“Fidel Castro – l’ultimo re cattolico” di Loris Zanatta: l’unione di marxismo e cristianesimo
“Più che un comunista, Fidel era un tipico antiliberale latino, nazionalista e cattolico. Tanto che al creare un istituto culturale in America Latina, la CIA lo inserì nella lista dei politici da sostenere” – Loris Zanatta
Fidel Castro è forse uno dei personaggi più complessi su cui Il moderno storico possa indagare le fonti, valutare storiograficamente le stesse e le successive interpretazioni degli studiosi che lo hanno preceduto nell’analisi del suo ruolo nella storia cubana.
Nel corso degli ultimi anni Fidel Castro è stato analizzato da punti di vista differenti e non del tutto imparziali, e su Castro sono stati spesi fiumi di inchiostro.
Conoscere la storia con il dovuto distacco e con la dovuta neutralità, consente non soltanto di arricchire la propria conoscenza del passato, ma anche di analizzare e scoprire quali “molle” possono avere azionato il pensiero dei diversi storici e ricercatori alla scelta di un certo tema e di una certa interpretazione, e giungere con onestà e disinteresse ad una selezione dei dati rilevanti per una ricostruzione del passato se non neutra, per lo meno critica.
Questo è lo scopo che si è posto il professor Loris Zanatta, docente di Storia dell’America Latina presso l’Università di Bologna e autore del libro Fidel Castro, l’ultimo “re cattolico”, pubblicato dalla Salerno Editrice nella collana Profili, diretta da Andrea Giardina.
Lo stesso professor Zanatta annuncia la difficoltà di una ricerca simile in due punti:
“La prima [difficoltà] è che Castro non si è limitato a viverla, la sua vita; l’ha narrata infinite volte in mille modi: discorsi, memorie, interviste, libri […] fu perciò il primo storico di se stesso. […] La seconda [difficoltà] sta nelle fonti, la materia prima dello storico. Sembrano tante, quasi infinite: intere biblioteche. In realtà sono poche e spesso inaffidabili. Negli anni si sono accumulate fonti diplomatiche, memorie, corrispondenze, studi d’ogni genere. All’apparenza non manca nulla. Salvo la cosa più importante: l’accesso alle fonti cubane, alle carte di Fidel Castro; un tabù. Solo di tanto in tanto, quando il governo cubano ha motivi di fidarsi del ricercatore e di ritenere che i suoi scritti lo porranno in buona luce, qualche documento esce dalle stanze segrete.” – Loris Zanatta
Lo storico si trova così di fronte al dilemma dell’autenticità delle fonti, all’ideologia posta prima della storiografia, e al dover ricostruire un complicato puzzle di dati spesso non concordanti, incompleti, o di dubbia attendibilità.
Molti hanno ceduto al tentativo di colmare alcuni vuoti della storia sfruttando i dati già scritti da altri. Questo metodo è stato scartato dal professor Zanatta, così come non ha voluto cedere alla tentazione di cercare un equilibrio tra le buone e le cattive azioni del leader cubano.
“Quel che mi interessa è comprendere il personaggio e la sua impronta nel complesso: la natura storica del fenomeno.” Spiega Zanatta. E per farlo ha scelto di avvalersi principalmente delle parole dello stesso Castro, ad inframezzare l’analisi dei diversi fatti e momenti storici.
“Saremo la prima agricoltura del mondo! La palude di Zapata diventerà coltivabile. Mussolini non aveva bonificato le paludi italiane? Strapperò la terra al mare: non l’avevano fatto gli olandesi?” – Fidel Castro
“Gli agronomi avvertirono: niente progetti grandiosi. Ma lui voleva orizzonti epici per il popolo eletto. Così rincarò la dose: faremo un’autostrada tra L’Avana e la palude. Assurdo. Il piano naufragò tra mille sprechi. – Loris Zanatta
Nel dipanare la matassa della complicata biografia di Castro, emerge la chiave di lettura che vuol darne il professor Zanatta, e che risiede nel titolo stesso del libro: “l’ultimo re cattolico”.
