“Riscrivere l’umanità” di Kevin Davies: la rivoluzione CRISPR e la nuova era dell’editing genetico
“Riscrivere l’umanità” di Kevin Davies è un saggio singolare che presenta vari livelli di informazione e che attiene alle possibili, probabili, incerte, pericolose, salvifiche e ancora imperscrutabili riscritture genetiche del DNA umano e non solo quello.
Ed è anche la fedele cronistoria della nascita e dello sviluppo del metodo CRISPR, che è un nuovo modo di mutare i geni, tagliandone le parti che determinano delle caratteristiche nocive, in uso nel mondo da milioni di anni da parte dei batteri nella guerra infinita che combattono contro i loro più acerrimi e perniciosi nemici. Che non sono gli umani, bensì i virus. I suddetti livelli sono principalmente due: da una parte vi è una chiarezza espositiva mirabile, precisa e rigorosamente scientifica. Coesiste però un tono dialettico che tende alternativamente a rassicurare e, più raramente, ad angosciare il lettore, poiché ancora, relativamente alla questione, nulla v’è di definitivo e che quanto di meglio ci è permesso di conoscere è il percorso occorso alla scienza genetica negli ultimi anni.
Questo è anche un saggio per specialisti, in quanto alcune descrizioni, per essere acquisite, richiedono una preparazione accademica che manca al lettore comune, come è il sottoscritto, carenza che, nel corso della lettura, dà l’illusione di smorzare il suo effetto un po’ obnubilante. Alla fine, il suddetto lettore ha l’impressione di aver compreso (più o meno) tutto. L’unico modo per sapere se questo sia vero sarebbe farsi interrogare dall’autore, evento che, al momento (per fortuna), pare improbabile.
“CRISPR” è acronimo di “Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats”: Raggruppati Regolarmente Interspaziati Corti Palindromici Ripetizioni, ripetizioni brevi e che si leggano in entrambe i versi con spaziature regolari. Oppure, ma l’autore sta scherzando: “Cut (taglia) – Resect – Invade – Synthesis – Proofread (correzione di bozze)”, riporto da “Patrick Harrison, un genetista del Trinity College di Dublino”. Oppure: “Crunchy-Rectums-In-Sassy-Pink-Raybans, retti croccanti in impertinenti Rayban rosa.” – riporto del “comico John Oliver”: finché si riesce a scherzare significa che un residuo di speranza è rimasta.
Speranza di che cosa? Di cambiare (ci si augura in meglio) il mondo in cui viviamo.
“I progressi nella lettura e nella scrittura sono importantissimi, ma se posso soltanto leggere e scrivere questo libro senza poter correggere, cercare e sostituire, allora esso non vedrà mai la luce del giorno.” La stessa cosa avviene con l’ingegneria genomica, ovvero l’editing: permette agli scienziati e anche ai non scienziati di riscrivere il codice genetico con la medesima facilità con cui posso correggere da mele a miele o da gnomi a genomi sul mio computer. Mi servirebbe urgentemente capire cosa realmente l’autore intenda per “non scienziati”: basta una laurea in chimica o in microbiologia, oppure occorre essere geni? Questa parola, geni, a seconda dei casi, non solo nel presente saggio, è plurale di gene oppure di genio.
Kevin Davies, per altro, non pare avere dubbi: “Siamo davvero alle porte di una nuova era della medicina.” Sono quesiti sfiziosi, ma inquietanti: “Che ne dite di manipolare un gene per ridurre la quantità di sonno di cui abbiamo bisogno o per proteggerci dall’insorgere della demenza o per schermare gli astronauti contro l’avvelenamento delle radiazioni?” Ne conseguirebbe che a) non mi affannerei più a scrivere reazioni critiche a saggi di biologi e genetisti (mancando sostanziali diversità fra me e l’ipotetico lettore dell’articolo); b) non rischierei l’Alzheimer (purtroppo sono figlio d’arte) c) potrei scorrazzare sulla Luna senza problemi, magari con dei monopattici elettrici (però sarebbe d’uopo far qualcosa anche sulla probabile osteoporosi che colpisce un sessantenne su quattordici). Oppure, si chiede l’autore: “… l’editing del genoma ereditabile, come sostiene Urnov, è ‘una soluzione in cerca di un problema’?” Ammonisce “il direttore del Broad Institute Eric Lander”: “Se però intendi fare qualcosa di definitivo come riscrivere la linea germinale, ti conviene spiegarmi se hai un valido motivo per farlo. E sarà meglio che tu sia in grado di confermare che la società ha davvero scelto di farlo, cosa che non succederà finché non ci sarà un accordo ampio.”
Avverte, dal canto suo, Siddharta Mukherijee: “Il problema di tutte queste tecnologie nel suo Il gene: ‘Il problema di tutte queste tecnologie è che il DNA non è solo un codice genetico, è in un certo senso anche un codice morale. Non si limita a porre domande su ciò che diventeremo. Ora che abbiamo questi strumenti, abbiamo la capacità di porre la domanda: che cosa possiamo diventare?’” Questa è la logica principale che è annunciata nel Prologo e che, immagino, informerà il presente saggio.
Nella Parte Prima, l’autore scrive (ottimisticamente): “Ma CRISPR ha cambiato la scienza in profondità: la tecnica è letteralmente decollata, la sua semplicità, la flessibilità e il costo relativo hanno catturato l’immaginazione dei ricercatori in tutto il mondo in una stupefacente democratizzazione della tecnologia.” L’ottimismo mantiene un costo similare a quello del suo oscuro contraltare, ma richiede una maggiore e continua verifica degli esiti del problema che si sta man mano affrontando. Il fisico Hawking che viveva sulla sua pelle gli effetti disastrosi di una malattia genetica (“una forma lenta ma progressiva di sclerosi laterale amiotrofica”) arrivò ad affermare che “potremo cambiare e migliorare il nostro DNA. Lo abbiamo mappato, e significa che abbiamo letto ‘il librod ella vita’, perciò ora possiamo iniziare a inserire le correzioni.” Con questo ricordo emozionante e con le parole di Fyodor Urnov (“Il mondo inizia a vedere che cosa può fare sul serio per lui il metodo CRISPR nel senso più positivo”) si chiude il primo capitolo che è Crisprmania.
Il secondo è ottimisticamente intitolato Una spanna sopra. La genetica pare sia molto più avveniristica di qualsiasi altra ricerca scientifica e meglio adatta a cambiare il mondo.
“Al tempo stesso, la tecnica CRISPR non è solo una lama affilata per tagliare il DNA, bensì una collezione in continua espansione di gadget molecolari per ereditare e manipolare il DNA con sempre maggior finezza e flessibilità.” Questa doppia definizione è davvero affilata e necessita di un’attenzione notevole da parte di chi dovrà decidere sulla questione.
“‘La singola minaccia più grande al predominio continuo dell’uomo su questo pianeta è il virus’, ha notoriamente affermato il Nobel Joshua Lederberg.” L’uomo non desidera dominare ma è come se si sentisse destinato a farlo, e tale sua convinzione è fondata sulla religione da cui è sorto il Giudaismo, il Cristianesimo e l’Islamismo, a cui appartiene la maggior parte della popolazione mondiale. Anche altre ideologie, per esempio il Marxismo, non hanno né esaltato né negato questa credenza, prese da più urgenti problematiche. Quello che pensano a proposito certe popolazioni primitive del resto del mondo non risulta in alcun modo determinante. Se tu provassi a proporre un CRISPR a un Maori egli potrebbe desiderare di troncare non un tuo singolo gene, bensì l’intera testa. L’uomo è ufficialmente il campione in carica fra le specie viventi, anche se “sul pianeta Terra ci sono 1210 nonilioni” (cioè 10 alla trentuno) “di fagi, una cifra inimmaginabile, mille miliardi per granello di sabbia.”
Esiste inoltre una lotta terribile fra batteri e virus, di cui pochissimi hanno idea, se non gli addetti ai lavori. E da oggi il sottoscritto.“ I batteri, circondati come sono da fagi aspiranti invasori, hanno sviluppato una serie di sistemi difensivi per controllare e distruggere questa minaccia.”
Un esempio può dare l’idea: “L’enzima Cas9 è ‘sinceramente fantastico’, spiega Urnov. ‘Quando pattuglia il vicinato endocellulare in cerca di invasori, porta letteralmente con sé una copia del manifestino del ricercato e chiede a tutti quelli che incontra: ‘Scusi, lei corrisponde allafotina di un ricercato che ho qua? Sì? Allora la tagliuzzo’.” Questo è un esempio della prosa brillante adottata dall’autore.
