“Midnight Swan” di Eiji Uchida: Far East Film Festival 2021, Sezione Competition
Nel primo dei tre celeberrimi balletti musicati da Pëtr Il’ič Čajkovskij, le fanciulle poste sotto l’incantesimo del mago Rothbart assumono forma umana solo durante la notte; nel più recente lungometraggio di Eiji Uchida è invece un eccesso di “umanità” a trattenere i protagonisti dal librarsi come eleganti cigni selvatici.

La passione per la danza è il viatico che permette a Ichika e Nagisa di affrontare un’amara quotidianità: lei è una studentessa riservatissima, sostanzialmente priva di amici e maltrattata dalla madre alcolizzata, dalla quale grazie a una denuncia viene sottratta per essere affidata a lui, zio che rassomiglia più a un lontano parente e, mettendo subito in chiaro di non essere disposto a tollerare seccature, sostiene di odiare i ragazzini.
Due caratteri apparentemente inconciliabili, se non fosse per l’avvicinamento di Ichika alla scuola di ballo frequentata da Rin, l’unica coetanea alla quale ella dà un minimo di confidenza; anche Nagisa coltiva il linguaggio del corpo, volteggiando goffamente in un locale notturno, e da quando si accorge dei benefici che la nipote trae dall’allenamento, muta opinione e provvede di tasca propria al pagamento della retta, via via più onerosa con il progressivo perfezionamento della tecnica e l’avvicinarsi di un concorso che rappresenta una preziosa opportunità per le giovani ballerine.
Accanto alle ambizioni di Ichika, Uchida pone però il calvario tutt’altro che scontato di cui si fa carico la figura maschile, la quale sta compiendo una cura ormonale per completare la sua transizione al sesso opposto; pur potendo contare sulla solidarietà di un gruppo di colleghe con cui anima le serate del club en travesti, Nagisa è obbligato a scontrarsi coi pregiudizi, il ribrezzo e l’ostilità che provengono da vari fronti: il luogo di lavoro, l’ambiente scolastico, la famiglia.
“Midnight Swan” si muove lungo queste due direttrici, riproponendo di conseguenza l’ormai annosa questione se sia meglio che un minore cresca all’interno di una famiglia naturale in cui violenze e negligenze educative sono all’ordine del giorno oppure venga assegnato a un genitore putativo che, pur vivendo un proprio dissidio interiore-esteriore o avendolo da tempo superato, potrebbe essere in grado di assicurare un avvenire sano e promettente.

Certamente Misaki Hattori e Tsuyoshi Kusanagi risultano credibili nei panni dell’adolescente introversa e problematica e del transessuale tormentato ma di buon cuore, entrambi ostacolati da quanto di più biecamente “umano” li circonda e minaccia; a entusiasmare un po’ meno è l’ordinarietà della regia, sì funzionale alla libertà d’espressione dei personaggi ma generalmente limitata nell’invenzione (tralasciando la spettacolare, ancorché prevedile, uscita di scena di Rin).
Voto al film:
Written by Raffaele Lazzaroni
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Rubrica Far East Film Festival