“Tenera è la notte” di Francis Scott Fitzgerald: ogni anima è nel suo multiverso

Una bella frase, anzi uno splendido periodo, non colto a caso:

Cercò di inserirsi in altri dialoghi, ma era come continuare a stringersi la mano con un guanto da cui era stata ritirata la mano; così finalmente, con l’aria rassegnata di chi si trovava in mezzo a bambini, dedicò l’attenzione unicamente allo champagne.”

Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald
Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald

Le persone si osservano, convivono, parlano, s’ignorano.

McKisco si guardò attorno per stabilire un legame di scherno con qualcun altro, ma senza successo.

Lo stile di pochi autori mi ricordano quello di Fitzgerald, o forse uno sì, che non appartiene al mondo letterario, ma cinematografico: Michelangelo Antonioni.

Quando quest’ultimo fu insignito di un celebre premio, Roland Barthes pronunciò le seguenti parole:Quando tu, Antonioni, dichiari in un’intervista con Godard: ‘Provo il bisogno di esprimere la realtà in termini che non siano affatto realistici’, tu testimoni una corretta percezione del senso: non lo imponi, ma non lo abolisci. Tale dialettica conferisce ai tuoi film una grande sottigliezza: la tua arte consiste nel lasciare la strada del senso sempre aperta, e come indecisa, per scrupolo. È proprio in questo che tu assolvi il compito dell’artista di cui il nostro tempo ha bisogno: né dogmatico, né insignificante”.

Non troverei commento più azzeccato per il romanzo che sto cercando di capire, mentre scrivo questa mia reazione, nell’incertezza nella mia disamina, essendo esso, come le opere del regista italiano, una specie di mistero di incomunicabilità. Di quasi incomunicabilità, perché, diversamente, non sarei qui a cercare di carpirne il senso. Del resto, esiste un ente che si manifesta in modo patente, nella sua più assurda compiutezza?

Mentre si muove, ogni singolo personaggio sembra trascinare con sé l’ambiente, che si tramuta in qualcos’altro, pur rimanendo sempre quello di poco prima, ma già trasfigurato: il luogo dove avviene e si evolve l’esistenza umana.

Rosemary più tardi ricordò come felici tutte le ore di quel pomeriggio: uno di quei momenti privi di eventi che lì per lì sembrano quasi un anello tra il piacere passato e il piacere futuro, ma poi si rivelano come il piacere stesso.”

Ogni persona è un evento spazio-temporale che, pur reagendo coi suoi simili, mantiene la propria individualità, comunicando soltanto quello che serve perché accadano le cose. Se si togliesse un granello da quella rappresentazione, l’intero quadro cadrebbe e s’infrangerebbe in mille pezzi, aumentando l’entropia dell’universo. Ognuno di essi esiste quando intreccia il suo destino con quello del suo prossimo immediato. Secondo Bohr, questo capita alla particella atomica, che esiste soltanto in caso d’interazione con qualcos’altro.

Dick tenne l’assegno sospeso; per attirare l’attenzione di Casasius su di esso, volse lo sguardo allo sportello di Pierce, tenendo questo per un attimo in un giuoco di occhiate basate su un vecchio scherzo di tre anni prima, quando Pierec aveva avuto a che fare con una contessa lituana.”

Si tratta di collegamenti che creano un fenomeno che ha coinvolgimenti lontani, ineffabili, eppure imprescindibili. Non conta tanto quello che accade in quel momento, ma i singoli passati di ognuno, che continuamente verranno trascinati per sempre, insieme ai loro vecchi stati, da cui nessuno potrà mai affrancarsi.

Ma la necessità di Dick a comportarsi a quel modo era la proiezione di una realtà sommersa: era costretto a gironzolare o a restare lì attorno, con la manica ella camicia che gli aderiva perfettamente al polso e la manica della giacca che inguainava la manica della camicia come fosse la sua conchiglia, col colletto plasticamente modellato al suo collo, i capelli rossi tagliati alla perfezione, la mano che tendeva come un dandy la cartellina per le lettere…

Dick è attaccato al proprio spazio-tempo, che di più non si può. È assolutamente determinato, ma è inserito in uno spazio relativamente semovente, che la sua individualità sta cercando di modificare. Di fatto l’evento accade. Egli diventa un corpo che agisce in esso, causando tutta una serie di fenomeni collegati, interagendo col prossimo, che similmente riuscirà a modificare l’ambiente e quindi anche gli altri residenti in esso. Ognuno muta l’altro, e ne è mutato, restando, indiscutibilmente, se stesso.

Ogni relazione che si forma è parziale, accidentale e momentanea. La passione dura quel tanto che serve, poi cessa. È questione di tempo, spazio e interazioni, che paiono di volta in volta casuali, eppure necessarie. Il senso di quel che accade è tanto nelle cose, quanto nelle persone e nell’ambiente che fa da sfondo. Si tratta di cartoline appese ad una filiera che sembra cominci qui, ma che deriva da chissà dove, e che andrà a ogni ora sempre più in là, senza mai cessare di riprodursi. Essa sembra non possedere né un inizio, né una fine, ma esiste continuamente e forse per sempre. Ogni singolo ciapèt a cui è affidata un attimo di quell’esistenza umana appare come un’individualità, ma questa è una mera illusione. La filiera lo è similmente: non solo è una, ma è anche eterna.

Il bello del gioco è che è unica, pur intersecandosi, in un modo che pare infinito, con innumerevoli altre filiere, in un intrico estremamente aggrovigliato, di cui il groppo di cavi elettrici che ti rimira sornione, dal basso, mentre stai scrivendo al computer queste note è una pallidissima allegoria.

