Seconda edizione del Contest nazionale di poesia “Free Poetry” – partecipazione gratuita

Se vostro figlio vuole fare lo scrittore o il poeta sconsigliatelo fermamente. Se continua minacciatelo di diseredarlo. Oltre queste prove, se resiste, cominciate a ringraziare Dio di avervi dato un figlio ispirato, diverso dagli altri.” Grazia Deledda

Regolamento:

Seconda edizione Contest Free Poetry
Seconda edizione Contest Free Poetry

1.La seconda edizione del Contest nazionale di poesia “Free Poetry” è promossa dalla casa editrice Tomarchio Editore in collaborazione con il portale web Oubliette Magazine La partecipazione al contest letterario è riservata ai maggiori di 16 anni.

La partecipazione al Contest è gratuita.

Il tema è libero.

 

2. Articolato in una sezione:

   Poesia (limite 100 versi)

 

3. Per la sezione A si partecipa inserendo la propria poesia sotto forma di commento sotto questo stesso bando (a fine pagina web su “Lascia un commento”) indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con poesie edite ed inedite.

Le opere senza nome, cognome, e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via e-mail ma nel modo sopra indicato.

Importante: cliccare su Non sono un robot, è un sistema Captcha che ci protegge dallo spam. Per convalidare la partecipazione dovrete anche voi cliccare sulla casella.

Ogni concorrente può partecipare con una sola poesia.

 

4. Premio:

Free Poetry” vedrà un solo vincitore.

Il premio consiste nella pubblicazione di una raccolta poetica di circa 100 pagine, in modo interamente gratuito per l’autore risultato vincitore.

Inoltre l’autore avrà diritto ad una copia omaggio spedita gratuitamente dall’editore Rosario Tomarchio. L’autore avrà diritto allo sconto del 50% su eventuali ulteriori copie ordinate, ed alla percentuale del 10% sulle vendite della raccolta (librerie fisiche ed online).

L’autore vincitore riceverà un contratto regolare di pubblicazione.

L’annuncio del vincitore avverrà il 17 giugno 2021, giorno genetliaco dell’editore Rosario Tomarchio.

“Free Poetry” avrà cadenza annuale.

Nel 2020, la prima edizione del Contest ha visto come vincitore il poeta palermitano Francesco Paolo Catanzaro con la pubblicazione della silloge “Dal profondo dei nostri sospiri”.

 

5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando alla voce “Lascia un commento”, è fissata per il 31 maggio 2021 a mezzanotte.

 

Tomarchio Editore
Tomarchio Editore

6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta dall’editore Rosario Tomarchio e dallo staff della casa editrice Tomarchio Editore.

 

7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.

 

8. Si esortano i concorrenti per un invio sollecito senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.

 

9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione per e-mail: segreteria@tomarchioeditore.it indicando nell’oggetto “Info Contest Free Poetry” (NON si partecipa via e-mail ma direttamente sotto il bando), in alternativa all’email si può comunicare attraverso la Pagina di Facebook.

 

10. È possibile seguire l’andamento del Contest ricevendo via e-mail tutte le notifiche con le nuove poesie e racconti brevi partecipanti al Contest Letterario; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvertimi via e-mail”.

 

11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.

 

Buona partecipazione!

 

129 pensieri su “Seconda edizione del Contest nazionale di poesia “Free Poetry” – partecipazione gratuita

  1. Rivoli di essere piovono

    Rivoli di essere
    Piovono
    Nello scorrere
    D’un surreale silenzio…
    Anatema infranto
    È ogni goccia,
    Attonita dinanzi
    Agli occhi della libertà,
    Sofferto e vivo palpito
    Che il cielo sfida.

    (A. Rossignoli)
    accetto il regolamento

    1. Daniela Sannipoli
      Accetto il regolamento
      NON ERI CADUTA DALLE SCALE
      Non eri caduta dalle scale
      quando con gli occhi
      sei venuta a cercarmi
      e il resto di te era
      già ostaggio
      resa
      a un sogno barattato
      con l’inferno.
      Non eri caduta dalle scale
      e avevi
      finito le matite
      per disegnare un’altra storia.
      Dall’armadio dei miei giochi
      è stato facile
      prenderti le mie.
      Dirti che la vita
      a volte
      è un’altalena rotta
      ma basta un niente
      per poter volare.
      @2019 Daniela Sannipoli

      Daniela Sannipoli
      Accetto il regolamento

      NON ERI CADUTA DALLE SCALE
      Non eri caduta dalle scale
      quando con gli occhi
      sei venuta a cercarmi
      e il resto di te era
      già ostaggio
      resa
      a un sogno barattato
      con l’inferno.
      Non eri caduta dalle scale
      e avevi
      finito le matite
      per disegnare un’altra storia.
      Dall’armadio dei miei giochi
      è stato facile
      prenderti le mie.
      Dirti che la vita
      a volte
      è un’altalena rotta
      ma basta un niente
      per poter volare.

      @2019 Daniela Sannipoli

  2. POROSITA’

    Talvolta tutto mi diventa insopportabile.
    Allora mi fermo, mi raccolgo,
    e smetto di scavare l’immane montagna di dolore,
    che con solerzia affronto giornalmente.
    E ricomincio a ricordarti,
    nel tentativo di colmare la tua assenza,
    nel tentativo di dare un senso alla tua inesistenza.
    Ma devo velocemente tornare al mio scavo,
    che bastano pochi attimi
    per vanificare il lavoro di giorni.
    Mi manca il sole, mi manca il suo posarsi,
    medicine insostituibili per tamponare
    la mia nuova porosità.
    Tanti sono i vuoti che mi hai lasciato,
    mentre spesso nella mia mente corrono le immagini
    della nostra simbiotica infanzia.
    Il tramonto attraverso i miei occhi
    colma quei vuoti con il rosso del cielo,
    e per la notte quel colore
    rimane a fingere che tutto sia a posto.
    Torno a scavare, che lo so che c’è un di là.
    So che i tramonti oltre la montagna,
    sono in grado di ricostruire.

    – accetto il regolamento

  3. ASPETTANDO CHE IL TEMPO SI FERMI

    Aspettando che il tempo si fermi
    in questo viaggio insolito
    poesia che si spezza sulle tavole
    sovrappone le parole a sguardi
    in un giorno inatteso.

    Sui canali il riflesso della mia ricerca
    con le strade che si perdono
    i cunicoli che nascondono
    ed io che cammino riposo le braci sulle labbra
    mordendo un desiderio affamato
    con gli occhi persi ho trovato il mio tesoro.

    Mescolo il sale con la pioggia amore mio
    che rilassi le braccia intorno al collo
    nel mieloso sole mattutino.

    Perchè incompleta nell’abisso immobile
    nel riflesso ruggente
    soave clessidra di ghiaccio
    impietosito dall’amore
    morde i crespi passi
    e i rintocchi insoliti,
    può essere che io non sia sana.

    Mi pungo sul dito come un Aurora malmostosa
    rileggo i miei abiti al contrario
    allungando i versi del cantastorie
    con noiosa disciplina
    svilendo il mio sesso
    a racconti antichi.

    Mi provochi con rancore
    ed io che non ho che un mazzo di fiori da offrire
    ridiscendo dal sentiero saporito
    leccandomi le dita
    con la grazia di un poeta.

    Foglia su foglia
    la prospettiva dei colori inverte il tempo
    la calca dei rumori echeggia nei corridoi
    e noi qui, che stiamo ancora aspettando.

    Patrizia Arace -accetto il regolamento

  4. LA BAMBINA E IL RESPIRO DEL MARE
    (Alberto Diamanti)

    Un giorno, su una spiaggia assai affollata
    c’era una bimba buona ed educata
    che, con la mamma, nella sabbia assolata
    feceva una lunga e bella passeggiata.

    Mentre del mar vedean le meraviglie
    di sassi, granchi, pesci e di conchiglie,
    a un certo punto la bimba udì un lamento,
    come un respiro… un soffio di vento.

    “Mamma hai sentito?” esclamò la piccina…
    “Mi par di aver sentito una vocina
    flebile, come un lamento…
    … ecco sì… anche or la sento…
    … chissà da dove viene…chissà chi è…
    …mamma, or la senti pure te ?”

    “No piccina mia…” fu la risposta.

    Ma all’improvviso, neanche a farlo apposta,
    tutto intorno alla bimba tacque
    e una voce, salì su dalle acque
    del mare, che con le sue mill’onde
    colorava di blu quell’orizzonte.

    “Ciao piccina…”, esclamò la voce
    io son davanti a te… sai…la foce
    che acqua mi porta è là, lontana,
    e giorno per giorno sai, lei mi avvelena!
    Io sono il mare… e quel fiume là,
    che vedi lontano, tanto male fa
    alla mia acqua, così bella e pulita
    che tu stai or toccando con le dita.
    Perché nell’entroterra, le fabbriche si sa,
    scarican nel fiume una grande quantità
    di rifiuti, così che l’acqua alla fonte così chiara
    arriva a me maleodorante e scura!”.

    “Ma cosa posso far da sola, io, per te?”,
    esclamò la piccina … “Ma perché
    non facciamo qualcosa, tutti insieme
    così che tutti gli uomini, a cui preme
    la salute di tutto il nostro mare
    possano tutti lor contribuire
    a far si che le tue azzurre acque
    ritornino pulite come quando la terra nacque?”

    “Come sarebbe bello”, esclamò il mare…
    … e ad un tratto Dio, con il suo amore
    fece sentire magicamente ‘ste parole
    a tutti i bimbi del mondo, che con stupore,
    per un attimo sentirono l’appello addolorato
    del mare, davvero sì inquinato!

    E come per magia, tutti i bimbi del mondo
    per un attimo sentiron dal profondo
    del loro cuor un desiderio:
    di aiutare in un modo serio
    il mare, gigante buono ma malato,
    perché gli uomini lo avevano inquinato.
    Si ritrovaron tutti i bimbi, in un momento,
    in un’isola, come per incanto,
    a decider che potesser fare
    per quel mar così malato da aiutare.

    “Voi tutti amici miei”, disse la bimba
    crescendo dovrete esser tutti in gamba
    e far capire ai vostri governanti
    che i fiumi ed il mare, sono in tanti
    che vorrebbero che fossero puliti.

    Ma alle parole, seguir fatti concreti
    occorre, perché il futuro è nostro,
    e chi di noi non si sente un mostro
    deve capir e far capire a tutti
    quanto la natura premia gli atti
    con cui gli uomini, ma proprio veramente,
    si prendon proprio cura dell’ambiente.
    Quando tutti voi ritornerete
    dalle vostre famiglie, a loro dite :
    cari e buoni genitori miei…
    il mare sta male… se ora tutti voi
    vi passerete la parola,
    siamo sicuri che in una volta sola
    tutti capiranno quanto sia importante
    tener pulito tutto il nostro ambiente,
    perché siam noi, questi bambini qua,
    il vero futuro dell’umanità!

    Lasciateci per favore il mar pulito
    impegnatevi tutti… alzate un dito,
    una mano, un braccio… fate vedere
    che l’impegno vostro sarà di dare
    un mondo più pulito a noi bambini…
    … noi, che potremo un giorno a dei piccini
    come noi, dir con orgoglio, ai nostri figli cari :

    “Con impegno ed amore abbiam salvato i nostri mari !

    ____________________________________________

    (ACCETTO IL REGOLAMENTO)

  5. NOSTALGIA DELL’OCEANO

    Nostalgia dell’Oceano,
    nostalgia di te,
    del primo momento
    in cui ti ho vista,
    del primo momento
    in cui mi hai guardato,
    del primo abbraccio,
    del primo bacio.

    Nostalgia dei riflessi
    del sole sulle onde,
    degli uccellini che cantavano
    parlavano
    sui rami
    intorno a noi.

    Nostalgia
    degli schiocchi delle palme,
    del frinire incessante
    delle cicale,
    dell’onda di aria calda
    che ci avvolgeva.

    Nostalgia
    della notte stellata,
    della scoperta di noi due, soli,
    sotto il cielo infinito.

    Alberto Arecchi
    – accetto il regolamento

  6. La terra, la casa comune
    Gaia, in quel scorcio d’infinito avesti origine;
    giovincella di natura focosa e inaccessibile,
    ma riuscisti a mutare e divenisti,
    per incanto, mansueta e praticabile.
    Il brodame divenne maggior porzione di te,
    il ruggito degli irrequieti ancor scuoteva e si rizzava
    e il predestinato era a confinarsi
    in disagevoli spelonche, ché pur preda.
    Tu non ansimavi quasi più.
    Ad un tratto, l’immemore eletto s’issò sulle gambe
    e iniziò a pretendere i tuoi servigi da ingordo figliastro.
    Abbandonò clave e pietre.
    Il comparir di fumanti pipe
    episodiche le lucciole all’orizzonte.
    Con il collassar dei giganti a settentrione,
    il sempre meno lattee le prosperose guglie,
    la persistenza di foschia che intrisa l’etere,
    il man mano più cagionevole il territorio
    su cui non è possibile muovere passi,
    se pur sé riuscito a calpestare,
    e l’addensarsi dei verdi polmoni,
    si assiste al tuo mutare, se pur non l’hai bramato.
    Pian piano hai iniziato a divenir nel corso
    costantemente meno ubertosa.
    Il predestinato, imperterrito, seguita
    a considerarti alla stregua di un limone.
    Rantolo inascoltato il di tuo,
    in frequenza decifrabile;
    un omicidio suicidio è a perpetrarsi?
    Ai posteri l’ardua sentenza!
    Tronfi paperoni son svezzati con Risiko e Monopoly.
    Codesto immemore, la sua generazione
    e quelle contemporanee,
    saranno da tempo tornati a te
    per il poter vivere il non perseverare o il perseverare;
    due viottoli, con il primo di pochi passi.
    Gaia, dimora comune, forse unica del tuo genere,
    l’immemore eletto, resa te decrepita bagascia, studia
    la maniera per l’abbandono,
    per migrar nel luogo rosso-arancio;
    ivi, sarà la sua natura piaga-parassita?
    Vincenzo Patierno
    Accetto il regolamento

  7. CONTRASTI
    di Claudia Lo Blundo Giarletta

    Silenzi cadenzati
    battono il tempo
    di una musica
    senza suono.
    Statica, l’aria
    scompiglia pensieri
    che
    non prendono forma.
    Bombe
    si bloccano
    dinnanzi i cuori
    tremanti di paura.
    Si fermi il mondo!
    Continua allerta
    é unica salvezza
    contro insidioso
    invisibile nemico.

    Son solo sogni
    che, liberi di vagare,
    credono
    di cambiare la realtà.
    Son solo sogni:
    invisibile bacchetta
    riporta,
    al suo ordinario, la realtà.

    Non più silenzi,
    non più senza pensieri.
    Ignare bombe
    colpiscono gli inermi.
    Subdolo nemico
    infierisce se lo ignori.
    Solo l’uomo
    costruisce la realtà.
    Dichiaro di accettare il regolamento Claudia

  8. Sei spezie
    di Angelo Cosentino

    Sei spezie
    che lasciano ricordi,
    si confondono
    a granelli di polvere
    sollecitati a danzare
    nel sole,
    dimenticano
    le aure soffuse
    sulla pelle di grani
    d’oro,
    eccitano
    i ripetuti trascorsi
    che sorprendono
    la danza
    del tempo.

    Sei un tailleur
    grigio d’ombre,
    si rinnovano
    al nuovo incontro
    spazio d’incanti
    attoniti,
    ridisegnano le posture
    del corpo
    che ondeggia
    nello stremo dei ricordi.

    Sei figura
    di partecipazione
    amorevole,
    incuriosita attenzione
    di carnale cedimento,
    indulgente malizia
    della tua realtà.

