affascinante e misteriosa.
Attraverso le dichiarazioni rese alla polizia da parte dei personaggi coinvolti nella vicenda si cerca di (ri)costruire una vita ed una storia (d’amore?).
Come spesso accade, ognuno di loro avrà visto/vissuto la vicenda in maniera del tutto personale.
E proprio il “vedere” sarà, in un romanzo che parla di un (quasi) pittore, vigliacco e pieno di risentimento verso il mondo e della sua voglia di riprodurre/falsificare l’immagine e la realtà, la chiave di volta che ci porterà, fino all’ultima pagina, a dubitare di ciò che abbiamo conosciuto fino a quel momento.
Ed alla fine, avremo chiarito realmente… tutto?
Pubblicato nel 1955 è stato il maggior successo dello scrittore argentino Marco Denevi (1922/1998), che non è riuscito a ripetere lo stesso exploit con i lavori successivi.
Romanzo che ti mantiene attento e teso fino alla fine e che lo scrittore conduce con mano ferma e scrittura intensa.
Due i film tratti dal romanzo e con il medesimo titolo.
Da cinemaniaco, mi ha ricordato l’andamento da ricostruzione di RASHOMON di Akira Kurosawa.
– accetto il regolamento
L’UOMO CHE PARLAVA ALLE PIETRE
di ELIDE CERAGIOLI
Per il lettore il libro si presenta come un’assoluta novità e una piacevole sorpresa: – ambientazione nella preistoria – illustrazioni da inquadrare e appendere alle pareti – un testo scorrevole e frizzante come un torrente alpino, capace di prendere, affascinare, commuovere e intrigare L’uomo, la donna, i bambini, la famiglia, la società con buoni e cattivi, la forza e la disabilità, l’amore, l’odio e i conflitti interpersonali e sociali. C’è tutto… ma siamo all’età della pietra.
L’autrice dimostra dalle primissime pagine di avere un’ottima conoscenza di come si viveva nell’età della Pietra, e ce ne accorgiamo subito. Sottigliezze come cuccioli al posto di figli, il fuoco-che-mangia-dentro al posto di una malattia. E poi l’uso di selci, frecce, archi, la conoscenza delle piante, di come si accende un fuoco, di che cosa si caccia.
Ogni tanto mi perdo in intricate elucubrazioni amletiche e penso al passato. Che cosa succedeva? Come si viveva? Che cosa si faceva? E quando leggo un romanzo storico voglio una risposta a ognuna di queste domande.
Se mi chiedo come si viveva all’età della Pietra, Elide Ceragioli mi risponde senza pensarci due volte. Il suo romanzo è anche la storia della nostra gente. È la storia di chi prima di noi ha affrontato situazioni che oggi ci sembrano paradossali ma prima non lo erano.
Eppure “L’uomo che parlava alle pietre” non è solo questo.
Questo lo troviamo anche in un libro di storia.
Il romanzo della Ceragioli è un inno alla famiglia, all’amore, al libero arbitrio.
Elide usa uno stile semplice, diretto, con pochi fronzoli. I dialoghi sono sporadici ma rappresentativi. L’azione (intesa come movimento, vita quotidiana) prevale. C’è spazio per qualche sprazzo introspettivo ma l’autrice lascia i personaggi liberi di raccontarsi attraverso quello che fanno.
Suggestive le illustrazioni di Elena che fanno sfondo a ogni inizio capitolo.
– accetto il regolamento
Ludovici Sandra
auto-recensione, inedita, della mia silloge DIOON (d’un cuore a folle) – Prima classificata – IV Premio Internazionale “Salvatore Quasimodo” – 2018
DIOON (d’un cuore a folle) è una raccolta di poesie sul senso della solitudine, della meditazione e del silenzio fusi all’identità dell’anima in cerca di tregua e di conciliazione.
La forza dei ricordi sostiene un destino solitario, mai dimentico della malia del tempo, che scava i suoi pertugi nel muro della memoria.
Il mancato approccio ai sogni e alle speranze, devastante dolore, scandisce la vacuità d’un presente compresso dai drammi del rimpianto, dagli scherzi macabri di mancate promesse.
I pensieri, le illusioni s’allargano nella teoria perpetua di realtà e fantasia, resi simbolo dell’intensità e della transitorietà di un’esistenza ghiacciata da neve tarda.
Pennellate di luce accendono i sentori malinconici della caducità dell’essere, del divenire non disgiunto dal protervo coraggio della rinascita di un cuore tenace, abituale cercatore del proprio inebriante.
Così, la vita vive del suo passato: sciamana d’un lindore di cielo, tra i lapilli disperanti di speme in tarda primavera.
Accetto il regolamento
Autorecensione del mio libro “Io e mio figlio gioia e dolore” di Paola Pittalis
editore: Meligrana edizione 2015
Il libro racconta la storia di una madre e il proprio figlio che da un giorno all’altro si vedono catapultati nell’erta via della sofferenza. Un ragazzo pieno di vita, nei migliori anni della sua vita si ritrova a dover lottare con un tumore maligno da un giorno all’altro. Pagina dopo pagina il racconto riesce a coinvolgere il lettore e trasmettergli le emozioni vissute, il dolore che traspare dal racconto è palpabile in ogni pagina.
Stamattina mi sono svegliata: Ossi(il mio paese) era tutta imbiancata, immacolata. Ho gioito a metà. I miei piedi hanno calpestato la neve, soffice come piuma e, come sempre ogni cosa mi riporta indietro.
E ricordo quel mattino di fine gennaio del 2005, quando tu ti alzasti dal letto e i tuoi occhi videro dalla finestra quella neve candida e soffice: un sorriso affiorò alle tue labbra.
Hai indossato un pesante giubbotto, la sciarpa, i guanti e malgrado facevi fatica a camminare, sei voluto uscire, volevi calpestare quella neve candida. Appoggiato ad una macchina guardavi gli altri che giocavano a palla di neve.
Forse avresti voluto esserci anche tu in mezzo a loro ma non potevi. Era troppo per te, a malapena ti reggevi in piedi, ma piano piano ti sei incamminato seguendo gli altri, volevi anche tu fare un giro, ma quanta fatica.
Io ti guardavo dalla finestra, mi faceva male il cuore ma ti sorridevo, come sempre. Di nascosto ti feci una foto.
Fu l’ultima neve per te.
Ma quel ricordo è fermo nella memoria come fosse oggi.
Appoggiato ad una macchina guardavi
– accetto il regolamento
Stralcio della mia recensione del libro: Ivano Dionigi, Parole che allungano la vita. Pensieri per il nostro tempo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2020, 111 pagine 12 euro; la recensione è apparsa su Oubliette Magazine il 6/07/2020
[…]
In poco più di cento pagine […] trovano spazio ottantaquattro capitoletti […]
Le spiegazioni sono concise ma, proprio per questo, profonde ed essenziali perché frutto di una selezione accurata di ciò che davvero va detto. Ne deriva una prosa scorrevole, leggibile, chiara e comprensibile per tutti […]. A suggello dei ragionamenti vengono poste le varie citazioni recuperate dagli antichi, mai pesanti ma sempre illuminanti.
Il principio a cui fa capo l’argomentare di Dionigi è che le parole hanno un tempo, sia nel senso che appartengono ad una certa epoca, sia nel senso che sono in grado di travalicarla e arrivare ad altre epoche magari significando altre cose, ma restando sempre radici salde del presente.
Il risultato è che esse vivono oltre il loro tempo e arrivano ai loro eredi con un surplus temporale tale da allungare la vita degli uomini. Ogni erede, infatti, vivendo il presente lo vive presupponendo il passato che lo ingloba, anche quando non ne è del tutto consapevole.
Il senso di tale ragionamento viene contestualizzato da Dionigi nell’ambito del mondo classico. Infatti […], verso i classici siamo “debitori anzitutto di alcuni lasciti culturali specifici. […] Ma il debito più rilevante e duraturo rimane quello linguistico”.
