“Perché la Chiesa” di Luigi Giussani: la pretesa permane

Il pensiero di Luigi non è originale, ma si rifà a vari autori italiani e stranieri. Uno studioso religioso di vita religiosa non può essere infatti un inventore, bensì un ri-scopritore di idee.

Perché la Chiesa di Luigi Giussani
Perché la Chiesa di Luigi Giussani

Una certa originalità può risiedere nella valorizzazione inattesa di idee già formulate da altri interpreti del pensiero di Dio. La Verità può essere ri-svelata di nuovo, ma non più mutata, pena la sua fine. Questo differenzia il teologo dal santo, ispirato ex novo da Dio, poiché egli si dimentica di tutto, e ricrea, nella propria ignoranza, il messaggio originale. Ogni santo, per tutto ciò, è sempre ispirato da un Dio vergine.

Comunque, un Dio che accetti di tenersi in disparte dalle vicende umane, non è più il Dio del messaggio cristiano, che è venuto a rendersi compagnia per l’uomo.” (Cap. III, pag. 68)

Si deve tenere conto di Dio (della Sua autorità) in ogni momento della mia esistenza. Egli mi fa compagnia. In gergo sportivo si può dire che mi marca stretto sia quando faccio partitelle innocenti con amici, sia quando gioco incontri decisivi della mia vita.

Attenzione, là (Cap. V, pag. 98-99) si parla della verità come di una luce. Sì, ma la si deve definire, soprattutto, una rupe. In modo simile ragionava l’autore del celebre Libro di Mormon:

In verità, in verità, io vi dico che questa è la mia dottrina, e chiunque costruisce su di essa costruisce sulla mia roccia; e le porte dell’inferno non prevarranno su di lui.” (3Nefi, 11: 35).

La critica di Luigi al metodo razionalistico è motivata dal fatto che il razionalismo esasperato nega la categoria delle possibilità. Cioè esclude la possibilità di quello che non si può inquadrare nel già noto. Dio è un vuoto assurdo che per il razionalista non può esistere. Ma non per l’uomo devoto.

Ora, col concetto di rupe, Luigi va oltre e afferma:

L’uomo prova una più intensa convinzione nel sentirsi aderire alla parola di un altro che neanche nel vedere lui stesso”. (Cap. V, pag. 101)

La verità dev’essere sicura, sennò s’annulla. E per essere sicura deve esserci un’autorità, un qualcuno che la rende tale. Dev’essere luminosa, ma soprattutto stabile. Si deve vedere, ma deve poi rimanere fissa nella nostra mente.

E, mentre è molto facile per ognuno mettere in dubbio se stessi, è molto più difficile gettare l’ombra dei propri se e dei propri ma su una presenza stimata ed amata.” (Cap. V, pag. 101)

L’autorità dev’essere umana?

La parola Dio, lo abbiamo visto, si perde nell’indistinto se l’uomo viene identificato con la collettività, e, dunque, in ultima analisi, si perde. E questa collettività senza volto finirebbe per essere guidata da qualcuno che si pretende comunque fuori da quell’anonimato con un volto preciso.” (Cap. III, pag. 69).

V’è un’altra risposta:

Vale la pena di aggiungere anche il riconoscimento del celebre teologo protestante Oscar Cullman: ‘Ma se Gesù ha realmente creduto… che sarebbe trascorso un certo periodo di tempo tra la sua morte espiatoria, decisiva per la salvezza, e la sua parusia, egli deve necessariamente aver riserbato per questo tempo intermedio – indipendentemente dalla sua lunghezza – un ruolo ai suoi discepoli…’. La Chiesa dunque alla base di un preciso insegnamento di Gesù è fondata sugli Apostoli, nel particolare primato di Pietro.” (estrapolazione da Cap V, pag. 131-132).

E Luigi continua:

Quello che è certo è che qui ha origine la figura autorevole su tutta la singola comunità.” (Cap. V, pag 132).

Quando nel 1991 frequentai, per qualche mese, da esterno (da ignorante reso inquieto dall’idea di dio) il Movimento, assistetti a una lezione di Comunità, gestita da una certa Nadia. Da quel che mi dissero, anche lei frequentava, altrove, la sua scuola. Era una Memores Domini, cioè una persona che aveva fatto voto di povertà, castità, obbedienza.

Ognuno, nel gruppo, faceva la sua scuola, da discente; qualcuno anche da docente. Tutti, tranne, immagino, ma non ne sono certo, Don Luigi Giussani.

Nadia mi chiese di leggere il passo da esaminare (era un modo per farmi entrare nello spirito del gruppo, e anche di conoscermi). Mi rifiutai adducendo una scusa. Un ragazzo palermitano di nome Salvatore chiese, prima dell’inizio della lettura, se potesse fare una domanda, ma Nadia disse Dopo! Salvatore, per un paio di volte, ripeté la richiesta. E ogni volta Nadia gli rispose Dopo! Salvatore non mostrò di gradire questa scarsa disponibilità a soddisfare la sua curiosità.