    Accetto il regolamento.
    Angelo

  9. Crescere di Gamba Denise

    E capisci che le cose cambiano quando la malinconia ti prende,
    magari appena prima di dormire, e non tenti più di strozzarla, di stordirla, d’ ubriacarla.
    Lasci che ti si sieda accanto,
    che ti prenda per mano, l’abbracci.
    Lasci che si sfoghi, le presti ascolto..
    ..e piano piano si smorza l’impeto che poco prima aveva usato per travolgerti.
    La sua stretta diventa un leggero tocco,
    la sua voce solo un lieve sussurro,
    lasci che diventi un’ ombra al tuo fianco.
    Sicuro che si ripresenterà,
    consapevole di avere anche tutte le forze,
    la pazienza e la dolcezza,
    per trasformarla nell’ultima carezza della sera.

    -Accetto il regolamento-
    Denise

  10. Dammi un po’ d’amore

    So che forse parlo troppo,
    perché se ti parlo d’amore,
    corri via.
    Ho capito cos’è che non va in me.
    Ma,
    non dovremmo mai essere
    tutte le nostre paure.
    Però so che è tutto vero,
    quando ti guardo negli occhi.
    Se ti dono,
    le note più belle che ho,
    quelle dell’anima,
    credo che sia arrivato il momento,
    di essere più forte.
    Perché valgo molto di più
    di ciò che immaginavo.
    Ho bisogno di te,
    per non rovinare le cose.
    Dimentico spesso,
    che posso essere irrazionale.
    E vorrei non buttarmi,
    ma ne vali la pena.
    E non posso fare a meno
    di pensare a te.
    Come quando è tardi,
    e mi sveglio per pensarti.
    Mi chiedo se anche tu mi hai nel cuore.
    E vorrei essere te.
    Non posso forzarti ma
    se mi darai un po’ d’amore.
    Potremmo essere liberi.
    Nuotiamo dentro un lago di lacrime salate,
    ne abbiamo tante di lacrime non dette.
    Le nascondiamo dagli occhi di tutti.
    Ma le ferite si curano col sale.
    E’ poca l’abitudine di sentirci liberi.
    Come me, anche tu sei le cose che non ho.
    Ci scrutiamo e non ci guardiamo,
    ci sentiamo e ci conosciamo.
    Io e te,
    attaccati alle persone sbagliate.
    Non vediamo il buono,
    perché ci brucerebbe l’anima
    e non dirmi a cosa pensi,
    perché non pensi.
    Probabilmente,
    non capirai
    ciò che sento,
    ma sei mi darai un po’ d’amore,
    prima che arrivi la sera,
    e le sue stelle cattive.
    Potrò mostrarti che è tutto ciò di cui hai bisogno.
    Quindi lasciami tra le tue braccia.
    E vediamo che succede
    se mescoliamo le nostre vite.
    Voglio restare con te,
    e non importa se mi allontani,
    non c’è niente che tu possa fare,
    voglio restare seguendo le mie decisioni.
    Se stai male appoggiati a me,
    anche se ho le mie battaglie,
    combatterò con te.
    Perché tutto ciò che voglio è farti sentire amata.
    Tu baciami e respira.
    Così quando mi penserai,
    tornerai al mio cuore, tutte le volte.
    Se mi darai un po’ amore,
    ti renderai conto che non mi interessano
    i soldi,
    le cose,
    o i giochi,
    perché non mi sono innamorato
    della tua pelle,
    dei tuoi occhi,
    delle tue labbra,
    e della tua voce.
    Mi sono innamorato follemente della tua anima.
    E se inventassero nuove parole,
    per dirti quanto ti amo, le userei.
    Cammineremo assieme vedrai,
    perché non lascerò la tua mano.
    E anche se non do tempo alle persone,
    per sentire la mia mancanza,
    non riesco a fare a meno di te,
    sono ubriaco del tuo sorriso
    e drogato dalle tue parole.
    Non so se andrò lontano,
    ma tu dammi un po’ d’amore.
    Perché le cose belle non finisco,
    si moltiplicano,
    si trasferiscono.
    E tu sei la mia cosa più grande.
    Se mi darai un po’ d’amore,
    renderò il tuo mondo più bello.
    Tu solo sceglimi.
    Dammi la mano,
    e andiamo.

  11. L’amico Fedele
    Ti raccolsi
    presso una pattumiera
    piccolo, paffuto
    dal pelo corto
    di un bianco pulito.
    E’ tempo di vacanze
    e il padrone
    di te si è stancato.
    Eri lì inerme
    spaventato, incredulo
    per la durezza di quei cuori
    che pure ti hanno voluto.
    Non chiedevi nulla
    aspettavi
    dentro la scatola
    il mondo guardavi.
    Mentre la mia mano
    su di te si posò,
    vidi nei tuoi occhi la felicità.
    Ora che sono trascorsi dieci anni
    sento la mia vita
    legata a te,
    compagno
    amico fedele,
    da quel dì.

    Accetto regolamento
    Sandro Tiberi

  12. Gravita tra gli astri o mondo gentile
    mentre io chiudo gli occhi
    e mi abbandono al sonno
    tu continua il tuo viaggio discreto
    Destinazione mattino.

    Andrea Saratoga
    – Accetto il regolamento

  13. Quando muore un amore
    Immobile, sulla cima del burrone.
    Inerme senza soluzione.
    Ci sono ma non serve,
    rimani tra le belve.
    Vorrei poterti salvare,
    ma non ti lasci andare.
    Io ci credevo,
    mio piccolo grande amore,
    ma non ti avevo,
    ero in errore.
    C’ero io,
    c’eri tu
    ma dove eravamo Noi?
    Senza amore
    non si può essere eroi.
    Volevo poterti amare
    all’infinito,
    ma tu invece
    mi hai colpito.
    Abbandonate sulle sponde,
    vicine ma distanti,
    non le hai mai sentite quelle onde,
    invece io vivevo di istanti.
    Mi hai detto addio all’improvviso,
    nessuna lacrima sul tuo viso,
    il tuo cuore già di un’altra,
    sei stata molto scaltra.
    Ma tu hai l’inferno dentro,
    ed io non sono mai stata
    il tuo baricentro.
    Tu vuoi essere felice,
    mi hai detto all’improvviso,
    ‘perché non lo facciamo?’
    ti ho sussurrato piano.
    È tardi poi mi hai detto,
    non è facile certo,
    ma io sarò con te,
    allora cosa c’è?
    Mi hai detto ancora addio
    ma lì non c’ero io.
    Tra noi c’era l’amore,
    anche se funzionava ad ore.
    Tu non sai mai chi sei,
    io invece morirei.
    Perché tra noi è successo?
    Amore perché hai smesso?
    Tu non sei mai stata mia,
    era pura follia.
    Angela Casale

    -accetto il regolamento

  14. MI PIACE QUANDO RIDI

    Mi piace quando ridi
    prima ancora dagli occhi
    perchè entro lo spazio
    infinito dell’ iride tua
    il mio pezzo di cielo
    s’ accende, si spegne
    su uno spartito di stelle.

    Mi piace quando ridi
    per i miei pensieri randagi
    sopra la curva dei capelli,
    per più di un sogno dai tanti colori
    che gira e gira sul filo azzurro dell’ orizzonte
    come una girandola pazza
    soffiata dal vento.

    Mi piace lo scintillio del tuo riso
    che s’allarga alla pupilla
    come un giorno di gran sole,
    quella gioia che ti scoppia prima sulle labbra
    quando il mondo sta zitto
    e forse come me
    trattiene il respiro.

    Mi piace quando ridi.
    E non m’importa se a volte
    raccolgo sorrisi stanchi.
    Tu mi guardi, io ti guardo.
    E credo attorno ci sia più luce.

    – accetto il regolamento

  15. Il Dono di comunicare pienezza al Cielo
    Mi sento scuotere
    dalle foglie malinconiche
    in un viaggiare eterno
    tra vuoti e dialoghi sussurrati
    nel dolce germogliare dell’aria.

    – accetto il regolamento

  16. IL RICORDO DI UN AMORE

    Grazie oblio che mi vieni in aiuto
    Ricordare un sentimento così totale
    Potrebbe farmi tanto male
    Svegliarmi e non trovarti più
    Quando io c’ero solo perché c’eri tu
    Respirare un sogno che l’alba si riprende
    Il desiderio che cresce ogni volta di più
    Ancora più prezioso perché senza futuro
    Un universo che implode d’immenso
    Il resto che perde ogni umano senso
    Senza tempo senza spazio senza proiezioni
    Senza pretese e senza rivendicazioni
    Che fortuna che niente è eterno
    Sentire la tua mancanza per sempre
    Sarebbe impossibile da sostenere
    Sfuma il tuo ricordo sfuma il tuo profumo
    Non so quanti anni hai adesso
    ma per me è lo stesso
    Avremo per sempre la giovinezza di allora
    Dormi memoria strappami le immagini di quella storia
    Spogliami dei sublimi ricordi rendimi nudo al futuro
    Trasportami rinnovato verso nuove meraviglie
    Rendi il mio cuore libero dal paragone
    Desidero che ogni giorno tutto sia nuovo
    Voglio sorprendermi sempre come la prima volta
    Fammi sbagliare sempre
    Voglio essere eternamente in conflitto
    Voglio una vita sempre in rivolta
    E per ogni giorno che muore
    Dimenticare e domani ricominciare

    Massimiliano Nevisco
    – accetto il regolamento

  17. ATTESA

    Lascia la porta socchiusa,
    forse vorrà tornare
    e una lama di luce
    gli indicherà il cammino.

    Se lo vedrai, lontano,
    non corrergli incontro,
    forse non è lui:
    sorridi solo e tendi le mani.

    Quando, nel silenzio,
    sentirai vicini i suoi passi
    taci e ascolta il suo cuore:
    forse è lui il più stanco.

    -Accetto il regolamento.

  18. Ultimo gesto

    Schiava di cuori avvelenati da ira
    e padrona di stille d’acqua che cascano, con lentezza
    tanta è la quotidianità del gesto
    e colmo il petto di sospiri
    da non riuscire a respirare.
    Rimpiange lo scrigno
    -questo sogno fatto d’inganni-
    in cui si perdeva in quel che viene definito privo di toni
    ma che si rivela -per chi è perduto-
    la risposta a un silenzio insostenibile.
    Era vita quella che si nascondeva tra i cassetti, non polvere
    e di gigli sapeva quella scrivania su cui china, realizzava nascite
    e dichiarava guerre. Lì fioriva tutto,
    ed ora che ha tagliato le radici
    quell’inno lontano che proviene dal freddo
    resta ramificato in speranze,
    spezzate dall’odio e dalla brama di avere la chiave
    -quella in oro, decorata con inserti-
    e lasciar precipitare tutto in un ricordo,
    nell’oblio di lei, che si incatena
    e in quello di chi ha scolpito nei suoi occhi il suo volto triste.
    Se non è questa la fine di un desiderio allora dimmi,
    anche se ormai muta perché non vuoi parlare,
    quanto duole questa lama sulla pelle
    e quanto è aspro il sale
    che allontana da te quella sensazione di ciliegia
    che hai sempre ricercato e indossato, come ti appartenesse.
    Se non è questa la fine di una poesia, allora ingannami
    ancora una volta, lasciati amare e distruggi questo sogno,
    e sarà dei tuoi resti che si abbevereranno i terreni
    e sarà proprio da loro che rinascerai:
    ma concedimi la risposta, affinché possa custodirti,
    pronuncia un addio, che essenza di un eco divenga.

    – Accetto il regolamento

  19. E non saremo mai

    Non c’è domanda che io ti possa fare
    se mi rispondi sempre
    che sei mare.
    Del resto il nostro incontro
    è stato vento,
    vento che urlava
    per strettoie e forre.
    Mare che invade coste
    e le sommerge,
    furia, sudore, corpo a corpo.
    Non siamo e non saremo mai
    pace e silenzio, ferma calma,
    la brezza dolce che accarezza
    e passa.
    Siamo fatti di carne, tu ed io
    quella carne che uccide
    e che germoglia.
    Di pelle che trema per una carezza,
    di scuotimenti improvvisi
    e terremoti.
    Siamo fatti di carne tu ed io
    e di natura che non ha domande.

    – accetto il regolamento

  20. Sarà la poesia la nostra salvezza

    Sarà la Poesia la nostra salvezza,
    se sapremo sempre leggerla
    nei nostri cuori,
    cercarla nei gesti più umili,
    trovarla tra le cose perdute
    e mai dimenticate.
    La Poesia ha parole di pace,
    anche quando grida il suo dolore.
    Non ha razza, lingua, religione,
    ma un unico amore.
    E se proprio vuoi trovarle un colore
    sarà solo quello dell’inchiostro.

    Daniela Giorgini – Dichiaro di accettare il regolamento

  21. A mio padre, a tuo padre.
    Nel corso del tempo, nel vortice di emozioni e ricordi mai dimenticati
    Sorge e si illumina protettore e serio il tuo viso.
    Abbagli i miei pensieri e provo a seguire le tue orme.
    Da figlio a padre comincio a capire il tuo duro lavoro di tutti i giorni .
    Da figlio a padre, di ricordi in ricordi, da padre a figlio la macchina celeste del tempo prende e da.
    Godetevi a vostro padre, persone fortunate, toccatelo, abbracciatelo, vogliategli bene, perdonatelo!
    La misera esistenza a volte inganna e muta le sensazioni, trasforma la realtà e nasconde i sentimenti.
    Amatelo, coccolatelo, vivetelo!
    Oggi lui c’é, ma la sua permanenza è una mera chimera.
    Prima di un battito di ciglia, di un strofinare di ali di farfalla, cade il vuoto che tutto avvolge e fa scomparire le cose.
    Padre mio, padre nostro
    Padre di tutti noi, tienici tra le tue braccia.
    Carrezzaci con la mano dura e rugosa per il tuo lavoro titanico di portare avanti la tua famiglia giorno dopo giorno .
    Padre mio , ti tengo nella mia mente e nel mio cuore.
    Peró oggi non posso festeggiarti …
    Oggi non posso abbracciarti e perdermi tra le tue braccia e rimanere tranquillo e protetto da questo vorace e crudele mondo.
    Oggi non posso, ma nei miei ricordi,sei sempre nel mio cuore .
    Amici , piangiamo il padre perduto,
    E che le nostre lacrime riscaldono il nostro cuore.

    Alzo gli occhi e mi guardi e sorridi e so que non sono solo
    Hai girato il tuo viso verso di me, adesso giro gli occhi e vedo i miei figli, i tuoi nipoti ..e vedo il tuo riflesso nei loro occhi.

    Diego Castelbuono
    Accetto il regolamento.

    1. Alba sul mare
      Impietosa la luce del mattino
      trafigge lo sguardo che si apre all’orizzonte.
      l’onda si appiattisce e
      si frastaglia in infinite lucciole.
      Nelle vene lo scorrere del tumulto si placa e
      il cuore si allarga di ampia comprensione.
      E’ medesimo l’attimo che mi unisce al salmastro profondo respiro.
      Tutto esplode di risveglio che si rinnova e
      mi sciolgo nell’abbraccio del nuovo inizio.
      Lucilla Di Meco
      accetto il regolamento

  22. LE CAMPANE DI SAN MARCO

    Le campane di San Marco
    sono quelle che al semaforo
    ti fregano,
    troppo strane.
    Malinconiche solo in quanto vicine e in verità lontane.
    Tutti stanno suonando il grigio,
    tutti conoscono abbastanza le rotonde
    da sapere come raggirarle.
    Chissà cosa sussurra
    con la bocca celeste
    la ragazza al seggiolino vuoto
    come vuoto quel che ora ha dentro.
    Ha gli occhi rossi
    ma solo finché è rosso il semaforo.
    Ma San Marco suona
    e nella catarsi implode ipnotico
    reggendosi la testa sulle metonimie.
    Se piove poco non piove;
    se piove troppo non si vede che piove.
    Dannati tergicristalli
    che non accarezzano mai quando serve.

