Il processo ai Templari in Francia: anatomia di una farsa
La prima Crociata del 1099 e la presa di Gerusalemme sono oramai un ricordo antico.

La battaglia di Hattin del 1187 e poi la caduta di san Giovanni d’Acri decretano il fallimento delle Crociate. I Templari, e gli Ospitalieri nati per assistere e difendere i pellegrini in Terra Santa, ora che in Terra Santa i cristiani non ci sono più, hanno sempre meno ragione di esistere. E così iniziano le prime critiche ed i primi dissapori.
Già nel 1160 il Papa emanava una bolla per diffidare il popolo dal disarcionare i templari da cavallo e maltrattarli od insultarli, segno che qualcuno iniziava a non vederli più di buon occhio. Cominciano a circolare un po’ dovunque contro di loro accuse di orgoglio, di abuso dei privilegi, di cupidigia e qualche volte anche di dissolutezza nei costumi.
Così che Papa Niccolò IV – spinto dal Re di Francia Filippo il Bello – inizia a valutare l’ipotesi di una fusione degli Ordini degli Ospitalieri e dei Templari. Il Pontefice non sospetta che dietro il consiglio (del tutto interessato) del sovrano francese si nasconda un fine ben preciso. Togliere ai Templari tutti i beni che questi hanno accumulato nell’arco della loro esistenza, come Corporazione tra le più potenti dell’epoca, e farli confluire nella Chiesa, dove il Papa sia molto più malleabile nel ridiscutere l’ingente debito che Filippo il Bello ha contratto proprio con l’Ordine Cavalleresco. La Francia si arroga così subdolamente il diritto di entrare in una materia, quella degli ordini cavallereschi, che per Diritto Canonico appartiene alla Chiesa.
Nel 1305 Jacques de Molais e Foulques de Villaret, esponenti dei due ordini sono convocati dal Papa successivo, Clemente V, per proporre loro una fusione. Ma De Molais non si dice d’accordo, e questa, badate bene, sarà un’opinione che qualche anno dopo gli costerà molto cara. In quel periodo, per alcuni reati è ancora in vigore il rito ordalico. Dove è l’imputato che deve dimostrare la sua innocenza e non l’accusa la sua colpevolezza. L’indagato viene legato e gettato in un fiume o su di una graticola rovente. Solo se sopravvive è segno che è Dio che lo vuole ed allora è innocente.
Ma ora cambia qualcosa.
Il principio della presunzione di colpevolezza rimane, ma la macchina giudiziaria repressiva si affina con un nuovo tipo di processo, dove è importante verbalizzare tutto. Una procedura dove il fine politico si mischia alle credenze sulla magia e l’eresia. Un esempio è quello di Errenguardo di Marigny, potente ministro di Filippo il Bello, caduto però in disgrazia, e che viene condannato insieme alla moglie per avere creato delle bambole di cera stregate al fine di uccidere il re e la regina.
La magia e l’eresia diventano reati tra i più gravi nella società del tempo, ma con una differenza. Mentre la magia viene considerata prova di contatto con Satana, ma circoscritta a cagionare il male di singole persone, l’eresia è molto più grave, perché rappresenta un attacco globale contro la Comunità dei fedeli.

L’Inquisizione, che fino alla metà del XIII secolo interviene in casi sporadici, all’inizio del ‘300 diventa uno strumento formidabile per liberarsi di uomini scomodi. Non per niente lo spietato domenicano Bernardo Gui redige persino un trattato su come ottenere le confessioni degli imputati.
Nel frattempo l’opinione espressa da de Molay al Papa, solleva l’astio velenoso del consigliere del re, Pierre Dubois che vomita al mondo e consegna al sovrano francese quello che questi si vuol sentir dire, e non è più questione di accuse di orgoglio, avarizia o cupidigia, ma di qualcosa di molto peggio contro i Templari. Qualcosa che viene segretamente costruito a tavolino con deposizioni strappate con la violenza. In una relazione privata a Filippo il Bello, Dubois consiglia che una volta realizzata l’unificazione sia opportuno smantellare completamente l’ordine dei templari, distruggendolo del tutto! E l’orrore si compie.
