“Rita Levi-Montalcini”, film di Alberto Negrin: lo scienziato non è al servizio del proprio ego

“La mancanza di complessi, una notevole tenacia nel perseguire la strada che ritenevo giusta e la noncuranza per le difficoltà che avrei incontrato nella realizzazione dei miei progetti, lati del carattere che ritengo di aver ereditato da mio padre, mi hanno enormemente aiutato a far fronte agli anni difficili della vita…” – Rita Levi-Montalcini

Rita Levi-Montalcini film di Alberto Negrin
Rita Levi-Montalcini film di Alberto Negrin

Medico, scienziata e accademica, mente fra le più brillanti del Novecento, Rita Levi-Montalcini è stata un’icona del libero pensiero. Un eccezionale profilo professionale e umano portato in televisione grazie a un film trasmesso di recente da RAI 1, per la regia di Alberto Negrin ed interpretato in modo magistrale dall’attrice Elena Sofia Ricci.

“Rita ha una storia molto complessa. L’avevo conosciuta e amata attraverso i suoi libri, ancora prima che mi fosse presentato il progetto…” – Elena Sofia Ricci

Simbolo di pura intelligenza e di riscatto per il genere femminile, il film tratteggia la figura di una donna straordinaria, che per mezzo di una costante ricerca è stata l’artefice, in campo medico, di scoperte scientifiche di estrema importanza.

L’incipit del film vede la Montalcini all’apice delle sue scoperte, con riconoscimenti già conclamati. Poi, durante lo sviluppo filmico, tramite flashback, partecipano momenti appartenenti alle diverse età della sua vita.

Da prima la si trova bambina, seguono quindi episodi in cui la si scopre ragazza nel momento in cui si confronta con il proprio padre per anticipargli la decisione di frequentare la facoltà di medicina: fatto non così ordinario per una donna dell’epoca. Da non dimenticare che le vicende sono ambientate nei primi decenni del Novecento, periodo in cui convenzioni e pregiudizi avevano la meglio su scelte innovative.

Poi, attraverso un nuovo flashback si fa cenno alle leggi razziali, sperimentate in prima persona perché di origine ebraica.

Arrivando quindi, nel presente cinematografico, ai momenti che vedono la scienziata volgere al tramonto. Circostanza durante la quale, facendo un bilancio professionale, è colta da una sorta di amarezza a causa dei molti dubbi che si pone. Dubbi a cui è difficile dare una risposta ma che danno la misura dell’umiltà di una grande persona.

Ma, nonostante le perplessità, la Montalcini continua a portare avanti le sue ricerche.

Ed è a questo punto che il film si sofferma, anche se non abbastanza, nel momento in cui scopre e isola alcuni neuroni estratti dagli embrioni di pollo, e li coltiva identificando il fattore di accrescimento delle fibre nervose (NGF). Ed è proprio studiando la crescita dei nervi, che dal midollo spinale si diramano verso gli arti durante lo sviluppo dell’embrione, che arriva a indentificare una proteina che regola la struttura dei neuroni lungo i quali viene trasmesso l’impulso nervoso. Scoperta, che si rivelerà essere solo l’inizio di osservazioni, il cui fine ultimo è quello di curare alcune malattie degenerative.

“In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo…” – Accademia delle scienze

Rita Levi-Montalcini film di Alberto Negrin
Rita Levi-Montalcini film di Alberto Negrin

Sollecitata da un articolo presentatole da Giuseppe Levi, suo mentore e professore con cui ha sempre collaborato, viene invitata dall’autore dell’articolo, il biologo Viktor Hamburger, nonché autore dell’esperimento, presso l’università del Missouri.

La cui ospitalità è dovuta al desiderio di un confronto sull’argomento.

Di buon grado la Montalcini accetta la proposta, e nel 1947 raggiunge gli Stati Uniti, dove soggiornerà per circa trent’anni durante i quali non abbandona le sue ricerche, e neppure l’idea di un ritorno in Italia; motivo per cui rimane in stretto contatto con il mondo accademico italiano, con cui in seguito si ricongiungerà.

“La rivelazione di quel giorno lasciò una traccia incancellabile nella mia memoria e segnò non soltanto la fine di un lungo periodo di perplessità sul significato delle ricerche che perseguivo da tanti anni, ma suggellò un patto di alleanza tra me e il sistema nervoso”. – Da Elogio dell’imperfezione, Rita Levi-Montalcini

Personaggio creato ad hoc per la rappresentazione filmica è Elena, una giovanissima violinista colpita da una grave patologia oculare durante un concerto in onore della scienziata.

Nella realtà un episodio analogo è avvenuto, anche se la situazione era differente da quella raccontata dal film. Che è soltanto un pretesto per riferire anche delle sfumature umane di cui la Montalcini era dotata, dell’aspetto etico che l’ha sempre contraddistinta. Che non è mai venuto meno durante l’esercizio della sua professione.

A quel punto, partecipe del dramma che ha colpito la musicista, la scienziata non può fare a meno che rimettersi in gioco. Dimostrando in quel modo che è la scienza al servizio dell’uomo, e non lo scienziato al servizio del proprio ego.

