“La direzione del pensiero” di Marco Malvaldi: matematica e filosofia per distinguere cause e conseguenze

Che libro è? Intanto raccolgo degli indizi, poi vedremo.

La direzione del pensiero di Marco Malvaldi
La direzione del pensiero di Marco Malvaldi

Comincia con una poesia di Kipling: What, Why, When, How, Where, Who sono i servitori onesti (“honest serving-men”), che egli mai dimenticava di portare con sé, quando usciva nel mondo.

Il segreto della lettura del presente libro è di concedere al lettore (che sono io) quella pausa giornaliera, tra un capitolo e l’altro, che anche uno schiavo merita, se si vuole farlo sopravvivere.

Intanto facciamoci due risate…

Marco parla di come bisogna colpire un aereo in volo e scrive: “Torniamo a bomba, o meglio, a bombardiere…

Nel prologo della parte seconda, egli cita un aneddoto del nonno, molto salace e romanesco, che assomiglia al mio comportamento, quando, in una mia reazione, ogni tanto cito mia mamma e il suo meraviglioso pianşer fa trî e réder fa trî, per cui è meglio ridere, tanto fa uguale; o quando, in una parabola taoista faccio interagire un certo Ulderico Zilocchi, detto Şilôch, celebre macchietta reggiana, con i tre saggissimi Confucio, Buddha e Laozi.

Un giorno Adam Smith fu sorpreso dal suo professore a leggere un’opera di Hume, fu punito, per cui “decise che Oxford era un’università del menga e se ne andò.

Sono anche indizi (uno vale poco, due sono una mezza prova, tre una prova consistente, quattro una mezza certezza) che indicano che Marco è un uomo di spirito e che preferisce insegnare con leggerezza, piuttosto che con una farraginosità alla Wiener (Norbert): “Questa morte termica in fisica ha un corrispettivo nell’etica di Kierkegaard, il quale ha evidenziato che viviamo in un universo morale caotico, in questo, il nostro compito principale è costruire enclavi arbitrarie di ordine e sistematicità”.

Cêra cêra cme la pésa dla Rusapgièra, da cui si deduce che as véd che mé a vèin dala campàgna. Per capire il concetto purtroppo bisogna essere arşân, oppure essere dotati di un certo intuito.

Marco invita a leggere l’appendice, in cui sono indicati “i due o tre concetti chiave necessari per capire, a livello matematico, i capitoli seguenti.” E aggiunge che, se non lo si fa, “secondo me vi perdete il meglio.” – didattico ma non severissimo. In ogni caso un compagnone.

Poco dopo, dice della necessità del ragionamento per assurdo, e per farlo non lo nomina, ma si limita a dire che i matematici e i filosofi “riescono a raggiungere risultati strabilianti facendo finta di essere stupidi. Pensate a Socrate”, che si definiva un dittero della specie dei tafani.

Talvolta, talvolta spesso,i testi e gli articoli scientifici di riferimento portano sempre esempi da toccarsi le palle.” E Marco cita varie conseguenze cancerogene di certi tipi di comportamento.

Ci sono spesso espressioni che destano ilarità (il figlio che “si spatascia dalle risate”; “il mediano che ti dà una mano”, quando si definisce un “autentico nerd”, quando usa il termine “purtroppamente, come direbbe Cetto Laqualunque”, oppure quando dice che Leonardo “faceva casino con un calcolo da prima media”, quando i sindacalisti degli over 70 potrebbero attaccare l’autore a colpi di dentiera).

Ora facciamo i seri.

1.1:Un sistema stocastico lineare è un sistema in cui lo stato futuro di una variabile dipende dal passato di quella stessa variabile per mezzo di relazione lineari, a meno di una parte residua che è additiva e indipendente.”

Norbert Wiener
Norbert Wiener

Wiener volle limitare l’errore inevitabile che ne scaturisce (lo scarto fra ciò che pensiamo debba essere e quel che pare essere in realtà). Occorre, a suo parere, utilizzare l’errore per produrre maggiore probabilità future. In uno scambio senza fine fra errore di programmazione e programmazione successiva. In altre parole, causa ed effetto sono riferiti non a fatti, ma a dati sui fatti.

1.2.: Clive W. H. Granger scopre che, a volte, A causa B, ma, mutando l’aspetto temporale, B causa A, secondo la logica di leggi simmetriche, esprimibili tramite equazioni.

