“Nessuno scrive al Federale” di Andrea Vitali: col Maresciallo Maccadò tra le strade di Bellano nel 1929

Andrea Vitali (Bellano 1956) è medico con la grande passione per la scrittura, uno tra i più prolifici romanzieri italiani dell’ultimo ventennio, apprezzato dal pubblico quanto da molta critica, per il suo linguaggio piano e scorrevole, con gustosi dialoghi che spesso si aprono alle espressioni dialettali, la capacità di creare personaggi, bozzetti caratterizzati, quadri sociali e storici capaci di trasportare il lettore in un mondo un po’ rimpicciolito e deformato, ma sempre piacevole e denso di situazioni travolgenti che vanno dal nonsense, all’ironico al comico.

Nessuno scrive al Federale di Andrea Vitali
Nessuno scrive al Federale di Andrea Vitali

Esordisce nel 1989 con Il procuratore (Premio Montblanc nel 1990) e nel 1996 vince il Premio Chiara con L’ombra di Marinetti.

Con Una finestra vista lago nel 2004 vince il premio Grinzane Cavour e il Premio Bruno Gioffrè. Numerosi ancora i suoi libri premiati, tra cui La figlia del podestà (Premio Bancarella 2006), La modista (premio Hemingway nel 2008).

Poi ancora il premio Procida e il Campiello nel 2009, finalista allo Strega con Almeno il cappello; nel 2011 premio internazionale Alda Merini dei lettori per Olive comprese, nel 2015 il premio DE Sica e nel 2019 il premio Giovannino Guareschi per l’Umorismo in Letteratura.

Il successo dei libri ambientati a Bellano, molti dei quali nel ventennio fascista, ha creato una sorta di aspettativa nei suoi lettori che accolgono con entusiasmo ogni nuova uscita e che hanno fatto entrare di diritto il Maresciallo Maccadò (in Nome d’arte Doris Brilli, Certe fortune, Un uomo in mutande) tra i personaggi più amati del panorama narrativo italiano contemporaneo.

E Andrea Vitali, con intelligenza, ha creato attorno a questo borgo e ai suoi abitanti una vera e propria serie narrativa.

Nessuno scrive al Federale. I casi del maresciallo Ernesto Maccadò, il più recente dei numerosi romanzi di Andrea Vitali, ambientati nella sua cittadina, Bellano, è stato pubblicato il 29 ottobre 2020 da Garzanti.

Il maresciallo Ernesto Maccadò, dalla Calabria è stato destinato a svolgere il suo servizio nel paesino del comasco, dove si è trasferito con la moglie Maristella. In attesa del loro primo figlio.

Bellano potrebbe essere il paesino più tranquillo del mondo, invece di quando in quando vi accadono cose che definire singolari è un eufemismo. Anno 1929, il Federale del PNF (Partito Nazionale Fascista) dopo aver già sostituito due segretari della sezione locale, ha recentemente nominato Caio Scafandro, facendogli ben “presente che quel balletto di segretari per il quale la sezione bellanese brillava non gli piaceva affatto.”

Un turbinio di personaggi che si muovono ognuno tanto nel suo spazio familiare, più intimo e circoscritto, come in quello comunitario e lavorativo, dall’alba al tramonto.

Mentre il Fascismo si adopera per costruire con tanto di propaganda una Grande Italia, Vitali ci porta a conoscere una realtà più piccola e limitata non solo geograficamente, più limitata economicamente e culturalmente, ma specchio-microcosmo della più vasta situazione italiana del Ventennio fascista.

Un’Italia piccola piccola e concentrata, con operai, commercianti, funzionari, pubblici ufficiali. Una gradazione di cariche e incarichi, di caratteri e di aspirazioni.

Non v’è intenzione di malevolo grottesco, ma certo di mostrare con toni più leggeri, ironici e umoristici gli eterni risvolti umani del vivere comunitario che si affianca al quotidiano vivere dei singoli.

