“Colpevoli” di Sandra Bonsanti con Stefania Limiti: Gelli, Andreotti e la P2 visti da vicino

Il mio amico Nicola, nativo di Racalmuto, il paese di Sciascia, mi ha regalato il saggio Colpevoli di Sandra Bonsanti con Stefania Limiti dicendomi che ne avremmo parlato durante qualche camminata alle Caprette, il parco più social di Reggio Emilia.

Colpevoli di Sandra Bonsanti con Stefania Limiti
Colpevoli di Sandra Bonsanti con Stefania Limiti

L’ho divorato in meno di due giorni, al termine dei quali la mia prima reazione è che ci sia al contempo troppo e troppo poco da dire, e che in Italia siamo tutti nella M, Mefistofelica lettera con cui cominciano varie e terribili parole: come prima accezione mi viene in mente madre, Madre Italia, e come ultima mamma, Mamma mia!

Una buona educazione esige il rispetto di chi può esserti padre, o padrino. Prendiamo un discorso del giornalista del corriere Luigi Bianchi: Voi al giornale avete tutti paura di Tassan Din e invece Tassan Din è l’ultima ruota del carro. Quando si fanno le riunioni qui da me, Tassan Din, che di solito viene, è sempre rispettosissimo. Quando poi arriva un certo Ortolani, si genuflette. Se poi arriva un certo Calvi, tutti e due si mettono in ginocchio e, se viene anche Gelli, si genuflettono tutti. A meno che non partecipi Giulio…”

Una specie di scatola cinese, anzi, è meglio dire che si tratta di una serie quasi infinita di frattali, uno assimilabile all’altro, nessuno dei quali è uguale a un altro, che formano una congrega di tipo piramidale, al cui vertice c’è lui, quello che Craxi definì senza definire Belzebù, sotto c’è colui che il medesimo statista indicò senza indicare Belfagor. Di nome Craxi faceva Bettino.

La domanda che tormenta:che genere di sodalizio poteva essere stato quello fra il più importante e potente uomo politico del dopoguerra e il Gran Maestro di una loggia segreta della massoneria? E perché Andreotti aveva sempre negato, sempre minimizzato, anche quando era stato interrogato dalla commissione Anselmi?

Egli negò sempre ogni collegamento fra lui e il capo della P2 (sigla di Propaganda2): “L’esistenza della loggia P2 l’ho appresa solo negli ultimi anni, quando sono insorte le polemiche, nel periodo successivo ai miei incarichi di governo.”

Licio Gelli? Ne aveva una conoscenza casuale e saltuaria… “Il copione è ormai quello.”

L’autrice principale, Sandra Bonsanti, celebre giornalista, scrittrice e politica, cita Balzac: “Ci sono due storie: la storia ufficiale, menzognera, quella che si insegna, la storia ad usum delphini; e la storia segreta, nella quale si trovano le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”

Gli storiografi, quelli onesti, attingono alle fonti e creano la Storia, disciplina umanistica per eccellenza, perché narra le vicende umane da ricordare, dopo averle rintracciate nelle fonti, eventualmente falsificate, cioè scientificamente verificate, e alla fine riportate, corrette fino alla successiva falsificazione.

Di recente mi è capitato di rivedere (facilmente reperibile su Youtube) il celebre dibattito televisivo avvenuto nel 1976 fra gli storici Renzo De Felice e Denis Mack Smith, che mi parve allora (ma ero poco più di un ragazzo) e mi sembra sempre di più ora, che sono passati 45 anni, un dialogo fra sordi, ognuno convinto che l’altro dica sciocchezze improbabili.

Eppure il tema non era difficile: la moralità del Duce, anche dal punto di vista dei vantaggi economici carpiti dalla famiglia a spese della comunità: assodati secondo l’uno, irrisori secondo l’altro.

Loggia P2
Loggia P2

Il capo partigiano Egidio Baraldi fu condannato a 23 anni per l’omicidio di Ferdinando Mirotti, avvenuto nel 1946, e ne scontò 7 in carcere. 52 anni dopo la revisione del suo processo si concluse con la sua assoluzione.

Alceste Campanile fu ucciso nel 1975. Pista nera o pista rossa? Questo fu il problema.

A seguito della confessione di Paolo Bellini, la risposta provvisoriamente definitiva è pista nera. Chi vivrà vedrà. La Storia non è un semplice romanzo, ma un serial interminabile, di carattere scientifico, in ogni istante falsificabile.

Ma ciò che un regime democratico non può sopportarespiegava Bobbio, “ciò che è assolutamente inammissibile è l’esistenza di un potere invisibile che agisce accanto a quello dello Stato, insieme dentro e contro, sotto certi aspetti concorrente, sotto altri connivente, che si avvale del segreto non proprio per abbatterlo ma neanche per servirlo, per aggirare impunemente le leggi…

Flaminio Piccoli, uno dei politici democristiani più importanti del periodo, “mi disse che i capi del partito si riunivano clandestinamente in certe soffitte della capitale…”, ma per quale ragione?Perché non dovevamo far sapere nulla ad Andreotti, che tra noi chiamavamo ‘la prima lettera dell’alfabeto’”.