“L’intera storia del NGF è paragonabile alla scoperta di un continente sommerso rivelato dalla sua sommità emergente”. – Rita Levi-Montalcini

Accolto con grande entusiasmo dal pubblico, il film è stato presentato alla Festa del cinema di Roma nella sezione dedicata ai giovani. La scienziata, infatti, aveva infatti particolare attenzione per i giovani incoraggiandoli a dare sempre il meglio.

Aspetto messo in evidenza dal film è lo studio indefesso che la scienziata ha rivolto alla ricerca, il suo e quello dei suoi collaboratori, i quali non rispettavano gli orari previsti da una qualsiasi attività di laboratorio, ma si spendevano oltre misura lavorando anche di notte.

E, pur di rispondere alla spinta propulsiva che gli veniva dal desiderio di dare concretezza alle loro intuizioni scientifiche, trascuravano anche la loro vita privata.

Rita Levi-Montalcini film di Alberto Negrin
Rita Levi-Montalcini film di Alberto Negrin

Come dichiarato dall’attrice Elena Sofia Ricci, il docufilm ha visto la sua realizzazione soltanto in tempi recenti, anche perché i farmaci sintetizzati grazie alle scoperte della Montalcini sono diventati accessibili in tempi altrettanti recenti.

Da aggiungere, che i riferimenti alla figura della scienziata e alle sue ricerche richiamate nel docufilm sono reali, come narrazione reale è il momento in cui si reca a Stoccolma, insignita del premio Nobel per la medicina assegnatole nel 1986. Altri rimandi, invece, sono stati romanzati.

Oltre al Nobel sono stati altri e numerosi i riconoscimenti tributati alla scienziata, quale l’ammissione alla Pontificia Accademia delle Scienze, in veste di prima donna a esserne parte.

“Aveva sposato la scienza e non concepiva che qualcuno potesse avere una famiglia. Aveva un forte senso della morale e dell’etica. Spero sia un esempio per i ragazzi…” – Elena Sofia Ricci

L’omaggio del docufilm, peraltro doveroso, a una figura di donna che ha consacrato la sua vita al servizio della scienza, è l’occasione per raccontare di lei e tratteggiarne un ritratto che sia il più prossimo alla realtà che le è appartenuta.

Quindi, un breve passo indietro per delineare a grandi linee il suo profilo.

La sua ‘avventura’ ha origine a Torino nel 1909, anno della sua nascita. La sua è una famiglia di stampo vittoriano, dal clima marcatamente intellettuale, che insieme alla sorella maggiore, al fratello e alla sua gemella respira fin da piccola.

Raggiunta l’età della ragione la giovane Montalcini fa una scelta di studio insolita per l’epoca, che la vede scontrarsi con il proprio padre. Nonostante sia un professionista dall’intelletto vivace non è d’accordo che la figlia frequenti la facoltà di medicina.

Ma lei, modello di autodeterminazione, rifiuta le opzioni prospettatele dal genitore, che vede la scelta di fare il medico non adeguata a una donna.

Fin dall’inizio dei suoi studi la Montalcini si dedica a indagare sul sistema nervoso, studio che porterà avanti lungo il corso della sua esistenza.

Rita Levi-Montalcini
Rita Levi-Montalcini – da giovane

Allieva dell’istologo Giuseppe Levi, padre della scrittrice Natalia Ginzburg, la Montalcini si distingue sia per il suo costante approccio scientifico quanto per la sua enorme capacità intellettiva. Potenzialità che metterà sempre al servizio della scienza.

La coltivazione in vitro è un inedito metodo di ricerca adottato dallo stesso Levi, che la giovane scienziata, con Dulbecco e Luria, suoi compagni di università, farà proprio.

Nel 1938, a seguito delle leggi razziali vigenti in Italia, raggiunge il Belgio dove ha l’opportunità di terminare la specializzazione in psichiatria e neurologia. Date le sue origini ebraiche, erano quindi più che giustificati i suoi timori.

Ma, quando i tedeschi invadono anche il Belgio nei primi anni ‘40 fa ritorno a Torino dove, al fine di proseguire le sue ricerche orientate a comprendere il ruolo dei fattori genetici nella differenziazione dei centri nervosi, allestisce un laboratorio domestico all’interno della sua abitazione.

In conseguenza della presenza di truppe naziste sul territorio italiano e degli eventi bellici, nonché dei bombardamenti delle truppe alleate, raggiunge Firenze ospitata dalla famiglia Mori.

Qui, la Montalcini e i suoi familiari rimangono nascosti fino alla liberazione della città evitando la deportazione. Sarà per lei l’occasione di entrare in contatto con forze clandestine del Partito d’azione.

Quando la città di Firenze viene liberata, le forze alleate impiegano la scienziata in qualità di medico presso il Quartier Generale anglo-americano. Incarico che purtroppo ha breve durata perché, come dichiarato dalla stessa anche nel docufilm, non riesce ad avere il giusto distacco emotivo con i pazienti travolti da una terribile epidemia di tifo.

A quel punto, comprende che il suo percorso professionale è quello della ricerca.

Rientrata a Torino nel 1945 riprende gli studi accademici e nuovamente allestisce un laboratorio, che le dà l’opportunità di approfondire la ricerca sulle connessioni tra le varie parti del sistema nervoso dei pulcini e sul tessuto cerebrale, giungendo a notevoli risultati il cui esito viene pubblicato su autorevoli riviste scientifiche.

Pioniera nel campo della neurologia, sempre con totale abnegazione, la Montalcini continua le ricerche sugli embrioni dei polli concentrandosi soprattutto sulle relazioni tra neuro sviluppo e organi periferici, isolando i neuroni e coltivandoli. La ricerca darà frutti eccezionali che la portano a concepire l’idea di una proteina, quale agente promotore della crescita nervosa.

Raggiunti gli Stati Uniti nel 1947 la sua permanenza si rivela più lunga e impegnativa del previsto; sono circa 30 gli anni che trascorre all’estero.

Durante il suo periodo americano compie esperimenti che aprono strade nuove nel campo della medicina, scoperte che in seguito avranno un ruolo fondamentale per comprendere l’accrescimento delle cellule nervose. Da colleghi e amici è definita The queen per il suo elegante portamento e il giusto distacco con cui si relaziona con gli altri, seppur dotata di grande senso di collettività.

Ma non solo gli Stati Uniti nella vita della Montalcini; in Italia la sua presenza è diventata assidua grazie alla Fondazione di un gruppo di ricerca da lei creato e diretto, in collaborazione con l’Istituto di Biofisica della Washington University, di cui ha rivestito la carica di direttrice, poi abbandonato per raggiunti limiti d’età.

Per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale”.

Motivazione questa, con cui è stata nominata senatrice a vita.

Purtroppo, anche bieche insinuazioni nella vita della scienziata, incomprensibili, e la cui origine rimane un interrogativo.

Screditarla di fronte al mondo accademico e della scienza? Forse semplice invidia, da parte di gente senza scrupoli oscurata dalle sue credenziali? Un po’ di tutto questo probabilmente per incrinare la sua figura cristallina.

Secondo dicerie dei suoi detrattori avrebbe approfittato della sua posizione, ‘incassando’ da case farmaceutiche una certa quantità di denaro, insinuazioni che non hanno mai trovato conferma.

Che dire infine di una scienziata di tale levatura? Il cui contributo è stato determinante per ampliare la conoscenza di patologie gravi quali la sindrome dell’Alzheimer e la SLA.

Poco da aggiungere se non un grande ‘chapeau’ per il suo vissuto, e per essersi prodigata a contribuire a fare del mondo un posto un po’ migliore. Certo è, che a causa della sua totale dedizione alla professione è venuto meno il tempo per dedicarsi al suo privato.

Rita Levi-Montalcini
Rita Levi-Montalcini

Potrebbe aggiungere una voce fuori campo.

Ma, come dichiarato dalla stessa in più occasioni e ripreso anche nel film, la Montalcini non ha sentito mai l’esigenza di un legame matrimoniale, in quanto persona votata alla libertà.

E così, appagata da una carriera scientifica tanto intensa quanto proficua ha rivolto la sua attività a finalità antropiche di grande spessore.

Che dire poi del suo rapporto con i suoi colleghi maschi? Come affermato in più occasioni, non ha mai incontrato difficoltà a confrontarsi con loro. Sebbene il campo scientifico, almeno agli inizi della sua carriera, fosse di appannaggio squisitamente maschile.

Verosimilmente, ciò è dovuto al fatto che, sostenuta dalla forza delle sue idee e da enormi risorse intellettive, che forse intimorivano gli uomini, ha affrontato con l’autodeterminazione che l’ha sempre contraddistinta gli ostacoli frapposti fra lei e i propri obiettivi.

Da non dimenticare la sua attività di scrittrice, proficua e inevitabilmente di alto contenuto intellettuale, oltre che promotrice di campagne contro l’impiego di mine-anti uomo, nonché partecipe di campagne di sensibilizzazione a favore delle donne.

“L’umanità è fatta di uomini e di donne e deve essere rappresentata da entrambi i sessi”. Rita Levi Montalcini

Dopo un’attività scientifica intensa e arricchente, Rita Levi-Montalcini all’età di 103 anni abbandona per sempre questo mondo (30 dicembre 2012), lasciando dietro di sé un’orma duratura nel tempo oltre che un consistente bagaglio di conoscenze, bene prezioso per l’umanità tutta.

“Oggi, rispetto a ieri, i giovani usufruiscono di una straordinaria ampiezza di informazioni; il prezzo è l’effetto ipnotico esercitato dagli schermi televisivi che li disabituano a ragionare. Creano per loro una realtà definita che inibisce la loro capacità di ‘inventare il mondo’ e distrugge il fascino dell’ignoto”. – Rita Levi-Montalcini

 

Written by Carolina Colombi

 

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