“… tutti gli organismi in natura usano lo stesso codice DNA inerte, composto dello stesso alfabeto di quattro lettere.” – questo fa sì che “la procedura è sempre la stessa” sia se “vogliamo editare il genoma di un criceto o di un umano, di una zanzara o di un topo, del ribes rosso o di una sequoia”.
Nel terzo capitolo, intitolato non a caso We can be heroes, sono narrate le avventure editoriali dei grandi genetisti, iniziatori del CRISPR (quali per esempio Francisco Mojica, Gilles Vergnaud, Philippe Horvath e Rodolphe Barrangou: nei primi anni del nuovo millennio, questi scienziati patirono vari problemi a far accettare i loro articoli scientifici in quanto non era semplice abbinare alle loro incredibili scoperte la necessaria documentazione. Presto, però, “negli anni seguenti CRISPR è diventata una faccenda sempre più grossa.”
Il quarto capitolo, il geneticamente femminile Thelma e Louise, narra le avventure di scienziate d’ambo i sessi (mio modo di dire scherzoso, ovviamente), tra cui spiccano… due valorose persone di cui dirò. Una delle due è Jennifer Doudna, l’unica genetista che si conosca “che ha letteralmente il DNA nel cognome”. Accanto a lei ha operato “Jill Banfiled, una microbiologa di Berkeley, è solita descrivere nuove specie di batteri e archei, ampliando così la nostra conoscenza dell’albero evolutivo della vita.”
Da poco ho terminato di leggere Storie del mondo delle formiche di Edward O. Wilson, in cui il famoso mirmecologo statunitense descrive l’enorme numero di specie di imenotteri presenti sulla Terra. A quanto pare il numero di specie di virus e di batteri è assai più sterminato.
Un ulteriore esempio della prosa di Kevin Davies: “La sua équipe ha caratterizzato letteralmente centinaia di nuove specie microbiche provenienti da posti estremi, i vincitori di un Survivor durato miliardi di anni.” – (privo di spot pubblicitari, va sottolineato).
“Nel 2006, Banfield rimase interdetta. Campioni della stessa specie raccolti nella stessa località avrebbero dovuto possedere sequenze identiche, a rigor di logica, ma con una sua grande sorpresa non c’erano due tracce di DNA che avessero la medesima sequenza. E oggi racconta che fu scioccante. Era capitata nella regione CRISPR a veloce evoluzione.” Chiamò Doudna, trovando in lei “l’alleata perfetta” con cui condurre le sue ricerche.
“L’équipe di Banfiled ha anche scoperto i cosiddetti ‘jumbofagi’, fagi dal genoma gigantesco più grandi di certi batteri che confondono così il confine tra morte e vita, annidati nel microbioma intestinale degli abitanti del Bangladesh con una dieta di stampo non occidentale.” Interessante e al contempo inquietante, vero?
Virginijus Šikšnys giunse ad affermare che “la scoperta di un nuovo sistema di difesa antivirale chiamato CRISPR è stata storica quanto il crollo dell’Unione Sovietica”. Infatti, “da anni Šikšnys cercava di capire come fanno i batteri a difendersi dai virus, e adesso d’un tratto i ricercatori di un produttore di yogurt avevano descritto un sistema immunitario batterico totalmente nuovo.” Detto in altre parole, i batteri sono arrivati miliardi di anni prima dell’umanità in generale e di Gorbačёv in particolare.
Thelma e Louise sono Emmanuelle Charpentier e la già citata Jennifer Doudna, le quali… vinsero nel 2020 un premio discretamente importante: il Nobel per la chimica. Le motivazioni del premio le si scoprono nel capitolo seguente: Chirurgia DNA. Tagliare e unire sono due fra le azioni più tipicamente umane, pur rientrando fra quelle normalmente naturali. Ogni vivente (dal virus in su) deve essere in grado di darci un taglio, espressione che dalle mie parti equivale a smettere di condurre un’azione, a troncare quello che non ha più senso mantenere attaccato alla nostra esistenza.
Martin Jinek, chimico ceco, fallì nei suoi primi tentativi di “prendere di mira il DNA”, finché… non pensò bene di “fondere crRNA e tracrRNA, entrambi necessari per individuare il gene, in modo da ottenere un singolo RNA chimera.” Detto con semplicità: “se entrambi gli RNA facevano parte di un tandem, presumibilmente i due capi dovevano essere vicinissimi l’uno all’altro”, tanto da potersi allacciarsi “in un loop”. Dopo alcune settimane di tentativi, riuscì a “produrre in sede gli RNA chimera, ma dimostrò subito che il sistema sgRNA era in grado di tagliare il DNA di una sequenza corrispondente.” In due parole (astutamente semplifico perché non posso capire oltre la mia stessa semplificazione), Jinek e il collega Chyliński dimostrarono “che Cas9 era un enzima che tagliava il DNA”. E qui servirebbe il punto esclamativo. Ripeto: Cas9 era un enzima che tagliava il DNA! Doudna spiegò al mondo: “abbiamo scoperto il meccanismo che sta dietro il taglio RNA-guidato del doppio filamento di DNA che è centrale per il sistema immunitario batterico acquisito.”
Una battuta da parte dell’autore che vale per tutte le attività umane: “è così che funziona la scienza, offrendo più domande che risposte.” Se una risposta chiude, magari per sempre, la possibilità di formulare nuove domande, significa che si è finito di errare, ma anche di condurre il nostro cammino da qualche altra parte. Si pensi al Siddharta di Hesse. Egli cercava la propria verità e, dopo aver studiato quelle altrui, infine la trovò. E decise di fermarsi. Ma non del tutto: egli avrebbe accompagnato il suo prossimo dall’altra parte del fiume e sarebbe tornato ogni volta indietro. E non è detto che, nel capitolo successivo, quello che non fu mai scritto, lo stesso non avrebbe potuto volgere il proprio sguardo in tutt’altra direzione.
Campo dei sogni è il titolo del sesto capitolo. Zhang è il figlio di un immigrato cinese che sbarca nel 1993, proveniente da “Shijiazhuang, una città di oltre 10 milioni di persone oltre 200 chilometri a sudovest di Pechino”. Prima gli americani? No, in questo caso prima il cinese immigrato. “Zhang si iscrisse alle scuole medie Callanan e presto imparò alla perfezione l’inglese.” “A diciannove anni” guadagnò “una borsa di studio da 50.000 dollari”. Scrisse a Capodanno del 2012 una mail al microbiologo argentino-americano Luciano Maraffini, il quale consultò Google e capì che il mittente della mail meritava attenzione. A pagina 73 anche la Banfield aveva digitato in quel motore di ricerca “RNAi” e “UC Berkeley” e in tal modo aveva rinvenuto il cellulare di Doudna: sic transit gloria machina inquirendi. Leggo che “A luglio Zhang tenne una conferenza pubblica al Broad Institute sul tema ‘Ingegnerizzare il cervello’, nella quale discusse le potenzialità dell’editing genomico per comprendere l’encefalo e curare potenzialmente disturbi cerebrali incurabili. Ancora non si faceva menzione del metodo CRISPR.”
La sindrome che ne deriva determina un difetto “di imprinting, in cui le mutazioni silenziano con efficacia una copia del gene a seconda che sia stato ereditato dalla madre o dal padre.” Da questo si comprende come la natura sia consapevole di quando è il momento di agire tagliando.
Michael Gilmore “dedusse che ‘l’inserimento ripetuto di vari antibiotici sin dagli anni Quaranta ha selezionato a favore non solo della resistenza [ai farmaci] con maggiore facilità.” Detto così il fatto non desta scalpore. Provo nel modo alternativo: “In parole povere, i batteri acquisivano un vantaggio selettivo perdendo il proprio sistema difensivo CRISPR. Ciò li lasciava forse vulnerabili ai fagi, ma rendeva loro più facile acquisire nuovi elementi genetici che conferivano una resistenza agli antibiotici (tramite un meccanismo chiamato trasferimento genico orizzontale).” Spesso la vita conduce a dover scegliere fra due destini solo apparentemente simili. L’atleta (che sia un virus o un premio Nobel) deve scegliere, per esempio, fra correre e scappare: è dalla sua scelta che dipende la sua sopravvivenza, o l’eventuale trionfo. Il fatto indica un’ovvietà: il CRISPR è stato scoperto, ma già esiste da miliardi di anni. Quel che ancora non è stato scoperto conduce al quesito: come utilizzerà questa naturale ovvietà il meno ovvio e prevedibile degli esseri viventi: la scimmia ignuda!