L’ovvio riferimento è all’opera del fisico inglese Julian Barbour e alla sua predicata End of Time. Il tempo non è finito, non è mai esistito, se non nella mente di chi l’ha creato. Indubbia resta solo la filiera, a cui gli attimi sono agganciati e da cui dondolano, un po’ pericolanti. Ma lasciamo questo sogno per tornare alla tenera bellezza del canto di Francis Scott Fitzgerald.

Allo stesso modo ci sentiamo raramente pietosi che bramano e hanno bisogno della nostra pietà: la riserbiamo per coloro che con altri mezzi ci fanno la esercitare la funzione astratta della pietà.”

La Pietà non può essere astratta, bensì mirata a qualcosa di concreto: un Dio che si ama. Qui nessuno ama nessuno, ma tutti sono attratti da tutti, anche quando sembra che si respingano. La pietà pare astratta perché è rigettata e tale rifiuto diventa parte integrante dell’evento.

Era molto turbato mentre diceva questo. Il dottor Dohmler vide che aveva le lacrime agli angoli degli occhi e notò per la prima volta che il suo alito sapeva di whisky.

Questo mondo di corpi estranei gli uni agli altri, ma ognuno dolorosamente avvinghiato al suo partner, come tanti quark, prevede la commozione, cioè quella cosa che indica la presenza di energia distruttiva all’interno di ogni singolo corpo, che porterà lo stesso alla sua successiva annichilazione e trasformazione, sempre momentanea però, mai definitiva, perché nulla lo è, né in questo libro, né nel cosmo intero.

Il professor Dohmler si alzò come un uomo senza gambe che si appoggia a un paio di stampelle.”

Questa descrizione prima o poi ci appartiene, nessuno escluso. Sic transit gloria mundi, ma anche, pur zoppicando, panta rei.

Una volta, in una città dove avevo avuto la mia prima nomina, andai in una stanza affollata e non sapevo chi fosse la padrona di casa. Mi vennero incontro molte persone che mi conoscevano, ma io le trascurai perché avevo visto una persona coi capelli grigi seduta accanto alla finestra dall’altra parte della stanza. Mi avvicinai a lei e mi presentai. Così mi sono fatto molti amici in quella città.”

L’amicizia è passione, un sentimento complesso, condivisibile, che richiede un notevole sacrificio di sé. A volte non se ne può fare a meno, l’importante è infittire casualmente il nostro mondo relazionale, ad libitum e, a volte, ad nauseam.

La scoperta di Dick, di non essere innamorato di lei e che lei non lo era di lui, aveva aumentato anziché diminuito la sua passione per Rosemary.” Si tratta, evidentemente, di una passione egoistica, quasi priva di compassione. Quasi, ed è questo avverbio che complica l’esistenza.

“– Ma perché sei venuto a mettermi in questo stato?

– Credo di essere la Morte Nera – disse Dick lentamente. – Pare che non rechi più felicità alla gente.”

Pare proprio di no.”

Francis Scott Fitzgerald
Francis Scott Fitzgerald

Se questo non è amore (di sé), dimmi tu cos’è!

Gli occhi di Dick si fissarono su di lei gradatamente come su una pedina da muovere; con la stessa lentezza la prese per il polso e la trasse accanto a sé.

Ciac! Interazione! Si gira! E si ri-gira! Senza mai fine!

Mi hai rovinato, no? –  chiese soavemente. – Così siamo tutti e due rovinati. Allora…

Allora il gioco dell’annichilimento prevede la rinascita della Fenice (araba o yankee che sia).

Nicole fu lieta quando Dick se ne andò forse per la prima volta in vita sua…” Tótt à fîn! Tótt à inési!

Fiat (nuovamente) Lux!

Più tardi, in giardino, si sentì felice; non voleva che succedesse qualcosa, ma voleva che la situazione restasse in sospeso mentre i due uomini se la palleggiavano mentalmente dall’uno all’altro; per tanto tempo non era esistita affatto, neanche come una palla.” L’oggetto diventa un soggetto, per quanto menomato e claudicante.

Nicole ragionò lietamente come un fiore mentre il vento le soffiava tra i capelli.”

Finalmentesoddisfatta e felice alla logica Perché io no?

Ma non è cosa facile risorgere.

Pure era un mondo maschile quello che lei aveva udito; ritornando in casa le ritornarono i dubbi.

L’epilogo è tragico, ma per fortuna non lo è affatto, un epilogo:

“– Allora perché sei venuta, Nicole? Non posso fare più niente per te. Sto cercando di salvare me stesso.

– Dalla mia contaminazione?

– A volte la mia professione mi mette in contatto con gente discutibile.  

Nicole pianse di collera all’insulto.

–  Sei un vigliacco! Sei fallito e vuoi dare la colpa a me!

In realtà è soltanto compiuta, giunta al termine, la loro individuale interazione.

Poi accade anche chei due uomini si guardarono con una curiosa espressione neutra. Può esservi comunicazione fra due uomini in quella situazione, perché il loro rapporto è indiretto e consiste nella misura in cui ciascuno di loro ha posseduto o possiederà la donna in questione, di modo che le loro emozioni passano attraverso i loro io divisi come attraverso un contatto telefonico.”

Questi due neutroni non si respingono, ma nemmeno si attirano. S’ignorano. Ciò non significa che siano privi di energia:

Tommy si agitò impaziente.

–  È tutto così inutile. Nicole ed io ci amiamo, ecco tutto.

– Bene allora, – disse il dottore, – visto che è tutto sistemato, cosa ne dite di tornare dal barbiere?”

Il che, generalmente, è un’ottima idea, per poter meglio ricominciare.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Francis Scott Fitzgerald, Tenera è la notte, Einaudi, 1973, traduzione di F. Pivano

 

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