Occorre però, per rendere la previsione meno aleatoria, “riuscire a trovare oggetti significativi, della giusta dimensione, abbastanza grossi da essere ben visibili e abbastanza piccoli da poter essere maneggiati”, cercando “la quantità ideale”, che può essere “il contenitore che massimizza la quantità di arance”, se vuoi preparare con cura la tua spremuta.

Occorre considerareun mondo che funziona per causa ed effetto.” Con Granger la causalità “diventa analisi dei dati”, di quelli che servono, e la cui “rumorosità” sia attutita al massimo, per quanto mai zittita del tutto.

2.prologo: “… Hume era uno scettico e dubitava di tutto, e soprattutto di ciò che veniva in testa a lui: dubitava persino dei suoi stessi dubbi.” In casa, e purtroppo non riesco a trovarlo (in solaio? In garage?) ho il suo Trattato della natura umana. O lo trovo o lo compro. Ma riuscirò a leggerlo, con tutti i libri che ho in previsione imminente?

Un tale disse una volta che sapeva di non sapere. Io non so nemmeno se so. Prevedo di non riuscire mai a rispondere a questo mio, quasi innato, interrogativo. Perché leggo? Per cercare dati su dati. Ma siamo certi, caro Malvaldi, Marco… cari Wiener, Granger e Hume, che ci occorrono dati e non invece silenzio per predire il futuro? Krishnamurti che, se non lo cito a ogni piè sospinto, qualcosa dentro di me soffre, predicava che non è consentito conoscere, se non si dimentica il conosciuto. Fare tabula rasa, raccomandava un altro.

Che confusione! Cosa significa pensare? Soppesare dei valori? Cosa vuol dire credere? Affidarsi a una speranza? Ha senso fare affidamento a qualcosa che non sia né un dogma, né un postulato, né un assioma, ma una fiammella che splende? Quando l’unico cosa che sento, e che mi pare ardere dentro di me, è ciò che mi spinge a proiettarmi all’esterno e a cercare Altrove?! Cosa devo cercare? La Verità che è laggiù, in fondo al pozzo?

A Hume interessava il pensiero, non la salute di quell’inutile corpo che gli girava intorno.” La frase, di per sé assurda, perché il corpo è uno dei mezzi che conduce al pensiero, come una specie di pullman che ti porta da Salerno ad Amalfi, senza di cui devi andare a piedi, col rischio enorme di farti travolgere da qualche automobile che sfreccia come una scheggia impazzita in quella stretta strada che viene definita (pur erroneamente) borbonica.

Ma essa è giustificata dalla frase precedente:Lo scopo era capire come la fame influenzava il modo di pensare, ovviamente…” Dato che a tal fine digiunava per cinque giorni, a me quell’ovviamente garba poco.

Sappiamo, grazie alla nostra abilità nel costruire correlazioni, quali oggetti sono in relazione tra loro: quello che ci manca è conoscere la direzione – di alcuni. Poco ma: in questo caso possiamo supporla.” Mentalmente, attraverso esperimenti astratti.

2.3 si apre con un’investigazione. In un ristorante, il titolare scopre che l’80% delle volte i clienti sono disgustati dai gamberoni. Dopo varie ispezioni che danno esito negativo, non rimane che esaminare l’operato del cuoco. Si viene così a scoprire che questi non pulisce bene i crostacei, lasciando il budellino con la cacca. Onde per cui, bisogna stargli un po’ dietro, a ‘sto cuoco frettoloso, col fiato sul culo, e censurarlo dove sbaglia. E si risolve il problema.