    – Nicola Matteucci

    -Accetto il regolamento

  23. “Due minuti per una giustificazione”

    In un singhiozzo di antropocene
    fu per caso se sortii dal niente.
    Ritornerei ad annichilirmi
    nel preludio della cosmogonia.
    Mi riarmo invece tutti i giorni
    per attendere a un almanacco,
    un calendario di scelte binarie,
    una contabilità da partita
    doppia di godere e di dovere
    e dentro il conto delle sedute
    di terapia con l’umanità.
    Sono per quella l’anima medianica
    tragicamente sprecata finché
    non vedo un dono nell’esistenza,
    la scala dall’uomo all’infinito.
    Allora mi accomodo compunta,
    guadagno del tempo con il lamento
    per la mia competenza appena
    sufficiente a tenermi in vita
    nonostante tanto ottundimento.
    Vorrei spiegarle che era previsto
    che svanisse l’illusione del mito
    e ci si domandasse il perché
    nei sette giorni della creazione
    non abbia trovato due minuti
    per darle una giustificazione,
    che fu un caso se sortì dal niente
    in un singhiozzo di antropocene.

    ELISA MALVONI

    Accetto il regolamento del concorso.

  24. EUFORIA
    Non so se questo giorno
    porterà un nuovo entusiasmo
    un raggio di sole
    scompiglia i pensieri
    impertinente questa brezza
    accarezza la mia fronte
    di lucida fatica.
    Non so …non so se
    quello che desidero
    sarà o potrà essere,
    vivo leggera l’adesso
    come un gabbiano
    che spiega le sue ali
    verso spazi infiniti.
    Vivere ancora di noi
    vestirmi di stracci
    andare scalza in estate
    fino all’inverno
    …. sono momenti
    contemplare più albe
    cieli stellati e tramonti
    nuotare in acque gelide
    mangiare più dolci
    … buoni momenti
    giocare di più nel sorriso
    pieno di un bimbo
    che protende le manine
    in un abbraccio
    ….è di questi fatta la vita.
    Non so se oggi ci saranno…
    cercherò un attimo di allegria
    in armonia con me stessa
    e con ciò che mi circonda
    nel mare della mia libertà.
    Antonella Vara
    -Accetto il regolamento –

  25. PROETA

    È ormai l’ora del mutar dell’era
    angeli parano il diaspro e la cornalina
    per il tempio e ’l definitivo trono,
    poiché l’acque già copron la terra
    e bianchi alfieri bussano al nido del corvo.
    Erbe mediche e semi di vita
    gocce di mondi in gusci di pelle
    perle di fiume e diamanti di foglie
    legati al mantello del viandante
    nel nobile viaggio in cerca di stelle.
    Lacrima di mare d’anima privo di rive
    stillante linfa che scorre lenta
    sorge l’idea atta a generar rime
    alito di vento che ‘l mio volo alimenta,
    giunto è il tempo opportuno di partire.
    Ramingo in volo sognante a mezz’aria
    tutto m’abbraccia la natura tutta
    e di gioia e maraviglia meco canta,
    in un bianco cielo che è bianco foglio
    nel mio andar mi fan da ali le parole.
    E ‘l vibrar dell’ali mie mi è musica
    il poetar m’è verso e nuova rima
    le parole son acqua e d’acqua nuvola
    come vento nuovo o spiaggia pura
    semino luce a fiori per la mia via.
    Amo volare in tutto ciò che m’innalzi
    e volo, sognando, e sognando narro
    ed amo cantare tutto quanto m’incanti,
    nasce dai miei passi sana follia
    e spesso follie mi trovo dinanzi.

    -Andrea Cappelletto-

    ACCETTO il regolamento

  26. (Questa Vita)

    Questa Vita
    così piena di stelle
    e di luce
    così Abbondante
    extralarge
    da straripare…
    Questa Vita
    così potente
    nella sua caparbia
    volontà
    così superba
    nella sua visione…
    Dove i colori
    fuoriescono
    dall’orizzonte
    per ritrovarsi negli albori
    delle prime luci
    e pregustarne il giorno
    – come il tempo –
    mai sazio di se!
    Questa Vita
    che nel suo sproloquio
    apprezza la sua momentanietà…
    intrisa così d’arcano
    Questa Vita
    decantata
    smaterializzata
    trucidata…
    Nulla a che veder con la perfezione
    intrappolata com’è
    nel tempio delle nostre illusioni…
    Questa Vita
    è tutta un’avventura…
    che affronta ben volentieri
    anche senza voglia!
    Questa Vita
    È come un acquerello
    dipinto da occhi che guardano
    la profondità di un volto assente
    ma reale!
    Unico!
    Questa Vita
    a volte rescissoria d’Illusioni…
    va
    dove gli orizzonti
    fuoriescono dal tempo…

    Francesco Bergamasco
    ACCETTO il regolamento

  27. GUERRE
    I bimbi giocano
    alla guerra
    impazienti
    nelle strade polverose e vuote
    spazzate
    da un vento gelido
    in squallide periferie
    dove vivere è già un miracolo
    come oziosa sfida
    ribellione di anime innocenti
    intrappolate nel buio
    allontanate dal bene
    giocano con coraggio
    nella gabbia protetta
    si accordano per fare agguati
    quando i sogni sfumano
    bisogna finire per amare
    il male
    che sembra salvare
    solo chi è già perduto.

  28. “Questa Vita” è momentanea, imperfetta problematica… ecco perchè è bella…

  29. Alberi. Metafore.

    Dalle finestre di casa
    contrariata
    osservo alcune cime
    compromesse
    da violente bufere.
    In ogni mio scatto
    mostreranno l’effetto
    di quelle intemperie.
    Non si sono spezzate
    ma vivranno
    per sempre piegate…

    Accetto il regolamento
    Miriam Bruni

  30. Sei sempre stato il mio punto di riferimento,
    quell’abbraccio sicuro in cui potermi lasciare andare,
    quel rifugio sicuro sia nei momenti belli che in quelli difficili.
    Quel messaggio inaspettato e speciale
    che rasserena il mio cuore facendolo tornare a sussultare.
    Quella parola giusta al momento giusto che mi fa sentire capita.
    Quel dolce buongiorno che mi fa ripartire con grinta
    e serenità anche quando sembra che mi stia cadendo addosso il mondo
    e il mio unico pensiero come mi sveglio la mattina
    e non mi addormento senza averti sentito.
    Non sai quanto vorrei essere li abbracciata a te.
    Amore mio.

    – Accetto il regolamento

  31. SEPARAZIONE

    In quel profumo buio che ora aleggia
    nei dintorni ed abbrevia l’orizzonte
    sto esalando il respiro non sapendo
    bene quel che m’attende e non m’importa
    forse perché il corpo ha il suo destino.

    Le nostre strade stanno per dividersi
    a ogni tua parte auguro un buon viaggio
    per i nuovi percorsi che le attendono.
    Ora mi sto chiudendo come a riccio
    e una luce si spegne nella bocca (*).

    Di un silenzio divino ho bisogno
    un pensiero nascosto che protegga
    quella operosa fucina di notti
    sospirose per scelte non concluse.

    E mentre si avvicina non prevalgono
    né ansie né rimpianti e si rimane
    in attesa che giunga tempestiva
    come nel sogno una definizione.

    (*) cit. George Trakl

    – accetto il regolamento

  32. Gianluca Lalli cantautore, scrittore e docente italiano
    https://it.m.wikipedia.org/wiki/Gianluca_Lalli
    Le scrivo per porre alla sua attenzione alcune poesie tratte spettacolo
    poetico e musicale “Lisistrata e le altre”
    Poesie che si occupano della discriminazione di genere,nello specifico della violenza sulle donne
    Le Allego il link della poesia “bambina” che é una delle poesie dello spettac

    BAMBINA
    Bambina qui mi chiaman tutti
    ma vi giuro sul mio cuore
    che benché io mi ci sforzi
    non ricordo più il mio nome

    A 11 anni mi han violata
    sul mio corpo come cani
    ma io non ho sentito niente
    solo il sangue sulle mani

    il mio pane è sulla strada
    dai miei primi 12 anni
    un esercito di uomini
    si confondono con gli anni

    e scordare è una salvezza
    così dimentico le facce
    ma l’odore che rimane
    non si toglie con le docce

    vivon gli uomini di mondo
    in simbiosi con il sole
    ma per me non c’è speranza
    solo tenebre e dolore

    e tutti quanti hanno un amore
    e molti figli da cullare
    io lavoro senza tregua
    ma non ho bocche da sfamare

    I benpensanti e i moralisti
    fanno leggi senz’ appello
    ma la notte poi ti pesan
    come carne da macello

    questa gente menzognera
    ci racconta dell”eterno
    non sa che la morte consola
    paragonata a questo inferno

    perché poi sei nei gironi
    mi ritocca ancor l’inferno
    e mi ributtano qui in strada
    poi mi sente il padre eterno.

    quante bocche quante mani
    dentro questa vita ad ore
    cinquant’anni di lavoro
    senza fare mai l’amore

    ma il mio amore sai è la luna
    mi protegge e mi vuol bene
    lei mi ascolta e mi sostiene
    poi torniamo a casa insieme

    Gli anni volan senza sconti
    ma io son tale e quale a prima
    ho mezzo secolo suonato
    ma qui mi chiamano Bambina

    – accetto il regolamento

  33. NON SIAMO MACCHINE

    Vedo gente che spesso corre
    pur se fretta non ricorre
    e i neri uccelli nel cielo terso
    san che il giorno non è perso;
    chi si accontenta gode,
    un proverbio tanto si ode,
    ma correndo si dimentica
    l’essenza vera della vita.
    Noi non siamo macchine dure,
    l’umano cuore abbiamo pure
    e se la sera siamo stanchi
    torniamo ai principi Santi,
    per cui ogni cosa ha un valore,
    ma più di tutte conta il cuore
    corriamo rincorrendoci la coda
    e del progresso portiamo la soma.

    – Accetto il regolamento –

  34. C’è una distanza
    protetta dallo sguardo
    sfida le incursioni del sogno

    dopo le geometrie della luce
    neanche le parole arrampicano più
    restano sospese fanno velo

    Dietro la porta
    custodisci pezzi di cielo
    di tanto in tanto
    inanelli nuvole di fumo

    il silenzio penetra da solo
    non ha bisogno
    di chiedere permesso

    – accetto il regolamento

  35. GUARDO LONTANO

    Cresco per te,
    affinché al fianco tu abbia un uomo,
    non un bambito impaurito
    che nella sua infanzia ha solo patito.

    Cresco con te perché sei un raggio di sole.

    Ho succhiato metaforicamente al tuo seno,
    siero latteo di intenso e fluido amore.

    So che solo guardando la tua figura
    aumenta la mia flebile forza
    e svanisce, come nebbia al sol,
    ogni remota paura.

    Sei  la stella che guardo nel ciel alla sera,
    che osservo chiudendo gli occhi durante Il mattino,
    che con la scia di luce attraversa la mente
    all’improvviso, senza voler
    o consapevolmente.

    Amo rinforzare le mie gracili membra
    allenare anima e mente
    con costanza e determinazione e coraggio
    anche se ciò a chi non mi conosce non sembra.

    So che il percorso di certo non sarà breve
    che forse guardo troppo lontano
    ma non sarò da solo a raggiunger quella meta,
    con me ci sarai tu e ciò or che faccio,
    di certo non è  vano.

    @ Mario Italo Fucile
    accetto il regolamento

  36. ROSA DEI MIEI SOGNI

    Ti cercherò, rosa dei miei sogni , ovunque tu sarai,
    perché di te conservo il profumo,
    gli istanti inventati , le passioni vissute.
    Per monti e per valli ti cercherò
    e quando sboccerai, accarezzerò i tuoi petali
    per riempire di gioia la mia memoria.
    Ti racconterò le mie ingiuste crociate
    a inseguire paradisi incompiuti,
    ti sgranerò il mio rosario di ricordi e di incontri
    a costruire fantasie ; poi sfinito ti coglierò
    e, come un calice, ti innalzerò per farne un dono.

    Per monti e per valli ho viaggiato,
    ma non ti ho trovata,
    allora ho gridato il tuo nome
    e, come un’eco, una voce mi ha riempito il cuore:
    “Non cercarla nei giardini profumati
    né dentro il roseto dei tuoi desideri,
    ma sul ciglio della strada dove sudore
    e lacrime le fanno da concime.
    Lei è lì a dare respiro alla tua ricerca
    e alla fame di ogni uomo
    e quando la troverai la sua essenza
    si espanderà facendosi sogno.”

    Solo allora porterà con sé della natura… la bellezza.
    Di Ruggiero Francesco
    Accetto il regolamento

  37. Vivere

    L’anima ha paura, ma
    inizia la minaccia
    della pace raffigurata da una goccia di spenti
    incubi nelle beffe
    dei traumi come
    frasi che ti imbrogliano nel ribrezzo irriverente
    fuggente e fragile come una spiaggia di gufi che ti lascia
    fremente e ingombra la tua
    angoscia
    da essere vivente.

    e ingombra i tuoi
    dolori, di essere vivente.

    – accetto il regolamento

  38. AMORE GRANDE…
    Quel salto nel vuoto con te.
    Quel brivido quando mi sfiori la pelle.
    Quel speciale momento che ci tiene uniti.
    Quando tutto sembra dividerci.
    Non malattia,
    non distanza possono farcela.
    Ma solo la nostra volontà di combattere
    può legarci indissolubilmente.
    Come il mio bene per te.
    Il tuo, indelebile nel mio cuore.
    Sei la mia ispirazione.
    Il cuore mio è pieno di gioia.
    Ora silenziosi ci troviamo assieme
    a leggerci in questi versi unici.
    Unici come il nostro Amore.
    Il tuo brivido, il mio,
    Il nostro Amore Grande.

    Accetto il regolamento

  39. LA MASCHERA DELLA VITA
    La vita mi ha donato
    questa maschera che io mi porto addosso
    la tengo stretta al viso
    e in lei mi riconosco
    Quando son triste
    ed i pensieri assillano la mente
    in lei io mi nascondo
    dallo sguardo della gente
    Sul palco della vita
    l’indosso come attore
    proteggendomi da fischi o applausi
    quando entro in scena
    sotto il riflettore
    Al calar della sera
    la ripongo sul fondo del cassetto
    lo chiudo e poi mi specchio
    per osservare i mio viso, le mie rughe
    e rivedermi vecchio
    Sorrido, piango
    e poi sorrido ancora
    la tolgo dal cassetto
    e poi l’indosso
    …ancora come allora…
    Non è la maschera
    della falsità e dell’ipocrisia
    ma è il mio vero ego
    qualunque esso sia
    Ognuno ne possiede una
    E la tiene stretta a se ogni giorno
    per tutto il suo cammino
    come in un eterno girotondo
    Su questo enorme palcoscenico
    la tiene custodita
    per questo grande spettacolo
    messo in scena dalla vita

    GIAMPIERO FENU – Accetto il regolamento

  40. POLO ANDREA
    ACCETTO IL REGOLAMENTO
    20 FEBBRAIO
    La’
    Le voci del vento
    Tra le foglie
    D’un bosco arrugginito
    Prima della fine

    La’
    In un fossato
    In un rivolo d’acqua
    In un prato
    Una nuova primavera

    La’
    Le tombe
    Di quelli che sono morti
    Per gli altri
    Non passate mai più distratti
    Davanti a un ospedale

    La’
    Il dolore degli uni
    È l’amore degli altri
    Camici bianchi
    Visi stanchi
    Di occhi
    Che non si vedono altrove.