M è la Mediana.

Il motivo principale era chesi nascondevano ad Andreotti perché sapevano che era molto ‘vicino’ a Gelli e alla P2.”

Un servizio è qualcosa che si offre, che si presta. Viviamo però in una realtà in cui esso diventa qualcosa che si desidera tenere per sé, ad esempio il Ministero degli Interni: “… quel posto è sempre stato della Democrazia Cristiana; è nostro, non lo cederemo mai e poi mai” – come “dicevano anche i dc meno compromessi. Dunque, chissà cosa c’era e c’è da scoprire, al Viminale. Quali armadi della vergogna. Quale ramificazione del potere occulto…”

Serve ricordare l’etimo di Ministero? Minister significa servo, e ha relazione con minus; essendo all’opposto di Maestro, che ha la stessa radice di magis, magnus. Grande Maestro, piccolo ministro.

Eppure quell’osservanza, quel servire fa gola a chi è avido di potere, perché, pur essendo meno prestigioso di chi è maggiore, chi è minore, guarda dall’alto tutti gli altri, i Minimi, tranne il suo protettore: una Massa priva di dimensioni, di diritti, di opportunità, se non quella di augurarsi il meno peggio.

Nando Dalla Chiesa, scrittore, sociologo e politico italiano, secondogenito del generale Carlo Alberto, scrive: “Statista e protettore dell’anti-Stato. Andreotti è il Tutto della politica. Ma in lui i contrari non si elidono. Perché tra ciò che viene omaggiato formalmente e ciò che viene praticato sostanzialmente vince, ovviamente, la sostanza.”

È una diade umana che funziona proprio in virtù della sua doppiezza.

Sto pensando a Mario Tuti, fondatore del Fronte Nazionale Rivoluzionario, condannato all’ergastolo per omicidio, che afferma: “È evidente che per scuotere l’inerzia delle masse può essere a volte necessario colpire nel gruppo in modo indiscriminato.”

Ora Tuti è in semi libertà, si dichiara pentito e addolorato quando ripensa al passato e, a suo dire, non ucciderebbe più.

Il suo ragionamento di allora significava che, per raggiungere un fine, folle o idealistico che sia, qualsiasi Mezzo, anche atroce, è giustificato. Anche le bombe nelle piazze, nelle stazioni, sui treni. Che in definitiva è la logica normale della guerra, dove quel fine è solo quello di vincere. Vincere e vinceremo! Come, ad esempio, i bombardamenti in terra di Palestina, con numerosi civili massacrati.

Tina Anselmi, democristana, Presidente della Commissione d’inchiesta sulla loggia P2, scrisse che, per capire certi fatti, occorre: “riconoscere che Gelli stesso è una persona di appartenenza ai servizi, perché solo ricorrendo a tale ipotesi trova logica spiegazione la copertura di questi assicurata al Gelli in modo sia passivo (non assumendo informazioni sull’individuo) sia attivo (non fornendone all’autorità politica che ne fa richiesta)…”.

Giulio Andreotti
Giulio Andreotti

Scrive l’autrice che Andreotti: “… spargeva ironia, gelida lontananza verso chi intralciava la sua strada: fossero compagni di partito, giornalisti, politici.”

Andreotti è celebre per le sue antifrasi, come “a pensare male si va all’inferno, ma ci si prende.”, oppure il più celebre: “il potere logora chi non ce l’ha”.

Perché antifrasi: non è escluso che un santo sia di natura maliziosa, né che a pensar male ci si prenda. Ma si dice così per intendere: il problema è in quella persona, anche se non dovrei dirlo, ma lo dico senza dirlo, ne accenno soltanto, ammiccando.

Non ho mai avuto alcun potere politico, ma non mi sono mai sentito logorato per la sua mancanza.

Se lo volessi a tutti i costi e non riuscissi a raggiungerlo, starei invece male. Suggerisce il vecchio Giulio, che mentre lui è al potere, non è debilitato da questa mia condizione, bensì rafforzato. Gli altri invece patiscono per l’invidia.

La coautrice Stefania Limiti lo chiamal’uomo dal doppio livello…”, dotato di una “voce furba e ironica fino allo sfinimento, sempre tra il dire e il non dire”, grande produttore di battute che a me danno tristezza, ma che alcuni ancora ricordano con simpatia e che si potrebbero forse definire geniali (come le due summenzionate).

Aldo Moro. Veniva definito come l’uomo politico italiano che più di altri aveva il senso della Storia.