“La domanda finale era: sarebbero riusciti a usare CRISPR-Cas9 per ereditare i geni nelle cellule umane?” La risposta è: Sì! E che Dio o chi per Lui ce la mandi buona!
“Potevano vedere le cicatrici del danno e della successiva riparazione del DNA, in parole povere le mutazioni, esattamente dove pensavano che fossero. Fu davvero eccitante!” (Fei Ann Ran, intervista del “2 agosto 2019”). Frase che può recare un certo stress a chi teme l’abuso indiscriminato del metodo scoperto, che si stava “diffondendo come un fuoco nella prateria”.
La Parte Prima si conclude col settimo capitolo: Incontro per il titolo. “È difficile esagerare l’esplosione del mondo CRISPR dopo il clamoroso paper di Zhang del gennaio 2013. Prima, ogni anno venivano pubblicate poche decine di articoli relativi all’argomento CRISPR. Nei tre anni successivi a quel documento, il numero schizzò a 3000. ora che i ricercatori di tutto il mondo abbracciavano entusiasti la tecnologia, la gara per ottenere premi e brevetti si intensificò.” Nel frattempo, “in combinazioni varie, Charpentier, Doudna e Zhang hanno ramazzato quasi tutti i principali riconoscimenti scientifici, con notevoli eccezioni: il Laser Award, spesso definito il Nobel americano, e il Nobel vero e proprio (almeno fino al 2020). Sono in arrivo, ma per chi e per cosa è argomento di discussione.” Tutto ciò è sicuramente importante. Leggo alla pagina successiva che: “Durante il banchetto, è tradizione che ogni premiato decida la propria musica d’ingresso quando si tratti di salire sul palco per accettare il premio. Zhang naturalmente scelse il pomposo tema di Jurassic Park composto da John Williams…” – gli altri eroi della biochimica scelsero altri motivi. Io avrei scelto We are the champions dei Queen. Tutto fa comprendere come la ricerca scientifico-tecnologica sia al giorno d’oggi un business che fa spettacolo, assai più degli altrettanto importanti campi di ricerca umani.
Torniamo alla scienza: “Si può usare Cas9 per trasportare tanti tipi di molecole fino a un punto specifico del genoma per modulare l’espressione genica in su o in giù (attivazione o interferenza CRISPR). Questo Cas9 che non taglia, descritto da Stanley Qi e colleghi, viene chiamato ‘Cas9 morto’.” Anche i deceduti svolgono la loro funzione vitale: “Tra le sue applicazioni c’è l’editing delle basi, una nuova variante dell’editing genomico CRISPR in cui si usa Cs9 non per tagliare il DNA, ma per posizionare enzimi diversi per intaccarlo e avviare una reazione chimica puntiforme su una base specifica.”
Interessante anche il caso non solo umano ma anche enzimatico del Cas12 che “produce un taglio scaglionato, spezza i due filamenti dell’elica in punti diversi invece di attuare una cesura netta.” In altre parole, “non lo tagliava, piuttosto lo faceva a brandelli”.
“A Toronto, Joseph Bondy-Donomy ‘ha trovato qualcosa di incredibile che non ci saremmo mai aspettato…”. Niente di che, dai: “Ha scoperto gli anti-CRISPR, una famiglia in crescita di proteine virali capaci di disarmare e neutralizzare le difese batteriche CRISPR, la carta e il sasso delle forbici CRISPR. Erik Sontheimer ha descritto un modo per usare gli anti-CRISPR in maniera da limitare l’editing genomico a un tessuto selezionato.” Quel che conta è individuare la differenza e utilizzare alla bisogna, affidandogli un senso utilitaristico. Ormai è difficile e pare addirittura inutile, se non immorale, differenziare la ricerca scientifica da quella tecnologica. Ogni scoperta non è fine a se stessa, ma fa sorgere l’interrogativo: a cosa ci può servire?
La Parte Seconda comincia con l’ottavo capitolo Editing genomico A.C, che mi permette di citare campanilisticamente la mia città, Reggio Emilia, il cui sanatorio, intitolato al grande biologo scandianese Lazzaro Spallanzani, padre scientifico della fecondazione artificiale) (è un’informazione che dono all’autore), ospitò nel 1945 un bambino denutrito e mal combinato, la cui vita è stato un romanzo che avrebbe ispirato un Hugo o uno Zola, di nome Mario Copecchi, che diventerà un valente genetista che, naturalizzato statunitense, divenne uno dei supereroi del mondo CRISPR.
“Disattivando un gene nelle staminali dell’embrione e poi iniettando quelle cellule modificate in modo da creare un embrione e poi iniettando quelle cellule modificate in modo da creare un embrione e poi iniettando quelle cellule modificate in modo da creare un embrione chimera, gli scienziati potevano attuare in piccoli mammiferi pelosi quello che erano stati in grado di fare di routine da decenni in lieviti e batteri.” Si tratta di arrischiate acrobazie che, a un non addetto ai lavori, paiono gratuite. In questo caso il motivo era “di creare un modello animale vivente privo di un gene chiave”, esperimento che “valse a Cavecchi, Evans e Smithies il premio Nobel per la fisiologia ovvero medicina nel 2007.”
Le mire di Srinivisan Chandraseragan (detto “Chandra”) non erano meno ambiziose: “amputare una mutazione genetica e sostituirla con la sua controparte normale”. A prescindere da tale scopo, considerevoli mi paiono queste sue affermazioni: “… la terapia genica sarà usata di routine nella pratica clinica, segnando un cambio di paradigma nel trattamento delle malattie umane.”, ma questo, aggiunge l’autore: “lasciando perdere i problemi etici.”
Altri supereroi di questa saga, “Urnov e Holmes avevano intravisto la correzione dei geni: la tecnica ZFN creava una rottura del DNA, sostituita poi da un pezzo di informazione genetica.” Tale tecnica si sarebbe chiamata “editing genomico”, in onore del padre di Urnov caporedattore di una rivista russa di critica letteraria. Ormai “gli scienziati avevano dimostrato la fattibilità della riscrittura del linguaggio della vita per sistemare una malattia genetica.” Il Rubicone, il Mississipi-Missouri, il Volga, il Danubio eccetera eccetera era stati superati e il dado genetico era definitivamente tratto: CRISPR iacta est.
“La risposta a quasi tutte le applicazioni cliniche dell’editing genomico la troveremo nel vangelo delle terapie basate sul metodo CRISPR. Però in fin dei conti ai pazienti e alle loro famiglie non interessa quale tecnologia usi se risponde alle loro preghiere e fornisce una scura definitiva.” Chi più chi meno siamo tutti una somma di effetti genetici causati da quasi infinite e casuali variazioni.
Modestamente, io sono affetto da un più che atarassico morbo di Gilbèrt, che causa un alternarsi schizoide dei valori della birilubina, che mi consentirà (spero) di superare il secolo e mezzo di vita. E tu, caro Kevin? A quale tribù di affetti appartieni?
Il nono capitolo è Liberazione o disastro e narra delle “radici concettuali dell’ingegneria genetica” che “risalgono alla prima metà del Novecento, due decenni prima della doppia elica e oltre un decennio prima della dimostrazione che era il DNA, non le proteine, il vero materiale genetico.”
Robert Sinsheimer, celebre biofisico morto quasi centenario nel 2017, disse tra l’altro: “Verrà sicuramente il momento in cui l’uomo avrà il potere di alterare, nello specifico e consapevolmente, i suoi stessi geni. Ci sarà un fatto nuovo nell’universo. Questa prospettiva è per me impressionante nel suo potenziale liberatorio o, alla stessa stregua, catastrofico.” Aut-aut, direbbe il solito, ineffabile, Søren (Kierkegaard). Esistono varianti di tale virus tecnologico: aut-et; et-aut, et-et…Vedremo.
“Potremo essere meno bellicosi, più sicuri di noi, più sereni?” O forse più bellicosi, meno sicuri di noi, meno sereni? Oppure un miscuglio di queste troppo ipotetiche condizioni esistenziali?
“Dopo due miliardi di anni, aggiungeva, ‘questa è, in un certo senso, la fine di un inizio’.” Quel saggio scienziato “non stava proponendo un’utopica super-razza bensì le pari opportunità. Non stava sollecitando un’eugenetica galtoniana sponsorizzata dallo Stato ma piuttosto un miglioramento volontario degli svantaggiati dal punto di vista cognitivo, come i 50 milioni di americani con un QI di 90 o meno.” Faccenda che può assumere aspetti truci e salvifici al contempo.
