“L’isola del Dottor Moreau” di H. G. Wells: l’estrema fuga dell’uomo da se stesso

Un certo Carlo Edoardo Prendick rinviene tra le carte dello zio Eduardo il racconto delle avventure di questi che gli erano occorse alcuni decenni prima.

L’isola del dottor Moreau di H. G. Wells
L’isola del dottor Moreau di H. G. Wells

“Il lettore comprenderà che quanto accadeva intorno a me, nonostante la stranezza dei particolari, non era altro che il risultato di avventure così inaspettate da togliermi la facoltà di discernere, a prima vista, l’anormale bizzarria delle cose che mi circondavano.”

Le peripezie di Eduardo precedenti all’arrivo all’isola governata dal dottor Moreau sono avvincenti, ma si ha l’impressione che siano servite all’autore per preparare il lettore a quello che avverrà, e poco c’entrano con la morale della favola.

Eduardo è accolto poco volentieri da chi sta gestendo l’isola, il dottor Moreau, che gli dice: “Mi rincresce, signor Prendick, di non mettervi a parte delle cose nostre, ma dovete capire che non siete stato invitato e che tuttavia vi abbiamo accolto. Il nostro piccolo stabilimento nasconde veramente un segreto; è una specie di camera di Barbablù! Per un uomo ragionevole non c’è nulla di spaventoso; ma per ora… poiché non vi conosciamo… dovete permetterci…”

Dice che non c’è nulla di spaventoso. Chissà!

“Il vecchio contrasse le labbra in un debole sorriso. Era uno di quegli individui che sorridono abbassando gli angoli della bocca…” – ho provato a farlo anch’io e lo specchio mi ha restituito un’immagine inquietante.

“L’oscurità delle cose che mi circondavano alterava la mia immaginazione, così come ogni ombra mi appariva come qualcosa più di un’ombra. Ogni mormorio mi arrivava all’orecchio come una minaccia: mi pareva quasi che alcuni esseri invisibili mi sorvegliassero.”

Eduardo si ricorda di un dottor Moreau che, in seguito a un fatto increscioso, “era stato costretto a lasciare l’Inghilterra”, dopo che “un disgraziato cane scorticato e mutilato era riuscito a scappare dalla casa del dottor Moreau e a fuggire nelle vie.”

E il pensiero che forse nell’isola si praticava la vivisezione umana terrorizza Eduard.

“E rapidamente tutti i confusi orrori cui avevo pensato si condensarono nella visione chiara e netta del pericolo che correvo.”

Egli teme di essere la prossima vittima! E medita di annegare, piuttosto che farsi mettere il bisturi addosso. Ma lo trattiene “la curiosità di vedere la fine di quell’avventura…”

Egli è un (mezzo) studioso di scienze, allievo, come il suo autore H.G., di Thomas Henry Huxley, eminente filosofo e geniale biologo.

Incontra di nuovo (l’aveva già incontrato al momento dell’approdo sull’isola) un essere scimmiesco che “mi rivolse una specie di sorriso di immensa soddisfazione, e ricominciò a far roteare le pupille…” – una specie di Cheetah evoluta, con qualcosa di quasi umano nei gesti e nel comportamento: “… mi domandavo se la memoria del passato fosse ancora presente in lui.”

Alla semplice domanda: “Da quanto tempo sei in quest’isola?” – egli non sa rispondere e “quell’individuo mi sembrava poco più di un idiota.” – un prossimo di tipo umano, con qualcosa di misterioso, come se gli mancasse non solo un venerdì, ma qualcosa di più profondo.

Tra quei misteriosi abitanti dell’isola, c’è un sedicente “Araldo della Legge” che guida una specie di cantico etico di “quelle strane creature”: “Non andare a quattro gambe; questa è la Legge. Non siamo noi uomini?” e, una dopo l‘altra, diverse eticità che culmina con quella che appare come la più importante: “Non dar la caccia agli uomini; questa è la Legge. Non siamo noi uomini?

E su quest’ultima domanda ci sarebbe molto da discutere.

Eduardo viene rassicurato dal dottore e da Montegomery, il suo primo assistente: non sarà oggetto di sperimentazione. Però dice loro: “Quelli prima erano uomini… e ora, che cosa sono?

Moreau, che è un ottimo attore, gli spiega in latino: “Hic non sunt homines: sunt animalia quae non habemusvivisezionato. È un mio processo di umanizzazione.”