  41. Ti cerco

    Ora e sempre
    nel bacio del sole
    che non fa rumore,
    negli occhi di carezze allegre
    di una lirica bellezza
    dove la poesia stupisce.
    Cercando te
    sul bianco piumaggio
    è notizia del giorno
    dove i rami di vita
    si abbracciano
    spesso
    nel tuo azzurro cielo.
    Ti cerco
    nel mio silenzio dorato
    dove una scintilla d’inchiostro canta
    prima dell’alba in una ondata sincera
    t’aspetto …
    Aprire il mio leggero cuore,
    saltare di gioia
    in fuga …
    l’amore che copre noi …
    Acceto il regolamento

  42. LACRIME IMPRIGIONATE

    Inconfessate paure ti lacerano,
    interpretano la precarietà dell’esistere,
    ti pongono infinite domande senza risposte.
    Una tristezza lieve s’impadronisce di te
    al non clemente destino t’arrendi
    senza comprenderne il disegno.
    S’incatenano i ricordi
    lacrime imprigionate trovano un sentiero
    ove liberare dolori addormentati.
    Una supplica, una preghiera
    accompagna questo momento
    ove trovare la forza di continuare
    il vagabondo viaggio dell’esistere.
    Abbandonare ogni resistenza
    e accogliere nel cuore
    ciò che la vita ti ha riservato,
    tenendoti per mano come un’amica preziosa
    ha viaggiato con te, conosce ogni segreto
    ti ha insegnato a combattere e a lottare,
    per ogni sfida un dono,
    dietro alle ombre la luce
    che riscatta ogni turbamento .
    Raccogliere preziose gocce di rugiada
    che permetteranno al tuo cuore di non inaridire,
    iniziare un percorso nuovo ,
    anche se pieno di insidie
    quando la debolezza sembra abitarti,
    nella forza di combattere
    un desiderio nuovo s’accende
    ti parla d’amore e tutto si rischiara
    in un disegno più grande
    si aprono i tuoi occhi a guardare
    e a comprendere il dono grande dell’esistere.

    — accetto il regolamento del contest

  43. Vascelli ebbri

    Sdraiati ancora
    sul mio cuore umido
    sgranando gli occhi
    verso il blu profondo
    e cerca sempre un punto d’infinito
    dove la luce si riflette in mare.

    I nostri sogni erano utopie,
    le nostre braccia, propaggini d’artisti,
    riflessi d’ombra su parole mute.

    Vivi il tuo mondo
    e non voltarti indietro
    chè del passato nulla è da salvare,
    la nostra storia è tutto un divenire
    da trasportare su vascelli ebbri
    carichi d’ambra e pietre colorate.
    Accetto il regolamento

  44. Silvana Sonno – accetto il regolamento
    Sono una donna

    Sono una donna
    la mia situazione è questa
    non mi candido all’universalità.
    Dal mio gradino mi rappresento il mondo
    vedo un’altra e un’altra e altre ancora
    non mi fanno da specchio
    la mia immagine non ne è ingrandita.

    Io sono io e sto qui
    nella mia situazione
    ma un insopportabile silenzio
    accompagna i passi delle donne.
    Le loro labbra muovono frasi inespresse:
    episteme e violenza che il mondo
    mal accorda lungo lo snodarsi delle vite
    lacrime calde scendono
    ma anche il mio lamento non esce
    pur se nel petto cresce l’amarezza.

    Sono una donna
    la mia situazione è chiara
    ora la conosco.
    Qualcuno mi ha messa su questo gradino
    l’universo non mi rappresenta
    ma la Storia mi è stretta
    io ho bisogno di largo, invece
    e di respiro profondo
    e di inspirare nel corpo i tremiti del vento
    il rumore che fanno le foglie
    ma anche il moto impazzito delle cellule
    nel chiasso profondo delle mie emozioni
    ha bisogno di aver posto alla luce del giorno.
    La mia lingua ha bisogno di tutte le parole
    per dire di me e degli altri il romanzo che vive.
    Parole di donna che ancora non conosco.

    Sono una donna
    e i miei bambini sono i pensieri
    che il mondo non accoglie.
    Da questa situazione guardo alla vita
    e scendo il mio gradino
    cerco qualcosa che sa di fieno
    e voli di rondini e brillìo di stelle
    cerco una strada e sono pronta a andare
    dove mi condurrà.Il mio piede è libero
    le mie mani distese, e da ogni palmo
    scivola un piccolo rivo che si spande
    e disseta la pelle tra le dita.
    Gocce rotonde cadono per terra
    e diventano traccia, nella polvere
    e fili d’erba.

    Non sono candidata all’universale
    ma la Storia dovrà ben fare i conti con me.

    (in Dissonanze, ed. Era Nuova – 2020)

  45. Pandemia

    E’ arrivato in silenzio ignoto
    senza chiedere permesso
    si è insinuato come una serpe
    in molti di noi umani…
    Vile cerca i più deboli
    dove restarci per sempre
    e anche chi è più forte
    lo deve subire
    con terrore e rabbia e sperare…
    Solo nuovi eroi col camice
    lo combattono resoluti
    comunque vittime
    muniti solo d’una mascherina…
    E’ un nuovo veleno
    che impesta il pianeta
    ma non è arrivato da Marte
    no è un nostro prodotto
    di una umanità beota…
    Di chi avvelena la natura
    e non la sa rispettare
    di coloro che non vivono
    in armonia con il creato…
    Quegli stessi inesorabili
    che anche durante il dramma
    cercano il profitto
    speculano sul dolore…
    C’è anche la corsa al vaccino
    e non cambia il metodo
    chi più ha più arraffa…
    Sopravviviamo in un
    baluginio di colori
    che ci dicono dove andare
    con chi stare…
    Si vive e ci si muove
    tra il giallo e l’arancio
    con il rosso si sta fermi
    è il nuovo semaforo
    per la vita con il virus…
    Di fronte a questa nuova pestilenza
    quando ne usciremo
    cosa ne trarremo?
    Troppo spesso l’umanità
    non ha saputo apprendere
    dalla storia del suo passato
    e continua ebete nell’errare

    – accetto il regolamento

  46. Il Tango attraversò la sala e si inchinò
    davanti alla Mazurca. «Balliamo?», le chiese.
    Lei si alzò e danzò con lui un ritmo ternario,
    infilando a gancio la gamba tra le sue.
    La Foglia sentì il picciolo che tremava senza sosta
    e mentre si staccava disse al Ramo: «Ci spogliamo?»
    prima che il vento la volasse via.
    Arrivò planando a terra senza udire la risposta.
    All’Arancia del giardino, mentre il contadino
    appoggiava la scala: «Limoniamo?»,
    chiese succoso e temerario il Mandarino.
    Si incontrarono, fianco a fianco, nel cestino.
    Ancora piegata, la Coperta aprì l’armadio,
    si avvicinò al letto e disse al Materasso: «Mi stendo?»
    e si andava srotolando profumata, e nel frattempo
    una dietro l’altra saltavano le molle, all’impazzata..
    Il Piede destro di seta trasparente mise un calzino
    e disse alla Scarpa di camoscio: «M’infilo?»
    Anche la sinistra allentò la stringa, mentre la destra
    piegava la linguetta per l’entrata.
    Il Sassofono, mentre il maestro si accingeva
    a dare inizio al concerto, fece l’occhiolino
    alla Tuba bassa che gli stava accanto
    e le chiese col bocchino: «Trombiamo?»
    Appoggiata allo stipite della porta, la Scopa
    vide disteso il Pavimento della cucina, pronto.
    Il tavolo, le sedie e perfino il quadro
    della natura morta appeso alla parete
    trattennero il fiato. «Sono stanca»,
    disse stremata la ramazza, «per oggi ho dato»

    Accetto il regolamento

  47. VACILLANO I PASSI
    Nei giorni sospesi
    attaccati ai ricordi
    vacillano i passi
    nel creato selvaggio
    senza trovare sollievo.
    Nei giorni..
    bruciati dal tempo
    si cerca un messaggio
    tra le braccia del vento.
    In nuvole di ricordi
    vacillano i passi
    distratti e confusi.
    Un altro anno
    è passato con una sfera
    di cristallo tra le mani
    nell’insonne speranza
    che i sogni diventassero
    realtà.
    Nelle luci soffuse
    vacillano le emozioni
    per una passione che
    fonde mente e cuore
    ormai distante anni luce e
    s’infrange nel vuoto
    più buio.
    Si ignora il destino,
    balbettando parole scialbe
    ci si sente soli in un silenzio
    che fa più rumore
    tra le voci della gente.

    – Accetto il regolamento

  48. BRAMO
    A me dinanzi sconfina l’infinito
    Scorgo sdraiato su di un fianco
    Volgo verso il tuo il mio corpo
    D’immagini il baluginare è improvviso:
    “Sei come schiuma bianca
    Che si increspa sul mio petto
    Mentre per te mi faccio mare
    Bramo che dentro me tu ti faccia inabissare
    Sei come cirro nell’azzurro
    Che d’un tratto si incupisce
    Mentre repentina ti fai acqua
    Bramo che di te io mi bagni le assetate labbra
    Sei come sole nel rosso orizzonte
    Che si arroventa e tutto scalda
    Mentre bruci e ti fai fiamma
    Bramo che dalle tue ceneri io felice rinasca
    Sei come aria trasparente
    Pura essenza che accarezza il viso
    Mentre per te mi faccio vento
    Bramo di te quel bacio che imprigioni il respiro.”

    – accetto il regolamento

  49. IL MARE

    L’acqua del mare
    è come un eterno viandante,
    viaggia all’infinito, mai si stanca,
    raggiunge ogni sponda, ogni striscia di terra.

    L’acqua del mare
    è di tanti colori:
    è blu, azzurra, celeste,
    cerulea, verde, smeraldina,
    talvolta bianca, gialla
    ma anche rossa o nera.

    L’acqua del mare
    conosce tutte le lingue del creato,
    parla ai marinai di ogni porto,
    gioca con ogni bimbo della terra.

    L’acqua del mare
    è un mondo a sé, in sé.
    È come una grande casa,
    ospita i pesci,
    trasporta le navi,
    rinfresca i bagnanti.

    L’acqua del mare
    arriva ovunque,
    non conosce confini,
    non segna barriere,
    scorre sotto i ponti.
    Seduto sulla mia barca,
    mi lascio dondolare
    dalle onde del mare.
    Con l’acqua gioco,
    ora a destra, ora a sinistra
    con le mie mani.

    Una leggera brezza spira
    ed io, abbandonato ai miei sogni,
    mi lascio trasportare,
    dall’ acqua del mare,
    verso sponde lontane.
    Fiorella Fiorenzoni
    Accetto il regolamento

  50. La psicosi puerperale

    Dal ventre della madre
    procedevano nefasti nemici.
    Irrompevano feraci dalla vagina,
    rompendo le acque placentee
    con fitte dilatatorie,
    contrazioni rapide travaglio
    rivoli di sangue sparso
    nella più crudele delle guerre:
    il parto.
    Non il dolore di un figlio ucciso,
    non quello di un figlio tradito
    non quello di un figlio malato.
    Ma quello di aver procreato,
    perso per sempre qualcosa di sé
    per un altro sconosciuto e nemico.
    Succhia vorace il colostro, la forza,
    gli anticorpi, l’anima stessa.
    Nato all’odio in un funesto giorno
    perse il figlio la madre nel gorgo
    della disperazione inghiottita,
    privata di sé nel latte profuso,
    nel mare della solitudine persa.
    E’ lui il dolore dell’assenza e della privazione.
    Della violenza e della sopraffazione.
    Di Lei, l’Invincibile, la Pura,
    la Vittima sacrificale: la madre.

    – accetto il regolamento

  51. È tutta questione di chimica.
    Non leggete.
    Non ripetete.
    Non ripostate
    Non vi sforzate.
    È tutta solo chimica.

    E se non piange
    se piangete voi.
    E se non ride
    se ridete voi.
    E se non sente
    se sentite voi.
    No.
    Allora non è chimica.

    (Accetto il regolamento)

  52. NON HO SORRISI

    Non ho sorrisi ne lacrime ne parole da spendere
    non ho che silenzi verso mete lontane,
    troppi ricordi scorrono veloci, lacrime salate
    mentre la sera scivola lontana,
    il silenzio delle notti, le cicatrici sulla pelle,
    passata la tempesta gli uccelli tornano a volare
    leggeri nell’aria e la mia mente viaggia con loro lontano
    nella memoria del tempo che fu,
    poi torna la primavera, rifiorisce il ciliegio,
    non fa più freddo ritorna il sole con amore sulla terra
    ad ascoltare il mio cuore mentre scende il tramonto sul mare
    alla ricerca di un sorriso, ed il passato torna vivo nella mente,
    ricordi di casa di giorni sempre in discesa,
    la notte ritorna tempestosa, resto solo con i miei pensieri ,
    una colomba si posa sul davanzale in cerca di pace,
    alzo le braccia e abbraccio la vita,
    mi lascio trasportare dal suo tepore
    sento che la vita mi scorre dentro
    voglio sentirmi vicino al suo richiamo
    con la mia pena nel cuore, perche solo in Lei trovo la pace.
    Le stagioni passano in fretta
    resto solo ospite in casa, la solitudine non mi fa più paura,
    l’amore è fuggita come il vento in una notte di tempesta,
    non so dov’è, la sua vita è andata oltre i miei occhi,
    una lacrima scende lentamente come lo scorrere del tempo
    lungo i sentieri della memoria, i giovani e vecchi ricordi
    che profumano di un passato oramai sbiadito.
    Vorrei rivivere le emozioni di un tempo nella pienezza degli anni
    dove ho lasciato parte del mio cuore,
    i temporali, le gioie e la tristezza si alternano con gli anni, mi chiedo,
    per quanti anni ancora resterà il ricordo senza più repliche!

    (Accetto il regolamento)

  53. Chiara Tennant – accetto il regolamento
    Mi hai illuso
    Di essere creatura
    Impossibile da amare
    E il tuo abuso
    É nuova apertura
    Ora, Ho una casa da abitare
    Dove sono pronta ad acclamare
    Ogni forma di difetto
    Per invidia o per dispetto
    E a dirti che sono pronta
    Nuovamente all’amore
    E a ciò che davvero conta
    Ad aprirmi ancora allo stupore

  54. Ci manchi

    Il tuo giorno qualunque,
    il 24 marzo,
    cadevano recise tutte le stelle dell’oscurità,
    su questo spazio anima che si incendiava del tuo nome.

    Un anno,
    il primo,
    senza grucce,
    senza parole
    e quante domande mi chiedono di te
    che siedi quieta nel paradiso delle ferite.

    Ho spento il colore,
    tutto quanto ho dentro è nella proiezione di un fiore.

    Anche la luna si accovaccia e piange,
    l’erba è sbiadita e il giorno non mi guarda,
    perché questa è l’ora delle improvvisate,
    andarsene per sempre è una meta sicura.

    Indago il silenzio, non mi ritrovo,
    e certamente piove sangue,
    quando la notte inghiotte una madre partorita dal tuono,
    e non ho più un cuore
    e tutto quello che so di te, è il mio nome.
    Resta il tempo della memoria,
    buia come la carcassa di un dio,
    ma non ti dico addio.

    (Dichiaro di accettare il regolamento)
    Monia Minnucci

  55. A DAVID
    Tante primavere fa
    quel corpo passeggiava in riva al mare,
    correva per arrivare in orario agli appuntamenti,
    danzava alle feste di capodanno
    quella bocca parlava in tribunale,
    rideva alle battute,
    gioiva con le figlie
    quelle mani stringevano, salutavano, battevano.
    Gli occhi invece…quelli sono rimasti uguali…o quasi.
    Quali sono i pensieri che ti affiorano nella mente
    mentre le persone attorno parlano tra di loro?
    Cosa provi nel guardarli a distanza di anni
    mentre tu disteso inerme sul letto riesci solo ad ascoltare?
    Quanta sofferenza ho intravisto in quegli occhi attenti!
    Non credo sia neanche immaginabile il dolore che provi
    sentendoti spegnere ogni giorno che passa.
    Non sono riuscita a non pensare tutto questo
    mentre chiacchieravo con gli altri
    e il pensiero è rimasto costante per parecchi giorni
    con un grande senso di colpa e frustrazione.
    Spesso si da importanza a stronzate inutili
    si perde di vista il vero significato della vita
    e solo davanti a sofferenze enormi come la tua
    riusciamo a fermarci un attimo a riflettere.
    Posso solo trarre coraggio dall’averti visto contento nonostante tutto.
    (Dichiaro di accettare il regolamento)
    Caterina Muccitelli

  56. Cerchi sul lago

    Era giunta a fine
    quella storia caduca, fredda
    come la stanca senilità.
    Senza più colore alcuno,
    s’ovattavano di caligine
    suoni sbiaditi, incompresi:
    un tempo antichi sussurri
    di giocosa passione ardente.