Uno dei personaggi televisivi che mi paiono più acuti e profondi, il cui nome non mi permetto di citare, mi sembra anche uno degli individui più irrazionali e distruttivi che mi è dato conoscere. Mi chiedo se, in nome del bene dell’umanità, egli accetterebbe una manipolazione genetica. L’avrebbe accettata Nietzsche? Rimbaud? Celine? Perec? Carmelo Bene? Sto immaginando un distopico governo fondato sulla logica e sul dovere di difendere l’umanità da se stessa, che procedesse a una verifica genetica degli 8.000.000.000 di individui che popolano la terra che, magari, al misero costo di pochi euro cadauno, con una sola siringhetta di liquido potrebbero ricevere benefiche informazioni CRISPR che migliorerebbero la nostra e la loro esistenza. Brrr…!
Il capitolo decimo s’intitola Ascesa e caduta della terapia genica. “L’anno 1990 fu un annus mirabilis per la genetica umana, in particolare per il lancio della quindicennale impresa da 3 miliardi di dollari nota come Progetto genoma umano, guidata da Jim Watson per compilare la definitiva mappa con cui identificare i loci e le identità di tutti i geni, compresi quelli che causano le più devastanti malattie ereditarie.” Esiste una razza umana (nata da un groviglio di sottorazze), le cui eliche sbattono più arditamente e velocemente che in qualsiasi altra parte del globo, che unisce il coraggio dei primi pionieri con quello dei più esagerati magnati, in grado di mettere in gioco cifre astronomiche quando il gioco sta diventando così duro che non ha più senso aspettare gli eventi. La loro mitica terra è Yankeeland! Di questo strambo e variegato popolo ne scrisse a lungo Charles Dickens. Nel capitolo sono narrate le vicende anche tragiche delle prime cavie umane che avevano davanti a sé diversi destini: morire per la malattia, o per la cura; oppure salvarsi in un qualche modo. Ad alcune di esse andò benino, ad altri assai male.
“Ripensandoci a mente fredda, alcuni inciampi erano comprensibili. Tutto sommato, i virus non si sono evoluti solo per essere usati a nostro capriccio quasi fossero droni delle consegne.” – di materiale genetico, ben inteso.
“Come ha affermato un esperto di terapia genica: ‘Abbiamo sottovalutato il fatto che ci sono voluti miliardi di anni perché i virus imparassero a vivere in noi, e speravamo di fare la stessa cosa nell’arco del ciclo quinquennale di stanziamenti,” – (H. F. Judson). Nel frattempo, però, “sono così saltati fuori due nuovi candidati al ruolo di veicoli affidabili, adattabili e con consegna efficace per una serie di indicazioni per la terapia genica (e l’editing genomico): i virus adenoassociati (AAV) e i lentivirus.” L’AAV di buono ha che “diversamente dai retrovirus, non si integra nel genoma ospite, il che significa che si diluirà nel tempo con la progressiva divisione delle cellule che infetta.” – un bravo ragazzo, in fondo, che sa stare al suo posto.
L’uomo, per esempio David Schaffer di Berkely, però non è mai contento e arriva a dire: “Ci servono virus migliori. I virus non si sono evoluti in natura per essere usati come terapie umane.” Per quanto riguarda “i lentivirus”, alla domanda che tribù appartieneni?, risponderebbero alla suddetta e famigerata “sottofamiglia di retrovirus che include l’HIV”.
Undicesimo capitolo: Successo dalla sera al mattino, dopo tanto fare e disfare (che è tutto un lavorare), “all’inizio del 2020 c’erano ormai più di 900 terapie geniche registrate preso la FDA. David Schaffer di Berkeley lo spiega con efficacia: ‘Dopo vent’anni la terapia genica è diventata un successo dalla sera al mattino.” Il mattino di un nuovo tremebondo, temerario e temibile mondo? Correi sentire il parere di Aldous Huxley, il cui Mondo nuovo è citato tre volte nel corso del saggio. Il capitolo narra le terribili e commoventi vicende di alcuni giovani affetti da malattie genetiche, alcuni dei quali sono deceduti in giovanissima età, altri sopravvissuti grazie alle miracolose nuove tecniche CRISPR.
“Il successo con la SMA si è dimostrato troppo ghiotto per il gigante farmaceutico svizzero Novartis, che ha acquistato la Avexis per 8,7 miliardi di dollari nel 2018.” Se si muovono gli elvetici significa che i timori sono assai inferiori alle ricche aspettative.
“L’amministratore delegato Vas Narasimhan ha accennato che il costo potrebbe viaggiare attorno ai 5 milioni di dollari. Alla luce di ciò il prezzo finale, ‘responsabile’, di listino di 2,1 milioni sembra quasi ragionevole, ma Zolgensma vanta ancora il dubbio primato di “medicina più costosa al mondo” della storia…”, pari a “un appartamento da 200 metri quadri a Parigi con panorama sulla torre Eiffel, o di una Aston Martin One-77 nuova di zecca, tra le automobili più veloci mai prodotte, oppure di un jet privato Cirrus Vision SF150” Va però chiarito che “la Novartis permette ai pazienti di pagare in rate quinquennali e offre una garanzia di rimborso se, per esempio, il paziente muore.” Occorre anche specificare che “le terapie geniche sono costose da sviluppare e da produrre, e le imprese biotech che corrono il rischio si meritano di rientrare dell’investimento.” Del resto, “I prezzi alle stelle ai vedono in tutti i settori dell’industria farmaceutica, non solo della terapia genica.” Ragionamento cinicamente economico: “Il 5% dei nati vivi soffre di un problema genetico mendeliano, è la coda lunga di migliaia di malattie rare e orfane (rare o non rare ma ignorate).”
Da una parte George Church dice: “Non voglio che mi ricordino per la medicina più costosa della storia”, ma poi aggiunge: “Non spenderemo due milioni di dollari per il 5% dei nati!” Egli stima, infatti: “che il costo totale, comprese le occasioni perse e i costi dell’assistenza, sia un catastrofico migliaio di miliardi di dollari all’anno nel mondo, per non parlare del dolore e delle sofferenze collettive.” News dell’ultim’ora: “… i dirigenti della Novartis hanno escogitato una lotteria. Nel dicembre 2019 l’azienda ha annunciato che offrirà cento dosi gratuite di Zolgensma all’anno, ossia quattro nomi estratti ogni due settimane, ai pazienti fuori dagli Stati Uniti…” La vita stessa è un emozionante e catartico gratta e vinci! E solo chi partecipa può vincere (oppure perdere di tutto, fra cui la sua sopravvivenza).
Il dodicesimo capitolo è Sistemarti. Nel 2016, un per me ignoto “Sean Parker, il miliardario cofondatore di Napster interpretato da Justin Timberlake nel film The Social Network, organizzò una festa con tante grandi star nella sua casa da 55 milioni di dollari a Los Angeles, confinante con la Playboy Mansion.” Anche con l’esibizione de “i Red Hot Chili Peppers e Lady Gaga che stese tutti con la La Vie en Rose”, “Parker stava festeggiando il varo del Parker Institute for Cancer Immunotherapy, al quale devolveva personalmente 250 milioni di dollari.” – quasi cinque volte il costo della casupola in cui trascorreva la sua serena esistenza!
“La Editas era finanziata da tre giganti di venture capital che collaboravano per la prima volta: Polaris, Flagship e Third Rock. Bill Gates, affascinato dal potenziale dell’editing genomico non solo per trattare le malattie genetiche ma anche per combattere malattie infettive come la malaria ma anche per combattere malattie infettive come la malaria e per migliorare la produzione di cibo nelle azioni in via di sviluppo, entrò nel secondo giro di investitori che misero sul piatto oltre cento milioni di dollari.” Un film erotico degli anni ‘80, che purtroppo non riuscii ad andare a vedere, era intitolato L’affare s’ingrossa.
“Nel maggio 2014 Bermingham fondò ufficialmente la Intellia in veste di CEO in collaborazione con la prima azienda di Doudna, la Caribou, che detiene la proprietà intellettuale della scienziata (e una quota della Intelia).” Nel capitolo sono indicati con dovizia di particolari i successi, speranze e timori collegati a CRISPR.
Rischi: “quello più grosso è che Cas9, mentre perlustra il genoma per trovare il corretto gene bersaglio, possa accidentalmente attaccarsi a una sequenza molto simile, forse con solo una sequenza spaiate spezzare nel punto spaiato.” – ahio: non c’è nulla di più avvilente di essere vittima del fuoco amico! Questo timore non è limitato “a CRISPR: qualsiasi editor di genoma programmabile avrà una minima probabilità di fissarsi alla sequenza sbagliata. Ma la posta è esageratamente alta con CRISPR per via dell’uso generalizzato e delle aspettative stratosferiche.” A me spaventano soprattutto queste ultime, anche se è dal superamento di tali angosce che il progresso tecnologico riduce qualsiasi ipotesi di tempo programmato relativo alla sua evoluzione.
