“Splendor Solis” di Salomon Trismosin: il particolare deriva dalla via universale

Autore sconosciuto, che con le sue immagini volle trasmettere all’Occhio del Sapiente una comprensione della sua classe di appartenenza, mentre agli ignoranti donò un Gaffwerk[1], dal quale non avrebbero dovuto aspettarsi di trarre il benché minimo beneficio.” – Hermann Fictuld su “Splendor Solis”

Splendor Solis di Salomon Trismosin
Splendor Solis di Salomon Trismosin

Uno degli autori più raffinati di alchimia e fondatore dell’Order of the Golden and Rosy Cross, noto con lo pseudonimo Hermann Fictuld (1700 – 1777), quando iniziò il lavoro sulla distinzione tra le opere prodotte da veri esperti ed opere prodotte da falsi sofisti inserì lo “Splendor Solis” tra le opere di maggiore impatto e riconobbe la lama che tagliava di netto l’occhio di chi osservava.

È del 2021 una pubblicazione rinnovata ed impreziosita dalle illustrazioni direttamente tratte dall’esemplare più bello: il manoscritto Harley 3469 conservato nella British Library. La casa editrice Edizioni Mediterranee, con il valente traduttore Alessio Rosoldi, ha puntato su un testo critico curato da Stephen Skinner, Rafał T. Prinke, Georgiana Hedesan e Joscelyn Godwin.

Suddiviso in sei capitoli con, a concludere, l’indice dei nomi e delle opere citate, il saggio si presenta come uno studio a più voci nel quale ogni studioso ha portato avanti la sua tesi sullo straordinario “Splendor Solis”. Dall’introduzione si passa alla storia e paternità letteraria, all’invenzione dell’adepto dell’alchimia, alla vera e propria traduzione del manoscritto ed al glossario dei filosofi e delle opere alchemiche menzionate.

Stephen Skinner è un esperto di manoscritti di magia che vanno dal XIII al XVIII secolo, ha scritto più di quaranta libri sulle tradizioni esoteriche d’Occidente. Nell’introduzione racconta della sua passione verso l’alchimia, iniziata in tenera età, che lo ha portato ad esaminare i testi e le illustrazioni per cercare di comprendere che cosa si celava dietro quel mistero millenario. Il suo studio risulta in antitesi nei riguardi della versante degli archetipi di Carl Gustav Jung[2] e di qualsiasi correlazione con la tradizione dei tarocchi. Skinner è interessato primariamente alla “parte fisica” dell’alchimia, ergo quella che si occupa della trasmutazione di un materiale ad un altro.

“Jung si rese conto che gli archetipi da lui identificati avevano ispirato anche altri pensatori del passato che si occupavano di campi completamente diversi dal suo. L’alchimia era una disciplina che aveva prodotto una vasta serie di immagini del genere. […] Non sorprende il fatto che tali immagini riemergessero anche nei sogni dei pazienti di Jung. […] Ma la tendenza moderna, iniziata da Jung, di proiettare queste immagini nel passato e desumere che anche gli antichi alchimisti scrivessero i loro testi facendo riferimento a disturbi psicologici e spirituali è semplicemente inaccettabile.” – Stephen Skinner

Rafał T. Prinke è assistente universitario presso la Piasecki University di Polonia. Recentemente ha pubblicato uno studio di circa novecento pagine sulla storia delle prime opere alchemiche dai primi secoli dopo Cristo alla fine del XVIII secolo. L’accurato studio che propone sulla paternità dello “Splendor Solis e, dunque, sulla figura di Salomon Trismosin, è anticipato da una considerazione di distanza netta tra i primi testi alchemici che contenevano disamine razionali sull’idea di trasmutazione metallica ed i successivi cercatori della Pietra Filosofale che si suddividevano fondamentalmente in due tipi: alchimisti mistici ed alchimisti con scopi letterari ed artistici. Ovviamente anche nelle opere di carattere mistico l’elevazione artistica era notevole ma non era il fine dei creatori.

Splendor Solis - Salomon Trismosin
Splendor Solis – Salomon Trismosin

La forma classica consisteva di una serie di immagini curiose, accompagnate da brevi poesie e frasi altrettanto enigmatiche, apparentemente irrelate tra di loro. L’intenzione era quella di creare nella mente del lettore un significato più profondo che potesse essere espresso solamente tramite la libera associazione di idee evocate da ognuno dei suddetti elementi (immagine, frase e poesia), separatamente dagli altri. [… in riferimento allo “Splendor Solis”] Parte del testo è strettamente correlata alle immagini che l’accompagnano, arrivando persino a descriverle con dovizia di particolari (come nel caso delle sette parabole); in altri casi il testo si limita a sintetizzare il contenuto (“Il gioco dei bambini” e “Il lavoro delle donne”). Altrove il nesso tra testo e immagini non è chiaro (come nel caso dei sette vasi planetari).– Rafał T. Prinke

Georgiana Hedesan è ricercatrice della University of Oxford, specializzata in storia dell’alchimia ed in particolare su movimenti come il Paracelsismo e l’Helmontianismo. Ed, infatti, è ampia la parte dedicata a Paracelso, denominato già durante la sua vita il “Lutero dei medici” ed identificato come allievo di Salomon Trismosin, proponendolo ai lettori come un grande riformatore della medicina e della chimica, un uomo che amava dedicarsi in ogni campo dello scibile umano. Figura emblematica che nel 1527 in veste di docente all’Università di Basilea bruciò i manuali di medicina dell’epoca, criticò medici come Avicenna (980 – 1037) e Galeno (129 – 201) per sostenere la tesi secondo la quale i propagatori della conoscenza fossero gli zingari (anche allora reietti della società come nel nostro Novecento e tutt’ora oggi) e gli incolti artigiani.