    E sprofondava inesorabile
    il mio amore,
    come un innocuo sasso
    scaraventato nel cobalto
    d’un placido lago campestre.

    Annegava il respiro dei sogni,
    in un dileguarsi di anelli,
    all’inesorabile deriva
    su quell’acqua che, scellerata,
    si faceva cheta e liscia
    come la tua cipria pelle,
    ormai insensibile,
    alle mie tristi dita puerili.

    Si ancorava così, mesta,
    l’essenza di un sentimento
    sul fondale più oscuro del cuore,
    celato in superficie dalla danza
    dei rosei fiori dell’oblio
    nella brezza gentile
    di un’incerta alba nuova …

    (Accetto il regolamento)

  57. NEL TEMPO

    L’acqua
    scorre lenta.
    Rosse gocce
    d’autunno
    salutano la vita.

    Maurizio Molinari
    (accetto il regolamento)

  58. Anime separate

    Forse c’è ancora tempo per trovarci,
    anime separate,
    che vaghiamo nei giorni ad incontrare
    il nostro sole,
    forse predestinate alla riunione
    in un cielo di stelle,
    quando non c’è più speranza
    e il nostro mondo procede
    verso una solitudine crudele.
    Forse c’è ancora un’alba, che cammina
    verso le nostre terre,
    e ci aspetta
    una nuova stagione di bene,
    proprio quando la notte
    ci ha colti desolati
    senza sogni e illusioni.
    C’è un bagliore più raro,
    che splende stamattina
    sui nostri due destini,
    e sarà forse un giorno di gioia,
    se noi non smetteremo di cercarci
    e sapremo sentire
    la voce delle foglie
    ed il garrire dei passeri,
    che frullano d’intorno,
    sempre più vicino,
    sempre più gai,
    mentre la gente dorme
    e noi
    accettiamo la sfida della vita
    e non esitiamo ad uscire,
    protetti dalla luce
    di questa nuova aurora.

    Antonio Pelliccia

    ACCETTO IL REGOLAMENTO

    1. Re esistenza
      Io non resisto
      Faccio resistenza
      E resto
      Penitenza
      Tra le trame
      E l’olfatto
      Di questo schifo che mi circumnaviga
      Feroce.
      Ma re esisto.

      – accetto il regolamento

  59. IL BAGNO DEL MAGO

    Bagnandomi nudo nella vasca
    ho bevuto dell’acqua saponata
    Verdolivastra all’apparenza
    Nutriente rituale
    Magia sperimentale.
    Stupori sensoriali
    di bolle in rapporto di pressione
    mi solleticano arcane e
    qual gorgoglio di temperato magma
    mi fan trattenere la voglia d’orinare.
    Allora
    Acquezzando i voluttuari
    Sogni di banale transitorietà
    e di acidula pienezza colorati
    ridicolizzo l’immacolata umidità.
    Così mi vidi
    Occulto e riservato
    uscendo (non più in braccio)
    freddo gocciolante
    di un giorno di piacere
    di un uomo di piacere: il mio.
    Così lo vidi
    Alto taglio da sotto le ginocchia
    nella specchiera ovalizzata
    esperto bagnerciante
    di vapore saturato
    indugiante e intemerato.
    L’ora richiedeva il tempo ripressava.
    Maledicendo infine i benparlanti
    e stanco dell’abbraccio
    mi decisi e scavalcai la vasca.
    Blu nell’accappatoio
    e in procinto di spiccare il volo,
    (tarocco d’ovvietà),
    spalancai le braccia
    e nell’ora occulta
    palesai l’intimità.
    Distratto dal diletto
    Sono scivolato sul sapone
    Sono morto così
    risorgerò presto.

    ACCETTO IL REGOLAMENTO

  60. Sceglierò

    Sceglierò
    dei tuoi capelli i primi bianchi
    delle tue vesti l’ultima volata da un letto
    dei tuoi fiori quelli che non sfoglierai
    dei tuoi sorrisi quello che non concedi
    delle tue ire la più invereconda
    dei tuoi silenzi quello più ostinato
    dei tuoi pianti quello che hai taciuto
    delle tue infedeltà la più gelosa
    dei tuoi addii quello che più d’ogni altro
    hai rinnegato.

    ACCETTO IL REGOLAMENTO

  61. Un ricordo

    Ho trovato un ricordo
    in quattro piegato
    sotto il piede del comodino.

    Anche il suo cassetto
    non chiude più.

    (Accetto il regolamento)

  62. Maurizio Ranghino
    (Accetto il regolamento)

    NOI SIAMO VITA
    Non ditemi che ci siamo persi la vita
    perché la vita siamo noi.
    Ditemi quale diamante più luccicante
    può competere con il valore della vita,
    vita che ci rimane vicina, ci ascolta
    e che ci affianca nell’oggi e ci aiuta a vedere il domani.
    Potrà anche essere complicata,
    ma sa anche farci sorridere di nuovo.
    Non ti toglierà l’abbraccio di tuo figlio,
    non ti farà scordare i ricordi di gioventù
    l’odore di salsedine del mare
    o l’aria pungente delle montagne.
    Vita che ci farà crescere,
    che affrontiamo ogni giorno
    così come si presenta davanti,
    ed affrontiamo con tutte le tribolazioni
    e le pagine grigie.
    Non ditemi che ci siamo persi la vita
    perché la vita siamo noi.

  63. ERAVAMO INNOCENTI
    Stare dentro perimetri,
    razzolare in cortili
    storditi da ambizioni,
    remigare a pelo d’acqua,
    smuovendo ragioni
    che non menino il fondo.

    Coltivarsi il proprio orto
    dove un tempo piantarono croci,
    seppellirono figli disobbedienti.

    Prendersi cura di una rosa,
    con spine assertive,
    carezzando solo il velluto.

    E io ricordo com’era essere innocenti;
    della neve, cogliere solo il bianco,
    per non saper ricondurre il gelo,
    non saper accusare nessuno.

    E andare sempre più colpevoli,
    fare di uno schiaffo ricevuto
    una carezza di cediglia,
    ma sentire dentro
    il freddo della neve.

    Accetto il regolamento

  64. Monica Messa
    (Accetto il regolamento)

    MIA MADRE
    Mia madre ha il nome di una montagna.
    È nata su un’isola
    di vento e carbone.
    Occhi colore fondo del mare
    quando è agitato,
    mani piccole,
    sorriso un po’ spento.

    Mia madre è una barca.
    Ci ha portato a largo
    ma è rimasta sola,
    sola a dondolarsi
    e a chiedersi
    che senso abbia
    ancora navigare.

    Mia madre è una bambina.
    Nasconde le lacrime,
    prepara il caffè,
    tiene i conti a matita,
    sistema le foto per casa,
    non apre gli armadi,
    combatte per esserci,
    anche a metà.

  65. ROMA MIA
    Guardate Roma mia quanto sei bella a notte fonda
    quanno er Tevere silente scorre lento lungo la sponda
    come la vita de quei due barboni che se scaldano intorno ar foco
    raccontandosi le loro vite andate, un po’ per droga un po’ per gioco.

    E i lampioni proiettano coni di luce su strade deserte
    un volantino si posa su un piede, in grande riporta le ultime offerte
    poco lontano un gruppo di ragazzi fanno caciara con le birre in mano
    uno se gira e accenna un saluto poi ricomincia a fare baccano.

    Un battello naviga piano e sembra raggiungere er cuppolone
    bello come quando la radio trasmette il ritornello della mia canzone
    de sta città me piace er silenzio de quanno in giro non c’è più nessuno
    e cammino tra i vicoli bui, per poi fermamme al civico uno.

    Na signora affacciata ar balcone me chiede ‘ndo vado a quest’ora de notte
    me sorride, ma è un sorriso triste come quello delle mignotte
    Je tremano entrambe le mani, mentre co’ una tiene ‘na sigaretta
    suo marito se n’è andato da anni, ma lei ogni notte s’affaccia e l’aspetta.

    Je risponno che non c’ho sonno, poi la saluto co’ un gesto veloce
    a volte il destino t’è amico, ma il più delle volte sa esse feroce
    un gabbiano vola felice garrendo sui tetti di questa città
    fortunato ammira dall’alto la storia di Roma nell’eternità.

    E ritorno verso casa, felice come prima non potevo da esse
    in capoccia mille emozioni, immagini che rimarranno impresse
    Grazie Roma mia pe avemme dato le parole pe scrive sta poesia
    pe essece stata sempre, quando avevo bisogno de compagnia…

    – Accetto il regolamento

  66. DOLCE SOLITUDINE
    In questa gelida notte,
    Non vorrei altro che calore.
    Un corpo steso accanto a me
    Con le sue mani tese sul mio viso,
    Mi accarezza dolcemente
    Senza sapere chi sono.
    Fisso il vuoto più vasto
    Panorama senza costo,
    Mordo labbra carnose
    Incatenato a questo letto.
    Caldi i suoi palmi sulla pelle mia,
    Ma freddo il cuor suo,
    Spinto da fame e sete
    E un eterno bisogno di denaro.
    Uomo senza età
    Uomo senza amori
    Uomo senza valori
    Uomo senza pietà
    Ecco chi sono
    E nel buio di una stanza, si é perso ancora quest’uomo.

    Andrea Tosches
    (Accetto il regolamento)

  67. Sez. A
    Poesia – accetto il regolamento
    Titolo
    “La mia ora”

    La mia ora è arrivata.
    Non temo il peccato.
    Il Giudizio Divino
    con la spada sguainata.
    Il dolore al centro del cuore
    si è fatto casa.
    Nido per anime disperate,
    dal destino stuprate,
    violentate, assassinate
    per trenta miseri denari.
    Vittima ignara del fato,
    son stata crocifissa
    sin dal primo vagito.
    Bianchi corridoi di paura,
    dove la diversità, veniva
    derisa, calpestata, umiliata.
    Odore di solitudine,
    di privazione, entravano e
    uscivano da grandi finestre,
    spalancate al cielo.
    Di notte, le lacrime
    inzuppavano il cuscino
    e le ombre che percorrevano
    le stanze, accendevano:
    illusioni, vane speranze.
    La mia ora è arrivata.
    Ancora una sigaretta.
    Una boccata di vento.
    Quell’azzurro troppo
    distante.
    Madre Mia, son qui,
    ti sono accanto!

  68. IL MIO PRIMO PENSIERO

    Quando al mattino,
    timidamente il sole sorge
    e la luce si fa giorno
    ogni cosa illuminando intorno
    per far tutto brillar del suo splendore;

    Quando al mattino
    Il cinguettar degli usignoli
    È un inno al nuovo giorno
    Che sveglia la natura sonnolenta
    Dal torpore della lunga notte;

    Quando al mattino
    La gioia inonda come una marea
    Ciò che sembrava prima fosse morto
    Dando la vita alle anime sopite.

    Quando al mattino
    Il mio primo pensiero
    È sapere che ci sei.
    Quel pensiero
    è il mio sole che sorge,
    è il cinguettar d’usignoli,
    è la gioia che inonda.
    … è la mia più bella giornata
    Per quanto inclemente
    Il tempo sia lì fuori.

    – accetto il regolamento del concorso

  69. Ragozzino Andrea accetto il regolamento
    titolo: Primavere
    Sono tante quelle che si rincorrono anno per anno, si ricordano e si contemplano come gli anni che scorrono, e si ripetono anno in anno.
    il 21 marzo, equinozio che si reitera gli anni che si susseguono nel precedente, eppure accade diversificandone ogni modo e luogo, con colori e temi diversi.
    Il vento ne è complice, i colori e gli odori si moltiplicano, e si innescano quelle sorsate di gusti che si rincorrono nel risveglio dei sensi annichiliti.
    Il letargo si adagia e risveglia e i sensi che si riaccendono, illuminando quel contesto su un palcoscenico di rami che sbocciano tra fiori e gemme, che suffragano il motivare della naturalezza nell’essere natura.
    Gli ormoni si estasiano e i sensi si acclamano, nel torpore di un calore che a singhiozzo fa fatica a scostare il freddo e tenue inverno, che abbandona il tempo e da spazio alle primule.
    Si respira e si ammira un nuovo che non è più vecchio, ma è solo l’inizio di una nuova rinascita in molteplici suoni e colori in un torpore di sensi.

  70. Marzo 2020
    Ho sentito odore di gelsomino tra vicoli deserti
    no, non erano balconi di begonie fiorite affacciate traboccanti di primavera
    erano i tuoi occhi stanchi abbassati sul dolore.
    Ma non dire parole di morte, soltanto pensieri d’amore
    per l’ultimo soldato in trincea
    per un solo nemico senza volto.
    No, non raccontarmi la guerra, non hai armi da mostrare,
    parlami del tuo respiro affannoso blindato,
    del tumulto del tuo cuore
    e del suono dei mille passi concitati… ed è subito Vita.
    Non odo campane suonare
    ora è tutto sospeso,
    non è tempo di vivere canzoni,
    è tempo di inni stonati e violini accorati.
    Stasera che sera di freddo qualcuno ha perso qualcosa,
    non è tempo di pianti e preghiere, di corpi stretti, avvinghiati nel dolore.
    E’ tempo di attesa,
    di guardare lontano tra paradisi
    di gente assopita,
    tra un biglietto scaduto e un lasciapassare,
    tra frontiere chiuse
    e chilometri d’amore impercorribili,
    che scorrono tra le linee telefoniche intasate,
    soltanto per frasi non dette o espresse a metà,
    col rumore assordante del tutto di un fiato: “Io sono qui ma tu come stai”.
    @graziella di bella2020
    Accetto il regolamento

  71. Non c’è poesia
    non c’è bellezza
    ritmo e musicalità
    in questa brutta realtà
    non c’è libertà.
    Libertà dalle mafie
    da un potere di massoneria
    e corruzione
    da un’economia
    che di pochi fa gli interessi
    inquina la terra e le coscienze.
    Raffaele Di Palma
    Accetto il regolamento

  72. A CAROLINA
    Piccola, te ne stai tranquilla nel tuo mondo di attesa
    E sogni già, lo vedo, tutte le cose belle che avrai.
    Te ne stai tranquilla aspettando che i tuoi petali fioriscano
    e intanto dormi
    e sbadigli
    e i tuoi passi risuonano silenziosi
    nel ventre di tua madre.

    Ti ho sussurrato piano
    parole antiche all’orecchio
    e le hai sentite, dondolandoti appena
    nella tua liquida culla.
    Ho avvicinato il mio viso al tuo dolce profilo
    e ti ho consegnato felice ciò che siamo stati
    affidandoti insieme il nostro futuro.

    Vedremo con i tuoi occhi
    sentiremo con le tue orecchie
    e il mondo sarà giovane ancora per noi
    come quando eravamo bambini
    e i fiori ci sbocciavano tiepidi sulle labbra di corallo.
    Come le tue…
    Come le tue…

    Le nostre braccia si aprono
    quasi senza volere
    aspettando di sentire il tuo calore.
    Ma finché il momento non verrà
    riposa tranquilla sul cuore della mamma
    e cullati
    e sogna,
    ché il nostro amore è paziente.

    accetto il regolamento

  73. Un rombo gira
    sopra un filo di seta,
    sbocciano le rose paglierine immense di petali.
    Sento l’ oblio
    sciogliermi le vene,
    dense di silenzi,
    si rompono le corde
    del mio fiato,
    arranco nell’insidia
    di un ricordo.
    Le nuvole roteando
    sconvolgono il cielo
    d’ebbra bellezza,
    l’ aria fuori si muove,
    scuote gli spazi…
    un suono di latta
    s’ infrange fra mille risa.
    Congiungo i punti che ho distribuito sul foglio,
    il taglio rugginoso
    del muricciolo sghembo
    s’inchiostra di acerbi viticci.
    Si mesce al moto rallentato
    d’ un soffio di mimosa
    il repentino meriggiare.

