iSole aMare: Emma Fenu intervista Patrizia Floris fra identità e differenza culturale
La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi?
“Sono l’Isola. Ma sono magica e infinita: non mi puoi cingere tutta.
Non mi puoi spostare, non mi puoi unire alla terraferma, non puoi possedermi. Puoi solo essere accolto, sederti alla mensa del mio corpo di sabbia e granito, mangiare dalla mia bocca le bacche del piacere e della nostalgia, fino a inebriarti, fino ad essere anche tu me. Ed allora ti fermerai per sempre, mi guarderai nelle pupille di basalto immerse nel cielo degli occhi e diverrai pietra.
Sarò la tua Medusa, con filamenti trasparenti danzerò per te negli abissi, ti brucerò di passione e non sarai più libero, nemmeno quando te ne sarai andato lontano, remando fino allo sfinimento, e il mare fra noi sarà un siero diluito con sangue di memoria e con lacrime di speranza.
Tu mi hai toccato, ora ti tendo le mani io.
Tu mi hai baciato, ora cerco il tuo sapore su di me.
Tu mi hai guardato: ora scruto l’orizzonte come una Didone abbandonata.
Tu mi hai annusato: ora raccolgo dalle fauci del maestrale il tuo polline per i miei favi.
Tu mi hai seguito: ora calo un ponte levatoio solo per te.
Tu mi hai atteso, ora ti attendo io.” – Emma Fenu ‒ “L’isola della passione”
Isole Amare.
Terre Femmine dispensatrici di miele e fiele, con un cuore di granito e basalto e capelli bianchi di sabbia che si spandono nel mare come le serpi di Medusa che, secondo la leggenda, un tempo della Sardegna fu sovrana.
Isole da Amare.
Terre Madri e Spose che squarciano il cuore di nostalgia, tirando il ventre dei propri figli con un cordone ombelicale intrecciato di mito, memoria e identità.
iSole aMare.
Sole che scalda e dà vita oppure che brucia e secca, negando l’acqua.
Mare che culla e nutre oppure che disperde e inghiotte, imponendo l’acqua.
La rubrica “iSole aMare” si propone di intervistare isolani che della propria condizione reale e metaforica abbiano fatto cultura, arte e storia ponendosi in comunicazione con il mondo: nessun uomo è un’isola o forse lo siamo tutti, usando ponti levatoi? A questa domanda implicita i nostri ospiti, attraverso parole, note e colori, saranno invitati a rispondere.
La rubrica è stata inaugurata da Paolo Fresu, hanno seguito Claudia Zedda, le fondatrici di Libriamoci, Pier Bruno Cosso, Grazia Fresu, Cristina Caboni, Maria Antonietta Macciocu, le sorelle Francesca e Marcella Bongiorno, Franca Adelaide Amico, Anna Marceddu, Silvestra Sorbera, Nadia Imperio, Anna Santoro, Salvina Vilardi, Marina Litrico, Tatiana Pagano, Gavino Puggioni, Gabriella Raimondi, Giuseppina Torregrossa, Francesca Mereu, Francesca Guerrini, Claudia Musio, Paola Cassano, Giulia Baita, Olimpia Grussu, Cristina Muntoni, Valeria Pecora, Graziella Pinna Arconte, Carla Mura, Alessandra Derriu, Claudia Sarritzu, Gian Mario Virdis, Laura Congia, Paolo Montaldo, Giovanna Uccheddu, i fondatori di Sicci Creations (Andrea Mureddu ed Emanuela Carboni), Alessandro Cocco, Patrizia Boi, Enzo Mugoni, Francesca Colombino, Marco Farina, Eleonora Grussu, Giovanni Cherchi, Daniela Orrù, Manuela Congiu, Anna Fresu, Elisa Pistis, Federica Cabras, Giuseppina Carta, Ilse Atzori, Gina Tondo, Clelia Martuzzu e Francesco Paolo Catanzaro.
Oggi è il turno di Patrizia Floris, scrittrice e informatrice scientifica, nata a Cagliari: da sempre innamorata della sua città, nel 2019 ha scelto di ambientarvi in parte il suo secondo romanzo, “Un tè a Marrakesh”.
E.F.: Il tuo romanzo, “Un tè a Marrakesh”, si muove dalla Sardegna al Marocco. Quali analogie e differenze culturali hai voluto raccontare?
Patrizia Floris: Due terre che si affacciano nel Mediterraneo per colori, profumi e atmosfere, a buon titolo possono avere delle analogie. Per quanto riguarda le differenze culturali, l’Africa presenta ancora oggi delle sostanziali diversità rispetto alla cultura occidentale, di cui fa parte la Sardegna.
E.F.: Le protagoniste sono due donne: una, Sandra, nata e cresciuta in Sardegna: in cosa si evince, se si evince, un’identità culturale?
Patrizia Floris: Tutte e due le protagoniste hanno acquisito quella mentalità quel carattere e solarità che caratterizza le donne della Sardegna. La tipicità della cultura tipicamente sarda, fa evincere questa identità culturale che appartiene a entrambe le protagoniste del libro “Un tè a Marrakesh”.
E.F.: Come definiresti l’amicizia fra donne?
Patrizia Floris: Le donne creano complicità, confidenza, condivisione di interessi. Una relazione la definirei di scambio, qualcosa che sboccia nel tempo. Sono perle rare quelle che ti supportano nel miglioramento personale. Insomma, si può dire che l’amicizia tra donne è come un continuo rammendo con cui stringiamo i piccoli strappi ed allontanamenti di un rapporto spesso eterno.
E.F.: Nascere in un’isola fa crescere il desiderio del viaggio e della scoperta dell’altro?
Patrizia Floris: Nonostante viviamo in un’isola meravigliosa, è molto importante viaggiare e avere l’opportunità di attingere ad altre culture e arricchirsi delle usanze di altri luoghi. Vivere e integrarsi con i popoli: questa è la grande fortuna che abbiamo in questi tempi.
Written by Emma Fenu
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