Un nuovo caso per il Maresciallo dunque? Sembrerebbe proprio così quando, di prima mattina, il 20 novembre 1929, cielo stellato, aria ferma e fredda, poche ancora le luci, il Maccadò, uscito prestissimo per prendere in latteria il latte fresco per il nuovo nato, tornando a casa, “dopo aver toccato terra con un rumore di ferraglia, tra i piedi gli rotolò qualcosa che andò a fermarsi poco oltre.(…) Solo dopo si mosse per vedere cosa diavolo fosse l’oggetto piovuto dal buio e lo raccolse. Una sveglia?”

Alle Regie Poste il nuovo direttore Bagnarelli viene ormai soprannominato Gnègnè per il suo difetto di pronuncia dalle due impiegate e zitelle Fiamma Simile e Angioletta Trinca, non dall’impiegato Omario Consiglio. V’è poi il procaccia Fracassi cui il direttore, che mostra un certo servilismo per autorità e maggiorenti del paese, ha dato una rigida lista di priorità nella consegna della corrispondenza.

Con un salto indietro, l’autore ci riporta al venerdì 11 ottobre 1929 quando il procaccia “si trovò per le mani una lettera che gli pose un serio problema. Era una busta intestata, proveniente dalla Federazione provinciale del fascio, indirizzata al segretario Caio Scafandro. Che fare?”

Andrea Vitali
Andrea Vitali

“… Quali notizie erano giunte da Como con quella lettera?” La lettera, essendo lontano per lavoro lo Scafandro, viene consegnata a Fusagna Carpignati, l’anima femminile del fascio che la consegna a sua volta al segretario cui è destinata, senza celare la propria curiosità.

La promessa di fedeltà al partitoa costo della vita” può tramutarsi in una vera sciagura e Caio Scafandro, sentendo “odore di possibili guai”, decide di passare all’azione! E che azione… Servirsi del procaccia, debitamente intimorito e ricattato, per intercettare “eventuali missive indirizzate alla Federazione provinciale”.

Rubare la corrispondenza altrui, dunque commettere un crimine. Scafandro doveva difendere la sua “limpida fede fascist”a… troppi in giro ricordavano ancora i fatti del ’19 “fazzoletto rosso al collo esibendo falce e martello.” Poi nel ‘20 e nel ‘22… “Per quello Caio Scafandro doveva stare all’erta”.

Mentre l’Italia nuova del regime è tutta da costruire, iniziando dalla nuova e più moderna Befana fascista, tutta da organizzare e che sconvolge le abitudini, le tradizioni del paese, la stessa perpetua Scudiscia e il più saggio e pacato prevosto, il maresciallo Maccadò è perennemente angosciato dall’idea che il pargolo possa nascere proprio in occasione dell’anniversario della marcia su Roma. Così cerca di scongiurare un parto il 28 ottobre con improbabili stratagemmi della superstizione popolare, “stante i doveri di caserma, la necessità di vigilare sul corte, presenziare ai discorsi e in qualunque altra occasione… Impossibile insomma restare a casa.”

E lui non voleva perdersi per nulla al mondo la nascita del suo pargolo.

Tanto comiche, quanto prese seriamente dalla segretaria Fusagna, le selezioni delle candidate a rappresentare la Nuova Befana, quanto le votazioni… mentre il procaccia continuamente pressato da Scafandro, si destreggia tra una consegna e l’altra, ritagliandosi spazi di libertà nelle contrade, gustando buon cibo e panorami.

Nessuno aveva ancora scritto al Federale. Ai nuovi importanti impegni cui la Federazione provinciale aveva richiamato la comunità bellanese, si aggiunge l’annunciata visita privata del re Alberto I del Belgio che aumenta il carico di lavoro e di pensiero del Maccadò, mentre in caserma lo aspettano i colleghi Mannu, Misfatti e Beola.

“Ancora nessuno aveva scritto al Federale ma il Federale sì, al segretario. Gli rammentava il suo dovere di invigilare…”

Tra equivoci divertenti e quadri in cui prevale il ridicolo, tutto, o quasi, sembra tornare al suo posto, coi suoi tempi, la nascita di un bambino, una dichiarazione d’amore, una vecchia sveglia, un segretario…

 

Written by Katia Debora Melis

 

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