Marco Malvaldi
Marco Malvaldi

Marco suppone che tutto questo capiti a un nuovo proprietario, che non può permettersi “di fargli un’offerta a tempo determinato.” Non è vero, può. Quando si acquista un’attività, la nuova ragione sociale può scegliere, o meglio, nell’accordo che essa stipula con la vecchia, si può determinare, fra le altre cose, se le maestranze (tutte o in parte) di quest’ultima debbano passare o meno a passaggio diretto presso la nuova società. È solo una questione di soldi (che Karletto, che, seduto a un tavolino, bofonchia, abbia ragione sulla struttura economica, che continua a dominare in ‘sto mondo derelitto?). Se e quanto più si effettua la scelta di consentire il passaggio diretto, subito il costo è minore, in quanto il nuovo datore di lavoro si assume l’onere non solo di versare le parti ricorrenti della retribuzione (tredicesima e quattordicesima), ma anche la buonuscita maturata presso la prima azienda. Talvolta, al primo esercente fa piacere avere i soldi, magari pochi, maledetti e subito; e al secondo spendere meno e aspettare il futuro per liquidare le spettanze ai propri dipendenti (tanto, magari, si tratta di una srls a un euro, a responsabilità limitata semplice: quanto di più aleatorio vi sia!, probabilmente una realtà specificatamente e subdolamente italica!). Diversamente, i vari soggetti subordinati saranno licenziati e poi, a seconda di come giri all’attuale padrone, assunti. In tal caso, i nuovi contratti possono essere a tempo determinato, magari rinnovabili, e con un periodo di prova sufficiente a verificare le competenze professionali di ciascun lavoratore. È sempre possibile però licenziare per giusta causa, ove il lavoratore abbia recato danni all’azienda, o per giustificato motivo, se non serve più ai fini dell’azienda: entrambi i provvedimenti sono opponibili legalmente.

Perché ho ciarlato di tutto questo? Per fa’ a moina? Non lo so. Mi andava. A volte capita che in una conversazione fra amici, uno colga una parola e faccia sbandare il discorso Altrove. L’importante è tornare a bomba su quello che è l’argomento della giornata.

Per definire meglio la questione, aggiungo che, nell’episodio indicato, si parla di un unico addetto alla cucina, quando di solito ve ne sono due: il principale e l’aiuto. Ma tutto questo costa, e Karletto, appoggiato allo stipite della porta che reca alla cucina continua a sorridere.

Non si può infine pretendere che uno che voglia ingrassare il proprio conto corrente nutrendo il prossimo debba sapere tutte queste cose. Per questo ci sono i consulenti, quelli un po’ discount e frettolosi, e quelli più esperti, ma più costosi. Tutto è una questione di vile denaro. Per questo sono nate le associazioni di consulenza, ottime nel rapporto qualità-prezzo, che lavorano sulla quantità, come un supermercato fa con i propri clienti abituali.

Money, money, money! – credo siano poche le questioni sociali che prescindano da ‘sta immonda cartaccia (una volta avrei detto vil moneta metallica).

Dopo la, ammetto un po’ pesantina, filippica, riporto la preziosa formula da te indicata: p (piatto = buono)|do (budello = no).

La grande impresa di Pearl è stata quella di riuscire a formalizzare e a dimostrare in che modo sia possibile ottenere p(X|do(Y)) a partire da p(X|Y), le probabilità osservate.” La probabilità ipotetica necessita di una struttura di rete” che collega le variabili, e “alcune regole per giocarci”.

Un ammonimento inquietante alla fine del capitolo: le regole permettono “alle correlazione di fluire liberamente”, impedendo “alle correlazioni spurie di intromettersi.”

In 2.4 c’è un’altra novità:Se ci affidassimo solo all’algebra, per trattare i dati numerici che ci sono forniti, andremmo incontro a grossi problemi.”

In pratica (ma anche in teoria), bisogna accendere e spegnere, aprire e chiudere, 0 e 1, 1 e 0, in una continua diade di valori.

Da A si va a B che conduce a C.

Oppure, B conduce sia ad A che a C.

Oppure, sia che C A conducono a B.

Sono collegamenti retti da frecce, che indicano dipendenze.

Non sempre un numero maggiore di informazioni corrisponde a una conoscenza migliore. Il numero dev’essere quello giusto. Un dato in più, che non c’entra, ostacola il ragionamento. Un albero isolato nella pianura padana, così suggestivo se visto dal treno, è facile da individuare. Cercare uno specifico albero nella foresta (presso le cui radici si è sepolto qualcosa di prezioso) può diventare un’impresa impossibile.

Dunque, suggerisce Marco per andare dove dobbiamo andare occorre saper come arrivarci, non altro.

Per eliminare le cause spurie, occorre controllare la causa comune che non conduce a nulla. La lunghezza del piede, suggerisce, può recare l’informazione sulla capacità di leggere. Se il piede è inferiore al 25, difficilmente l’individuo, che ha meno di tre anni, sa leggere. Ma non è detto che la cosa cambi se è 41 (se la misura appartiene a un indigeno della foresta amazzonica). A volte è essenziale anche non controllare l’obiettivo comune, quando questo reca altrove, perché nascerebbe una correlazione spuria, che non serve.