    Thea Matera

    Accetto il regolamento

  74. Io sono l’acqua

    tempo
    per respirare dalla bocca
    fame, sazio e vagito

    terra di pioggia
    culla o altalena
    come un’onda
    un pezzetto di cielo
    quello spicchio d’arancia
    la tua pelle

    Odorano di te le mie parole
    sanno di quel sale nel mio piatto
    del mio posto accanto al tuo
    Nessun balcone ci separa…
    tu ci sei

    Scrivimi di te, se sei felice
    se anche li
    la notte sboccia fiori, sorrisi e
    lune dritte come fari

    Scrivimi
    di colline color oro
    del sole quando va a dormire
    del fumo per le zanzare
    di edere e gelsi bianchi

    Di questa porta aperta sul mondo la fuori
    in cui non so andare a tempo
    mentre ridi ed io m’incazzo
    e poi mi baci
    e poi noi…

    e ti amo
    in questo guaio che é poi un’imbroglio
    in questo schiaffo
    in questo broncio
    «hai d’accendere?»
    Binario 1. Vagone 3.posto 36

    (io sono l’acqua)
    incandescente
    spenta
    saliva e sete
    sangue che ora bevo
    trasparente
    IN-pertinente
    IN-dentro
    IN-vero
    IN-esistente
    presente a te che non ti dico
    di un silenzio
    del tuo sbadiglio
    del mio risveglio
    (dell’acqua che è poi pioggia
    e poi terra, e poi passa…)

    un lampo-abbaglio
    shhhh
    qualcuno dorme e si frantuma
    lasciali andare
    scivolare
    lavare gli occhi da quaggiù
    dove non passa miseria
    e non posso

    (luna e tu…amore.così.)

    ( io sono l’acqua)
    nessuna lettera scarlatta
    ricamerò sul mio cuore
    ( la devianza è figlia della norma)

    Segreto per protezione
    il mio amore avrà tutte le tue parole
    e non chiede, non vuole
    che un cielo libero da ristrettezze

    carne e uomo
    dono e meraviglia
    stupore della mia pelle
    dolce veleno
    dannazione e vita
    dispetto della regola

    tienimi tra le tue dita
    quando passi dalla bocca alle ciglia
    in quel profumo di caldarroste
    nel natale dei bambini

    tienimi nei fogli a righe della scuola
    tra le matite colorate
    nel giocattolo rubato
    nella disubbidienza
    in questa alternanza.
    sono solo un sogno

    ( io sono l’acqua)
    il dubbio
    il sogno trattenuto dalla bocca alle ciglia
    il silenzio di chi dorme e si frantuma
    sono l’edera trasparente
    terra e luna

    e nell’insonnia di queste lancette
    c’è la tua mano forte sul mio ombelico
    il tuo respiro culla del mio affanno
    e quel frastuono che non riconosci
    (cuore)

    Stay with me
    in questa notte senza nome/
    quando resistono i cespugli all’ingerenza del pettine/
    stay with me
    nel verde rame che ti respiro dalla
    bocca agli occhi e
    dentro un dono donato per-donare
    un senso a questo gioco di mani
    spoglie di pugnali, poteri e recinzioni/

    stay with me
    quando “la morte esiste i vivi” e non sente ragioni sull’oppio naufragato su di noi
    Noi
    siamo
    vivi!
    ce lo ricorda il firmamento, il terzo occhio e un dardo

    e qualunque cosa tu veda
    (Autunno)
    qualunque cosa tu creda
    (col mio nome)
    l’Autunno chiude tutte le porte
    spoglie di verde e sabbia

    per quell’altro ancora possibile
    c’è un resto che non torna corrispondenze.

    e tu
    chiamami solo col mio nome
    misura dell’esattezza che è

    Il troppo silenzio da questa parte
    non mi dice chi sono

    Sai
    l’aria non ha più quel sapore
    di quando eravamo bambini

    vado a cercarmi un altro baratro da
    nel contraddittorio di un pensiero IN-differente.

    Ogni cosa ritornerà al suo posto
    anche se fosse diverso
    ma mai quello di un altro

    C’erano due occhi
    tre pezzi di pane
    un accendino
    Mancavano libertà e coraggio:
    il divorzio gli aveva fatto vedere il dopo,
    l’aldilà della deriva
    tutta la povertà del capitale
    (la solitudine dei numeri primi)

    Non me ne volere
    Perdonami se puoi
    Non posso arrestare le foglie d’Autunno
    Ho solo un po di cielo, io,
    in questa cornice sempre uguale
    abitata da sguardi immobili
    sui cuscini dei passanti

    Non è detto che torneremo
    Cadremo e basta
    e come la pioggia alla terra
    respireremo fango e Dio sulle dita di cemento

    Ora va
    che ti racconto di una rima nuova
    l’Autunno è già qui
    e noi non siamo ancora pronti
    *

    Santina Lazzara
    accetto il regolamento

  75. Accetto il Regolamento
    – non contattatemi per pubblicazione a pagamento.

    Lettera a…

    Il mio cuore piange
    inerte e non ha forza
    sa capire il dolore
    ma non lo può calmare.

    Il mio cuore ricorda
    la storia di noi due
    è così lontana che
    l’assenza la reclama.

    Non mi sopporti più
    Tu, non mi vuoi vedere.
    Io so la verità
    Tu, non la vuoi sentire.

    Sento il suo calore
    e nell’abbraccio sogno
    quell’eterno amore
    che sconvolge il mondo.

    Sento il silenzio strano
    di quel giorno lontano.
    Dove ho lasciato la tua mano
    E: Ti ho perso dentro.

    Qui scende la neve
    quando li c’è il sole.
    Questa mano sul cuore
    cerca la tua comprensione.

    Piango con il sole
    e prego con la neve.
    Con questa mano sul cuore
    creo una canzone.

    Non mi sopporti più
    Tu, non mi vuoi vedere.
    Io so la verità
    Tu, non la vuoi sentire.

  76. I FOGLI DELLA STORIA

    Scricchiolano
    accartocciati
    al tocco umano

    segnano il tempo
    e mi ricordano
    qui e ora
    il prima e il dopo
    le conseguenze delle cose.

    Nei fogli
    il profumo dei secoli.

    – accetto il regolamento

  77. Lasciate vi prego fiori di acciaio

    No, non pregate
    Non riepite i cimiteri
    Restate in silenzio
    E mettete fiori d’acciaio sui loro respiri

    Morti, morti di noia
    Figli del lavoro
    Morti, per un errore ortografico
    Tra un ponte che cade
    Una pressa che schiaccia
    Uno schiavo crepato in un maggio assolato

    Poi andate,
    Cercate la frutta a poco prezzo
    Investite dove tutto rende di più
    E poi lamentatevi del prezzo delle patate
    Al mercato delle braccia
    Qualcuno si offre al prezzo più basso

    Nel nome del padre
    Della madre
    E Dio dei peccati

    – accetto il regolamento

  78. Le azalee che ho comprato per Charlie sono senza tempo l luoghi lo stesso Tutto per vestire una parte d’inverno e dire: amore caro -non pensare alla strage delle cose- guarda il battesimo del cuore La luna sta segnando un altro tempo-il brivido del fondale In questo spazio vorrei la festa dei tuoi piedi A piccoli soffi Da prendere in alto -tra le cosce larghe Mi sembra chiaro: le occhiate fatte di sperma allentano le belle particelle del pensiero Nella noia lenta A noi risalita dall’intingolo della bistecca che in fretta cavalchiamo ogni giorno dai piatti azzurri Ah -il vuoto – qualcosa di strano – un fiume aperto di corpi Di voci e di stupro Di pazienza e di fili erotici Ieri una puttana ne aveva proprio due sul rossetto Erano rughe raggirate dal wireless…

    Accetto il regolamento

  79. Come d’autunno soffiare

    Ti ho vista
    assorta, poggiato il capo
    sugli avambracci, colonne – sghembe –
    d’un tempio in rovina.

    Per fortuna non piove
    sugli appunti della tua vita
    stropicciati fogli dove tardano
    parole, come i treni a Minsk
    quando c’è neve.

    Conosci – di noi – tutte le storie
    i racconti non richiesti
    e stancamente ti concedi
    senza più fingere l’amore.

    Scrivere vorresti – di te –
    la storia, ma c’è
    ghiaccio nel cuore
    e tutti i giorni s’assomigliano.

    Sono acqua corrente
    le tue lacrime adesso e restano
    le carte giocate sul tavolo,
    sotto la luce intermittente
    d’un lampione.

    Ed è come cosa rotta il tempo,
    nel vortice di polvere e di foglie
    mentre sfilano di lato
    le macchine e i pensieri.

    Ti rimane il viaggiare, di notte
    nei sogni, verso la luce: che non sia
    vano, come d’autunno soffiare
    sul frutto del tarassaco.

    Stefano Peressini
    Accetto il regolamento

  80. So che ti troverò,
    in attesa,
    come sempre…

    Mi verrai a prendere
    per togliermi le paure,
    come facevi…

    Ti vedrò col tuo sorriso,
    con ancora quegli occhiali
    che avresti dovuto rifare…

    Mi chiederai di loro
    anche se le avrai seguite
    un minuto prima;
    mi guarderai le braccia
    ma i miei tatuaggi
    li hai già visti…

    Mi farai la predica
    per qualcosa che ho fatto,
    ti lamenterai,
    ancora,
    per quella poesia
    in cui ti ho chiamato
    “Madre”,
    mi toccherai i capelli e,
    come allora,
    ti toglierò la mano…

    Mi abbraccerai,
    poi un bacio
    e mi prenderai per mano
    per togliermi tutte le paure,
    come facevi…

    20/04/21 h 14,21
    accetto il regolamento

  81. DI RADICI E DI SPUMA

    Scompaiono le floreali stelle dietro la luna,
    fantasmi danzanti nel cielo glaciale,
    e con guaito ovattato pungono la notte
    che non è sveglia, né dorme.

    Io, come densa nebbia attorciglio spire,
    allungo le voraci mani nodose
    sull’ombra vaga che davanti mi corre,
    le pupille asciutte, piene di cenere.

    L’ora di piombo è cappa di dolore
    che nulla può mitigare, e pesante schiaccia,
    batte sugli spigoli d’un presente disfatto,
    alla porta del tempo aperta sul passato.

    Il respiro m’avviluppa le labbra di rame,
    il tacito lamento di radici e di spuma,
    la tigliosa carne schiava marchiata a fuoco
    che, a poco a poco, va morendo e mi fa tremare.

    Il grido roco è solo un colpo di tosse,
    una risata amara, lume acceso nella tempesta,
    ma la mente cattura minuzzoli di pensieri,
    si stacca con ali librate su scorno e pietà.

    Fiaba triade d’intessuto tremore,
    al crepuscolo offro anni d’un mondo di larva,
    sgrano l’armonica corona dei ricordi,
    il cuore perno a forma di vermiglio fiore.

    Accetto il regolamento

  82. Le onde
    Le onde del mare si frantumano
    Sulle nude rocce e la notte si profuma di salsettine.
    Mentre tutto tace,
    il rumore del mio respiro
    si confondono con il lento andar
    del mio camminare lento
    sulla pungente sabbia
    dove un troco sbiadito dal tempo
    mi fa compagnia e nelle sue rughe
    vedo il gentil tempo passato
    fiorito e strappato
    come un u inutile
    foglio di carta
    che raccoglie
    i miei pensieri
    di una vita passata.

    Danila De Tomasi
    Accetto il regolamento

  83. “Suonare”

    Un pianoforte abbandonato
    Sul ciglio del mare,
    Le uniche le onde ed il vento
    A poterlo suonare
    Non un pianista,
    Una donna senza voce
    Perduta per la seconda volta,
    Rimane a guardare
    Come il tempo rovina
    La rotta della sua scelta,
    E quell’enorme rumore
    Che tacendo
    Riusciva a fare,
    Si disperse con dell’altro rumore
    Più forte,
    E adesso il suo nessun più
    Lo può sentire.
    Ad esprimersi tentò comunque
    Con una musica inventata sulla
    Semplicità di un tavolo di legno,
    Per le sue mani
    Esperte nel loro muoversi,
    Uno spiacevole inganno.
    E ancora oggi
    Nell’oceano c’è un pianoforte
    Respinto
    Che nessun più potrà suonare,
    Abbandonato un tempo
    Quando la sua voce
    Non poté più a nessuno servire,
    Non poté più nessuno
    Con la sua dolcezza aiutare,
    La corrente sfiora i suoi tasti
    La musica ,spiega
    Non si può sprecare.

    – accetto il seguente regolamento

  84. 6 maggio 2021
    I campi di papaveri fluttuano
    come un manto già lambito dal vento
    questo dominio ampio, che teme l’empio
    carattere teatrale del tempo,
    contrasta molesto col grano acerbo
    e papaveri tingono di sangue
    la striscia ove la memoria s’infrange.

    Marisa Amadio
    Accetto il regolamento

  85. Vento

    Vento alza il canto
    là dove si mollano le cime
    e le vele gonfiate
    si svagano tra i gabbiani
    là dove s’intrecciano le onde
    perché ha nome il mare
    dove ha nome un dio…
    vento alza il canto
    e tempra la risacca
    che vasta d’ogni cosa
    vestita d’argento
    sfiora conchiglie sulla sabbia
    legni corrosi dal tempo
    e orme assopite
    nelle notti di luna piena…
    vento alza il tuo canto
    in quei giorni celati alle tempeste
    nella vita taciturna
    delle mani fra le ciglia
    sotto le finestre poco illuminate
    tra i rumori dell’anima
    dove le metafore hanno vita breve
    quando hai visto l’alba davvero…
    e poi taci
    se il tuo canto non somiglia
    all’abbraccio di una madre
    mentre fischia l’ultimo treno.

    Angie Patti
    Accetto il regolamento

  86. A bassa voce

    Coloro che scrivono versi intrecciandoli di speranze
    come alberi sontuosi e sottane di luce
    e augurano a tutti una vita assolutamente nuova
    parlino pure a voce alta.
    Tu che sei arso dal lungo fuoco del disinganno
    che sei meno di quel che pensi
    e sei meno di te stesso parla a bassa voce.
    Ancora non sai
    cosa sia l’assenza, la paura, l’ansia.
    Parla a bassa voce.
    Un’acqua che brucia scende dagli occhi
    un’aria fetida nei polmoni ha invaso
    lunghe file di uomini poi svaniti
    lungo corsie desolate.
    Sai cos’è il dolore la disperazione il lutto?
    Parla a bassa voce.
    Il silenzio tesse trame di panico e d’angoscia.
    Affondano le unghie nel petto
    soffocano i battiti di coloro
    che sono separati per sempre
    condannati
    nelle prigioni fredde vaganti nell’infinto.
    Parla a bassa voce. Usa la poesia
    per consolare le lacrime
    di coloro che guardano le lunghe file dei morti.
    Scrivi pacatamente.
    Fai trasparire dai versi una stella a coloro
    che sono rinchiusi
    nella scatola delle quattro pareti
    con le mani e il cuore legati
    dalla disperazione e dal lutto.
    – – – – –
    MARCELLO COMITINI
    dichiaro di accettare il regolamento

  87. SCUSAMI SE TI HO GUARDATO DENTRO

                                            Scusami
                              se ti ho guardato dentro,
                                 non avrei voluto ma
                  ho scoperto una breccia nel tuo sguardo,
                          credimi, è stato solo un attimo,
                            ho visto un’innocenza ferita,
                                 ho visto dolore e forza,
                             c’erano dolci gesti d’amore
                      lungo i sentieri di antiche cicatrici,
                      c’era una bianca luce intermittente
        che proiettava ombre alle pendici dei tuoi pensieri,
                           c’erano alberi piegati dal vento
                  e foglie ingiallite sul terreno del cuore,
                   sono caduto in un fiume di emozioni
        che scorreva lungo la montagna dei tuoi sentimenti,
         in quelle lacrime ci stavo per annegare anch’io, sai,
              sul fondo ho visto un cimitero di rimpianti,
          ma sopra vi era riflesso un cielo stellato di sogni,
                tutto questo proprio lì, dietro ai tuoi occhi,
                         nascosto alla vista del mondo
                          ma non al mio spirito attento.
                     Scusami se prima non ho bussato
                              ma non mi avresti aperto.

