“L’ombra del cattivo” a cura di Marina Lenti: il bene e il male sono due facce della stessa medaglia
In questa antologia di saggi vari esperti (in maggioranza donne, chissà perché?) esaminano varie figure di “cattivo di turno che si oppone all’eroe”, cercando di individuare e descrivere “gli ingredienti che trasformano un tale personaggio nell’essenza del Male o della Paura per antonomasia”. Chissà perché, dicevo. Abbozzo una risposta: la diade è innanzi tutto femmina; solo in un secondo tempo, è anche maschia.

Nella terra di Mordor, dove l’ombra cupa scende di Paolo Gulisano: tratta de Il Signore degli Anelli di Tolkien. “Sauron non è una Divinità del Male, è solo una sorta di spirito angelico decaduto, come il Satana biblico. Ha il potere di rovinare, di distruggere, di separare, di corrompere.” – di separare, di corrompere: che si assimila, a mio parere, all’entropia, il disordine cosmico che obbedisce al secondo principio della termodinamica. Dio e l’anti-Dio sono gli ant-agonistici atleti, che lottano arditamente, come gli eroi omerici, senza di cui non esiste guerra, ma anche spettacolo, allegorie di Vita, Cosmo, Gravitazione e Luce. Il “compito dell’antagonista è di innalzare idoli, di mentire, di corrompere.” E quello dei “protagonisti, degli eroi, è quello di sanare ciò che è malato, sconfiggere ciò che è sordido, elevare il proprio spirito.” Diffondersi… Attenzione però che troppa dispersione significa un gelido annichilimento, a meno 273 gradi sottozero. Allora è forse meglio che quel male rimanga, magari sopito. Perché, è vero: “su tutto domina il tema del viaggio”. Se il cosmo è diventato tanto disperso, ridotto allo zero assoluto, privo di carburante, tutto si ferma. Fiat lux!, ma con juicio. Obietto sulla frase finale: quando sembra che il Male stia vincendo, “la vittoria finale non può andare all’Ombra Scura.” Anzi, la completo: non ci deve essere mai una vittoria finale, da parte di alcuno dei concorrenti. Diversamente, la corsa s’arresta.
Il volto oscuro di Narnia di Luca Fumagalli: tratta de Le cronache di Narnia di Lewis. Questo autore, che io conosco solo per l’enorme opera citata, ma non per il resto, è geniale, ma non simpatico, non essendo riuscito a creare in me alcuna empatia verso la sua scrittura. Sono rimasto sbalordito da tanta energia narrativa, ma la mia ammirazione è rimasta per lo più esterna, quasi mai interna alla storia. I suoi eroi sono eccezionali, ma per nulla verosimili. Egli diffonde delle cronache che attestano una lunga serie di fatti, come I libri dei re della Bibbia. Il lettore sa che si tratta di invenzioni, però, mentre legge, ci crede. L’intenzione di C. S. Lewis era di scrivere “Un Vangelo per i piccoli”, che potesse mostrar loro una ipostasi della “Seconda Persona della Trinità”. Le “pagine sono in costante dialogo con una presenza divina che si muove al contempo dentro e oltre la storia…”. È un libro ineffabilmente teologale, che “si chiude con un lieto fine che lascia ai lettori ‘ai lettori la sensazione del bello, lascia la speranza che la giustizia possa trionfare…” E lascia per ultimo una serie di grandi illusioni. E dimentica una frase del libro biblico più saggio, l’Ecclesiaste: Nulla di nuovo sotto il sole. E un’altra, decisamente più terribile: vanità delle vanità, tutto è vanita.
