Le métier de la critique: Giulio Cesare non è affare per tutti
Nell’umanità sembrano esserci delle costanti. Ad un certo punto, in un certo momento storico, senza nessuna necessità apparente – o forse è proprio perché all’improvviso la tangibile importanza di taluni elementi diventa evidente – salgono alla ribalta grandi personaggi che colpiscono l’immaginario delle persone.

Era così anche in passato.
Quanti tra gli autori, anche tra coloro che consideriamo classici, hanno preso in esame le imprese di Alessandro Magno?
Quanti ancora, tra i flutti di un capriccioso effluvio di vicissitudini storiografiche, decidono che di Cesare non si è ancora parlato abbastanza?
Molti sono i lettori e molti gli autori che sono convinti che questo sia vero e necessario.
L’impossibilità per gli storici e per gli archeologi di non poter parlare con i diretti interessati delle loro vite e averne così un’impressione di prima mano è un limite che frustra entrambe le categorie.
Molti esseri umani sono stati cancellati dal tempo e abbiamo per sempre, se non in casi fortuiti, perso la loro memoria. Mentre di alcuni, stelle del firmamento, non riusciamo a dimenticarci nemmeno volendo.
In realtà, questo non è un momento particolare per usare Cesare come personaggio di un libro.
Cesare vende, sempre.
Crasso, a questa mia frase, direbbe che lui non ha problemi se Cesare vende; la cosa davvero importante è che lui paghi. Ovviamente è una battuta, ma in senato avrebbe alzato ben più di qualche opportunità per una frecciata al beniamino del popolo.
Nonostante i secoli, Giulio Cesare offre parti di sé a chi ha la pazienza di affrontare la ricerca e di cimentarsi in una battaglia. Scrivere di Cesare è come cercare di guardare in faccia il sole o la morte senza distogliere lo sguardo. Non è facile, sia che si tratti di un saggio o di un romanzo.
Anche per i suoi contemporanei dover affrontare il discorso Cesare era una cosa spinosa e non sempre per via dell’ammirazione che provavano per lui.
Di recente, ho preso in mano, per destino o per caso, tre libri che avevano Giulio Cesare tra le loro pagine.
“Nel nome di Cesare” di Andrea Oliverio è il primo in esame ed è edito da Aporema edizioni il 3 agosto 2020. È il secondo volume della serie e narra dell’assedio di Massilia del 49 a.C. quando Roma si trovava tra i due fuochi di Pompeo e Cesare e nel mezzo della guerra civile.
Massilia è il nome latino di Marsiglia che in greco, etnia di fondazione, diviene Massalia, ma questo non è importante. È un tecnicismo.
Il libro parla delle vicende di due centurioni che attraverso varie traversie partecipano a un assedio piuttosto lungo e sfibrante, tanto per gli assediati che per gli assedianti.
La Gallia è sempre stata percorsa da ribellioni, instabili alleanze e tribù capricciose e, se in mezzo ci si mette la guerra civile romana, allora tutto potrebbe diventare un bel concentrato di problemi. Cosa che è stata e che così sarà sembrata ai soldati.
Il pregio del libro, oltre alla narrazione vivace e piacevole, è che riesce a farti vedere le legioni. Uno spaccato sul cameratismo e sulle vicissitudini di una parte delle battaglie che nessuno menziona mai: i soldati.
I generali sono sullo sfondo e Cesare è il dio in terra per gli uomini che lo seguono.
L’autore ha fatto di tutto per dare la versione di Cesare che gli interessava: quella del generale, del compagno e della divinità. Qualcuno da seguire come si segue il vessillo dell’aquila.
Oliverio ha scampato per tutto il libro il tranello di avvicinarsi troppo al sole ma poi… poi ci sono stati un paio di scivoloni su qualche termine non del tutto cronologicamente corretto e, come spesso ci si aspetta da un romanzo storico, c’è anche l’evento acchiappa lettore.
Non so cosa volesse fare ma qualcosa nell’occhio dello storico, che era felice dell’accurato resoconto sull’esercito in mobilitazione, si è ottenebrato e non credo si riprenderà.
Oliverio ci ha dato il suo Cesare: forse più oscuro del dovuto.