                                  Enrico James Scano

    Accetto il regolamento del concorso.
    EJS

  88. Bogdana Trivak, Dichiaro di accettare il regolamento
    L’USIGNOLO

    Toni carezzevoli e
    amabili nella
    Melodia armoniosa,
    Nostalgia della memoria.
    Fischiettio gioioso
    Elettrizzante, felice
    Suono palpitante
    Richiamo e sibilo,
    Consolazione
    Orchestrale
    Delizia e amore
    Dell’usignolo
    Cuculo e
    Picchio canoro
    Nella memoria o
    Il canto del cuore…

  89. Diego Civita-16/05/2021. (Accetto il regolamento)

    “Dell’Amore”

    Non è bastato un nome,
    per sedermi accanto a te,
    Venere e traiettoria dei pensieri,
    son salito sul monte,
    e ho ritrovato di te:
    ogni segno,
    ogni gesto,
    degno,
    d’una natura madre, compagna e amica.
    Hai fermato il tempo
    e congelato il mio sangue
    e insieme siamo andati a dipingere la storia.

    Un epigrafe ti ho già scritto,
    per sempre…
    sul letto dell’amore!.

  90. il nero è entrato dentro
    le labbra a farsi sete
    sapevamo di non tornare
    le mani strette appena
    alle mie
    **
    Accetto il regolamento
    Matteo Piergigli

  91. Fabiola Murri
    accetto il regolamento

    Come chicchi di melograno

    Come chicchi di melograno

    Come chicchi di melograno
    stretti al mondo,
    mortali segmenti di eternità,
    siamo vene dello stesso universo,
    rovinosamente in caduta,
    eppure ci è dato vivere
    contro ogni attesa di infinito,
    oltre le nostre stesse ossa, ,deposte, composte,
    le vesti nuove sfiorate come sante reliquie.
    Non possiamo spiegare il sacrificio
    dell’ape ingegnosa, ne il miracolo del miele,
    soave, ambrato, puro amore,
    non possiamo spiegare Dio.

  92. VOLA LIBERA
    Vola libera sopra una nuvola,
    la pioggia non ti bagnerà.
    salta con un guizzo, sul carro dell’arcobaleno ,
    come quando saltavi dal ramo di quella vecchia pianta ormai secca, sulla gronda color di creta.
    Mi sembra di vederti ancora su quel tetto, dove la luna disegnava la tua sagoma fiera,
    o sul muretto di cinta, sotto l’ombra della grande ortensia, ad aspettare il mio ritorno.
    Terapeutiche le carezze sul tuo manto grigio e benefico il suono delle tue fusa al cuore di chi sa ascoltare.
    Cammino in giardino e mi sembra di sentire i tuoi passi leggeri, che spesso mi seguivano fino in fondo al vialetto, dove poi desistevi, per tornare indietro.
    Ti rivedo dormire serena, al sicuro, sulle mie gambe piegate, sulla poltrona del riposo serale.
    Anima consolatoria, con unghie e occhi felini, dipinti con il verde delle foreste, è vero, tu percepivi i moti dell’anima mia.
    Nel silenzio lo sento il tuo sguardo, vorresti consolarmi lo so, anche se non ci possiamo vedere, mi basta sapere che viviamo in vite parallele.
    *****
    accetto il regolamento

  93. Partecipo con tanto interesse grazie!

    MELBOURNE BELLA

    Melbourne brilla sotto il sole cocente
    di questa estate a puntate.
    Melbourne è rinomata per il suo clima
    capriccioso e pazzerello,
    si passa dall’estate all’inverno in un baleno
    e bisogna avere sempre pronto l’ombrello.
    Due, tre giorni col caldo e i sudori
    che colano a fontane,
    il solo rinfresco è l’aria condizionata,
    poi, come per magia, ecco il fresco,
    la pioggia e il vento, sempre così,
    si passa facilmente dal caldo al freddo
    e i raffreddori si appiccicano addosso
    ed è difficile abituarsi al caldo,
    e quelle giornate non facciamo altro
    che stare al fresco con l’aria condizionata
    e mangiare gelati.
    Melbourne, sei troppo bella,
    per sette anni di seguito hai avuto l’onore
    di essere la Città più vivibile al mondo.
    Ora anche la più felice.
    Splendi di verde, di fiori e di profumi,
    fai innamorare tutti quelli
    che hanno la fortuna di visitarti,
    e affascinati, non vogliono più andare via.
    Sei attraente, sei maestosa,
    sei meravigliosa, sei la mia città,
    ma il mio pensiero vola sempre aldilà,
    dove mi aspetta sempre un’altra città,
    che con prepotenza è sempre nel mio cuore
    e nella mia mente e qualche lacrima
    oscura un po’ la mia felicità.

    Giovanna Li Volti Guzzardi
    accetto il regolamento

  94. QUELLA FOTO

    Ricordo quella foto strana in bianco e nero, era in 3D,
    sembravi un bimbo fatto
    meravigliata dissi somiglia a me
    ma era il cuore che parlava.
    In allarme per ogni movimento
    ancor di più se non percepivo movimento.
    Venne il giorno che odiai il mio corpo
    vedendolo sformarsi
    fino a quando ho deciso
    di spostar lo specchio.
    Da quel momento cambiò tutto
    t’accarezzavo come solo le mamme sanno fare
    scivolando a mano piena sulla pancia deformata
    Era quello che desideravi, il mio cuore accelerava,
    tu reagivi mai sazio di carezze.
    T’allungavi e ritraevi per non parlar di capriole …
    la mia pancia un gran tamburo.
    Di fronte al dolce volavi come in una giostra
    pagliaccio dall’umore pazzo
    Veloce come un lampo arrivò il momento
    ero impaurita che non ti sentissi rifiutato
    mi sentii più mamma con te sopra il mio seno
    e ne avremo certo per una vita intera.

    – accetto il regolamento

  95. I PASSI SPEZZATI

    [Alla memoria di Giulio Regeni (1988-2016), che attende ancora giustizia]

    Abbandonato, com’estremo inganno
    nell’umiliata nudità delle tue spoglie
    lungo l’indifferenza della strada in corsa
    ai margini d’un deserto divorato
    da frastuoni di solitudine antica
    là dove s’infrange la vita
    sugli sguardi acuminati del sospetto

    Avvolto con disprezzo
    in quel sudario rappreso e maledetto
    che stilla ancor silenzio e sangue…
    Quale strazio ha mai patito la tua carne
    precipitata negli inferi del mondo?
    In quale inatteso feroce disincanto
    è scivolato il sorriso del tuo sguardo?

    Pari a prolifici fantasmi
    troppi perché galleggiano inevasi
    nella veglia senza requie del tempo
    in ascolto inquieto e inerme
    dei muti sussurri del tramonto
    tra le arcane voci dei muezzìn d’Oriente
    ch’esplodono all’unisono la sera

    Ma svuotati ormai d’ogni preghiera
    andiamo in cerca del tuo nome
    e di quei giovani tuoi passi spezzati
    in quest’abietta landa di disumanità
    su cui invochiamo cieli tersi di giustizia
    mentre le loro più torbide menzogne
    impietosa han già raccontato la verità.

    Laura Vargiu
    – Accetto il Regolamento.

  96. L’ALBA OLTRE

    Ci sono parole da pronunciare
    e onde da cui scappare
    Ci sono carezze da celebrare
    e braccia lunghe nelle quali annegare..
    Ci sono parentesi aperte nelle quali cercar gli sguardi
    punti fermi e labbra mute
    che t’inchiodano i piedi
    Ci sono antichi luoghi a cui ritornare
    e nuovi mondi da esplorare
    L’oggi ..è già domani
    e l’accumularsi di troppe stagioni ormai
    hanno scardinato le ossa da quel vigor del corpo lesto d’un tempo
    Quell’alba che mi vide bambina
    è già oltre
    è come un frammento di vetro levigato dalle onde
    dal colore opaco
    rinvenuto sulla sabbia
    e il perdersi e il ritrovarsi
    è solo un battito di ciglia
    è un respiro corto che fa trasalire il cuore
    Ci saranno giorni dove il sole non attraverserà le persiane
    e altri dove ritroverai il sentiero di casa tra le secche sterpaglie
    e se pur già la chioma è imbiancata
    ci saranno sempre momenti da ricordare
    e altri
    dai quali imparare..
    accetto il regolamento

  97. Un tutto in divenire

    Tra noi e il futur divenire
    È un lungo lento fuggire
    Nel mio scomparire
    Tutti se ne vanno a dormire
    Mi ricorderò la strada
    Ovunque tu vada
    Le onde portano le navi per mare
    Le portano lontane
    per il loro fare
    In questa vita complicata
    Una decisione bisogna esser fatta
    Tu ritornerai da me
    Io ritornerò da te

    accetto il regolamento

  98. Pola 6 Giugno 1946
    LA BAMBINA CON LA VALIGIA
    E’ uscito con due signori, mio padre,
    senza far ritorno. La sua sciarpa grigia,
    adesso abbraccia il collo di un titino.
    Il pericolo si è introdotto nella mia casa.
    Con enormi zampe nere cammina sulle pareti.
    Il suo smisurato corpo invade le stanze.
    Percepisco il suo fiato alitare sopra le nostre teste.
    Allarmi, fughe, rifugi:
    falene impazzite che volteggiano nella mente.
    Negli occhi dei miei cari la paura
    soffio gelido che inghiotte ogni mio piccolo sogno.
    E’ uscito con due signori, mio padre,
    senza far ritorno. La sua sciarpa grigia,
    adesso abbraccia il collo di un titino.
    Indosso l’abito nuovo confezionato
    con lo scampolo di seta dalla zia.
    Aggrappata alla valigia mi metto in posa,
    seduta, sui gradini della mia dimora, per l’ultima volta.
    I petali della mia pianta di geranio presagiscono
    l’epilogo della cura e la sua conseguenza.
    Ancora le mie gambe conservano
    la struggente sensazione della pietra accogliente.
    Ancora i miei occhi ospitano la sagoma dell’amata casa.
    Il mio mare infinito mi abita e nelle vene ancora scorre.
    .
    E’ uscito con due signori, mio padre,
    senza far ritorno. La sua sciarpa grigia,
    adesso abbraccia il collo di un titino.
    Oggi che tra le mie vuote mani, stringo
    la foto della bimba con la valigia, che fui
    Esule Giuliana n° 30 001.
    Penso a mio padre scaraventato nelle fauci della terra.
    E neppure il sole riesce a sciogliere il gelo che mi pervade.
    Né il tempo, a tamponare il sangue, che sgorga dalle mie lacerate radici.
    Accetto il regolamento

  99. Tempo al tempo
    Vorrei fermare il.tempo
    Per un attimo
    Solo un attimo
    Per sognare
    I desideri nel tempo
    Non si trovano
    Mai.

    Lo vorrei con il tempo
    Correre in riva al mare
    Senza fiato
    Sulla sabbia
    Senza traccia.
    Lo vorrei senza tempo.

    I miei ricordi
    Non hanno tempo
    Solo immagini e parole
    I miei ricordi
    Escono e lasciano
    Il.tempo amaro
    Della dolcezza
    Del piacere
    Della solitudine
    Nel tempo.
    Simonella Ugo
    Accetto il regolamento

  100. VEDERTI
    E subito mi ritornò in mente
    il primo raggio di sole
    che all’alba, da una foglia,
    lasciò cadere una goccia di rugiada
    e lì rimasi d’incanto.

    ACCETTO IL REGOLAMENTO

  101. Marco Fregonese, accetto il regolamento.

    IL DEMONE
    Convivo con un demone
    Siamo rinchiusi entrambi
    Nella grotta del mio cervello
    E ci fissiamo
    Come si fissa uno specchio.
    Certi giorni, quando fuori piove
    E nelle profondità della caverna
    Si sente una nenia d’acqua
    Mi credo così identico al riflesso
    Che, paradosso, faccio di tutto
    Per somigliargli.
    A volte mi sorprendo nel disgusto
    Come se soppesassi la mia vita
    Su di una qualche bilancia morale;
    Ma a ben guardare, le mancano i piatti
    E davvero non sembra importante
    Quando l’esistenza è leggera.
    Allora siedo e, quasi, sento un emozione
    E dietro di essa
    L’urlo del demone
    Che mi rivuole tra i ghiacci.

  102. L’AMORE
    Lasci troppo spazio quando te ne vai,
    il tempo che resta senza di te è immenso,
    unica compagna è l’ansia che chiude la gola.
    I battiti sordi del cuore, si sentono dolorosamente forti,
    dilatando la difficoltà d’accettazione, dei passi futuri,
    inutili, silenziosi, desolante l’incapacità a rassegnarsi,
    lasciando che una marea di sentimenti contrastanti,
    ti sommergano e t’allontanino sempre di più dalla vita,
    che trascorrendo inesorabile, tutto travolge e cancella,
    solo i ricordi rimangono aperti, come ferite incurabili.
    Allora provi timidamente a sorridere al sole, all’aria tiepida,
    alle nuove gemme, ai fiori che sbocciano, per quell’amore
    che coraggioso e impavido rimane fermo sul cuore, tenero,
    sacro, come sacro è tutto quello che si fa nel suo nome.

    – accetto il regolamento

  103. Nell’impronta

    I
    Per quell’ora incerta
    distaccata dalla vita
    senza tregua un profumo
    di canti mi insegue
    nel volo delle rondini.

    II
    Le stagioni
    non ci avvisano più
    nei versi stanchi
    si sono ammutinati
    i sogni:

    III
    Le lettere smarrite
    confondono i ricordi
    e tremano i confini
    sulla soglia canuta
    degli autunni
    Fiammeggiante cielo
    che ci turba
    nell’ingorgo di memorie
    audaci

    IV
    Lascio che il mio cuore
    si disgeli
    e in questo mio passare
    muore il giorno
    Seduto nell’ombra
    di architetture azzurre
    divento un frammento
    sospeso
    di silenzio

    V
    Affido queste mani
    alla memoria della terra
    al suo canto umile
    di un’età contadina

    VI
    Ascolto la risacca
    di voci e passi
    nell’inganno del vento
    nell’attesa del cielo
    quando s’incrina l’anima

    VII
    I passanti si dilungavano
    vestendosi
    di parole inutili
    Il rito borghese
    della gente perbene
    parlare di altro
    che non sia il loro male

    VIII
    Fingo di ascoltare
    queste anime di pietra
    come un esiliato
    inadeguato
    a questa vita

    IX
    Cadono le idee
    in queste ore randage
    un divagare consueto
    di parole
    per l’inganno.

    X
    Nella luce nuda della sera
    navigano le ombre
    di petrolio e catrame
    lasciano pallide tracce
    aspettando che la notte
    le nasconda

    XI
    La luna in questa pagina bianca
    diventa il sole per una falena notturna
    mi addormento
    e non mi ferisce più la parola.

    XII
    Polvere luminosa di lucciole
    che migravano dai miei occhi
    ai tuoi
    dovevamo solo abbandonarci
    alla vita

    XII
    Assalirò l’anima
    con parole sorde
    ad ogni richiamo
    non le darò udienza
    sarò sangue nervi
    muscoli e dolore
    lascerò ai poeti
    l’amore
    XIV
    Distratto scrivo pagine
    parole che nessuno
    leggerà mai
    versi dimenticati in un baule
    cibo per topi
    coperta di polvere
    per ogni mio dolore.

    XV
    Il destino di ritrovarci
    nei disavanzi della memoria
    quando il richiamo degli anni
    si distende come fuliggine
    su tutte le nostre croci

    XVI
    Per quell’ora incerta
    distaccata dalla vita
    senza tregua un profumo
    di canti
    mi insegue
    in questo cielo di rondini

    XVII
    Nell’impronta di destinazioni opposte
    come un attore del cinema muto
    sono invecchiato con la fretta negli occhi

    XVIII
    Una valigia da acrobata di parole taciute
    … ma tutto questo non prova niente

    — accetto il regolamento

  104. Lavanda

    Un calice di ore che precedono il mattino,
    Pistilli d’alba,
    Polvere di nuvole accartocciate.
    Di modesto armadio l’odore,
    Note di candidi corredi antichi,
    Di vita pulita e sincera giovinezza l’aroma,
    Profumo di carezze antenate.
    Un mestolo di vento
    Rende pungente l’essenza,
    Ammorbidisce il colore
    E sussurra parole di vita.
    Così spighe di lavanda
    Ondeggiano, ronzano, inebriano
    E dipingono l’arido cielo di agosto
    Con ricordi di floride estati lontane.