Quello che serve è seguire il tragitto giusto che, dal grossista reca al piatto, attraverso il Cuoco e la Ricetta. Se controlli la seconda, che descrive il comportamento del primo, permette di escluderlo dal calcolo.

A volte non si può effettuare il back-door, cioè tornare sulle cause prima, ci si può provare allora con il front-door, calcolando le quantità degli effetti che si possono verificare. E trarne delle considerazioni.

Non sempre questi meccanismi funzionano, ma l’autore ce li indica, aprendoci in tal modo la mente, o quantomeno socchiudendola.

In 2.5 ci si trova a chiederci:cosa sarebbe successo se non.”

Marco si domanda cosa sarebbe successo se si fosse laureato in Lettere e non in Chimica. Avrebbe scritto questo libro? Se io mi fossi laureato in filosofia, come non ebbi forse mai intenzione, pur iscrivendomi chissà per quale motivo, starei qui a scrivere questa reazione al suo libro? Troppe sono le variabili, per cui non credo sia possibile rispondere. Ipotizzo con un certo tremore che universo assurdo sarebbe se io mi fossi laureato in chimica e Marco no.

Nell’esempio dei gamberi si dice che la ricetta è il mediatore, cioè il meccanismo in grado di tradurre quello che non si può manipolare in un qualcosa che invece si sa controllare e variare a piacimento. Occorre cercarlo, perché solo quando lo si individua, si può effettuare un calcolo.

È quello che manca, ad esempio, nella meccanica quantistica, dove Bell ha cercato invano per tutta la vita una variabile nascosta che permetterebbe, una volta individuata, di capire perché una particella emessa vada a finire, per caso?, per necessità?, lì e proprio lì.

In uno studio osservazionale, ricordiamolo, il dato significativo si ottiene controllando il mediatore, cioè separando il mediatore in categorie significative…” e poi vedere di nascosto l’effetto che fa. A volte mi lascio influenzare dallo stile dello scrittore. A volte spesso.

Sono questi metodi, chiamati controfattuali, che permettono di ipotizzare universi paralleli, dove non ci si potrà mai più recare, ma che aiutano a capire dove dirigere la propria azione la prossima volta.

Il capitolo termina con una nota umanistica: la matematica è un mezzo, una causa efficiente, ma chi decide come elaborarla siamo noi bipedi quasi implumi.

2.6 si può sintetizzare citando queste parole:È necessario applicare la statistica, ma ricordiamoci che ci sono oggetti e sistemi rispetto ai quali essa può darci delle risposte, e oggetti ai quali ci può dare delle direzioni.” Solo delle direzioni, da percorrere cum grano salis.

Nel Prologo della terza parte, Marco scrive chela causalità è un elemento fondamentale per capire la coscienza” e “per capire su quali oggetti agire per muovermi verso l’obiettivo.” I collegamenti sono dall’interno all’esterno e viceversa, ma ve ne sono anche di solo interni, “a circuito chiuso”.

William James
William James

3.7: Secondo William James, la coscienza è un processo.” Nel capitolo colgo l’informazione che, immagino, resterà più a lungo e forse per sempre nella mia coscienza. Il vero nome di Checco Zalone è Luca Medici, ma questo forse domani l’avrò già dimenticato. Sarà invece stampato in modo imperituro nella mia coscienza che lo pseudonimo deriva da che cozzalone, che in salentino significa che tamarro.

Facendo ancora riferimento alla meccanica quantistica, il principio d’indeterminazione di Heisenberg afferma che non si può al contempo individuare con precisione la posizione e la quantità di moto di una particella. Similmente, se voglio capire con ricchezza di particolari un fenomeno, ho bisogno di tempo. Se devo andare di fretta, la mia capacità di ricezione sarà più grossolana.

Perché gli umani tendono a organizzare il mondo in categorie?” perché ci aiuta a interpretare meglio il futuro. Purtroppo ci sono dei valori di spazio-tempo, come quello che chissà se e come esiste al di sotto della misura di Planck, per cui non è possibile alcuna previsione, ma solo ipotesi fantasiose e non falsificabili.

A livello macroscopico, però, occorre ogni volta cercare la giusta descrizione, al fine di scegliere quale debba essere la mia strategia nell’osservazione. E contare quello che si ha, facendoci le operazioni corrette.