Quest’ultimo debito è dunque il leitmotiv ispiratore del libello, che dunque è incentrato sulla parola: “parola – lógos per i Greci, verbum per i Latini – è il miracolo per cui l’uomo da creatura diventa creatore: essa può affascinare (delectare), insegnare (docere), mobilitare le coscienze (movere). La parola può unire e dividere, consolare e affannare, salvare e uccidere. Non solo custodisce e veicola il pensiero, ma lo genera”.
È […] difficile fare una selezione fra le parole e le espressioni messe a tema da Dionigi, perché tutte sono illustrate con competenza, rigore scientifico e profonda sensibilità; tutte aprono dei mondi affascinanti e destano nel lettore una profonda empatia.
[…]
Filomena Gagliardi
Accetto il regolamento
Commento sul testo: SUSANNA TAMARO “Il tuo sguardo salverà il mondo” Solferino-Milano.pag.203.
Questo libro è la storia di due anime che la sofferenza ha reso consapevoli della finitezza e fragilità umana, ma anche che al cospetto della “banalità del male” non desistono dalla ricerca di una “superiore verità”. Un incontro quello della scrittrice e del poeta Pierluigi Cappello che ha la magia degli incontri che avvengono prima che lo siano in realtà.
“Quando ci siamo conosciuti, ricorda l’autrice, ho avuto la sensazione che tu colmassi una parte scoperta della mia anima. “il suo vuoto spirituale pone a se stessa l’interrogativo in quale direttrice debba andare per ritrovare la ragione d’essere in un mondo divenuto” civiltà delle allodole in cui tutto brilla ,ma niente brilla veramente”.
Inizia così un itinerario spirituale col caro amico che continua anche dopo la sua scomparsa, con questo libro, nato da una promessa reciproca di non smettere il colloquio degli anni intensi della loro affettuosa amicizia. Un’amicizia speciale, una tenera e luminosa riflessione sulle asprezze della vita ma anche sui genuini sentimenti vissuti da entrambi. Li accomuna in questa ricerca l’amore verso la natura che appare alla scrittrice vivente nel suo splendore.”
Dice “Mi sdraiavo su un prato, guardavo il cielo azzurro e mi dicevo, possibile che non mi sono mai accorta che la vita è bella”? Unisce ancora le loro anime l’amore per la parola, per la poesia.
La parola diviene, nell’inquietudine dell’anima, una voce interiore che apre orizzonti da vedere e ascoltare perché ci libera dalla solitudine e dalla indifferenza. Il libro è una valida occasione di educazione sentimentale perché fa riflettere come il disagio esistenziale subito dai due protagonisti possa trasformarsi in forza d’animo che ci renda liberi di “partecipare a tutto senza essere prigionieri di nulla”.
– accetto il regolamento
Recensione: Seni e Uova di Mieko Kawakami
Che libro Seni e Uova. I personaggi sono come goccioline d’acqua che si depositano ai bordi delle finestre in inverno. Ci appaiono così, quasi senza movimento, eppure tendono ad ingrandirsi e rimpicciolirsi allo scorrere del tempo. È tipico degli esseri umani del resto, non accontentarsi della tranquillità.
L’uomo ha bisogno di azione e questo ce lo dice bene Virginia Woolf nel suo romanzo “Una stanza tutta per sé”, se non riescono a trovarla l’azione gli uomini la creeranno.
“Nessuno sa quante ribellioni si agitino nelle masse che popolano la terra”
Quanta Virginia c’è in Mieko
Kawakami, dietro le righe e le parole di Midoriko, adolescente ribelle che comunica con la madre Makiko tramite un diario.
Quanta Virginia c’è in Natsuko, sorella minore di Makiko, che ha pubblicato una raccolta di racconti e sta preparando il suo primo romanzo.