Detto questo, si può restare ad attendere il volume successivo perché, a confronto con altri titoli del passato e grandi best seller, in “Nel nome di Cesare” non c’è nulla che il lettore di romanzi storici compulsivo non abbia già visto.
Il secondo titolo cesariano con cui ho fatto conoscenza è scritto da Antonio De Cristoforo.
“Cesare, l’uomo che cambiò Roma” edito per Santelli editore ad ottobre del 2020. Il libro è scritto in prima persona, proprio dal pugno di Cesare. La prima persona singolare: IO.
Appena scoperto si può pensare che, forse, sarebbe servito un titolo atto ad anticiparlo. Il classico “Io, Cesare” avrebbe richiamato altri grandissimi classici della letteratura storica senza confondersi con il prossimo titolo in cui ci imbatteremo.
Questo volume ricorda lo stile per cui ricordiamo Cesare. Una sorta di Commentario, la spiegazione di ogni sua azione ma questa volta senza ricorrere all’assenza di personalizzazione.
L’Io narrante non è esattamente lo stile di un uomo che è conosciuto per essere un letterato, un avvocato, un retore, un condottiero e un fine politico.
Cesare ha sempre lavorato per non dare mai adito al pensiero che fosse lui ad imporre le sue azioni. I commentari di cui siamo a conoscenza, ovvero il De bello gallico e il De bello civili, ne sono l’esempio. La sua opera politica ne è l’espressione.
Avere un Cesare che sproloquia di quanto lui sia bello, intelligente, forte e magnanimo mentre tutti gli altri siano degli idioti non è il personaggio che conosciamo.
Si può immaginare un archeologo trovare un commentario del genere scritto dalla mano del grande Cesare e avere, subito dopo, avere una crisi per non aver capito nulla di come questo uomo avesse impostato la sua intera vita politica e privata (che per il nostro figlio dei Giuli era la stessa cosa).
Peccato. Una poderosa ricerca storica, con un linguaggio adatto e un autore amante della storia e dell’interpretazione del personaggio che ha creato un Cesare che è un eidolon che invalida la figura del protagonista stessa.
Un po’ come l’Elena di Euripide. Il personaggio più importante della guerra di Troia non è mai stato in quella città invalidando ogni azione o motivazione fino a quel momento usata. Peccato che l’autore, in questo libro, non debba convincere gli ateniesi che la guerra non ha senso e gli archeologi che Cesare non è chi pensiamo che fosse.
Ultimo titolo pubblicato è “Cesare. L’uomo che ha reso grande Roma” di Mariangela Galatea Vaglio. Pubblicato da Giunti ad ottobre del 2020. Questo libro non è un saggio ma lo ricorda. Non è un romanzo ma lo è.

Non è cosa facile definire un titolo come questo. La sua autrice è una comunicatrice consumata. Più volte, durante la lettura la si può immaginare in Senato o nel Foro a declamare la sua storia.
Una oratrice dei nostri tempi del tutto simile ai suoi predecessori nella Repubblica che si esercitavano nelle loro dissertazioni per il popolo e per affinare la propria tecnica.
Una tecnica, questa, diffusissima, a Roma, tra tutti coloro che miravano ai grandi discorsi e alle grandi cause: parlare in pubblico, ascoltarsi e vedere le reazioni degli ascoltatori (lettori nel nostro caso) per carpire il modo di ingraziarsi la folla.
Il libro è una valida opera di divulgazione. La Vaglio è nel mezzo della narrazione ed è pronta a narrarci di Cesare, lo segue passo per passo, lo osserva e ce lo restituisce con lo sguardo del cronista e dell’amico del pubblico.
Chissà, forse, il tribuno Clodio e l’autrice sarebbero stati, insieme, due tribuni della plebe da cui era plausibile aspettarsene delle belle. Questo Cesare è quello che conosciamo e anche di più.
Anche se, forse il linguaggio in alcuni passaggi è troppo moderno ma, come detto, non è un saggio e non un romanzo propriamente detto.
Scrivere di Cesare, come già affermato, non è facile e può far tremare. Non si può far altro che cogliere il suo esempio e rimanere lucidi mentre si progetta la battaglia e si attua il piano.
Quello che non deve mai cessare di stupire il lettore è che questi personaggi famigerati assumono connotazioni e sfumature diverse per ogni autore che decide di fare la loro conoscenza.
Nonostante i difetti e i pregi, chiunque si avvicina alla ricerca e cerca di immergersi nella storia, portandola agli altri, merita un plauso per il lavoro e l’impegno.
Written by Altea Gardini