Zanatta non è l’unico storico ad aver proposto questa chiave, che, in piccoli tasselli si ritrova anche in altri autori da egli stesso citati. Ma qui viene il bello: come conciliare l’icona marxista-leninista e il retaggio della Cuba filo ispanica e cattolica?
La risposta emerge analizzando la formazione gesuita di Castro, che egli stesso innestò sul filone nazionalistico di Josè Martì (L’Avana, 28 gennaio 1853 – Rio Cauto, 19 maggio 1895) politico, scrittore e rivoluzionario cubano, leader del movimento per l’indipendenza cubana.
Fidel Castro ne tradusse i principi politici e morali, adattandoli alla dottrina marxista e alla sua formazione gesuita. Ne scaturì una fusione tra politica e religione.
“Dottrina che in un’ottica cristiana risultava naturale intendere come versione secolare della parabola del popolo eletto, redento dal peccato seguendo il Messia che lo conduceva alla salvezza” – Loris Zanatta
Il compito dello Stato per Fidel Castro era quello di convertire i cittadini all’unica vera fede, l’ideologia di regime, attraverso una capillare “catechesi” in cui lo stato è il primo apostolo.
Il confronto fra le missioni gesuite del ‘600-‘700, il movimento rivoluzionario e infine il governo castrista fatto dal professor Zanatta porta a un interessante parallelismo:
“Per principio non restava campo per l’indipendenza e per la lotta individuale: un bene per i Gesuiti, un dovere per Fidel. […] La rivoluzione è come una religione. […] Come in un ordine religioso, perciò, la vita nella rivoluzione e la vita nelle missioni era scandita da riti e liturgie: preghiere e messe cantate nel Paraguay del 1600, comizi e assemblee a Cuba.” – Loris Zanatta
Diventa così fuorviante oltre che superficiale racchiudere la politica di Castro dentro la storia e teoria del marxismo senza ricostruire le trame che nel mondo cattolico uniscono marxismo e cristianesimo.
Solo in questo caso, spiega Zanatta “la prepotente matrice cristiana e ispanica del comunismo di Fidel apparirà in tutto il suo fulgore, invisibile soltanto a chi non ha gli strumenti per coglierla o a chi non la vuol vedere”.
Il suo fu uno Stato etico dedito a catechizzare i fedeli e convertire gli infedeli con la croce della sua fede e la spada dei suoi eserciti. Il suo comunismo è un’utopia cristiana, culminata nell’invocazione dell’unione di cristiani e musulmani contro il peccato liberale e capitalista. Aveva promesso prosperità, morì intonando lodi alla povertà evangelica: il frutto dei suoi disastri economici.
La natura totalitaria del suo regime non imitò gli alleati socialisti, ma fu frutto spontaneo della matrice antiliberale del populismo latino: falangismo, peronismo, chavismo sono i suoi più stretti parenti.
Il Fidel che per i devoti cubani – pronti a sfoderar la spada per difenderlo – è un eroe religioso fu definito da Slobodan Milošević ” […] un dirigente disastroso, nazionalista, razzista, corrotto, si basava solo sull’uso della forza.” Mentre per Saddam Hussein fu “un disastro. Uno stratega eccentrico e crudele verso il suo popolo.
Su questa linea si accorda la chiave di lettura del professor Zanatta, secondo un filtro razionalista che lo raffigura come “[…] un tiranno spietato e paternalista, megalomane e violento vola per essi [i cubani] alto nel cielo della fede, porta l’aura sacra del salvatore giunto a redimere il popolo dal male, dalle sofferenze, dalle ingiustizie. In ciò sta la radice del suo paradosso. […] Sarà poi il lettore, in base ai suoi gusti, valori, credenze a separare, se lo riterrà, bene e male, giusto e sbagliato, più che di obiettività, è questione di onestà intellettuale.” – Loris Zanatta