Nadia gli impose di leggere. Salvatore addusse una scusa simile alla mia. Nadia fu inflessibile e gli disse: Leggi! Salvatore allora iniziò a leggere, con voce stizzosa e un po’ tremolante. Ogni volta Nadia commentò con grande autorità il passo. Dopo un’oretta la lezione finì.

Nadia disse: Ora che abbiamo terminato, Salvatore caro, fa’ pure quella domanda che tanto ti premeva! Al che il siculo, abbassando lo sguardo, borbottò, con evidente acrimonia. Non me la ricordo! Nada fu prontissima a chiudere la questione, dicendo, mentre si alzava dal tavolo in cui lei e i discenti erano seduti, Si vede che non era importante!

A chi conosce almeno di nome il movimento nato con don Luigi Giussani può sorgere la curiosità di sapere perché è Comunione e Liberazione.

Proprio perché hanno in comune il fondamento e il senso della vita, Gesù Cristo, i primi cristiani sentono come legge della loro convivenza a mettere in comune, e più profondamente a concepire in comune le risorse materiali e spirituali.”

All’inizio di quel movimento religioso, almeno, non era favorita l’idea dell’eremitaggio.

Non esiste un momento della storia della Chiesa primitiva in cui la comunità non si sentisse determinata e giudicata dalla dimensione missionaria.” (Cap. V, pag. 133).

Don Luigi Giussani
Don Luigi Giussani

Pertanto, diffondete ovunque il messaggio di Dio.

Allora, la comunicazione di una certezza è in qualsiasi caso un aiuto per chi cerca, anche se non ritenesse di aderire ancora a quella proposta: questa dà comunque testimonianza del fatto che la certezza è possibile e che la sua comunicazione può servire come ipotesi di lavoro.” (Cap. V, pag. 135).

Chi non conosce il gioco della muffa? La maggior parte dell’umanità. Eppure, il ragazzo ciellino che lo propose, una sera, a Bologna, sbraitava:

Sì, lo so, è un gioco stupido…  ma è bello!

Si gioca in piazza. La muffa è composta da tre ragazzi che si tengono per mano. Tutti gli altri (non meno di una ventina) si dispongono a coppie e aspettano che la muffa venga a catturarli. E ovviamente cercano in tutti modi di evitarla. Ma, prima o poi, alcuni vengono toccati e appena questo accade anch’essi diventano parte della muffa, che è ad ogni giro più grande, potente e difficile da evitare e simile ad un laser di fotoni ciellini! Il gioco finisce quando l’ultima coppia indipendente viene associata alla comunità di organismi che compongono la muffa. Una mezza imbeccata per capire il messaggio. Quando si è in gruppo, non esistono altre associazioni umane, né coniugi, né fidanzati, né amici, ma si è soltanto parte del Movimento. Uno slogan ciellino di quegli anni era: Che il Movimento sia la tua ragazza!

Il termine liberazione è senz’altro più aggressivo del termine libertà. Il primo ha il sapore della conquista ed è dinamico. Il secondo possiede quello della raggiunta pace e indipendenza da chiunque. Finché nessuno voglia invadere tanta tranquillità, l’uomo libero è beatamente statico. Thomas Stearns Eliot, anglicano, chiamava Cristo la tigre (Gerontion, verso 20), che è un animale ferocemente carnivoro e ben poco rassicurante, e che limita la libertà di passeggio. O si gira armati, in presenza di tigri, oppure ci si deve rassegnare a finire sbranati. Unica alternativa è l’indifferenza di chi sceglie di rimanere in casa, col rischio di morire di fame: lui, i suoi cari e il felino stesso. Al senso di insicurezza che assale chi si pone e non sa risolvere i propri problemi esistenziali, Luigi propone la comunione dei beni (spirituali), delle idee e delle paure. Cosa chiede in cambio?

Il concetto di elezione, di scelta di Dio, è il caso in cui più clamorosamente la lontananza da una comprensione si documenta in noi. Perché non c’è nulla di più contraddittorio con il razionalismo in cui siamo formati, e l’egualitarismo o il democraticismo che ne sono la conseguenza… Dio non è legato a nulla e proprio nel fenomeno di questa preferenza elettiva si manifesta… Un Dio che raccoglie chi vuole, e dà a ciascuno i doni e le responsabilità che vuole”. (estrapolazione da Cap. V, pag. 104-106)

Dio è un’autorità, una forza verticale che scende dall’alto o che sale dal nostro io più profondo.

Dire perciò di essere investiti da una forza dall’alto equivale a significare una forza che sta alla radice dell’essere, un’energia con cui viene comunicato l’essere”. (Cap. V, pag. 111).

Non si può spendere la vita a guardare la tigre dalla finestra.

Un uomo ha bisogno di legami, di dipendenza. E ha bisogno di solitudine, di libertà.

Si tratta dello stesso uomo, della stessa persona.

Deve seguire il suo cammino, servire la propria causa.

Quest’uomo deve ogn’ora scegliere.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Luigi Giussani, Perché la Chiesa – Tomo I – La pretesa permane, Jaca Book, 1990

 

Info

Sito Luigi Giussani

 

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