Il 12 ottobre del 1307 il Gran Maestro Templare Jacques de Molay è al funerale di Caterina I di Courtenay, moglie del fratello di Filippo il Bello, che gli chiede addirittura di sedere al suo fianco. Ma non sa che quella stessa notte il re diramerà delle istruzioni segrete ai balivi, ai marescialli ed alle sue guardie di arrestare simultaneamente tutti i templari presenti in Francia, compreso il Gran Maestro.
Cinquecentocinquanta Cavalieri Templari, di cui centotrentotto solo a Parigi, vengono tradotti nelle segrete dei manieri del regno, sulla base delle testimonianze raccolte un po’ dovunque. La storia ci racconterà poi che queste dichiarazioni arrivano da soggetti pagati per accusare l’Ordine, o che nutrono motivi di rancore ed acredine nei confronti dei templari.
Ma le deposizioni sono più che sufficienti per la cattura dei monaci guerrieri.
Badate bene, in occasione dell’arresto non ce n’è uno che sguaini la spada per difendersi contro le guardie. In fin dei conti i Templari sono monaci, e non possono commettere violenza su nessuno, visto che la loro regola prevede la forza solo se ad essere minacciata sia la fede Cristiana, come nelle Crociate in Terra Santa.
Balivi e domenicani, si presentano nelle pubbliche piazze per leggere i capi d’accusa con i nomi degli accusati e le deposizioni giurate dei testimoni. Un processo che avviene nelle piazze ancor prima che nei Tribunali. Filippo il Bello vuole portare dalla sua parte il popolo, se fosse necessario anche contro il Papa. Di più, con questa mossa il sovrano si erge addirittura a paladino e difensore della cristianità, contro chi l’ha infangata in modo così ignobile. In occasione degli arresti, scrive addirittura di non riuscire ancora a credere che tutto ciò sia possibile. Sarebbe un’anima pia se non fosse che è lui che ha dato ordine di creare le accuse!
Nell’Ottobre del 1307, arrivano fiumi di confessioni, di chi si autoaccusa di aver sputato sulla croce, o di aver rinnegato il Cristo, o di sodomia o di idolatria. Un risultato che viene ottenuto con il carcere duro in fetide celle sotterranee senza cibo né acqua, o con la tortura, o facendo assistere gli imputati alle torture dei propri compagni.
L’inquisitore Guglielmo d’Imbert ed i suoi attendenti si dividono instancabili tra Parigi e le altre città francesi – con uno zelo che non ha pari – per estorcere le deposizioni a tutti gli arrestati. Formalmente vengono trascritte e sottoscritte dai rei confessi fuori dalle camere delle “Questioni”, cioè le camere di tortura. Ma se qualcuno ritratta viene riportato nell’antro dell’orrore, ed ammette tutto ciò che Guglielmo d’Imbert, vuole farsi sentire raccontare.
Questa tipologia di processo, così ben rodata, sarà presa a modello da altre dittature, come nell’Unione Sovietica di Stalin nel 1938, dove la macchina repressiva si manifesterà con le stesse modalità. Capi d’accusa inventati, induzione al terrore nel mostrare cosa può accadere in caso di rifiuto, confessione e condanna. Da questo punto di vista Filippo il Bello insegnerà molto ai tiranni che arriveranno dopo di lui.

Ma torniamo al ‘300. Uno dei simboli dell’Ordine dei Templari è la raffigurazione di due cavalieri su di un unico cavallo. Un’allegoria che molti riportano al significato della povertà (un unico cavallo) e della duplicità guerriera ma anche spirituale dei templari. Per d’Imbert rappresenta invece plasticamente l’atto della sodomia. E poi c’è il rito di ammissione all’ordine templare che è segreto, ed il cavaliere deve giurare di non rivelare mai a nessuno le modalità dell’iniziazione. d’Imbert va a nozze con questi fatti, perché la segretezza dimostra la cospirazione, e la cospirazione è la prova del maligno e del tradimento. Vi sono poi le accuse di stregoneria, di idolatria verso il Baffometto, un personaggio fantastico che effettivamente fu utilizzato spesso dai templari e l’adorazione del gatto. Ma soprattutto il delitto di eresia.
