“Yoga” di Emmanuel Carrère: un percorso di meditazione
Non sta certo a me dire chi sia Emmanuel Carrère. In moltissimi lo conoscono. E forse scriverne a partire dal suo ultimo libro non ha senso di per sé: ma ne ha per quello che egli racconta.
Carrère ha scritto questo volume intitolato “Yoga” nel 2020 e la traduzione italiana è uscita quest’anno per Adelphi.
In questa sorta di autobiografia l’autore racconta della sua esperienza con lo Yoga, inteso non soltanto come la pratica correntemente nota, ma come il più complesso percorso di meditazione che esso comporta.
Anche tale processo, tuttavia, è a valle di quella che è la nozione stessa di Yoga. Su questo Carrère è molto preciso almeno in due punti.
Il primo è il seguente: “Ed è proprio questo il significato originario della parola yoga: attaccare insieme, a uno stesso giogo, due cavalli o due bufali”; il secondo un passaggio molto simile: “E, lo ricordo, è proprio questo l’originario significato della parola yoga: giogo al quale si attaccano, insieme, due cavalli o due bufali”.
Da questi due passaggi emerge che lo Yoga implica una costrizione: eppure in questa costrizione c’è la libertà. Infatti questa attività insegna al praticante a fare qualcosa che in genere non è dato fare: tenere insieme due cose, diverse, eppure inseparabili, come nel respiro lo sono inspirazione ed espirazione.
Lo Yoga non è solo il tenere insieme due elementi, ma anche imparare a essere consapevoli di ciò, ovvero del respiro stesso. Per questo, in effetti, nell’ambito delle lezioni di yoga tout-court, in ogni esercizio c’è sempre un’associazione tra un movimento corporeo e uno aereo.
Scegliere è il cruccio di tutti; scegliere implicare selezionare e quindi prendere qualcosa e respingere altro. A mio avviso la lingua greca è indice di ciò: αἱρέω, prendere, ha tra le radici (σ)ελ, la stessa che si ritrova nel latino eligo e nell’italiano selezionare, scegliere.
Non è un caso se il Dizionario etimologico curato da Chantraine lo distingue fortemente da λαμβάνω (Pierre Chantraine, Dictionnaire etymologique de la langue grecque: histoire des mots, 2 voll., Klincksieck, Paris 1983, 1984, p. 38).
Eppure il greco conosce il duale, ovvero un modo di fondere insieme due enti come un binomio inscindibile.
E lo Yoga abitua a prendere e a lasciare andare, il respiro, come la vita: non è un aut… aut, ma un vel… vel.
A conferma di questa mia riflessione, faccio notare che Carrère cita esempi tratti dal pensiero cinese e dai dialoghi platonici: “Sono mutevole, siamo tutti mutevoli, il mondo è mutevole. L’unica cosa che non muterà mai è il fatto che tutto muta, in continuazione. È quello che dicono l’I Ching e tutto il pensiero cinese. Non sono gli unici a dirlo: lo dicono anche Platone nel Fedone, L’Ecclesiaste – ‘C’è un tempo per nascere e un tempo per morire… un tempo per amare e un tempo per odiare…’ – e il semplice buonsenso: dopo la pioggia viene il sereno”.
Del resto nel pensiero aurorale già Anassimene aveva individuato nell’aria il principio di vita, affermando che aria esterna e aria interna (respiro) fossero l’identico.
Troppo spesso si mettono in opposizione pensiero occidentale e orientale: tuttavia è ancora una volta il linguaggio a unire.
Yoga è una parola sanscrita, e il sanscrito è una lingua indoeuropea, come il greco, il latino, l’italiano e tante altre lingue moderne europee. Le migrazioni indoeuropee nel II millennio a.C. sono l’esempio più emblematico dell’incontro tra Oriente e Occidente. E, come scrive Carrère: “Lo yoga nel senso in cui lo intendiamo noi doveva già esistere a quei tempi se Plutarco racconta che i soldati di Alessandro Magno, arrivando nella piana del Gange, si stupirono nel trovarvi quelli che definirono ‘gimnosofisti’, gente che contorcendosi cercava di raggiungere la saggezza, in altri termini degli yogi”.
Tuttavia lo yoga come lo intendiamo noi presuppone di fondo l’acquisizione dell’unica posa ammessa per raggiungere la saggezza, l’immobilità. Anche la pratica dello yoga, del resto, nella misura in cui può renderci migliori, ci educa a raggiungere l’equilibrio fisico, mentale, affettivo.
Carrère non manca dell’ironia di dire che, in termini razionali, c’è di meglio da fare che stare a meditare seduti su un cuscino; e tuttavia, stando seduti, poi si sta meglio.
Senza entrare nello specifico della trama di questo romanzo autobiografico sui generis, faccio notare però che Carrère non riesce completamente a lasciarsi andare, ovvero a dimenticarsi di essere tanto scrittore quanto narcisista: “E cerco di diventare una persona migliore perché così sarò una scrittura migliore […] Ma scrivo anche per essere acclamato e ammirato, e questa non è di sicuro la maniera migliore per diventare una persona migliore”.
Buona meditazione a tutti e ad maiora!
Written by Filomena Gagliardi
Bibliografia
Emmanuel Carrère, Yoga, Adelphi, Milano 2021, 312 pagine, 20 euro