    ****
    Belotti Gloria
    Accetto il regolamento.

  105. NELLA SUA VOCE

    Il volto si contrae come per un pianto,
    ma resta immobile.
    Ascoltavi all’ombra Battiato,
    quando suonava ad ogni ora
    e io danzavo libera per casa;
    mai compresi quelle melodie
    poggiate sul fondo dell’oblio.
    L’ultima volta, quando fu?
    Presto un refolo primaverile
    mi piegò per sempre:
    il corpo sofferente spirò,
    – hai portato via con te un pezzo
    dal petto che non ho trovato più –
    il mio vagava distrutto e molle,
    solo rovine sull’erba bagnata.
    Sfumano nel presente
    i tuoi occhi spenti per questa vita,
    loro non potranno darmi più niente;
    e quante cose avevo io ancora da dirti,
    – sono troppo lontana dalla tua mano –
    la tenerezza si è fatta polvere,
    fredda patina sul marmo lucido.
    Non riesco a star dietro al maestro,
    le labbra silenziose,
    l’anima persa dentro a contare le sue lacrime.
    Sei rimasto incastrato nella sua voce,
    ad ogni ora del giorno,
    ma io non riesco più a ballare.
    Solo vorrei non finisse
    e conservarti come un profumo caro,
    ché c’è poco come lui
    che ti riporta vivo davanti a me,
    Papà,
    come se neanche un giorno fosse passato mai.

    Gabriella Tomarchio – Dichiaro di accettare il regolamento

  106. È COSÌ CHE IL CIELO…

    … perché è così che il cielo si fa vicino
    mentre io a misura di pelle ascolto
    la pietra fredda ai miei piedi nudi.
    e piango le carezze che non mi dai
    e le carezze che non so dare.

    – Linda Motti – accetto il regolamento

  107. Volontariamente

    Volontariamente si possono fare molte cose
    senza necessità che ce lo dicano gli altri …
    È abbastanza guardarsi attorno ogni giorno …
    é abbastanza avere rispetto
    di tutto ciò che abbiamo a noi attorno …
    Ci vuole poco per aiutare la gente …
    é sufficiente fermarsi un attimo
    quando vedi che c’è chi è nel bisogno …
    Quindi non è proprio niente !
    È solamente il voler dare una mano a chi lo si deve …
    che può essere una persona anziana
    che vuole attraversare una strada trafficata …
    Può essere anche solo un bimbo che piange
    perché si è lussato un gomito
    cadendo dalla sua bicicletta …
    Può anche essere solamente il fare una frenata
    per non investire un gatto che attraversa la strada …
    Anche liberare un posto sul bus é un aiutare le genti …
    e lo si può fare volontariamente …
    senza che ce lo dicano gli altri con le loro menti …
    Quindi ci vuole poco per fare bella figura …
    ci vuole solo un pochettino di educazione
    usando bene i propri sentimenti !

    – accetto il regolamento

  108. Mia nonna che prende le pastiglie
    Per non agitarsi mai,
    Perché è convinta
    Che solo con la calma
    Si vinca contro i guai..

    Mia nonna non ha mai intenzione
    Di arrabbiarsi con la gente
    E se lo fa,
    dopo un poco,
    non si ricorda niente.

    Lei che se me la immagino,
    mi viene in mente l’arancione,
    un po’ per i suoi capelli,
    un po’ perché , quel colore
    mi descrive l’emozione.
    Mi racconta tante storie
    Che poi son sempre le stesse
    Ed io le ascolto,
    sono importanti,
    sono quelle che ha più impresse.

    Mia nonna che con il fiato
    caccia l’angoscia dal petto,
    in quei suoi sospiri forti
    c’è quello che non ha mai detto.

    Mia nonna non capisce
    Il senso del troppo vagare
    Da sempre preferisce non spostarsi,
    e le fa paura il mare.
    Eppure non lo sa
    Che il mare è proprio come lei,
    trasparente e immenso,
    a volte un po’ nervoso,
    ma utile ad ogni senso.

    Mia nonna è premurosa
    E ha solo un desiderio:
    che la gente che la circonda
    sia felice per davvero.
    Ha un sorriso che mi ricorda l’allegria,
    una canzone sempre in testa
    da intonare ogni momento.
    E’ bella perché è folle e
    di rado ha il viso spento.

    Le piace dormire,
    forse per non pensare,
    o forse per prendere energie,
    in modo che da sveglia
    sia capace di brillare.
    E la luce la diffonde bene
    come una finestra
    su cui batte il sole
    e il suo sorriso è ancora perfetto
    nonostante il tempo che va..

    .Mia nonna è un’opera d’arte
    che rimane immutata malgrado l’età.
    Elena Papa
    Accetto il regolamento

  109. canto a Maria

    nel ventre d’onda
    scivolo nel profondo
    sulla riva
    l’ultima marea
    cancella il graffio
    sulla sabbia
    la melodia
    pizzica la mente
    svegliando
    ultime fantasie
    rumori di fondo
    inconsciamente
    parole di piacere
    Maria
    dal cono d’ombra
    traspare
    le forme
    a questa luce
    offrendo nuda
    una voglia di si
    Maria
    lecca le labbra
    del marmo
    che non vuol baciare
    Maria
    ama senza guardare
    Maria
    abbraccia
    con lunghe gambe
    corpi di solitudine
    nelle rughe *
    dell’età gentile
    Maria
    dell’abbandono
    racconta
    la sua storia
    a chi le vuole bene
    a chi l’ascolta
    a chi non l’ama
    le sere della voglia
    a chi l’ha masturbata
    nella mente
    preparandole il sesso
    per qualcuno
    ora il tempo
    attraversa il ponte
    la strada
    riconosce il posto
    lettighe
    di selce consumata
    sbrecciata
    dalle posizioni
    dagli schizzi
    della giovinezza
    e fuoribè freddo l’alito
    io non respiro
    Maria
    io non respiro
    adesso come allora
    allora maggio
    Maria
    Maria
    era di maggio
    negli echi
    lontananze d’amore
    correvano le notti
    al tuo calore
    tra fredde fantasie
    di un bambino
    smarrito
    nelle tenerezze
    ferme
    all’odore del sogno
    che sussurrava
    tornerò
    un’altro maggio
    con le rose
    e un alito per te
    Maria
    quei fiori ombre
    calpestio
    di petali sfogliati
    marionette snodate
    di ricordi
    l’alito
    illude il tempo
    respira
    apnee nascoste
    nel vento
    abbracciate nostalgie
    soffocano
    note di pensiero
    in una melodia
    senza spartito
    che ascolterò con te
    Maria
    che ascolterò da te

    – accetto il regolamento

  110. Le case senza amore sono tristi.
    Ci trovi lettere spacciate
    per poesie
    sabbia nel letto
    ossa tritate
    cristi dubbiosi appesi alle pareti.
    Tutto prende un senso:
    la polvere
    il rubinetto gocciolante
    le guarnizioni consumate,
    gli spifferi al cuore..

    Inglese Roberto
    Accetto regolamento

  111. Eloquente silenzio
    di Cinzia Proietti
    Nell’ombra glaciale
    delle mie stanze,
    come una stoffa
    tarlata da dissidi e ostinate perfide,
    piego a meta’ l’esperienza di vita,
    non la gettò,
    la ripongo nel cassetto dell’anima
    per sedermi un giorno
    a ricucire i tanti buchi
    creati dai mali del mondo.
    In eloquente silenzio,
    ricamero’, su quella stoffa tappezzata,
    un prato verde-speranza
    con profumate margherite bianche
    dal cuore giallo-chimera,
    mascherero’ lo strappo più grande
    con un tarassaco giallo-amore,
    aspettero’ fin quando sfiorira’,
    senza far rumore.
    Un alito di vento
    lambira’ quel soffione,
    esprimero’ un desiderio
    affinche’ acheni di vita vissuta,
    dopo aver danzato con nuvole
    e rondini solitarie,
    ricadranno per rinascere
    su un più fertile terreno
    ad esaudir il mio sogno.

    – accetto il regolamento –
    Cinzia Proietti @cinziamariadriana

  112. Per questo sentiero
    sconosciuto
    saliremo
    passo dopo passo
    scostando
    pietre e sassi
    lo sguardo fisso
    oltre il raggio
    di luce
    non sprecheremo
    un solo sorso
    di vita
    lungo il cammino.

    – accetto il regolamento

  113. Il caleidoscopio della vita
    Da spiragli di caos di vita,
    lirici momenti, d’inaspettata
    bellezza crepuscolare, intrisi
    di semplici emozioni e di stupori
    infantili, rievocano incantevoli
    mondi di piena magia esplodendo
    in chimerici colori caleidoscopici,
    meraviglia della vita, essenza
    dell’incantesimo del continuo
    stupirsi nel guardare oltre a ciò
    che occhio non vede, in quello
    smarrimento leopardiano
    dell’infinito, caleidoscopio
    della vita.
    Lasciamoci stupire dalla bellezza
    di quella cascata di mutevoli e
    poliedrici cristalli colorati
    nel continuo divenire, che ci
    trascina nell’immaginario
    dell’infinito che va oltre quella
    siepe, dando il tempo alle immagini
    di scomporsi e ricomporsi in nuove
    forme, dell’affascinante mistero
    di ciò che avviene nel mondo interiore
    silenzioso e lento, primigenia
    necessità di equilibrio dello spirito
    che unici ci rende, e ci unisce
    all’Universo nella consapevolezza
    che esiste qualcosa di più grande
    che ci sostiene e al quale possiamo
    affidarci.
    – Accetto il regolamento
    Autore: Giuseppe D’Agrusa

  114. Titolo: Lineamenti

    Infuria la tempesta,
    vento forte e pioggia battente.
    L’ombrello non ripara,
    quasi vuol volare,
    ed il tuo viso dietro un vetro
    che si gusta la scena
    con un accenno di sorriso
    che cerchi di coprire con la mano
    mentre ti allontani.
    È durato tutto un attimo,
    non avrei dovuto nemmeno vederti,
    eppure prenderei acqua per ore
    attendendo un tuo ritorno.

    Autore: Fabio D’Alessio. Dichiaro di accettare il regolamento del Contest.

  115. Non opere grandiose

    E’ il pitòsforo
    che profuma l’aria
    di ricordi,
    oppure il glicine,
    gonfio di
    dolcezza violacea
    che invade di viola,
    anche i pensieri.
    E il gelsomino poi,
    tanto impregna le sere estive,
    da darmi certezza che
    le menti di ogni essere umano
    siano invase
    dal suo profumo,
    così tanto,

    da fargli compiere,
    sempre,
    cose grandiose.
    Non c’è uomo uguale a un altro,
    però,
    sulla terra.
    E nulla ci accomuna.

    Lucia D’Aleo

    Accetto il regolamento

  116. AVREI DOVUTO

    il primo sorriso del mattino
    una carezza da vicino

    uno sguardo compiacente
    una parola che non mente

    una certezza nel mio cuore
    un rifugio dell’amore

    il piacere di ascoltare
    il vento caldo di fronte al mare

    una mano fra i tuoi capelli
    i tuoi occhi sempre più belli

    si sono chiusi quella sera
    ed è arrivata la notte nera

    fiumi di lacrime a distanza
    il mondo chiuso in quella stanza

    taglio la nebbia e non vedo niente
    ora io un’isola fra il mare di gente

    davanti un oceano di inutilità
    tutta in un attimo la mia fragilità

    c’è la tua foto di qualche anno fa
    mi dice “sapevi che il tempo va”

    ora ricordo quando le sere
    delle migliori tue primavere

    trasportato dall’emozione
    tu canticchiavi quella canzone

    e la risento ovunque eri tu
    avrei dovuto abbracciarti di più

    Mario Luisi
    Accetto il regolamento

  117. Alban Alessandro Alexandr, accetto il regolamento

    Damné Génération

    Viviamo l’incertezza
    Dei sogni più selvaggi
    Non c’é alcun bisogno di chiarezza
    Basta mollare gli ormeggi
    E visitar strane terre
    Ubriacarsi di nuova acqua
    E sfamarsi con sberle
    D’innocenza innocua
    Quando ci si brucia tristi
    O ci si riscopre sereni
    Negli abbracci guasti
    Di pazzi alieni
    All’unica mercé del vento
    Che lenisce ed abbandona
    Il tormento

  118. Melis Katia Debora
    Accetto il regolamento

    “Eilat”
    Quanto è profondo il tuo fondale
    che di te non conoscevo affatto
    né i mille volti che di te
    fece la Storia.
    Quanto è profondo
    il tuo mare,
    tanto antico il battito
    del tuo ricordo,
    tanto sgomento il mio sguardo su te
    che non riconosco, non più di pietre
    e deserto
    non più certo di beduini
    non di stanchi guerrieri,
    ma di cieli immensi
    che si tuffano tra i coralli.
    Tra le tue montagne
    ho smarrito lo sguardo
    a seguire il sole declinare.
    Quanto di me, di noi,
    del mondo intero
    si può annidare qui,
    tra queste sperdute bellezze.
    Cosa cercavo non lo ricordo più.
    Ho trovato un porto
    per attraccare con un
    bagaglio fatto d’inquietudini.
    Ho trovato un deserto
    di risposte fatte polvere
    dispersa dal vento.
    Ho creduto che l’infinità
    del mondo possa essersi rifugiata una sola notte
    qui, per ripartire. Dove?
    Non ho trovato il miele di favo
    selvatico. Mi sono smarrita
    di nuovo. Ho ripreso il mio viaggio.

  119. Sulla testa una Corona.

    L’anima arpionata al lento sfogliare
    dei petali di una primavera consunta,
    smembrate brame di gloria al volo
    radente del pettine di Acheronte,
    sferrando colpi di lama ha distolto
    noi Atropo dal sonno dell’incanto,
    in lacerante squillo di spirotrombe!

    Le nebbie malsane di un Purgatorio
    ad attraversar versiamo oneri e onori,
    veementi e queruli di rivelate verità,
    fervidi adulatori di quella scienza già
    misconosciuta e orfana: ora oranti giganti
    ceri a Cerere innalziamo, del cuore
    la pace a numerici presagi deleghiamo.

    Facili speranze rimbalzano oltre il gioco
    delle stagioni, pretendono le rondini trovare
    ricorrenza, ma insiste il morbo col suo morso,
    restiamo attinti alla povera ignavia con cui mal
    misuriamo della primavera gli ariosi auspici,
    chiniamo torvi lo sguardo e mal prestiamo
    il braccio per la griffa della speranza.
    Dal più profondo e silenzioso abisso
    l’oceano madre un grido eleverebbe,
    se le nostre orbate membrane ancor
    potessero vibrare all’atavico richiamo.
    Dal più rarefatto empireo un acuto
    riflesso alle sinapsi raccogliendo emozioni
    e arcobaleni potrebbe sintetizzar bellezza.

    Da tutta Gaia vulcani e tuoni, valanghe e
    traumi, slavine e alluvioni, minacciano
    la nostra disattenzione. Dalle faglie i continenti
    aprono bocche grondanti fuoco e lapilli; parlarci
    vorrebbero: silenti invece restano. Noi
    siam delegati a capire: d’intelligenza eletti,
    distinti per immaginare, invece che distruggere.

    Con grande ala ci invita la natura a considerare
    la fragile possenza dell’opera al suo insieme: polvere
    o pietra d’angolo? Il fermento di vita che copre
    ogni sasso di questo mondo in cammino alita
    ossidazioni e cicli di carbonio, diversificazione
    e mutua concorrenza: oltre due gradi e infranto
    il meccanismo potrebbe andare. Una rapida scelta!

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