Nel 1988 acquistai un Apple 2 c usato di 128 k di memoria, privo di alcuna memoria di massa, ma con la possibilità di utilizzare un lettore di mini floppy disk flessibili: quella candida macchinetta cambiò la mia vita, poiché mi consentì di memorizzare testi (nonché di imparare l’applesoft basic). Spesi in tutto 2.400.000 lire, pari allo stipendio di un paio di mesi. Con una cifra analoga si potrebbe oggi acquistare un signor computer con un hard disk enorme e con potenzialità inaudite, se rapportate agli elaboratori elettronici di quel tempo. Una volta lessi che le previsioni fatte negli anni ‘60 circa lo sviluppo dell’hardware e del software superarono enormemente le più rosee speranze. Chi non si ricorda il megalitico cervellone che tanti problemi diede (poi risolti) a Katharine Hepburn del film Deskset (1957)?
“I successivi studi hanno indicato che, se avvengono editing non previsti, non sono più frequenti di quelli che risultano inevitabilmente dalle radiazioni di fondo e dagli errori che si accumulano naturalmente durante la replicazione del DNA e le divisioni cellulari.” Cose che capitano ai vivi (detto reggiano, che qui ho mutato geneticamente).
“Un altro problema concernente la sicurezza è prevedere quello che succede quando viene iniettata in un paziente una proteina batterica.” Esistono infatti individui che “sono portatori di anticorpi Cas9, facendo pensare che siano stati esposti in precedenza ai batteri che esprimono la proteina.” E qui i problemi sembrano finiti, almeno fino all’inizio del capitolo successivo, che un po’ m’inquieta: Brevetto in sospeso. “Qualche anno fa ho inventato con la mia collega Emmanuelle Charpentier una nuova tecnologia per editare i genomi. Si chiama CRISPR-Cas9”. Ironico pare il commento dell’autore: “Doudna ha fatto inarcare più di un sopracciglio con questa disinvolta affermazione durante una conferenza TED londinese nel 2015 che banalizzava un miliardo di anni di evoluzione, per non parlare degli sforzi concomitanti di altri ricercatori.” Quanto conta qualche sopracciglio incarnato in una diatriba al contempo scientifica e legale?
A pagina 233, la Tabella 13.1 indica le “date chiave nella disputa sul brevetto CRISP-Cas9)”: 4 nel 2012, 1 nel 2013, 2 nel 2014, 1 nel 2015, 2 nel 2016, 3 nel 2017, 4 nel 2018, 2 nel 2019, 3 nel 2020. “Il 15 febbraio 2017, i giudici sentenziarono a favore di Zhang e Broad Institute, non trovando alcuna ‘interferenza di fatto’, cioè il brevetto del Broad non si sovrapponeva in maniera significativa alla richiesta CVC.” Alla fine ognuno possiede il brevetto che si merita e il conseguente beneficio commerciale. Jacob Sherkow, docente universitario di Legge, così sintetizza: “Anche se sembrava che entrambe le parti fossero in simultanea e che lavorassero nella medesima area, le loro richieste di brevetto, come minimo, non interferivano reciprocamente.” Per cui: “le azioni della Editas salirono del 30%, portando la capitalizzazione di mercato sopra il miliardo di dollari.” Si tratta di una vera e propria guerra stellare, in cui le armi in dotazione ai vari belligeranti non sono spade-laser ma inquietanti dispositivi che scagliano, anche a grande distanza, liquidi incandescenti e dollareschi.
“Forse CVC aveva perso la battaglia di Alessandria ma era ancora deciso a vincere la guerra. Doudna disse la sua sul verdetto: ‘Hanno il brevetto sulle palle da tennis versi, noi abbiamo il brevetto su tutte le palle da tennis.’. La squadra si riunì e si preparò a un altro set emozionante.” Il mistero che è connesso al brodo primordiale da cui nacque la vita alcuni miliardi di anni fa è meno esoterico di quello avvolge il mondo del business: “In molti si sono chiesti come mai UC e Broad abbiano speso tanti milioni di dollari in questa interminabile contesa sul brevetto. Ma i conti li pagano in realtà le aziende biotech: la Editas ha per esempio sganciato dieci milioni di dollari nelle spese legali del Broad Institute.” Finché c’è guerra c’è speranza (citazione di un film con Sordi del 1974): “Non è chiaro se questa battaglia legale avrà ricadute materiali sul caso. Nel bis del PTAB del maggio 2020 i giudici non hanno scoperto le carte. Chiunque sarà a vincere la prossima mano, l’altra parte probabilmente lotterà ancora.” A seguito di una sentenza del “15 gennaio 2018 il Broad annunciò che aveva vinto. Significava che Marrafini, il microbiologo che aveva collaborato con Zhang per tutto il 2012, non sarebbe stato inserito come coinventore nei principali brevetti…” Sfizioso l’accenno che l’autore fa di un suo successivo incontro con l’escluso: “mi ha risposto con il gesto universale delle labbra sigillate…” – pare una guerra di intrepidi ninja assai abili nel gioco degli scacchi.
“Nei prossimi anni le aziende biotech CRISPR avranno probabilmente immesso sul mercato parecchie terapie di editing genetico, che usano tutte una banalissima nucleasi Cas9.”
Il solito Sherkow è arrivato ad affermare: “Ci sarà un sacco di soldi che passerà di mano per far sì che quei farmaci entrino nelle vene dei pazienti senza violazione di diritti.”
A pagina 239 finisce il capitolo e la Parte Seconda, a cui fanno seguito sedici pagine di fotografie e schemi a colori (molto belle). Due considerazioni: la Charpentier è una brunetta molto carina, la Doudna è una bella donna molto alta. Dovendo sorbire con una di loro due una granita al limone all’Isola Bella di Taormina non avrei dubbi a chi offrirla (sempre che la prescelta geneticamente accetti). Nell’ultima pagina di fotografie, spicca il viso tenerissimo di un ragazzino: “David Sanchez, che soffre di anemia falciforme, vede davanti a sé la speranza di una cura definitiva sotto forma di CRISPR…” Mi sa che la granita la offrirei innanzi tutto a lui (sono certo che accetterebbe). Ed anche, eventualmente, a entrambi i premi Nobel.
Il quattordicesimo capitolo dà la stura alla Parte Terza, che s’intitola #CRISPRBABIES, che inizialmente tratta della vicenda umana di “He Jiankui” che “è comunemente noto come ‘JK’, pertanto per comodità uso questo acronimo…”
I suoi “cinque principi etici” (che, ove posso, sintetizzo):
1) bisogna provare “empatia nei confronti dei pazienti”;
2) bisogna curare “malattie serie, mai per vanità” – tra l’altro io sono affezionato al mio morbo di Gilbèrt;
3) bisogna proteggere i diritti (anche di privacy) di un bambino;
4) “I geni non ci definiscono. Il DNA non ci predispone”;
5) il diritto alla libertà “da malattie genetiche” prescinde “dal reddito”.
Ho paura che tale buonuomo, in questo elastico e cinico mondo, possa correre dei seri rischi esistenziali. Grazie a lui, come Regalado twittò una domenica, alle ore 19,15: “Ultim’ora: Gli scienziati cinesi fanno bimbi CRISPR” Su YouTube (vietato in Cina), JK pubblicò “cinque brevi video” in cui egli “annunciava la nascita di ‘due belle bambine cinesi, Lulu e Nana’.”
Nel capitolo seguente, Il ragazzo da Xinhua, si narra delle origini e della biografia di JK. Breve sua biografia: “… è nato nel 1984, a Xinhua, un villaggetto nel cuore della provincia dello Hunan nel Sud della Cina, dove il reddito medio era di appena due dollari alla settimana. I genitori erano entrambi contadini che lavoravano i campi sulle rive del fiume Yangtze.” JK, “povero e privo di agganci politici, aveva una sola possibilità…” (che io riuscii fortunatamente a evitare): studiare come un pazzo. Si sposò abbastanza giovane e andò ad abitare a “San Francisco, dove lui occupò una posizione di post-dottorato a Stanford con il grande biofisico Stephen Quake, l’intraprendente cofondatore di una sfilza di biotech tra cui le quotate in borsa…”. Il capitolo continua a narrare i vari momenti del suo tragitto di uomo e di scienziato…
Lo stesso succede nel capitolo successivo Rompere il vetro.
