La casa dei Tarocchi #16: casca la Torre, tutti giù per terra

Scrive Giordano Berti nella prefazione a “Vit(amor)te” che senza dubbio “nelle arti tutto si rinnova sistematicamente a partire da ciò che preesiste: nella musica, nella danza, nelle arti visive, nella letteratura. Tra gli esempi più mirabili di questo continuo rinnovarsi, il Gioco dei Tarocchi è assolutamente emblematico”, e rimescolando le carte comprendiamo il Gioco della Vita.

La casa dei tarocchi 16 - la Torre
La casa dei tarocchi 16 – la Torre

Da dove arrivano i 22 passaggi di questa danza immaginale?

Volendo datare un oggetto in una forma ben definita” scrive ancora Berti “si può dire con assoluta certezza che i Tarocchi nacquero nell’Italia del Nord nei primi decenni del Quattrocento. Erano un raffinato gioco di Corte, perché quelle immagini evocavano pensieri lontani dalla gente del popolo. Ben presto divennero un gioco d’azzardo e tuttavia i giuristi lo definivano in modo ambiguo dato che nel gioco dei Tarocchi si può vincere anche con pessime carte… come in guerra”.

Ogni opera alchemica che si rispetti richiede la cura di un contenitore nel quale gli elementi possano sentirsi a casa. Il Vas della nostra Opera sarà lo stesso nel quale avrà luogo la trasformazione della Prima Materia, il calderone per la cottura lenta e attenta della Pietra Filosofale.

Come nel già citato seicentesco Mutus Liber, gli artefici del procedimento lavorano accendendo e nutrendo il fuoco sotto il forno Athanor. Così li rappresenta, per esempio, Robert M. Place nei Tarocchi Alchemici.

L’icona ci mostra un alambicco rotto ed è decisamente ciò che può accadere nel corso di una qualsiasi impresa. Tutto può precipitare, può mutare all’improvviso in modo ancor più repentino rispetto alla Ruota. Il capovolgimento si rivela una decapitazione: tetto di qua, corpo della Torre di là. Oppure, semplicemente, quel che sembra un crollo è invece una breccia, l’ennesima apertura verso il benvenuto Signor Nuovo (che ci ricorda l’uovo della Papessa, l’essere cullato da colei che è sempre in cova, dalla seconda lama fino al compimento del Mondo).

Ed ecco che al momento giusto si palesa il bambino: il Filius dei Filosofi è pronto. 

Vas è l’aurea dimora che accoglie il viaggio del Matto, l’azione del Bagatto, la poltrona della suddetta Papessa (che nell’albero cabalistico è associata alla lettera Be(i)t, dimora), i regni di Imperatrice e Imperatore, la saggia parola del Papa, l’ardore dell’Innamorato, l’impeto del Carro e la staticità equilibrata della Giustizia, e poi ancora il lumicino dell’Eremita, la stessa Ruota – facendo somigliare la Casa Dio a un mulino in attività – e la Forza, e l’Appeso che dondola magari lassù, in attesa di lanciarsi come nel bungee jumping tra i fulmini e i coriandoli.

Se non ci fosse la Casa-Vaso, sfuggirebbero anzitempo i quattro elementi, l’aria e il fuoco non troverebbero un luogo in cui alimentarsi e prendere forma, l’acqua sfuggirebbe insinuandosi dappertutto come quando ci si allaga il bagno e la terra come minimo ci regalerebbe una frana. E va bene, d’accordo. Ma dopo?

Siamo giunti al punto cruciale e adesso diventa chiaro che il compito di ogni opera è nascere: il libro che stai scrivendo o finisce nel cassetto o viene proposto a un editore, la figlia che stai portando in grembo o viene partorita oppure è perdita e morte. Se negli arcani maggiori alla carta della Papessa viene associata la casa come base sicura, è alla Maison Dieu che vien dato il compito di aprire la soglia al nuovo per farci uscire nel Mondo.

La Casa Dio si trova in fondo alla strada, al numero sedici, e non occorre suonare il campanello perché si spalanchino le porte. Gli abitanti, è da dire, cadono al suolo direttamente dalle finestre. Quanta fretta!

Ma no, ma no: è adesso, è il momento perfetto.

Sviluppo in altezza per la possente Torre, l’imponenza della Fortezza, la presenza luminosa del Faro laggiù oltre la nebbia, il grido del muezzin e il “Terra, terra!” – scusate, cosa ha detto: “Torre, torre!”? – della vedetta.

