“Capitalocene” di Silvio Valpreda: la verità non inquina mai

Partire è un po’ morire.

Capitalocene di Silvio Valpreda
Capitalocene di Silvio Valpreda

Si può usare l’accorgimento di mutare il termine in “Viaggiare”.

Viaggiare è vivere un’esperienza. Per cui si tornerà a casa ogni volta più ricchi. E più saggi. Questo è forse l’intento dell’autore.

Aurelien Barreau, in Ora, consiglia di limitare al massimo gli spostamenti, specie quelli aerei dall’altra parte del mondo, che tanto lutto adduce all’atmosfera. Volare è inquinare, ma si sa che, per fare qualcosa, bisogna sempre sporcarsi le mani, nonché l’ambiente, ma con moderazione.

Detta questa sempiata, confesso che avevo cominciato, come mia costumanza, a estrapolare alcune parti del testo, a partire dalla prima tappa del tour, Serengeti, in Tanzania, terra arcana che tutti conoscono, ma che non tutti hanno esplorato.

E iniziai a discorrere di savane un po’ metafisiche, dove le specie del leone e della zebra da sempre affidano l’una all’altra la propria sopravvivenza.

E a riportare la teoria secondo cui la selezione naturale aiuta “il branco a mantenersi forte”, eliminando “l’animale più debole”. O il meno favorito dalla sorte.

Poi, insieme all’autore, mi diressi verso la successiva destinazione, le Highlands scozzesi, dove i ruderi di chiese appaiono come il mesto monumentum che ammonisce, che una volta c’era… e ora non c’è più… e che una volta non c’era, e ora c’è…

Si tratta di nefandezze che hanno piegato il capo alla Bellezza e al Diritto Umano, lasciando che la più diabolica delle intuizioni umane, il Profitto, sia libero di produrre la miseria, e al contempo di permettere l’accumularsi anarchico della ricchezza. Da rimembrare qui l’assunto di Pasolini: Nulla è più anarchico del potere.

Ho deciso di cessare l’analisi testuale, perché si stava riducendo a una liofilizzazione della materia già asciugata, organizzata e ben disposta dall’autore.

A pensarci bene, nulla di questo libretto andrebbe scartato perché inutile, essendo ogni parola soppesata economicamente, al fine di rappresentare con efficacia l’idea dell’autore.

Di Marx, si può discorrere finché si vuole, ad libitum o ad nauseam.

Se si vuole individuare il nocciolo della questione da lui sollevata: tutto gira intorno alla struttura principale della società umana, l’economia.

Un naufrago su un’isola deserta per prima cosa pensa a sopravvivere, a economizzare i suoi sforzi, a trovare da mangiare innanzitutto e un riparo per la notte.

In un secondo tempo, potendo, egli rivolgerà la sua attenzione alle bellezze del luogo e potrà scrivere, all’occorrenza, Robinson Crusoe.

In Norvegia inquinano con gli scarti dei motori a energia elettrica, diffondendo, al contempo, nel globo il loro petrolio. E la cosa reca a quel popolo guadagni enormi.

A Miami i procioni e i barboni si alternano nel rovistare nella spazzatura, che per dare l’idea di quale schifezza sia, urge comunicare la sua dizione reggiana: al rósch.

Altrove, quei simpatici tetrapodi trascorrevano una sempiterna vacanza in “boschi incontaminati… sciacquando il cibo in torrenti cristallini che zampillavano tra rocce lisce e levigate.

Ora non possono evitare di lordarsi le zampe, disputando il cibo agli umani che non possono prelevare le loro risorse “da scaffali colorati di un supermercato.”

L’unica salvezza è fuggire via, in Oriente, specificatamente in Giappone, in particolare a Tokio, per la precisione nel quartiere Tuksishima, dove più si costruiscono grattacieli e meno li si vende.

Chi godrà di questo prodotto figlio delle peggiori speculazioni finanziarie?

Nessuno, o pochissimi eletti.

Nel frattempo le grandi società immobiliari continueranno a comprare e a rivendere quegli assurdi e deserti alveari, le cui cime svetteranno per alcuni decenni a svariate centinaia di metri, destinati unicamente alla speculazione finanziaria e a essere abbattuti quando non serviranno più.

Silvio Valpreda
Silvio Valpreda

A questo punto, Silvio, decidi di ritirarti nell’isoletta più vicina a casa tua, Lavezzi.

Dove scopri che 560 militari sono iniquamente divisi in due cimiteri, uno che contiene le salme di 550 militari semplici, l’altra che ospita i cadaveri di nove ufficiali e del cappellano di bordo.

Ecco che ‘A livella di Totò riscontra un’eccezione, che non riguarda i morti, ma i loro congiunti.

Caro Silvio, la verità della tua analisi è più sottile del PM10, e svela quanto sia assurda la realtà in cui viviamo. Ma essa, per quanto deprimente, non inquina mai ed è sempre luminosa.

Questo è il motivo per cui ora ti vorrei parlare di Padre Aldo Bergamaschi, teologo toscano che diceva messa a Reggio Emilia, di cui frequentai le omelie per alcuni decenni, pur essendo ignorante di Dio, poiché amavo la sincerità e il coraggio delle sue parole.

Fino a quell’infausto giugno 1988, quando giunse a Reggio il papa polacco. Nulla contro di lui, ma due settimane prima del suo arrivo, ad Aldino fu inibita la possibilità di dir messa in pubblico.

Troppe volte aveva criticato l’operato di quel papa e la cosa non placebat.

È già molto che non lo sospesero a divinis.

Accantonando la polemica, vorrei solo dirti che la lezione di Aldino mi rimane impressa principalmente per alcune sue frasi: “Il Cristianesimo è scaduto al rango di religione!”, ma soprattutto quando il giorno delle missioni, disse all’assemblea dei fedeli: “Io non vi dico di non dare, ma vi avverto che i vostri soldi contribuiranno a costruire in quelle lande disgraziate una società simile alla nostra.”

Non so quanti capirono il suo messaggio.

Egli credeva in un’eu-topia, in cui si potesse vivere, pur nella divisione delle etiche (a partire da quelle più semplici, come quelle alimentari), improntata al rispetto reciproco fra individuo e individuo, fra uomo e donna e fra cittadino e stato.

La sua etica, di tipo platonica, era fondata sull’assenza di profitto.

Egli sognava questo tipo di ecclesia: dove l’Altro è tu, perché tu sei l’Altro.

Sono certo che Aldino, dal suo Altrove, abbia apprezzato il tuo lavoro, amico mio.

E io sono d’accordissimo con lui.

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Silvio Valpreda, Capitalocene, ADD editore, 2020

 

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