“… JK ha confessato a Hurlbut che una particolarità frase pronunciata al seminario IGI l’aveva soprattutto colpito. ‘Molti grandi successi sono spinti da uno o due scienziati… è la scienza dei cowboy’, ha detto. ‘C’è bisogno di quello che rompe il vetro.” Tex Willer annuirebbe, Rambo pure. Rompere il vetro per JK significava “ingegnerizzare un cambiamento permanente ed ereditabile del DNA umano come mezzo per trattare o prevenire una malattia non solo nei pazienti ma anche nei figli, e per sempre.”
Lo scienziato americano Mitalipov affermò: “Oggi abbiamo la possibilità di prevenire la malattia nei primissimi stadi della vita” – e poi continuò: “Vedendo però la reazione che aveva accolto la prima manipolazione dell’embrione umano nel 2015, chi mai avrebbe osato azzardare il prossimo passo?” Intanto, “a Shenzhen, JK lesse i titoli e seguì il battage attorno allo studio di Mitalipov con un’incredulità che rasentava il disgusto.” Non so in quale misura questa descrizione calzi: di certo l’autore non era seduto al medesimo tavolino del bar, dove JK stava sfogliando non so quale giornale. Se il fatto è vero (o almeno verosimile) la dice lunga di quanta poca solidarietà fra scienziati esista quando c’è di mezzo la superiorità e la priorità di una teoria o di una pratica sperimentale. Non mi pare una novità assoluta, però oggi il significato economico connesso al successo professionale, rende l’intero fenomeno un tantino più esacerbato. Pensava (probabilmente, angustiandosi) JK che “due anni prima, gli scienziati americani si erano scapicollati a condannare le prime esplorazioni cinesi sull’editing dell’embrione umano, che pure avevano utilizzato embrioni non vitale, invece adesso si beavano dell’attenzione mediatica con un articolo addirittura su Nature, e qui si usavano embrioni vitali senza attirarsi le stesse critiche. JK lo riteneva un tipico caso di doppio binario, in pratica un caso di ‘razzismo scientifico contro i cinesi’. Sentendo di avere un dovere patriottico, JK si sentì incoraggiato a insistere.” In quest’ultima citazione appare evidente il modo romanzato adottato dall’autore per descrivere, in modo per altro realistico ed efficace, quel che nessuno (a parte JK) potrebbe mai confermare o rinnegare.
“L’editing della linea germinale umana, disse, poteva arrivare ‘nel prossimo futuro’ ma ‘dovremmo agire adagio e con prudenza. Un unico fallimento potrebbe far fuori l’intero settore, proprio come ha fatto questo caso, ‘la morte biotech di Jesse Gelsinger’, per la terapia genica.” – il virgolettato interno riporta le parole tratte da un discorso che JK fece al Cold Spring Harbor Laboratory, in cui aveva parlato “come oratore invitato”, il povero bimbo che perse la vita alcuni anni prima, a seguito di un esperimento genetico.
“Ma appena uno o due scienziati faranno il primo bambino, sano e in salute, allora l’intera società, comprese scienze, etica, leggi, sarà proiettata in avanti… Insomma io rompo il vetro.” Chi rompe in genere paga e (proverbio geneticamente immutabile) i cocci sono suoi. Io ne editai uno simile tempo fa, unendo arbitrariamente due filamenti di DNA: il tempo passa e i cocci sono suoi.
“Qualche settimana prima, alla fine di ottobre, un JK visibilmente nervoso era andato in aereo da Shenzen verso una destinazione ignota a nord. Ferrell notò che al ritorno sembrava chiaramente più sollevato. Portava la notizia che, grazie a un cesareo d’urgenza, erano nate non una ma due bambine CRISPR.”: le ormai celebri Lulu e Nana.
Il diciassettesimo capitolo è squisitamente sardonico: Una non immacolata concezione. “Qiu Renzong, l’ottantacinquenne grande vecchio della comunità bioetica cinese e membro dell’Accademia cinese delle scienze sociali di Pechino” censurò l’opera di JK. Egli “accusò JK di violare le regole del ministero della Salute cinese sulla riproduzione assistita e chiese se aveva ottenuto il corretto via libera dell’IRB. La sua sparata finale mi fece rabbrividire: ‘Come possono il dottor He e la sua équipe cambiare il pool genetico della specie umana considerare il pool genetico le altre parti della specie umana?” JK fu chiamato a rispondere pubblicamente, su un palco, davanti a un pubblico che era del tutto diverso da quello “planetario” che si era prospettato nei suoi sogni di gloria. “La reazione alla sua comparsata fu accanita, neanche fosse stato responsabile di un’enorme strage.”
L’organo ufficiale del Partito comunista cinese “aveva salutato l’impresa di JK come grande momento di orgoglio nazionale.” – ma “l’articolo fu subito cancellato quando montarono le critiche…” L’impressione dell’autore è che la censura cinese sia semplicemente un’eco obbligatoria di quella internazionale. Charpentier scrisse, in una mail indirizzata all’autore: “Siamo ancora a uno stadio iniziale della comprensione delle complessive implicazioni dell’editing genetico delle cellule umane, e sarebbe irresponsabile utilizzare alla tecnologia nella linea germinale umana” – anche se “la ricerca di base sugli embrioni umani era ancora giustificata. Una cosa era chiara. JK aveva lasciato un segno indelebile sulla scienza del ventunesimo capitolo.” Urnov paragonò i risultati di tale ricerca a “qualcosa di simile a Word della Microsoft”.
Dalle stelle alle stalle e poi ancora chissà dove: “Tre mesi dopo aver perso la cattedra ed essere sparito dalla vista della gente, JK fu inserito tra le cento persone più influenti dell’anno della rivista Time.”
Il diciottesimo capitolo è Varcare la linea germinale. “Lo scandalo delle bambine CRISPR scatenò un diluvio di indignazione e di editoriali che fustigavano JK.” – anche se qualcuno scrisse che “Prima o poi doveva succedere”, anche se “i rischi potenziali per le bambine hanno superato clamorosamente qualsiasi beneficio per loro, e per la scienza.” Ed Yong individuò 15 “principali obiezioni sanitarie ed etiche all’operato di JK e delle potenziali colpe della comunità.”
Provo a enunciarle in modo continuo e sintetico: non c’era una necessità medica stringente, l’editing lasciava a desiderare, le conseguenze non sono chiare, il consenso da parte dei genitori era dubbio, ha fatto le cose di nascosto, ma è stato furbo dal punto di vista promozionale, è stato spalleggiato da qualcuno, contro il consenso globale, è andato contro le sue etiche dichiarate, ha esagerato, sfruttando le indecisioni accademiche, aiutato da un genetista di chiara fama, potrebbe il suo errore ripetersi anche domattina. Voto finale: dal 2 al 3. Anzi: dal 3 al 2. Secondo il “principale consulente scientifico del presidente Obama, John Holdren”: “L’amministrazione ritiene che alterare la linea germinale umana per scopi clinici sia un confine da non attraversare al momento.” E se non ora, quando? E chi lo deciderà, e come? E per chi?
Il diciannovesimo capitolo è Scienziati canaglia. “JK fu condannato a tre anni di prigione, a una multa di 3 milioni di yuan (circa 430.000 dollari) e al bando dalle future ricerche nelle ‘tecnologie riproduttive assistite.” – mentre due suoi collaboratori hanno avute multe e condanne sospese. Nonostante le botte che hanno preso, questi ambigui eroi della scienza hanno permesso al mondo di risvegliarsi “al serio problema delle nostre sempre più avanzate tecnologie genetiche.” Qualcuno scrisse che “JK doveva essere ‘punito’, avvertendo che non c’era una ‘maniera a prova di bomba per frenare questi tentativi canaglieschi.” Ancora: “L’immagine di JK come agente canaglia – che cercava in segreto fama e fortuna, che agognava ossessivamente con un giovane Jim Watson il premio Nobel per sé e la gloria per la sua orgogliosa nazione – si propagò nel pianeta.”
Il ventesimo capitolo, Fino all’estinzione e oltre, inaugura la Parte Quarta. È il più inquietante finora. Così, almeno, è parso a me.“Non puoi scrivere un libro sull’editing genomico senza andare a trovare George Church. Per lo meni, lui dice così. Pertanto compio il pellegrinaggio fino al suo laboratorio, annidato nel…” Questa frase, forse per via del cognome del citato scienziato, appare e forse è di tipo fideistica. Su Dio non si può ironizzare ma sui suoi profeti sì.