La Torre - Tarocchi di Robert M. Place
La Torre – Tarocchi di Robert M. Place

Un posto sopraelevato è ottimo per l’avvistamento; l’orizzonte si coglie al meglio. La Torre dell’orologio è al centro del paese, din don dan. Osservatorio astronomico, da lì è un attimo quel moto per uscire a riveder la Stella – la carta numero diciassette. Aspetta, aspetta, non dimentichiamo le Torri del vento. Utilissime per climatizzare, certamente, laggiù in Persia. E vogliamo nominare anche le Torri di raccolta popolare, per esempio le Ziqqurat? Di certo non sono da meno. E poi Piloni, il grande Tempio, e Minareti, e la Stupa – non ho detto stufa, anche se la teiera che fischia sul fuoco a me ricorda proprio questa nostra sedicesima lama. Maison Dieu è Casa Dio (non Casa di Dio) e da qui in poi la grazia del cielo è tutta per noi.

Alejandro Jodorowsky ci illumina: questa Torre è il nostro corpo, dice, pronto a ricevere lo spirito. Il corpo è colmo della luce della consapevolezza. I personaggi che vediamo sopra l’arcano marsigliese non stanno cadendo, anzi! I due simpatici giocolieri semplicemente portano nel Mondo la Coscienza con la C maiuscola. Sono gli stessi ometti che dalla carta del Diavolo si sono evoluti, hanno perso le corna e acquistato un cappello – il pensiero laterale descritto da Edward De Bono è per esempio immaginabile come una serie di cappelli per creare e riflettere e organizzarsi una vita a colori, proprio come i coriandoli che sprizzano festa e divertimento. Per Jodorowsky, di fatto, la Casa Dio è la carta dell’unione ma, a differenza dell’Innamorato, è l’anima che si unisce allo spirito nel corpo. Non ancora del tutto, dico io, ma siamo sulla buona strada.

Se per Aristotele tutto ha inizio con la meraviglia, se Thauma è lo stupore umano di fronte all’ignoto che si spalanca di fronte ai sensi, cosicché lo stesso essere umano possa dire un sì deciso alla creazione filosofica, allora questo perturbante somiglia alla folgore sulla Torre, e siamo noi a cadere giù per terra dall’infanzia ma senza farci male, perché nel volo planato generiamo un nuovo modo di leggere il mondo senza trascurare il piano di realtà.

Quando penso alla meraviglia vedo gli occhi del bimbo appena giunto alla luce, il neonato partorito da un ventre rivelatosi non solo Yin ma anche Yang, Vaso espulsivo, ritmico strumento musicale a contrazioni.

Spinga, spinga più forte!” grida l’ostetrica alla gestante che si fa madre distesa sul lettino. Lo stesso sguardo stupito viene al mondo e somiglia agli occhi di chi affronta la morte. Io me li ricordo gli occhi perturbati nel volto di A. quando stava per crepare. Sono andata a trovarlo in ospedale: l’ho visto, ho colto la stessa enorme perplessità dei neonati.  Sono rimasta io stessa colpita da Thauma sulla via dell’incontro tra “vit(amor)te”. Anche la Nera Signora si fa Torre per il passaggio a nuova vita.

La carta numero sedici è per Jodorowsky la dichiarazione della nostra nuova identità, oltre la crisi – tipica della mezza età, per esempio, pensiamo alla menopausa.

Per me, lo dico sempre, la Casa Dio è una teiera che fischia.

È quando mio figlio uscendo dal Vaso ha respirato insieme al cielo nel quale imperversavano i tuoni e i fulmini. Dove c’è un vagito, c’è festa.

Per me la Casa Dio è anche un po’ quindi la Casa Dea.

La carta che ho disegnato io è un albero che spacca la brocca, si fa strada da solo come un giovanotto. “Ma quanto è cresciuto il ragazzo, signora mia” – che sembra che non ce ne siamo accorti prima, mentre si compiva il processo.

Ma a un certo punto accade. Tutto accade. E allora, che gioia sia. E il lato oscuro?

Proviamo a immaginare che un cambiamento improvviso arrivi senza che ci siamo sufficientemente preparati per accoglierlo. In questo caso mi viene subito in mente un racconto. Mi salta in testa Edgar Allan Poe.

La Torre - Tarocchi di Valeria Bianchi Mian
La Torre – Tarocchi di Valeria Bianchi Mian

“Il crollo della casa Usher” è un racconto apparso per la prima volta nel 1839 sul periodico The Graham’s Lady and Gentleman’s Magazine e pubblicato successivamente dall’autore nella raccolta “Racconti del grottesco”.

In un castello diroccato coabitano gli ultimi due discendenti della casata Usher. Roderick e Lady Madeline sono due nobili malati, isolati dal mondo e decisamente eccentrici. La storia gotica di Poe si dilunga nella descrizione del palazzo Usher, circondata da un’atmosfera spettrale e decisamente angosciante, avvolta da una nebbia deprimente. Il ritmo del racconto incalza, così come si spalanca la fessura che dal tetto attraversa le pareti, fino al crollo finale, quando la dimora si disintegra tra i miasmi di quel luogo demoniaco, incestuoso e paranoico.

La morale di questo arcano? 

Conosci i tuoi crolli e imparerai a cadere senza farti troppo male.

 

Written by Valeria Bianchi Mian

 

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