iSole aMare: Emma Fenu intervista Elisabetta Spanu fra transiti e creatività
La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi?
“Sono l’Isola. Ma sono magica e infinita: non mi puoi cingere tutta.
Non mi puoi spostare, non mi puoi unire alla terraferma, non puoi possedermi. Puoi solo essere accolto, sederti alla mensa del mio corpo di sabbia e granito, mangiare dalla mia bocca le bacche del piacere e della nostalgia, fino a inebriarti, fino ad essere anche tu me. Ed allora ti fermerai per sempre, mi guarderai nelle pupille di basalto immerse nel cielo degli occhi e diverrai pietra.
Sarò la tua Medusa, con filamenti trasparenti danzerò per te negli abissi, ti brucerò di passione e non sarai più libero, nemmeno quando te ne sarai andato lontano, remando fino allo sfinimento, e il mare fra noi sarà un siero diluito con sangue di memoria e con lacrime di speranza.
Tu mi hai toccato, ora ti tendo le mani io.
Tu mi hai baciato, ora cerco il tuo sapore su di me.
Tu mi hai guardato: ora scruto l’orizzonte come una Didone abbandonata.
Tu mi hai annusato: ora raccolgo dalle fauci del maestrale il tuo polline per i miei favi.
Tu mi hai seguito: ora calo un ponte levatoio solo per te.
Tu mi hai atteso, ora ti attendo io.” – Emma Fenu ‒ “L’isola della passione”
Isole Amare.
Terre Femmine dispensatrici di miele e fiele, con un cuore di granito e basalto e capelli bianchi di sabbia che si spandono nel mare come le serpi di Medusa che, secondo la leggenda, un tempo della Sardegna fu sovrana.
Isole da Amare.
Terre Madri e Spose che squarciano il cuore di nostalgia, tirando il ventre dei propri figli con un cordone ombelicale intrecciato di mito, memoria e identità.
iSole aMare.
Sole che scalda e dà vita oppure che brucia e secca, negando l’acqua.
Mare che culla e nutre oppure che disperde e inghiotte, imponendo l’acqua.
La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi? A questa domanda implicita i nostri ospiti, attraverso parole, note e colori, saranno invitati a rispondere.
La rubrica è stata inaugurata da Paolo Fresu, hanno seguito Claudia Zedda, le fondatrici di Libriamoci, Pier Bruno Cosso, Grazia Fresu, Cristina Caboni, Maria Antonietta Macciocu, le sorelle Francesca e Marcella Bongiorno, Franca Adelaide Amico, Anna Marceddu, Silvestra Sorbera, Nadia Imperio, Anna Santoro, Salvina Vilardi, Marina Litrico, Tatiana Pagano, Gavino Puggioni, Gabriella Raimondi, Giuseppina Torregrossa, Francesca Mereu, Francesca Guerrini, Claudia Musio, Paola Cassano, Giulia Baita, Olimpia Grussu, Cristina Muntoni, Valeria Pecora, Graziella Pinna Arconte, Carla Mura, Alessandra Derriu, Claudia Sarritzu, Gian Mario Virdis, Laura Congia, Paolo Montaldo, Giovanna Uccheddu, i fondatori di Sicci Creations (Andrea Mureddu ed Emanuela Carboni), Alessandro Cocco, Patrizia Boi, Enzo Mugoni, Francesca Colombino, Marco Farina, Eleonora Grussu, Giovanni Cherchi, Daniela Orrù, Manuela Congiu, Anna Fresu, Elisa Pistis, Federica Cabras, Giuseppina Carta, Ilse Atzori, Gina Tondo, Clelia Martuzzu, Francesco Paolo Catanzaro, Patrizia Floris, Zaira Zingone ed Alessandra Derriu.
Oggi è il turno di Elisabetta Spanu, laureata in Filosofia a Cagliari, città in cui è nata, e specializzata in Psicologia a Madrid, città in cui vive. Ha insegnato nella scuola superiore sino al 2020, ha pubblicato numerosi racconti e nel 2013, il suo primo romanzo, “Dodici chicchi d’uva”, con lo pseudonimo di Lisa Elisa. Attualmente collabora con l’Associazione Culturale Meninas Cartoneras di Madrid.
Identità
Dovrebbe essere quel filo rosso che ti definisce come persona unica, nonostante i cambi e i passaggi della vita. Ma tutto ciò che definisce a volte ingabbia, e a me fa paura. Per questo mi piace avere più identità. Non è un caso che scriva anche con pseudonimo, come non lo è che viva tra due paesi. Mi sento a mio agio in transito… in aeroporti, porti e stazioni.
Tradizione
Questa parola mi fa pensare a mio padre e alla sua rigidità per gli orari, l’unica rigidità che avesse: all’una tutte a pranzo, alle otto tutte a cena! Qui a Madrid riscopro la tradizione se riesco a pranzare entro le 14 e a cenare entro le 22. Mi sforzo di mantenerla inalterata, seppur più flessibile. Gli orari spagnoli e mangiare al bancone sono gli unici costumi a cui non mi sono abituata. Mi piace sedermi con la mia famiglia e pranzare e cenare insieme tutte le volte che si può. Sono rigidissima con la cottura della pasta.
Innovazione
Questa parola, invece, mi fa pensare alle donne, in special modo alla mia linea matrilineare: nonna (ho la fortuna di averla ancora), mamma e figlia. Donne speciali che tentano, a volte con frustrazione, di uscire da canoni conformi. Donne con tanta energia e che hanno avuto meno opportunità di me e di mia figlia. Per questo mi piacciono i progetti di creatività femminile, come quello de Las Meninas Cartoneras, con le quali collaboro attualmente, e che, in tempi di Covid, mi hanno risvegliato da un torpore malinconico e mi hanno aiutato a desplegar amores e energia.
Isola
Isola è una parola bellissima, secondo me, ma con una connotazione inquietante come una relazione con la matrigna delle fiabe. O come il viaggio di Ulisse. Sono legata con un doppio cordone ombelicale alla mia isola per antonomasia, la Sardegna, ma a volte questo stesso cordone mi si gira intorno al collo e rischia di soffocarmi. Penso che l’isola sia ineffabile, o forse sono io che non trovo parole adeguate per descriverla. E allora posso solo usare percezioni sensoriali per rappresentarmela: olfatto soprattutto. E ne posso parlare male solo io.
Written by Emma Fenu
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