[riferito ai seguaci] La maggior parte di loro riteneva che tale sapienza fosse correlata all’alchimia, anche se Paracelso era solito impiegare il termine adepta philosophia (o varianti come philosophia adepta o la sophia adepta) anche con significati diversi. [… Paracelso] dichiara che gli antichi filosofi consideravano l’ottenimento della longevità come uno dei principali obiettivi cui potersi dedicare, e ritenevano l’alchimia uno strumento fondamentale per avere successo in tale progetto. La cooperazione tra alchimia e filosofia aveva prodotto una potente medicina che Paracelso chiamò ‘tintura’ (Tinctura). [… riferito ai manoscritti antichi degli alchimisti] Nelle sue opere Paracelso sostiene di aver letto quei manoscritti, e dichiara che dovrebbero essere resi pubblici in modo che l’efficacia di quelle tinture possa essere d’aiuto a tutti.” – Georgiana Hedesan

Joscelyn Godwin[3] è professore emerito di musica presso la Colgate University in USA; è noto per i suoi studi sulla musica e sulla filosofia occulta. Nel saggio ha tradotto i sette trattati dello “Splendor Solis” utilizzando il manoscritto Harley 3469 ed avverte che tale manoscritto è diverso dalle successive versioni (per esempio l’edizione Rorschach del 1598) in quanto spesso le due fonti utilizzano parole che in tedesco possono suonare simili ma che presentano un differente significato. Sappiamo che questo non è un caso delimitato all’alchimia ma gran parte dei testi in nostro possesso presentano queste variazioni di parole, e talvolta compromettono il significato tanto da far portare avanti due ipotesi completamente diverse. Ma questo non deve trarre in sconforto perché capita ancora oggi (e capiterà sempre) che utilizzando le parole possa insorgere mal interpretazione da parte del destinatario.

“[f. 17 recto] Menaldus[4] il Filosofo si esprime così: «Ordino a tutti i miei seguaci di rendere i corpi spiritualizzati per mezzo della dissoluzione, e di rendere corporee le cose spirituali per mezzo di una lieve cottura». Anche Senior[5] dice: «Lo spirito dissolve, il corpo, e attraverso tale dissoluzione estrae l’anima dal corpo, e trasforma il corpo nell’anima. E l’anima viene trasformata nello spirito, e lo spirito deve essere nuovamente unito al corpo. Così viene fissato al corpo, e il corpo di nuovo spiritualizzato nel potere dello spirito».”

Splendor Solis
Splendor Solis

Le ventidue illustrazioni (formato 22×28,5) impreziosiscono il volume e pongono il lettore in duplice dubbio riguardo a ciò che i quattro curatori attenzionano. Ogni illustrazione presenta ciò che c’è, si sconsiglia, dunque, di cercare ciò che non è stato rappresentato.

L’autobiografia di Trismosin inizia con la rivelazione che il suo interesse per l’alchimia era stato suscitato durante un incontro con un minatore di nome Flocker, che era una specie di alchimista. Il minatore usava un processo che richiedeva l’impiego di piombo, zolfo e argento, dai quali riusciva a estrarre una significativa quantità di oro. Flocker morì in un incidente all’interno di una miniera, portando con sé le sue conoscenze segrete. Nel 1473, Trismosin decise di mettersi in viaggio alla ricerca di un altro alchimista da cui poter apprendere l’arte. Per un anno e mezzo spese parecchi soldi per imparare le operazioni alchemiche di base. Alla fine giunse in Italia, dove divenne apprendista di un alchimista ebreo che sosteneva di saper estrarre l’argento dallo stagno.– Georgiana Hedesan

 

Written by Alessia Mocci

 

Note 

[1] Letteralmente un’opera da guardare a bocca aperta.

[2] Interessante approfondire con un saggio di Jeffrey Raff che sostiene il contrario dal titolo “Jung e l’immaginario alchemico”, pubblicato da Edizioni Mediterranee nel 2008.

[3] Con Edizioni Mediterranee ha pubblicato “Il mito polare. L’Archetipo dei Poli nella scienza, nel simbolismo e nell’occultismo”.

[4] Menaldus fa riferimento a Menabdus o Menabadus che si incontra nella “Turba philosophorum” (“La turba dei filosofi” è uno dei più antichi trattati alchemici e trattasi di una traduzione latina dall’arabo risalente al IX-X secolo, costituita da una lunga serie di detti filosofici; alcuni filosofi sono citati con il nome che ci ha riportato la tradizione, altri invece presentano un nome occultato) ed è stato identificato in Parmenide, c’è da sottolineare che Parmenide appare nella Turba sia con il suo nome corretto sia come Menaldus.

[5] Senior è il nome con il quale nelle fonti medievali era conosciuto Muhammed ibn Umail al-Tamîmî (900 – 960), autore de “Libro dell’acqua argentea e della terra stellata”.

 

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