Terry Goodkind e la spada della verità: alla ricerca del più cattivo di Cristina Donati: tratta de La spada della verità di Goodkind. “In genere, la corte del cattivo di un romanzo è fedele al suo leader perché ne trae un qualche guadagno…”, e la cosa che succede anche nella vita reale in generale e politica in particolare. Ma nella storia in questione c’è un problema: “l’ira del Signore del D’Hara si abbatte anche sui fedeli servitori, senza alcuna pietà, al minimo errore o presunto tale.” – manca, a tale divinità, la pietas che conduce alla commiserazione del peccatore, che conduce al perdono. Quel cattivone non è semplicemente turpe, è la turpitudine personificata, che sa rinvenire, dovunque si manifesti, il modo peggiore di comportarsi. Un esempio a caso: uccide tutti gli altri suoi figli, per aumentare il potere dell’unico che egli vuole salvare. In modo analogo le cosiddette formiche di fuoco uccidono tutte le femmine, anche, si fa per dire, consanguinee, che potrebbero ostacolare l’ascesa al trono della loro regina. Questo gaglioffo è una specie di imenottero, quindi. L’autore dice che “i suoi personaggi sono tratti da esperienza reale di vita”. Il romanzo è più truce della versione filmica, perché molti degli episodi sono esagerati atroci e “non sarebbero mai potuto arrivare sul piccolo schermo.” Questo la dice lunga su quanto un’opera letteraria sia manipolabile dagli editor, i nuovi censori e regolarizzatori, autorevoli esponenti del potere politico, economico e mediatico. Un’ulteriore perla: Richard (che cambia cognome nei due mezzi), nel libro è “figlio di Darken nei romanzi e fratello nella serie TV”. La Seconda Regola del Mago recita: “La gentilezza e le buone intenzioni possono essere un sentiero insidioso verso la distruzione.” Nel suo recente L’Ickabog, la Rowling predica l’esatto contrario: la gentilezza è la forma migliore di civiltà. Qui nessuno, né buono né cattivo, è al sicuro dalla propria negatività. Insomma, come nella vita reale.

I nemici della polvere di Pia Ferrara: tratta della trilogia Queste oscure materie di Philip Pullman. Si scopre che tutti hanno un daimon, che non assomiglia evidentemente allo spirto gentil di tipo socratico. Il separarsi da esso conduce a un’acuta sofferenza e, presto, alla morte. Una certa Lyra è l’unica persona che sa usare “l’aletiometro”, una macchina della verità che non fallisce mai e questo le conferisce un potere immenso. L’antagonista non è il Satana di Milton, a cui forse s’ispira l’opera di Pullman, ma “è astratto ed è incarnato di volta in volta da personaggi diversi, che si pongono in opposizione a Lyra.” È l’Autorità, l’essere divino che ispira, sul piano terreno, le azioni del Magisterium.” Ed è Metatron, un Angelo ribelle a un Dio debole. L’opera è stata “definita la risposta laica alle Cronache di Narnia.” Lyra e il suo alleato Will sono antieroi, di cui Pia Ferrara dà una calzante definizione: “personaggio che, polemicamente o no, mostra qualità del tutto opposte a quelle considerate tipiche e dell’eroe.”