Dice Church: “La cosa più simile all’eutanasia in questo paese è la decisione su chi otterrà il trapianto.” – nel senso che chi rimane in attesa è un promettente candidato alla sepoltura.
“Nel 2017 la Genesis ha usato la tecnica CRISPR per rimuovere con successo tutte le 62 sequenze PERV nel DNA di una linea cellulare suina.” Un dato interessante: “L’équipe di Yang ha chiamato Laika la prima scrofa CRISPR, in onore della randagia sovietica diventata il primo animale vivente lanciato nello spazio.”
Notizia che dà da pensare: “A Boston gli organi suini sono attualmente trapiantati nelle scimmie nel contesto dei primi esperimenti preclinici guidati da James Markmann, responsabile della chirurgia dei trapianti al…”
Una luminosa notizia: “Church è convinto che il mammut lanoso, o qualcosa di assai simile, possa essere resuscitato, per così dire, introducendo alcuni suoi geni chiave nel genoma dell’elefante asiatico.” – i due animali si assomigliano di più che la coppia uomo-scimpanzé.
“‘Gli esseri umani hanno creato un enorme buco nella natura degli ultimi 10.000 anni’, sostiene Brand. ‘Oggi abbiamo la capacità, e forse l’obbligo morale, di riparare parte del danno.” Questo è un programma di tipo politico, oltre che scientifico. Ed ecco che, accanto alla filosofia politica, sta prendendo sempre più piede questa nuova tecnica dello scibile umano.
“Le zanzare non hanno un ruolo ecologicamente importante. Non impollinano le piante né sono un essenziale fonte di cibo per nessuno.” Rompono semplicemente le scatole, facendo arrossare la pelle: tra l’altro la colpa è esclusivamente delle femmine. I maschi si possono perciò lasciare stare, al massimo li si deve sterilizzare. Aggiunge l’autore: “È improbabile che ne sentiremo la mancanza.” Mah! Forse qualche geco di Marina Campagna (a pochi chilometri da Elea), che finirà senz’altro per trovare di meglio. Lo spero per lui.
“Ci sono voluti anni per perfezionarlo, ma nel 2011 Burt e Andrea Crisanti riferirono finalmente un gene-drive riuscito nelle zanzare di laboratorio.” A San Diego, “l’équipe di Omar Akbari ha identificato un altro bersaglio promettente, un gene che quando disattivato impedisce alle femmine di zanzara Aedes aegipty, portatrici di parecchie malattie, di volare (I maschi non sono colpiti).” Meno male!
“Scienziati come Burt, Crisanti e Esvelt stanno cercando di salvare la vita di migliaia di persone ogni anno. Crisanti respinge le critiche secondo cui sarebbe immorale tentare di usare un gene-drive ribattendo: ‘Che dire del problema morale di non fare nulla?’” A Crisanti, dopo averlo ringraziato per la sua attività scientifica, risponderei: dipende dal fatto che il nulla sia una scelta migliore o peggiore del fare qualcosa di probabilmente sbagliato. Detto altrimenti: occorre esaminare i rischi e i benefici prevedibili. Nulla di diverso da qualsiasi impresa umana, non necessariamente scientifica. Si tratta di un problema scientifico che sia aggancia a quella suddetta nuova (si fa per dire) branca della politica e della scienza. Vorrei però qui ricordare l’insipido sarcasmo di chi, per lo più non addetto ai lavori, definì Crisanti come un semplice zanzarologo. Un nome fra tutti: il noto giornalista esperto quasi globale (da Boy George alle emergenze planetarie) Red Ronnie. Crisanti si è occupato, a livello planetario a quanto pare, della genetica di questa specie di insetti, ed è innanzi tutto un rinomato microbiologo e un accademico, la cui voce, a quanto pare, da anni resta più autorevole nel resto del mondo piuttosto che nel nostro angusto condominio peninsulare. Insieme a Mario Copecchi, è l’unico scienziato abbondantemente citato, e col massimo rispetto, nel presente saggio.
Il capitolo successivo è Aiuto ai contadini. “Molti scienziati ritengono che il maggiore impatto del metodo CRISPR non sarà in campo farmaceutico bensì in agricoltura.” Colgo una frase inquieta a caso: “I geni possono essere inseriti anche in modo più diretto, letteralmente sparandoli con una pistola genetica nelle piante sotto forma di particelle di oro o tungsteno ricoperte di DNA.” Una successiva, che mi deprime abbastanza: “Nel Bangladesh circa un bambino su cinque soffre di deficit di vitamina A. dopo ritardi interminabili, le autorità del paese stanno per approvare il Golden Rice.” – un riso da medaglia d’oro olimpica mi auguro.
L’autore possiede una cultura che, forse ancor più di Red Ronnie, spazia ovunque. Lo dimostra quando cita il “pittore rinascimentale Giovanni Stanchi”, il cui “cocomero tagliato a metà” svela, in un suo dipinto, “un contenuto quasi irriconoscibile. La polpa è pressoché tutta bianca, con appena qualche sbaffo rosa e semi nerissimi.” – e il fatto indica che qualcosa dev’essere mutato geneticamente da quando le sei varietà iniziali sono diventate “le 1200 odierne.” Secondo “il verdetto illuminato del ministero statunitense dell’Agricoltura che ha deciso di trattare gli editing del DNA alla stessa stregua di altri metodi di mutagenesi.” In Europa l’hanno pensano diversamente: “Nel 2018 la Corte europea di giustizia ha decretato che i raccolti editati ricadono sotto le linee guida per gli OGM.”
Un importante genetista britannico, Ewan Birney ha affermato che era come se “la Chiesa cattolica classificasse le anatre come pesci.”: boutade che non manca di humour, ma pare un paragone azzardato, come confrontare Papa Francesco con Queen Elizabeth, oppure Celestino V a Edoardo VIII.
Per proteggere le arance della Florida dalla “malattia batterica chiamata huanglonghing”, il “botanico Erik Markov ha preso in considerazione il veleno di scorpione, la tossina dello scarafaggio e persino un gene suino.”
Un altro spunto apparentemente fuori tema: “Nel 1919 Eddie Cantor arrivò in cima alle classifiche discografiche con Yes! We Have No Bananas, scritta da Frank Silver e Irving Cohn. Silver compose il suo pezzo basandosi sul lamento di un bancarellaio greco di Long Island…”. Questa citazione dà la stura all’autore a parlare delle varie “minacce alle arance e alle banane” in questo mondo così confuso, disinformato e così ricco di fake news? Una cosa è certa: “Qualsiasi divisione cellulare normale è accompagnata da circa trenta mutazioni casuali, e non sappiamo se siano positive o negative.” – oppure neutre.
Il ventiduesimo capitolo è Il momento d’oro di CRISPR, che a mio parere deve ancora arrivare. Leggendo il saggio di Davies ho acquisito sempre di più la consapevolezza che, essendo economicamente proficua, la mutazione artificiale in genere, e quella CRISPR in particolare, avrà per l’umana stirpe la medesima importanza dell’invenzione del motore a scoppio e dello sfruttamento dell’elettricità, se non di più. Non è insensato che si possano creare geni della scienza e della tecnica che saranno in grado di condurre chissà dove questa nostra assurda specie animale. Kevin parla di quei grandissimi geni di David Liu, Alexis Komor e di Andrew Anzalone (costui è forse originario di Pixuntum Cilento?). Essi paiono i rappresentanti di una lega di superuomini, ognuno diverso, ognuno in fondo perso… dentro i geni suoi…
“Per metterla in prospettiva, tenete presente che in ciascuna delle vostre cellule, pari a 10.000 miliardi, il genoma sta costantemente mutando.” L’ABE non è da meno: “ha corretto le mutazioni e azzerato la produzione di progerina.” Quanto i topi trattati siano più longevi “Liu non può saperlo con esattezza.” – sarà il tempo a dirlo. “‘Siamo davvero entusiasti’, ha detto, e adesso passerà ‘con cautela ma in fretta’ a trasferire il trattamento rivoluzionario dai topi ai bambini e alle bambine.” Chi vivrà, e muterà, vivrà. Il discorso al momento rimane aperto a chiunque: ex comici, ex calciatori (anche ex deputati) ed ex annunciatrici comprese.
Si cerca un metodo sempre più intelligente e rapida sostituzione genetica, “indipendentemente dalla lettera e dalla sua posizione.” – il che rammenta il passaggio tecnologico che nei decenni scorsi condusse alle prime forme di intelligenze artificiali nei computer.