Giulio Andreotti. Veniva definito come l’uomo politico italiano che più di altri aveva il senso dello Stato.

Qual è la differenza? Che al primo interessava creare per il prossimo un futuro degno di questo nome. Moro era un umanista.

Al secondo importava comandare il territorio dove quel medesimo individuo aveva il destino di risiedere. Cos’era Andreotti?

Al primo interessava servire le persone. Al secondo importava gestirle pro domo sua.

Eppure Aldo Moroche ha interpretato con passione e vero senso dello Stato il patto costituzionale antifascista, si trovò per quattro volte di fronte al segreto di Stato e scelse di opporlo ai magistrati che indagavano su fatti di straordinaria importanza…”

Era una vittima designata dal Potere occulto ma non troppo: “… ripensare oggi alla sorte di Aldo Moro e a quella doppia prigione che lo aveva in consegna: le Brigate Rosse ovviamente; e poi lo Stato italiano, rappresentato da un ministro dell’Interno e dagli investigatori a cui si era affidato, che erano tutti nelle mani di Gelli e dei servizi segreti di cui la P2 faceva capo.”

Cossiga, il politico di cui si sta parlando, fu poi proclamato Presidente della Repubblica.

Era lui il Ministro degli Interni che chiamò Livatino giudice ragazzino, e lo stesso che chiese perdono ai genitori di quel martire ucciso dalla Mafia. “… devo chiedervi io perdono a nome della comunità che rappresento.”

Ma anche chi si spegnerà (serenamente?) a 94 anni, ha rischiato di fare quella fine, quando il 4 novembre 1982 scrive: “… il Kgb mi vorrebbe far fuori…”.

Chissà che sarebbe successo se il naso di Cleopatra fosse stata di mezzo centimetro meno aquilino?

C’era in ballo qualcosa che andava oltre il singolo individuo, o l’insieme di tutti i singoli individui, ed era l’Istituzione, cioè la base su cui sono stabilite una tantum tutte le leggi e le regole della comunità, create per servire il popolo, che diventano inevitabilmente non quello che sta sotto a tutto, ma che, per la sua essenzialità, alla fine sovrasta ogni cosa.

A chi agisce nell’ombra, come osservava Balzac, basta a quel punto inserirsi in capo a tutto, non per sottostare, ma per prevalere, disporre delle risorse, essere privilegiato, cioè usufruire in modo singolare ed egoistico dei benefici della legge.

Tornando alla metafora della piramide: chi è in cima è il più privilegiato, e digradando man mano si assiste a una diminuzione del privilegio, in modo tale che agli ultimi della scala sociale e politica non resta che di accontentarsi della mera sopravvivenza, confidando nel fatto che le vittime del potere paghino, anche con la vita, il costo dell’operazione.

Il libro scritto da Sandra Bonsanti con Stefania Limiti conduce a credere che alcuni individui abbiano violentato per decenni la politica italiana, appena un po’ infastiditi, ma non impediti dal potere giudiziario. E, aggiungo io, premiati dal popolo col voto.

Stefania Limiti - Sandra Bonsanti
Stefania Limiti – Sandra Bonsanti

Andreotti, l’eroe negativo, a suo tempo riscuoteva una certa simpatia presso l’opinione pubblica, anche grazie ai libri in cui egli descriveva, con sottile humour, certe vicende e vari personaggi che hanno fatto la storia italiana e mondiale.

Si diceva di lui che entrava in tutte le trame, ma il tono era sempre scherzoso, come ad attestarne la particolarità unica del suo estro politico.

“Dodici anni: tanto ci volle per arrivare al giudizio finale della Cassazione. Secondo i giudici, Andreotti era stato vicino a Cosa Nostra fino alla primavera del 1980, poi aveva cominciato a dissociarsi fino a promuovere, tra il 1989 e il 1992, nei governi da lui presieduti, provvedimenti in contrasto con la mafia.”

Quest’uomo non godette i vantaggi di pertinenza dei delinquenti dissociati, ma gli si è permesso di guidare una nazione e di essere nominato, per l’insieme dei suoi atti pubblici e privati, senatore a vita. Dopo la morte della scienziata Rita Levi Montalcini, divenne il più anziano di quella schiera di eletti non eletti.

L’unico uomo politico italiano che, nonostante alcuni incidenti di percorso di tipo giudiziario, sia riuscito a rimanere sulla breccia per lunghi anni e in modo continuo, anche se per un periodo decisamente inferiore, è Silvio Berlusconi.

Entrambi sottoposti a numerosi procedimenti giudiziari. Entrambi riemersi da quelle tempeste senza eccessive ferite.

Tra i due non saprei chi scegliere. Chi sarà, fra poco, il terzo?

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Sandra Bonsanti e Stefania Limiti, Colpevoli, Chiarelettere, 2021

 

 

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