In 3.8, Marco dice chePossedere una coscienza, la capacità di separare sé e tutto il resto, deve aiutarci a sopravvivere”. Un mio amico, il compianto Gino, asseriva che la cultura orientale, predicando di zittire l’io, invocava in tal modo la morte. Si creava un de-cesso fra l’io e il mondo, annullando il primo nel secondo. Non so se avesse ragione, né se alla fine della sua vita, culminata con un suicidio (consapevole e sereno, come si evince-evincerebbe dalle sue memorie finali), ma io dubito che sia veramente così. Lo stesso Marco, che afferma questo, dice anche che è interessato allo studio della meditazione ai fini dell’arte marziale. Le divisioni portano spesso sconcerto e disgrazia, anche se a volte paiono inevitabili. Rappresentano una liberazione da una parte considerevole di sé. Ma tiremm innanz!

Il cervello è diviso, grosso modo in tre sezioni: 1. Talamo, ippocampo, gangli di base 2. Corteccia 3. La parte che governa i sistemi di valori.

  1. È il volante, la memoria che dà coerenza all’agire;
  2. Il magazzino delle capacità cognitive;
  3. È l’autostrada che permette il viaggio neuronale

E, come capita a chi si reca da Reggio Emilia a Pisciotta, i tre sistemi sono strettamente collegati fra loro, tramite interazioni.

Secondo la IIT, sviluppata da Giulio Tononi,la coscienza emerge dall’interazione delle parti funzionali del cervello, le quali grazie ai loro collegamenti creano una scena coerente, una sorta di presente ricordato.

Siamo dei cultori di algoritmi:I concetti sono gli strumenti che utilizziamo per tradurre un insieme di strumenti interni o esterni, e che ci arrivano tramite gli organi di senso, in un possibile stato futuro, ossia un evento.”

Caro Marco, prima o poi ci arrivo sempre al tu.

Ti consiglio di leggere Il software del linguaggio del linguista Raffaele Simone, che spiega come l’uomo sappia inventare algoritmi molto complessi, rispetto alle bestie. Danilo Mainardi, in L’animale culturale, scrisse, svariati decenni or sono, che l’uomo è l’unico animale in grado di costruire attrezzi in grado costruire altri attrezzi. Questo è, a mio parere, la linguistica e ogni sorta di scienza umana sviluppata in quel tragicomico cervello da scimmia nuda.

Alla fine ammetti una cosa che mi ero accorto solo a livello subliminale: “per tutto il libro, facendo finta di parlare di scienza: farò esplicitamente della filosofia.” Anch’io.

Ma intanto occupiamo dei tuoi tre interrogativi:

  1. Quale vantaggio evolutivo porta il sonno?
  2. Perché i pensieri lenti ostacolano quelli veloci, e viceversa?
  3. Perché il tempo passato a leggere un bel libro come il tuo passa più velocemente di quanto capiti con una circolare istituzionale?

Nell’epilogo degli epiloghi, anzi, nel nipote di tutti gli epiloghi, la frase finale è quella che ho amato di più. Consiglio la lettura del libro per tutte le circa 200 pagine, ma specialmente per essa.

Quando devo, mi tocca, voglio, posso, mi va di recensire un libro, ogni volta mi dico: ma io non sono né un censore, né un recensore! Io sono al massimo (grado) un enzima altamente catalizzante!

Detto ciò, mi organizzo, a seconda del genere e del tipo di scrittura.

In questo caso si tratta di una materia ostica spiegata agli idioti. Mi ricordo anni fa di un volume di svariate centinaia di pagine, che era intitolato, più o meno, Idiot’s Guide for Windows. Gli idioti, come nel mio caso, sono a volte gente che non molla. E che non si tira mai indietro.

Questo ho deciso: prima riporto le tue battutine, per scaldare l’ambiente, alcune sono fantastiche, complimenti. Altre un po’ meno, però capita, dai.

Non solo, ma ho ammucciato (Marco, se non sei cilentano o siculo, va’ su Google e capirai) alcune mie considerazioni/traduzioni del tuo pensiero, confidando forse in modo eccessivo nel mio personale comprendonio.

Leggo, in 2.4, la frase:Uno dei motivi per cui i matematici amano le formule è che con una riga di simboli si possono esprimere paginate di concetti”: grazie al tuo consiglio, liofilizzo le teorie da te esposte.

Infine, lo ammetto, anch’io sono un uomo e c’è chi disse che anche uno schiavo (dal 1° dicembre sono assurto alla condizione di liberto) lo è.

E questo è tutto. Grazie, caro.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Marco Malvaldi, La direzione del pensiero, Raffaello Cortina Editore, 2020

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *