“Ode sulla Malinconia” poesia di John Keats: quella terribile dolcezza
Vi è una bellezza nella malinconia, come un triste sorriso, che ha la sua terribile dolcezza.

Non le è estranea la Gioia, né le è estraneo il Piacere: di ambedue svela la finitezza, la caducità; come potrebbe fare questo se non le conoscesse intimamente?
“Ode sulla Malinconia”
1
No, no, non precipitarti verso il Lete: non trarre vino velenoso
Dall’aconito, torcendo le sue salde radici, no
Non lasciare che la tua pallida fronte sia baciata
Dal rosso grappolo di Proserpina, la belladonna;
No, il tuo rosario non fare con le bacche del tasso,
Né la tua lamentosa Psiche siano lo scarabeo
O la falena della morte; non condividere
Col gufo piumato i misteri del tuo dolore,
Ché troppo assonnata l’ombra verrà all’ombra
Ad annegare la vigile angoscia dell’animo.
2
Ma quando dal cielo improvviso l’attacco cadrà
Di melanconia, come una nuvola in pianto
Che tutti i fiori nutre dal languido capo
E il verde colle nasconde in un sudario d’aprile,
Sazia allora il tuo dolore con una rosa mattutina,
Sazialo con l’arcobaleno dell’onda salata di sabbia
O con la ricchezza delle tonde peonie –
E quando mostri la tua amante una ricca ira,
La sua dolce mano imprigiona; lasciala delirare
Mentre tu ti nutri e ti sazi dei suoi occhi senza pari.
3
Sì, abita con la bellezza, lei – con la bellezza che deve morire;
E con la Gioia, che sempre una mano tiene sulle labbra
Per augurare addio; e vicino al Piacere, che fa soffrire,
E si tramuta in veleno mentre come un’ape succhia la bocca:
Sì, nel tempio stesso del Diletto
Ha il suo santuario sovrano la velata Melanconia,
Anche se nessuno la scorge se non quello la cui strenua lingua
Schiaccia il grappolo della Gioia sul palato da intenditore:
Assaggerà allora l’anima sua la tristezza di quel potere
Che rimanere la farà sospesa tra i suoi nebulosi trofei.
*

Peculiare è la malinconia, nella sua natura così proteiforme, come del resto ogni sentimento ha la sua particolarità e la sua vita.
Come ogni sentimento, anche la malinconia ha la sua intensiva estensione: si estende, cioè, nella sua intensità nell’animo umano, come una goccia di colore nell’acqua.
Non sempre un sentimento può essere compreso, ma può essere vissuto. La malinconia non fa certo eccezione.
Ma come si può vivere un sentimento se da esso si distoglie lo sguardo, se lo si evita, se lo si combatte, se si cerca di soffocarlo o spegnerlo? “[…] troppo assonnata l’ombra verrà all’ombra/ Ad annegare la vigile angoscia dell’animo” (vv. 9-10).
Proprio la natura complessa del sentimento può venirci in aiuto e forse la malinconia è il sentire più complesso, che meno di altre manifestazioni dell’animo può venir circoscritto in una definizione, data la compresenza, accanto alla pena interiore, anche di sfumature quasi piacevoli, che il poeta, nella seconda strofa, ci invita a cogliere ed assaporare.
Vi è una bellezza nella malinconia, come un triste sorriso, che ha la sua terribile dolcezza. Non le è estranea la Gioia, né le è estraneo il Piacere: di ambedue svela la finitezza, la caducità; come potrebbe fare questo se non le conoscesse intimamente?
Infatti “nel tempo stesso del Diletto/ Ha il suo santuario sovrano la velata Malinconia” (vv. 25-26) e può scorgerla soltanto chi “schiaccia il grappolo della Gioia sul palato da intenditore” (v. 28), ossia chi non si limita ad ammirare la Gioia, ma penetra nel cuore di essa, nella sua parte più nascosta, più essenziale, più vera.
Al fondo di ogni sentire risiede la Malinconia, dunque.
Essa è l’essenza di ogni sentimento e in ogni sentimento essa si ritrova, rivelandone, come scritto in precedenza, la caducità.
La Malinconia, in conclusione, sembra essere più una consapevolezza.
Forse, la Consapevolezza stessa.
Riporto il testo della poesia “Ode sulla Malinconia” in lingua originale:
Ode on Melancholy
1
No, no, go not to Lethe, neither twist
Wolf’s bane, tight-rooted, for its poisonous wine;
No suffer thy pale forehead to be kiss’d
By nightshade, ruby grape of Proserpine;
Make not your rosary of yew-berries,
Nor let the beetle, not the death-moth be
Your mournful Psyche, nor the downy owl
A partner in your sorrow’s mysteries;
For shade to shade will come too drowsily,
And drown the wakeful anguish of the soul.
2
But when the melancholy fit shall fall
Sudden from heaven like a weeping cloud,
That fosters the drop-headed flowers all,
And hides the green hill in an April shroud;
Then glut thy sorrow on a morning rose,
Or on the rainbow of the salt sand-wave,
Or on the wealth of globed peonies;
Or if thy mistress some rich anger shows,
Emprison her soft hand, and let her rave,
And feed deep, deep upon her peerless eyes.
3
She dwells with Beauty-Beauty that must die;
And Joy, whose hand is ever at his lips
Bidding adieu: and aching Pleasure nigh,
Turning to poison while the bee-mouth sips:
Ay, in the very temple of Delight
Veil’d Melancholy has her sovran shrine,
Though seen of none save him whose strenuous tongue
Can burst Joy’s grape against his palate fine;
His soul shall taste the sadness of her might,
And be among her cloudy trophies hung.
Written by Alberto Rossignoli
Bibliografia
John Keats, “Poesie, con un saggio di Jorge Luis Borges”, Oscar Mondadori, Milano, 1996
Info
In foto principale Ode sulla Malinconia: John Keats – Painting by Joseph Severn, 1821 – 1823