In altre parole, con procedure chirurgiche e psicologiche si sta cercando di produrre in serie nuovi individui quasi umani, e quel quasi la dice lunga su quel che saranno i loro diritti.

E se la cosa può arrecare dolore, chi sa dire con esattezza cosa sia questa sensazione?
“… anche sulla Terra, anche in mezzo alle cose viventi, che cos’è il dolore?”

Il dottor Moreau si sente ontologicamente diverso dal prossimo, e questo pare il suo problema principale: “E poi io sono religioso, Prendick, come deve esserlo ogni uomo saggio. Può darsi che abbia visto più addentro alle vie del Creatore del mondo che non voi, perché ho cercato le sue leggi a mio modo durante tutta la vita, mentre voi non vi siete occupato d’altro che di raccogliere farfalle. E io dico che il dolore e il piacere non hanno nulla a che vedere con il cielo e con l’inferno.”

Il dottore è colui che è in grado di illustrare al mondo le leggi di Dio e il significato delle cose.

“Lui mi spiegò che la loro relativa sicurezza era dovuta al limitato livello intellettuale di quelle bestie. Nonostante la loro accresciuta intelligenza e alla tendenza agli istinti animaleschi a risvegliarsi, avevano alcune idee fisse impiantate da Moreau nelle loro menti, che condizionavano enormemente la loro volontà. Erano davvero ipnotizzate: era stato detto loro che certe cose non si potevano fare, che altre non si dovevano fare, e tali proibizioni si erano impresse tanto bene nei tessuti del loro cervello, da togliere ogni possibilità di disobbedienza e di contestazione.”

Dei perfetti cittadini-schiavi!

Anche fra quelle umane bestie ci sono però differenze: chi ha cinque dita… segno di superiorità razziale. Altri ne hanno alcune in meno, altri quasi nessuna.

A guardarle meglio, anche Prendick capisce che: “vedendo quella creatura in quell’atteggiamento del tutto animalesco, con quella luce scintillante negli occhi e le membra deformate, contorte dal terrore, mi persuasi del tutto della loro non umanità.”

Quando uno di loro (“l’uomo leopardo”) fu soppresso: “erano tutti molto eccitati e con espressioni violentemente chiassose cercavano di far constatare la loro fedeltà alla Legge”.

Per cui, Prendick: “dopo sei settimane appena, abbandonai ogni sentimento di antipatia e di repulsione per quegli infami esperimenti di Moreau”, eppure: “la mia idea era di andarmene lontano da quelle orribili caricature dell’immagine del mio Fattore e di tornarmene in mezzo agli uomini normali.”

Chissà se Eduardo potrà mai incontrare di nuovo uomini normali?

Chinua Achebe
Chinua Achebe

La situazione è però instabile e Chinua Achebe direbbe che: Le cose crollano, prima o poi.

“Sentivo che per Montgomery non c’era più speranza di salvezza, poiché in realtà egli era mezzo imparentato con quegli esseri animaleschi e non era più adatto a vivere in mezzo all’umanità.” – a quella ontologicamente umana s’intende.

Eduardo è l’unico rimasto dei totalmente umani e deve ora gestire un numero impressionante di bestie umane.

Ha però imparato la lezione: “‘Salutate!’, ordinai. ‘Inchinatevi!’”

Nei vari tafferugli, anche “L’Araldo della Legge disgraziatamente era morto!”

Per cui, Eduardo, vecchio mio, ti conviene scappare al più presto. Nel frattempo, quelle bestiacce, che stanno riprendendo la loro selvaticità e smarrendo l’ormai inutile umanità, ti indicano come procurarti il cibo, quando tu “quasi implorando” lo chiedi loro.

Fedele più degli altri è ovviamente “l’uomo cane”, che ti dice, a ogni zampa sospinta, come farebbe un indigeno del terzo mondo: “Sì, padrone.” – e tu gli offri benignamente la “mano per un altro bacio.

Quando minacci di uccidere le bestie non più tanto umane che si stanno ribellando, lui ti assicura: “Chi il padrone vuole ammazzare, il padrone lo ammazza.”

E anche: “La volontà del padrone è sacra!”

Dai, scappa, uomo, prima che anche quel canide cambi idea!

Quando gli dici che “la Casa del Dolore è finita”, lui ti dà ancora ragione.