Le tenebre come ombre e doppio di Chiara Nejrotti: tratta di A Wizard of Earthsea di Ursula Le Guin. L’autrice s’ispira alle teorie di Jung: “L’evoluzione dell’ombra come evoluzione dell’io”. Ged il giovane protagonista rimane in un primo momento deluso, perché non dispone di armi che gli conferiscono nuovi poteri magici, “Ged vorrebbe la magia del fare, Ogion gli sta insegnando quella dell’essere.” Con un occhio al doppio taoista, dello Yin e Yang, “il Male e il Bene, l’oscurità e la luce sono strettamente intrecciati e l’uno si definisce e si comprende a partire dall’altro. La completezza è il Tao: l’equilibrio che non dimentica nessuno dei due estremi…”. A me viene in mente Antonin Artaud, che del Doppio ha fatto il perno della sua poetica, per cui gli opposti cessano di essere tali, il vuoto diventa pieno, il fuori è dentro, lo spirito è il corpo. È un unico doppio. “L’ombra è uno dei poteri oscuri, che non hanno un nome, e senza scoprirne il nome non la si può dominare.” Come se servisse una specie di password per sconfiggere un nemico. Inoltre: “tutto il negativo che non riusciamo a vedere e a sostenere in noi, tentiamo a vederlo negli altri.” Cerco ancora di tradurre: si vede la trave nell’occhio degli altri, avendone una abbastanza grande nel proprio. Nessuno probabilmente ha solo la proverbiale pagliuzza: “gli altri ci fanno da specchio” e se capiamo il male altrui è perché è similare alla “nostra Ombra”. “I Senza Nome” sono “immortali, ma non sono divinità sono piuttosto l’altra faccia della vita, quella tremenda e crudele che ricerca l’annientamento e odia la luce, sono le potenze delle tenebre e della follia.” Importante: “fanno parte del ciclo dell’esistenza, ma non bisogna adorarle, né cedere a esse per ottenere una parvenza di potere, che porterebbe alla perdita di sé.” Un’altra frase notevole: “tutta la luce verrebbe risucchiata per nutrire l’oscurità.” Questo richiama un fatto fisico risaputo: il buco nero, attira ogni cosa e anche la luce. Hawking, Smolin e altri hanno ipotizzato la possibilità che esso si trasformi in un buco bianco, cioè la singolarità che porta alla nascita di universi neonati, Altrove. Un’altra imprevedibile diadi! La Le Guin si ispirava a un racconto di Andersen, capovolgendone il senso: “Ged-Sparviero deve affrontare la propria paura e il proprio disgusto, e anziché fuggire dalla sua Controparte oscura per timore di esserne divorato, deve darle la caccia.” Diventa attivo, quindi. Sostanziandosi, è “al contempo Ombra e Doppio.” L’ombra è in coscia, dentro di noi, ma può scaturire e far scaturire qualcosa di nuovo fuori di noi, col rischio che diventi un “Doppio, che non può più essere integrato e minaccia la nostra stessa sopravvivenza.” L’Ombra “è anche l’incarnazione del linite estremo, quello della morte.” Essa è però “l’ineludibile fondamento su cui poggia la nostra identità.” Rassegniamoci: “Né il male né la morte possono essere eliminati una volta per sempre.” E pertanto la poesia (ad esempio quella di Baudelaire) è per sempre salva.
La Triade oscura delle quattro terre di Paola Bruna Cartoceti: tratta della trilogia La spada della verità di Terry Brooks, il cui limite è la poca originalità (assomigliando notevolmente ad altre opere, come a quelle scritte da Tolkien), e conferisce inoltre poca “caratterizzazione psicologica dei suoi Cattivi”, che non trasmettono alcuna “empatia” nei confronti del lettore. “Senza umanità non c’è personaggio, c’è solo un simbolo del Male.” Il tutto segue piani già scritti e descritti da altri autori, per cui il Bene trionfa sul Male, almeno “fino a quando non sorgerà una nuova ombra, e il ciclo ricomincerà: la lotta contro la magia oscura è eterna, perché l’equilibrio va mantenuto.” Brooks, a quanto riesco a capire dall’ottima analisi della Cartoceti, compie un lavoro complesso, ma non originale, essendo però carente nell’adempiere a una regola da lui stesso proposta: “Mostra, non raccontare”, per cui molto dei cattivi è raccontato “da altri personaggi”. La serie TV riuscirà notevolmente a colmare questo difetto.

Mulgarath, il parente povero della genia orchesca di Marina Lenti: tratta di Spiderwick – Le Cronache di Holly Black e Tony DiTerlizzi. Con ampi e precisi ragionamenti, Marina Lenti spiega come questa pour pregevole opera non riesce a rappresentare tridimensionalmente la figura del cattivo Mulgarath, principalmente perché non crea dispiaceri emozionali ai lettori, non uccidendo nessuno di cui possa importare granché a nessuno, manca di un qualche valore positivo da rinnegare nel prosieguo della storia, non è né misterioso, né ineffabile. Come nel caso della Trilogia di Brooks, la versione filmica sconvolge in misura non esigua la storia della trilogia, nonché la rappresentazione dei personaggi. “In entrambe le versioni l’orco rappresenta “un semplice propellente narrativo il cui scopo è di generare tensione mettendo nei guai i ragazzi Grace. E i suoi aiutanti sono, di riflesso, altrettante macchiette comprimarie.”