“Bisogna essere quasi dei predestinati per raggiungere il cuore degli altri attraverso la parola scritta
È come trovare una sorgente in un deserto prosciugato, una pura casualità, un qualcosa che accade una sola volta nella vita e non certo a tutti”
Seni e uova, 600 pagine con:
– una voce narrante forte e potente
– descrizioni minuziose di ambienti, ristoranti, stazioni, konbini ( negozi giapponesi che si trovano ad ogni angolo dove si trova di tutto persino confezioni di fuochi d’artificio), bagni pubblici dotati di vasche di acqua calda e saune.
– l’accettazione di sè (che dilemma)
– la maternità, perché mettere al mondo una vita ?
– il fascino dell’universo femminile
Una bellissima poesia di Tiffany Mcdaniel mi si è balenata subito davanti, in modo quasi prepotente, nella prima parte del romanzo e l’ho trovata perfetta per esprimere tutto il disagio che Makiko prova con i suoi seni e con il suo corpo:
“It’s night when the battle begins”
( È notte quando inizia la battaglia).
[Mentre gli uomini vanno a letto le donne nutrono delicatamente le pieghe degli occhi, i mignoli spingono la pelle, nella speranza che i corvi riprenderanno le proprie zampe e porteranno in volo, lontano gli anni che volano con loro.
Mentre gli uomini vanno a letto, si domanda preoccupata se ha fatto abbastanza e intanto si guarda allo specchio, ricordandosi quando, anche lei, poteva andare a letto come gli uomini]
L’attenzione ai monologhi dei soggetti e un’attenta corrispondenza tra l’esigenza psicologica e quella linguistica fanno di Kawakami una Woolf moderna e contemporanea.
Spero che in italiano vengano tradotti al più presto gli altri suoi libri.
– accetto il regolamento
“È solo l’inizio, Commissario Soneri”
di VALERIO VARESI
(Sperling & Kupfer)
È il primo noir che leggo di quest’autore di Parma. È stato pubblicato nel 2010 e fa parte del ciclo che ha come protagonista il Commissario Soneri. Tuttavia, i libri di questo ciclo non sono in sequenza, per cui si possono leggere in qualsiasi ordine.
Mi è piaciuto molto. Non per niente Varesi è stato definito da varie riviste nientemeno che il “Simenon italiano”.
“Lo spettacolo della pioggia è un affare per depressi” questo lo incipit del libro e, in effetti, di depressione e di crisi esistenziali questa storia è zeppa. Si dipana nell’ambiente della cosiddetta “ultrasinistra” parmigiana, con diverse digressioni territoriali sull’Appennino parmense e sulla costa ligure.
In questo noir si rende evidente come, in fondo, il fatto di cronaca, cioè l’uccisione di Elmo Boselli, vecchio leader sessantottino, e le successive indagini del Commissario Soneri, costituisca solo uno schema di superficie utile a descrivere una realtà sociale ben precisa, con i suoi protagonisti e le sue caratteristiche peculiari.
La storia mostra un ambiente segnato dalla sconfitta di una generazione, quella del ’68, e delle sue illusioni e con essa l’emergere di tanti opportunismi e bassezze umane che, purtroppo, ricadono anche sui figli.
Per me, che conosco in parte la città di Parma, senza pregiudizi campanilistici, essendo reggiano, è stato anche molto piacevole leggere la descrizione di alcuni localini caratteristici del mitico quartiere dello Oltretorrente dove, agli albori del periodo fascista, gli eroici “Arditi del Popolo” guidati da Picelli si imposero sui fascisti di Italo Balbo decisi a sottomettere i resistenti parmigiani.
Mi ha fatto veramente piacere scoprire, anche se un po’ in ritardo, questo scrittore ormai famoso e tradotto in tutto il mondo.
– accetto il regolamento
— STOP PARTECIPAZIONI —
Si ringraziano tutti i partecipanti.
I finalisti riceveranno un’e-mail dalla redazione.
OPERE VINCITRICI DEL CONTEST:
https://oubliettemagazine.com/2022/01/14/vincitori-e-finalisti-del-contest-letterario-natale-con-tomarchio-editore/