Intendiamoci, al re non interessa un accidente degli ipotetici comportamenti sacrileghi dei monaci guerrieri. Teorie che peraltro sono palesemente false visto che le ha organizzate ad arte, e lo sa bene. A lui interessa solo il debito che ha contratto con l’Ordine dei Templari per finanziare le sue campagne militari, che non riesce più ad onorare. E allora… se non puoi eliminare il debito puoi eliminare il creditore.
Due cardinali esperti in Diritto Canonico convincono il Papa a protestare con il re che si sta arrogando il diritto di processare i Templari ingerendosi in questioni che attengono unicamente alla Chiesa, ed il re finge di accondiscendere, così che nel 1308 il processo ai templari inizia davanti al Papa. Vengono mosse 127 accuse e i primi ad essere tradotti davanti ai giudici sono 72 di loro, scelti tra quelli che hanno più paura di ritrattare perché verrebbero dichiarati relapsi e bruciati. Tutti confermano le loro confessioni.
Nel 1309, per dare una parvenza di equità ai processi, Clemente V dice di voler permettere a tutti gli imputati incarcerati di discolparsi, ma visto che sono 546, nel febbraio del 1310 propone di scegliere tra loro alcuni rappresentanti che difendano l’intero Ordine davanti ai commissari pontifici. Sono Pietro da Bologna, Renaud de Provins, Guillame de Chambonet e Bertrando di Sartiges, e dichiarano di voler invalidare il processo. Ma faranno tutti una brutta fine.
Tuttavia le dichiarazioni dei quattro rappresentanti producono un effetto devastante per l’Ordine dei Templari francesi, perché se questi riuscissero veramente davanti alla commissione pontificia ad annullare tutto il processo farsa, si scioglierebbero come neve al sole anche le accuse mosse dai dignitari del sovrano, e verrebbe a galla la verità fatta di violenza, soprusi, falsità indotte con il denaro o con la forza. E questo, Filippo il Bello non se lo può permettere.
È così che a Sens un vescovo particolarmente zelante, vicino al re di Francia, anticipando gli atti del “mega processo” condanna come relapsi 54 templari per aver ritrattato le loro confessioni. Una mossa che taglia definitivamente la strada ai rappresentanti dei Templari. Inutile imbrigliare la giustizia in uno stupido formalismo, ed una revisione del processo, visto che Il Cristo è stato oltraggiato da quei diavoli che si fanno chiamare templari ed allora… bruciateli tutti!
Quelli di Sens vengono condannati a morte, e poi altri 65. I roghi cominciano ad illuminare la Francia, con il Papa che solo nel 1312 sembra avere un rigurgito di coscienza. Ma pur avanzando (solo ora) forti dubbi sulla legittimità del processo, non ha il coraggio di mettersi contro il sovrano, e dichiara addirittura la soppressione dell’Ordine.

Ed arriviamo così al 13 marzo del 1314. Sono passati sette anni da quel maledetto ottobre del 1307. Jacques de Molay e Geoffrey de Charnay i più alti dignitari templari vengono portati in catene a Notre Dame per sentire la sentenza che li condanna al carcere a vita. Ma i due, davanti al Papa, ai domenicani ed al popolo che li sbeffeggia, gridano la loro innocenza, firmando così la loro morte, perché Filippo il Bello li trascina su di un isolotto della Senna, e lì li fa bruciare vivi, al tramonto.
Muore così l’ultimo gran maestro templare, un uomo che ebbe il coraggio delle idee e della verità e che fu tradito prima che dai suoi ideali da un Papa, che pur chiamandosi Clemente di clemenza non ne dimostrò mai. Questa condanna fece nascere la leggenda della maledizione dei templari. Ma questa è un’altra storia. Certo è che nel resto d’Europa invece, i cavalieri templari verranno assolti da ogni colpa.
“Non Nobis Domine Non Nobis, sed Nomine tuo da Gloriam”. “Non a noi Signore, non a noi, ma al tuo nome da gloria”
Vi voglio salutare così, con l’antico motto dell’Ordine dei Cavalieri Templari, e ringraziarvi di aver letto questo articolo.
Written by Ugo Nasi
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