“… la natura usa concetti simili al prime editing ma per scopi differenti.” – ora che Dio si è serenamente spento, l’uomo cerca di sostituirsi alla Natura (molto più affidabile e duratura). Dopo la “presentazione di Liu del prima editing a Cold Spring Harbor”, Doudna ha dichiarato: “Avevo letteralmente i brividi della schiena” Vari paragoni con tale eccelsa scoperta: “Una nuova razza di cani”, “un nuovo supereroe che entra negli Avengers”, “una stella dello sport universitario che si prepara a entrare nella lega professionistica”. Spiega Liu: “Se uno qualsiasi di questi tre momenti di accoppiamento fallisce, il prime editing non può proseguire.” – si intende con questo la serie di passi che conducono alla variazione genetica.
Il penultimo capitolo è Evoluzione volontaria. Lee Silver ha detto: “la gente non userà il sesso per riprodursi”. Sarebbe “troppo pericoloso lasciare l’eredità al caso.”
Probabilmente, prima o poi: la gente non userà più il sesso, e dirà: Niente sesso, siamo umani! Ora si arriva al dunque: “Ma la domanda da un milione di dollari è: che cosa faremo?” – da notare che la domanda costa meno della metà del farmaco CRISPR.
“Come ha scritto il biologo evoluzionista Marke Pagel prima della disfatta di JK. ‘i primi umani veramente e fortemente progettati non sono solo un argomento da fantascienza, sono alla nostra porta e aspettano di essere ammessi.” Come sarà quell’uscio? Sbarrato, socchiuso, spalancato, scardinato? E chi sorveglierà l’entrata? A chi sarà consentito l’accesso? Quanto costerà accedere?
Pericolo (uno dei tanti): “L’immunità al bacillo del vomito invernale sarebbe bella, ma disattivare il gene FUT2 aumenterebbe il rischio di morbo di Crohn e di cancro al colon. Non ci sono posti gratis nel pool genetico umano.” Si tratta di atroci casi umani che preferirei al momento evitare.
“Parecchie compagnie biotech, a quanto pare sostenute dai miliardari della Silicon Valley angosciati dalla propria mortalità, stanno cercando disperatamente geni che possano rallentare il processo di invecchiamento.” – mi sentirei di consigliare loro, in alternativa, il percorso di Siddharta (sia quello storico che quello letterario).
Ci sono già mostri (nel senso di casi umani inquietanti) geneticamente diversi dalla massa: chi non necessita che di qualche ora di sonno giornaliero (mi viene in mente un passato politico italiano che era portatore del medesimo carisma e penso che l’Italia sarebbe migliore se egli avesse dormito un po’ di più). Oppure quella donna che è portatrice sana di un livello infimo di colesterolo. Oppure di quel bambino insensibile al dolore che, per gioco, si schiantò al suolo gettandosi dal punto più alto della sua dimora. C’è allora chi favoleggia e chi teme “di creare dei ‘supersoldati’ con coraggio, resistenza e forze aumentati.” Per fortuna (nel senso latino di caso fatidico), “la prospettiva di modellare con precisione parecchi geni contemporaneamente in un embrione umano, e ottenere l’esito auspicato, non è al momento fattibile. Ma non sarà così per sempre.” Si parla di decine di anni. Bene! O male? O chissà chi lo sa?
“E se, nel nostro nuovo mondo, in questo futuro genetico, le cliniche CRISPR decidessero di inserire altezza o capacità matematiche o colore della pelle o persino l’intelligenza nel menù?” Mi limito all’altezza: è possibile concepire un Groucho Marx, un Woody Allen, un Totò e un Renato Rascel alti un metro e novantaquattro?
La Natura, saggia o folle che sia, ama talvolta inseguire l’eccezione, la cui etimologia indica quel che si trae fuori (dalla normalità per produrre la novità). Se tu spari una particella essa andrà dove vorrà: in genere il suo tragitto si concluderà al centro dello schermo, oppure un po’ ai lati, oppure chissà dove. L’effetto tunnel quantistico permette una transizione ad uno stato impedito dalla meccanica classica. Quindi, per andare oltre, bisogna recedere da qualsiasi assoluta e imprescindibile classicità, mantenendo solo quelle localmente necessarie. Sic transit gloria genii.
Ulteriore domanda: “… ma il genoma umano è davvero il retaggio dell’umanità? Un sacrosanto patrimonio dell’umanità da conservare e proteggere come un capolavoro senza prezzo? Guardare ma, prego, non toccare?” Io credo che sia un patrimonio. Che si possa toccare o meno dipenderà dalle regole che l’uomo, nature oppure geneticamente editato, deciderà di volta in volta.
“… dal punto di vista pratico, editare un embrione umano è assai più sicuro del trattamento di un bambino o di un adulto.” Diciamo che è soprattutto diversamente incerto. Dopo l’eventuale editing, “ogni futuro bambino e discendente riceverebbe l’editing gratis…” – sempre che la natura dispettosa non procedesse a una diversa pubblicazione biologica.
“L’alternativa a un figlio geneticamente migliorato ‘non è un figlio il cui futuro sia slegato da particolari talenti bensì uno alla mercé della lotteria genetica.” – e qui l’autore dimostra che il problema lo puoi osservare da ogni lato e che da ognuno di essi la visione che ne risulta è diversa.
“Quando la gente parla di etica del metodo CRISPR, il 90% del discorso dovrebbe vertere, e forse verte, sull’equa distribuzione della costosa tecnologia.” – a monte, però, caro Kevin, vi è il discorso generale della giustizia economica, non solo nel paese in cui viviamo, ma dell’intero pianeta.
“Chi è contrario all’editing della linea germinale sostiene che perderemmo in diversità, aggravando lo stigma e la discriminazione che deve affrontare chi è disabile o soffre di altre condizioni genetiche.” – in questo caso varrebbe il principio che ogni valore nuovo, necessariamente, ne oblitera uno precedente. Occorre in tal caso condurre a fondo una disamina che stabilisca quale dei due sia effettivamente migliore, e in che senso.
L’autore narra la vicenda di una coppia di genitori di una bambina disabile che si dichiarano affezionate non solo alla figlia, ma anche alla sua particolarità, e che arrivano a dire che il mondo è migliore perché “ci sono figlie come Ruthie”. Non dubito che la loro affermazione non contenga un pezzo di verità. Credo però che a essa siano giunti durante un percorso esistenziale assai arduo. Ignoro però se la loro opinione al momento dell’insorgere della problematica fosse lo stesso di oggi. Infine: non per tutti i genitori e i figli disabili è certamente così. Il discorso è così personale che mi pare impossibile, almeno per me, esprimere un pregiudizio. Io ho amato una mia consanguinea anche (e forse soprattutto) quando si aggravò la sua demenza senile. Similmente voglio bene a un mio affine affetto da alcuni disagi psichici: però il (mio) mondo sarebbe stato almeno impalpabilmente più semplice da esistervi, se entrambi i miei cari avessero risolto i loro problemi di salute (entrambi di origine genetica). Ormai, dici bene, Kevin: “il dibattito è passato dal cambiamento della specie al cambiamento dell’individuo.”
Ventiquattresimo e ultimo capitolo: Basi piene. Poco da segnalare, sennò che alcuni dei cosiddetti geni dell’editing genetico abbiano cercato di affrontare il problema della pandemia che da un paio d’anni sta torturando il mondo. In bocca al lupo!, mi sento di dire, nonché di aggiungere un salvifico Crepi!
Ultimo capoverso del capitolo: “La tecnologia CRISPR si sta muovendo più rapida della società. Verso dove dipende da tutti noi.” Anche da me. Anche da te. Non si sa in quale misura però.
In realtà l’ultimo capitolo è Ringraziamenti: che culmina con una splendida battuta, che dà l’idea del fair play di Kevin Davies, il sapiente ed esaustivo autore di questo saggio. Dopo aver ringraziato un po’ tutti, dice: “Qualsiasi errore rimasto (di editing o altro!) è esclusivamente mio.”
D’ora in poi, anche mio, caro compagno di s(ventura). Quando uno scrive un libro (e scrivere sarà un atto sensato soltanto finché esisterà questa mefistofelica e al contempo santa bio-diversità genetica), la sua creazione verrà sottoposta a qualche CRISPR più o meno critico e più o meno spiritoso, che la muterà geneticamente, trasformandola in un qualcos’altro. Migliore? Peggiore? Ugualmente importante? Quien sabe, risponderebbe il mio cowboy preferito (Tex Willer). Che è anche quello meglio edito geneticamente.
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
Kevin Davies, Riscrivere l’umanità, Raffaello Cortina Editore, 2021