Mondi di inchiostro e ombre punitive di Luisa Paglieri: tratta della Trilogia del Mondo di inchiostro di Cornelia Funke. Il titolo si riferisce all’amore che Meggie, la giovane protagonista, e Mo, il padre hanno per i romanzi di tutti i tipi, che ha il donno di fare entrare chi lo ascolta leggere un libro dentro la storia, che riesce a trasmettere alla figlia. “Il romanzo si configura quindi come un libro sui libri e su un libro.” Capricorno, il primo cattivissimo della serie vuole sfruttare il dono di Mo per accumulare ricchezze, come succede nel mondo in cui viviamo dove il talento serve non per creare bellezza ma per arricchire qualcuno. L’aspetto di Capricorno è “anonimo, troppo bianco, come una maschera, e tutta la fisionomia è singolarmente incolore”, come un Voldemort. “I cattivi della trilogia hanno un carattere irrevocabilmente malvagio e non viene presentato un solo caso di un villain che riesca a riscattarsi, mentre esistono invece numerosi personaggi ambigui, in bilico tra il Bene e il Male.” E mi viene da pensare che essere confinato all’interno del Male equivale ad aver perduto per sempre la capacità di reagire, di mutare. E che finché v’è conflitto c’è speranza.
Scegliere di essere cattivo di Maria Cristina Calabrese: “Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi”, dice Sirius Black, l’amatissimo padrino di Harry Potter, della cui saga si occupa questo capitolo. Voldemort nasce in una famiglia creata grazie a un inganno magico. “Il futuro Signore Oscuro, pertanto, viene concepito senza amore e questo sarà il suo crudele destino: un’esistenza anaffettiva e arida dal punto di vista emotivo, sempre distaccato dal sentire altrui.” Sia Harry che Voldemort si sentono a casa loro a Hogwarts: l’innominabile Signore Oscuro “a differenza del primo, però, non ne ha avuto cura, non l’ha protetta, ha voluto sempre impossessarsene attraverso scelte oltre l’oscuro: la creazione degli horcrux infatti è la massima espressione della sua fame di potere e supremazia, uccidere per proteggere oltre la morte la propria vita è quasi una missione.” Per quanto mi riguarda, Voldemort è forse la Bestia Cattiva meno empatica della (mia) Storia (di lettore). Paragonato a lui, il Mefisto nemico di Tex Willer è un compagnone, sempre disposto allo scherzetto amicale.
Avversari ed estranei: quando i nemici non sono tutti uguali di Martina Frammartino: tratta dei “cinque romanzi, oltre 4200 pagine, diciannove anni di lavoro, e non è ancora finito” di R. R. Martin. La sua opera, intitolata Cronache del ghiaccio e del fuoco, dopo il successo planetario della versione cinematografica, è famosa come Il trono di spade. Ipotesi del sottoscritto, in merito al perché queste saghe siano composte da vari volumi, ognuno dei quali consta di svariate centinaia di pagine, che a volte sfiorano il migliaio. L’autore costruisce il suo edificio narrativo, cercando di non far mancare nulla: fondamenta solidissime, ma anche controllo minuzioso dei particolari, in modo che possa alloggiare milioni di fruitori dozzinanti per un numero elevato di anni e, se possibile, di decenni, sapendo però che, prima o poi, qualcuno sbalordirà il mondo (e la concorrenza) con qualcosa di più inaudito. Questo non significa che l’autore non sia estroso e ispirato e, quando capita, artista vero, ma che i suoi fini siano principalmente legati alla sopravvivenza editoriale. Nella storia qui esaminata, i nemici sono “gli Estranei, creature disumane legate al freddo e moralmente pericolose.” È forse un fantasy corale? “Martin porta avanti la storia tramite punti di vista, con ciascun