Tutti rimasero scossi dalla mia sicurezza. Un animale può essere furbo e feroce abbastanza, ma occorre che sia un vero uomo per mentire.”
Questi strambi bestioidi sono incapaci di dire bugie e ignorano il sacro valore dell’antifrasi.

Nel corso di quasi un’ora, convinsi realmente alcuni di quegli esseri bestiali circa la verità delle mie asserzioni e ridussi tutti gli altri a uno stato di dubbio.”

Anche fra loro i rapporti sono a rischio: “La iena suina mi evitava e io ero sempre all’erta. Il mio inseparabile uomo-cane la odiava e allo stesso tempo la temeva intensamente.”

Una specie di bradipo, che tu chiami tardigrado, ama le parole difficili, “quelle che non volevano dire niente” che erano per le sue non così indolenti orecchie “il giusto modo di fare un discorso”.

Adorava soprattutto le cose che non capiva: “… aveva sviluppata meravigliosamente la stupidaggine che distingue l’uomo, senza perdere nulla del naturale cretinismo delle scimmie.” – un vero primatista fra i primati.

Alcune bestie modificatecominciavano a trascurare i parametri della decenza, per la maggior parte deliberatamente”, ma non vuoi “proseguire su questo sgradevole argomento.”

Intanto “il mostro” che non ti sopporta sbrana l’uomo cane e si scaglia contro di te, ma tu lo ammazzi… come una iena suina. Dai, adesso fatti una zattera e va’…

Purtroppo non sei in grado di costruirla. Come si dice dalle mie parti t ē studiê trôp, sei troppo intelligente e acculturato per riuscire a compiere un lavoro manuale.

Quando la situazione si fa sempre più perigliosa, con quel tocco di fortuna che non ti ha caratterizzato ultimamente, trovi il modo di tornartene a casa.

“È strano, ma non provavo alcun desiderio di tornare tra l’umanità. Ero soltanto lieto di essermi liberato dalle pazzie di quelle bestie mostruose.”

Tra córer e scapêr, dicono sempre dalle mie parti, tra correre e scappare la differenza rientra principalmente nella glottologia, cambiando soltanto la ragione di chi corre per scelta e di chi lo fa per necessità.

“Si dice che il terrore sia una malattia e, comunque, io posso testimoniare che, per parecchi anni, timore e ansia hanno pesato sul mio spirito, simili a quelli che posso provare un leone domato solo a metà.”

Stavi diventando un uomo-leone?

“Il mio malessere assumeva le forme più strane. Non riuscivo a persuadermi che gli uomini e le donne che incontravo non fossero un altro popolo di animali passabilmente umani, plasmati con l’immagine esterna della nostra specie, ma che sarebbero presto regrediti fino a mostrare ora questo ora quel segno bestiale.”

Herbert George Wells in 1943
Herbert George Wells in 1943

Ebbene sì, maledetto mister Prendick: siamo tutti mezzi uomini e mezze bestie, finalmente ci sei arrivato!

Allora guardo gli uomini intorno a me e vivo nel timore.” – stai accorto, ominide!

Sento come se l’animalità che è in loro dovesse rivelarsi; sento come se la degradazione degli abitanti di quell’isola dovesse ripetersi su più vasta scala.”

Gli sguardi umani, le loro voci, ti perseguitano ovunque:Allora tornavo indietro, entravo in qualche chiesa, ma anche là il mio malessere continuava…” – anche il predicatore pareva irriderti.

Ora hai lasciato la città e convivi, parli, ti relazioni solo coi libri. Ma sta’ attento, anche lì c’è l’anima umana, ma è racchiusa in un incantesimo che è pericoloso liberare.

Passo anche molte delle notti chiare nello studio dell’astronomia. Trovo, quantunque non ne conosco l’origine né la causa, che un senso d’infinita pace scenda dagli scintillanti eserciti del cielo.” – purché le sue milizie non scendano da noi e ci trattino come il dottor Moreau faceva con le sue creature.

E tu, H.G., cosa mi dici? Com’è che, leggendoti, ogni volta divento sempre più paranoico?

“Penso che nelle vaste ed eterni leggi della materia, e non già nelle cure giornaliere e nei peccati e nei fastidi degli uomini, la parte elevata di noi può trovare sollievo e speranza.”

Io punto invece a ritirarmi al di sotto di quello spazio di Planck dove le leggi, sempre che ve ne siano, sono insondabili per l’umana ragione…

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

H. G. Wells, L’isola del Dottor Moreau, Newton, 2017

 

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