“La rinnegata” di Valeria Usala: da una storia vera, un passato che è sempre presente

Valeria Usala è nata a Cagliari nel 1993. Laureata in Lingue e comunicazione, ha conseguito all’Ateneo del cinema di Roma un diploma in Filmmaking e presso la Scuola Holden un diploma in Storytelling. Ha pubblicato articoli riguardanti il cinema su riviste locali. È al suo esordio editoriale con una storia forte, densa e vibrante, il cui successo già s’intravede nell’accoglienza riservata al suo libro appena pubblicato da Garzanti.

La rinnegata di Valeria Usala
La rinnegata di Valeria Usala

Cose successe per davvero oltre un secolo fa, così dice l’autrice, e appartenenti alle sue memorie familiari attraverso i ricordi dei racconti della nonna che aveva a sua volta appreso le vicende da altre donne, in quella tradizione arcaica matrilineare delle donne che tramandavano i saperi attorno al fuoco, la sera, o al fiume o al lavatoio quando si faceva il bucato, oppure attorno al forno quando si faceva il pane.

Storie che nel tempo hanno visto affievolirsi alcuni tratti, spesso volontariamente omessi, per dare oblio a fatti atroci che ancora, dal buio del passato, dell’ingiustizia e dell’omertà, gridano il loro diritto ad avere giustizia.

“Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi,
romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.

Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono
sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.

Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo,
lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.

Siamo il regno ininterrotto del lentisco,
delle onde che ruscellano i graniti antichi,
della rosa canina,
del vento, dell’immensità del mare.

Siamo una terra antica di lunghi silenzi,
di orizzonti ampi e puri, di piante fosche,
di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.

Noi siamo sardi.”

Così scriveva Grazie Deledda (Nuoro 1871 – Roma 1936) Premio Nobel per la Letteratura, parlando dei Sardi e della sua Sardegna. Traduzione in parole di una sequenza identitaria di un DNA che è storia.

“Siamo i piedi scoperti e i bastoni intagliati di chi cammina sotto il sole in attesa del vento. Se muori senza essere stato prigioniero e libero insieme, non hai mai vissuto.

Siamo le braccia robuste e le mani ingorde dei contadini che non vanno in pensione. Se vivi di semina e raccolto non puoi avere grandi sogni, solo grandi speranze. […]

La Sardegna ha un’unica bandiera, ogni paese il suo martire. La nostra è una donna di nome Teresa, e la sua morte è rimasta per troppo tempo un segreto.

Nessuno ne parla, qualcuno domanda, tutti ricordano.

Teresa è stata uccisa, ed è tutta colpa nostra.”

La rinnegata è un romanzo diviso in tre parti (Diciamo sempre la verità; Accogliamo lo straniero; Crediamo nella giustizia) in cui la storia di Teresa, bella e dal passato sfortunato, che ne segna costantemente il presente, s’incastra con difficoltà nella vita paesana scandita da ritmi, leggi non scritte, ma nondimeno ineludibili, rigida divisione sessuale di ruoli e comportamenti, come rigida è la divisione tra le classi sociali per disparità economica.

Così è sempre stato e così dovrebbe essere per sempre nel paese di Lolè, un piccolo pase come tanti di una Sardegna passata, ma non abbastanza da essere totalmente superata e dimenticata. Voci di donne, voci di uomini, il giudizio sociale e il pregiudizio, sferzanti e stringenti, che si manifestano nel male collettivo e nel bene singolare, individuale.

Un’altra donna, un’altra vittima del sistema, Maria, pure reietta e ridotta al ruolo di bruja, strega. Ancora una donna, Gavina, solitaria e saggia, amica fedele e per questo pronta a sfidare la comunità in difesa di Teresa, cresciuta come un’orfana coi nonni presso la famiglia dei possidenti Collu, presso i quali serviva nei lavori umili e pesanti.

Con delicati, quanto accorti salti temporali, l’Autrice ci fa conoscere parallelamente le vicende di Teresa e Maria. La prima cresciuta, poi sposata, infaticabile lavoratrice, sempre in lotta contro i pettegolezzi delle donne del paese attorno all’origine della sua condizione acquisita d’agiatezza economica, poi, dopo la morte del marito, circa la sua condizione di donna sola.

Teresa lotta contro le pesanti battute degli uomini, le avances insistenti, fino allo spasimo, nonostante i suoi rifiuti. Una bambina che voleva solo essere libera e indipendente, diventata donna e madre con la stessa risoluta volontà e determinazione.

Valeria Usala
Valeria Usala

La sua strada s’è incrociata in maniera insolita ed enigmatica con quella di Maria, ora vecchia, curva, dalla mente instabile, solitaria e arrabbiata col mondo paesano che le ha tolto nel fiore della gioventù la possibilità di vivere il suo sogno d’amore.

Due donne che, rinnegate dal loro ambiente, l’hanno a loro volta allontanato da sé, creando ognuna a suo modo un proprio mondo: Teresa continuando ad affermare a ogni costo la sua indipendenza e dignità, Maria lasciando tutto, perdendo tutto, anche se stessa.

La densità del prologo, d’innegabile eco deleddiana, ritorna ciclicamente nell’altrettanto bell’epilogo:

“Siamo la vergogna di una colpa taciuta; la pazienza di chi attende parole nuove per chiedere perdono.

Siamo il dolore di un cuore isolato; la gioia nella mano tesa che ne riattiva il battito.

Siamo l’inerzia di un fiore reciso; il vigore nelle sue radici, trapiantate in terre straniere. […]

Siamo ogni giorno creatori, custodi e complici di ingiustizie.

E con esse, di altrettante meraviglie.

Perciò, la memoria è l’ultima occasione che abbiamo per evitare estinzioni, ridare dignità e trasformare le nostre vite in storie immortali. […]”

Il romanzo di Valeria Usala nasce da questa forte esigenza del recupero della memoria, quella veritiera, per ridare dignità alle sue donne violate e oltraggiate e, insieme, dare merito a quelle che, pur nella semplicità e spontaneità dei loro gesti, prima Gavina, poi Maddalena, hanno permesso di far giungere a noi il racconto nuovo di quelle (e delle altre) vite costrette al silenzio.

Un romanzo pieno di bellezza, fatta di luoghi e di parole, di emozioni vere, sentimenti teneri e sinceri, passioni forti, irrefrenabili, magistralmente portate fuori dalla penna di un’autrice giovane e profondamente antica tanto da essere portatrice di un messaggio attualissimo rivolto agli uomini e alle donne d’oggi, perché quanto successo a Lolè ancora non ha smesso d’accadere, perché ancora si sparla, s’infama, s’accusa, si sfrutta, si viola, s’uccide, si sbeffeggia, si mente. E le parole offendono e feriscono quanto trentadue coltellate.

E quel grido: “Filla mia”, a squarciare la notte, non potrete dimenticarlo mai più. Io lo porto impresso nella mente e nel cuore.

Forse un esordio migliore non avrebbe potuto sperare Valeria Usala alla quale, terminata la lettura del libro, avrei voluto fare tante, tantissime domande, perché la sua storia, lungi dal concludersi, apre cuore e mente. Di più non voglio dire sulla trama di un romanzo così bello che merita davvero un grande successo.

 

Written by Katia Debora Melis

 

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