personaggio che è consapevole di quel che accade a lui ma che non ha la visione d’insieme di cui è dotato il lettore.” Gli Estranei, “ombre pazienti e silenziose, senza volto, quasi senza forma definibile”, hanno occhi di un azzurro così intenso da essere “in grado di ustionare come il morso del ghiaccio.” Inoltre “sono in grado di rianimare i cadaveri”: una specie di zombie guerrieri al servizio del Male, per quello che capisco. “Esiste il ghiaccio ed esiste il fuoco. Odio e amore. Amaro e dolce. Dolore e piacere. Inverno ed estate. Male e bene. Maschio e femmina.” Quindi Morte e Vita, ed Eros e Thanatos, perché no? È solo dalla diade che nasce la vita: maschio e femmina, ancora Yin e Yang. “Dovunque esistono gli opposti. E dovunque esiste la guerra.” Letteratura e TV, e Cinema. La storia in questione è nata come romanzo ed è diventata una serie di film che anticipa gli stessi romanzi. Gli sceneggiatori conoscono i sequel letterari “a grandi linee grazie a colloqui che hanno avuto con Martin stesso.” Il quale autore, come anche la Rowling, già prima di scrivere sapeva compiutamente quel che sarebbe capitato anni dopo (sia tempo narrativo che della scrittura e dell’edizione dei libri) ai personaggi del fantasy. C’è qualche assurda ma economicamente ragionevole differenza: “in entrambe le opere compaiono personaggi assenti nell’altra”, con varie altre differenze anche sostanziali. Roba da matti, potrebbe dire qualcuno (io). Viene in mente un’allegoria suggerita dalla teoria dei multiversi di Hugh Everett III. Se poi (come è qui capitato), si traduce il tutto in un graphic novel, chissà quali altre alternative esistenziali possono ri-crearsi ancora… Il saggio della Frammartino si chiude in maniera sorprendente: “… gli Estranei, inquietanti e inconoscibili nella loro alterità, divengono il nemico contro cui gli esseri umani, se vogliono sopravvivere, si devono coalizzare superando tutte le altre ostilità.”

Se dovessi sintetizzare la silloge di saggi presenti nel volume, potrei dire che Buono e Cattivo sono destinati a incrociarsi per l’eternità in questo mondo caotico e, in senso cosmico, bipolare. Lo stesso vale in ambito artistico. Letteratura e Arte filmica s’intersecano così bene che in alcuni casi, ad esempio nella storia che meglio conosco, quella narrata nella Saga di Harry Potter, è difficile scegliere fra i due mezzi espressivi. Dovendo dare la palma del migliore, per motivi miei esistenziali, decido di conferirla alla scrittura. J. K. Rowling, a partire dal quinto libro, mi pare un’artista (quasi) ineguagliabile. In altri casi, come nella Compagnia dell’Anello, l’esito non cambia. La sua trasposizione filmica a me (ma non ai miei figli) è parsa a volte noiosa. Il libro mai. Ho letto con grande interesse, senza amarlo granché, Le cronache di Narnia, ma non sono mai stato interessato alla visione dei film che ne sono stati tratti. Ho amato molto La storia infinita e un po’ mi dispiace che non sia stata qui esaminata, ma solo citata in un breve accenno.
Vorrei concludere la mia reazione a questo saggio, citando una vignetta che è apparsa nel numero di febbraio 2021 di Dylan Dog, dove l’Investigatore dell’Occulto (che si cela in un quotidiano dall’umore cattivo e dall’esito distruttivo), sente una voce che alle sue spalle gli va dicendo: Il bene e il male sono due facce della stessa medaglia, producono conflitti e disperazione. Al che il Nostro Eroe bisbiglia, fra sé e sé, col volto più sconvolto del solito, Mi chiamano…
Written by Stefano Pioli
Bibliografia
L’ombra del cattivo, a cura di Marina Lenti, Edizioni Cento Autori, 2020